LUCREZIA D’ALAGNO: Un’amante per Regina. La Corte dell’amore nella Napoli di Re Alfonso d’Aragona

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Copertina posteriore

La Duchessa di Ariano e Apice che fu moglie di De Guevara Marchese del Vasto

Isotta era molto amata non solo dalle popolazioni dei feudi dotali e di quelli appartenuti al marito, ma anche dai Napoletani. Si dice che per lei stravedesse anche l’Imperatore Carlo V, il quale, non mancò di fargli riverenza dentro casa.
Così Campanile: — Per lo che venedo in Napoli l’Imperadore Carlo V andò à visitarla fino a casa.
Isotta passò a miglior vita nel 1530, a settant’anni compiuti, molti dei quali mai in solitudine, nonostante le infinite crudeltà subite dalla sua famiglia. «Morì Gisotta negli anni di nostra salute M.D.XXX, essendo ella d’anni settanta, e fu seppellita in S.Chiara di Napoli».
Sulla pietra tombale monumentale fu scolpito un memorabile saluto.
Forse gli altri protagonisti della sua vita ebbero più fortuna.
Fra essi sicuramente si possono annoverare le sorelle: Isabella Regina da una parte e Antonia nel Marchesato dei Gonzaga dall’altra.101
Così Filiberto Campanile: — Antonia Secondogenita del Principe Pirro, con dote di ducati otto milia, fu maritata à Giovan Francesco Gonsaga Signor di Sabioneta, fratello di Federico Marchese di Mantova, e di lui generò Lodovico, ch’hebbe moglie di Casa di Fiesco, Federico Signor di Bozzolo,e Pirro cosi chiamato in gratia dell’Avolo materno,e Camilla maritata ad Alfonso Castriota Marchese dell’Atripalda, Barbara moglie di Giovan Francesco Sanseverino Conte di Caiazzo, e Dorotea di Giovan Francesco Acquaviva Marchese.
Ecco l’epitaffio letto in s.Chiara:

Isotta Baucia Pirro Baucio Altemure Principe,
ac Maria, Ursina parentibus incliti genita
Petri Guevare Magni Regni huius Seneschalchi uxor
prisca matronarum virtute ornatissima mortale sui dimidium sacello
in hoc aiuto deponendum vivens curavit coelestem ad patriam spe summa,
e fide ducibus migratura.
Quid non aevi, longiqua vetustas fortuna obsequente mutat?
Principatus ad alienos fors transtulit domina titulos servavit inanes.
At foemina Princeps licet tot claris orbata
e titulis, e fortunis,bona tamen animi sanctisima secum retinuit.
vixit annis 70, anno theogonie 1530.

Description

AMORI E AMORAZZI ARAGONESI

Le storie di amori hanno sempre interessato un pubblico vastissimo, a cominciare dalla storia d’amore di Elena e di Paride, che finì con una guerra tra Greci e Troiani.1
Che dire dell’amore tra Enea e Didone, anche questo finito tragicamente.2
I poeti, si sa, attribuiscono al potere della dea Afrodite (o Venere) gli improvvisi innamoramenti. Venendo ai giorni nostri, per spiegarsi questi fenomeni della vita, gli amori appunto, si ricorre a Freud e ai suoi moltissimi seguaci, che cercano di trovare nella psiche delle donne e degli uomini i motivi scatenanti di certe passioni.3
Le storie che qui appresso vengono riferite, riguardano personaggi vissuti in un particolare periodo della storia del Regno di Napoli, l’età Aragonese, che durò un buon mezzo secolo, la seconda metà del Quattrocento.
Le storie d’amore si prestano a interpretazioni diverse e contrastanti, talvolta. Per questo mi voglio limitare a riferire quello che i contemporanei hanno creduto di vedere nelle persone attratte dalla potenza di Venere. Sono valutazioni, impressioni, commenti di contemporanei, proprio come quelli che noi leggiamo sulla stampa o ascoltiamo quotidianamente alle televisioni a proposito di attori, cantanti famosi, ma anche di uomini di governo, magnati e poveri Cristi, presi da innamoramenti e amori.
La prima storia riguarda l’amore tra il re Alfonso il Magnanimo e Lucrezia d’Alagno, riferita con le parole dei contemporanei Loise De Rosa, Nicolò della Tuccia, Giovanni Pontano. Va ricordato che nel secolo scorso si interessò alla vicenda Benedetto Croce.4
Tra queste due storie, può essere interessante un intermezzo, sempre di relazioni d’amore, riferentisi al sovrano Aragonese Ferdinando I, raccontate dal Pontano, che per essere grande amico e al servizio degli Aragonesi, riferisce de visu fatti e personaggi. Anche le persone che circolavano a corte hanno le loro storie da raccontare, come ancora fa Loise De Rosa, con un’avventura accaduta proprio a lui.
Possiamo definire culture periferiche quelle storie d’amore che andarono sulla bocca dei contemporanei di quegli eventi. Nell’accezione della lingua greca antica: periphéreia indica la circonferenza, la linea circolare e il verbo periphéro significa portare intorno, far girare, ma anche diffondere, far conoscere. Ed è quello che fecero quanti raccontarono quelle storie.
L’atteggiamento della società nei confronti delle donne è il riflesso di questa, con le sue tradizioni, la sua mentalità, i suoi pregiudizi. Di volta in volta le donne diventano protagoniste o oggetto, fanno la storia o la subiscono. E gli uomini sono a volte seducenti romantici, a volte possessivi e maniacali.
Nella vita di una donna si succedono eventi come l’amore, il matrimonio, le crisi familiari e domestiche, i figli, le separazioni, le volontà ultime. Non solo eventi nella sfera del privato, ma anche rapporti con l’esterno: la donna e la religione, la donna e l’arte, la cultura e l’istruzione, per tanto tempo anche negata, la donna e la realtà sociale, il lavoro e la politica. Spesso risulta difficile sottrarre l’immagine della donna dallo stereotipo e dall’astrattezza e calarla nella realtà viva. La signora, la serva, la contadina, la balia, la maestra, la prostituta, l’operaia non sono tipi, ma persone che vanno sottratte all’anonimato della quotidianità.
La documentazione esistente presso gli Archivi di Stato italiani sottolinea la presenza femminile in una vastissima quantità di documenti, la cui lettura, di estremo interesse, risulta complessa e, se fatta da angolature non corrette, può risolversi frammentaria e incompleta. Anche per questo, l’editore Bascetta ha voluto inserire in appendice la vicenda di Lucrezia, rielaborata come “novella storica” da Tommaso Aurelio de Felici nel secolo XIX, e il ritratto che della donna fa Benedetto Croce nel suo libro Storie e Leggende Napoletane, pubblicato nel 1919.
Il tema dell’eros, che sembra essere sempre lo stesso nel tempo e nello spazio, si presenta invece ogni volta in modi diversi. Amore, sessualità, famiglia, matrimoni… sono gli aspetti della vita privata dei nostri progenitori che venivano trasmessi ad un pubblico il più esteso possibile.
Anche con il racconto erotico si va alle radici della nostra cultura; significa estendere il discorso ad altri aspetti di essa, dai rapporti familiari alle pratiche sociali, dal costume alla relazione tra i sessi. I racconti più antichi finiscono con il diventare dei miti. E i miti, come si sa, raccontano storie fantastiche nelle quali agiscono gli esseri mortali e le forze della natura. A questi racconti trasmessi oralmente e sedimentati nella memoria collettiva era affidata una funzione culturale importante. La ripetizione di questi, come di altri racconti, contribuiva a creare e a consolidare una identità , trasmettendone le credenze, i riti, le istituzioni sociali e religiose, il patrimonio culturale.
I racconti erotici non sono affidati ad una narrazione fissa e immutabile. Essi potevano subire dei cambiamenti ogni volta che venivano raccontati. Il racconto come creazione. E questo spiega le varianti apportate ad un medesimo racconto; si tratta a volte di semplici particolari, a volte di versioni contrastanti.

Dettagli

EAN

9788872970133

ISBN

887297013X

Pagine

96

Autore

Iandiorio

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Editorial Review

LUCREZIA D’ALAGNO DI AMALFI
AMANTE DI RE ALFONSO IL MAGNANIMO

di Benedetto Croce

Intorno al 1449 Re Alfonso Il Magnanimo cominciò a fare improvvise donazioni alla famiglia patrizia degli d’Alagno di Amalfi, un’antichissima casata presente da queste parti fin dall’anno Mille come conti della Repubblica Amalfitana, nonché arcivescovi, non mancando di abitare anche a Napoli alla via San Biagio dei Librai e nella strada Amalfitana. La voce si sparse e presto si venne a sapere che s’era innamorato della bella Lucrezia, una delle figlie di Cola d’Alagno, capitano della Torre della Nunziata e possessore di molte terre prossime a Torre del Greco.
Nicola d’Alagno era stato uomo di corte di Re Ladislao di Napoli, nonché di Giovanna Seconda che gli affidò il feudo di Torre Annunziata, prima di sposare la causa aragonese dell’invasore Re Alfonso il quale si innamorò perdutamente della dolce Lucrezia nel 1448, quando aveva 18 anni. Gargata, intelligente e perspicace, strinse a sé Alfonso prossimo alla vecchiaia alla soglia dei suoi 54 anni , il quale da trent’anni viveva separato dalla moglie lasciata in Aragonia. Sulla Torre di Torre Annunziata si vedeva col Re, il quale, sceso da cavallo, la feceva riposare su tappeti orientali per poi andare insieme a caccia di anatre. Accettata da tutti, da Ferrante figlio del Re e dall’Imperatore Federico III, il quale volle farle visita direttamente in casa, divenendo seconda dama dell’Imperatrice durante il soggiorno napoletano; così come il Re partecipare ai matrimoni dei suoi parenti, dando feste in suo onore e donandole parate di drappi, finendo negli strabotti dei bartellettieri. Né si sarebbe dimenticato il Re di farla scolpire fra i bassorilievi dell’Arco Trionfale che fece costruire davanti al Maschio Angioino, donandole sempre più paesi, da San Marzano a Caiazzo, Somma Vesuviana. In verità pare che lei tenesse in mano la situazione dicendo al Re che sarebbe diventata sua solo il giorno in cui l’avrebbe sposata.
“Alla vigilia di San Giovanni, quando le ragazze da marito solevano in Napoli appendere ghirlande alle loro porte in augurio di prossimo matrimonio domandando piacevolmente ai passanti doni per le auspicate nozze, Lucrezia una volta appese la ghirlanda alla propria casa; e , passando di là il Re con cortigiani e gentiluomini, ella si avanzò sull’uscio e arditamente chiese anche per sé il dono delle nozze. Il Re le fece porgere una borsa piena di monete, dette alfonsini; ma ella, prendendone una sola, esclamò con galante bisticcio che di Alfonsi a lei bastava uno solo. Alfine, ebbe promessa e acquistò certezza che, alla morte di Maria di Castiglia, Alfonso l’avrebbe fatta sua moglie e Regina; e in Napoli e fuori da tutti si credeva che così sarebbe infallatamente accaduto. La duchessa di Calabria, ingelosita com’era già della rivale che le disputava il primo grado nella reggia, prese in cuor suo ad aborrirla, quando si avvide che mirava a cingere prima di lei la corona di Napoli, accresciuta dal fulgore delle altre corone, che a lei non sarebbero mai toccate.
Ma la povera e buona Regina Maria si ostinava a durare in vita; e Lucrezia, assalita dal sogno ambizioso, impaziente di raggiungere il fine supremo della sua vita, timorosa che non le sfuggisse e che le fosse tolto di poter dire: sono o sono stata una volta regina, cominciò a considerare se fosse proprio necessario aspettare la morte di Maria di Castiglia per ascendere al trono di Napoli”.
Perciò, vestita già da Regina, andò da papa Alfonso Borgia nella speranza che annullasse il matrimonio del Re, con al seguito 500 cavalieri e quasi 100 donne fra dame e damigelle, spendendo 5.000 alfonsini e 3.000 ducati, ricevuta dal nipote del papa, Ludovico Borgia, futuro papa anch’egli, fra i vasi d’oro che le regalavano i cardinali e gli arredi preziosi, ordinandosi cerimoniali e festeggiamenti. Ma dopo due ore di colloquio, il papa non volle concedere il divorzio al Re perché non intendeva andare con essi due all’inferno, riferendo tutto alla Regina che viveva in Spagna. Il Re intanto l’attese a Capua, la baciò in bocca, e stette un paio d’ore con lei, triste e sconsolata, né le bastava che il Re si togliesse al suo cospetto due o tre volte la berretta, tornando a Napoli per fare ugualmente gran festa. Se il papa non le aveva concesso il divorzio non le restava che attendere la morte della Regina. Ma la natura fu spietata e una grave mallatia colse Re Alfonso portando lui alla morte. La bella Lucrezia fu così costretta a tornare a casa e, insieme ai suoi parenti, ad accettare come nuovi sovrani l’erede al trono Ferrante e la stupenda Regina Isabella. E’ questa la storia dell’amante di Alfonso che visse da Regina senza mai poter vedere il trono.
indice

premessa.
amori e amorazzi aragonesi

1.
Loise De Rosa, il narratore

— La love story di Re Alfonso e Lucrezia d’Alagno
— La storia raccontata da Nicola Della Tuccia
— Donna Lucrezia vista dal Pontano
— L’amore per la famiglia Alagno

2.

Quante storie di amori

— La Lucrezia del Panormita
— Figli diversi dai padri
— La battaglia può attendere
— Di chi era il figlio?
— Il figlio non è mio
— Pregiudizi sulle donne
— Lode alle donne

APPENDICE DOCUMENTARIA
LEGGENDE E TRADIZIONI PATRIE
n.1
LUCREZIA D’ALAGNO
di Tommaso Aurelio de Felice

CAPITOLO PRIMO
CAPITOLO SECONDO
CAPITOLO TERZO
CAPITOLO QUARTO
CAPITOLO QUINTO
CAPITOLO SESTO
CAPITOLO SETTIMO
CAPITOLO OTTAVO
CAPITOLO NONO
CAPITOLO DECIMO
CAPITOLO UNDECIMO
CAPITOLO DUODECIMO
CAPITOLO TREDICESIMO
CAPITOLO QUARTORDICESIMO
CAPITOLO QUINDICESIMO
CAPITOLO SEDICESIMO
CAPITOLO DECIMOSETTIMO
CAPITOLO DECIMOTTAVO
CAPITOLO DECIMONONO
CAPITOLO VENTESIMO
CAPITOLO VENTUNESIMO
CAPITOLO VENTESIMOSECONDO
CONCHIUSIONE
note e schiarimenti

APPENDICE DOCUMENTARIA
LEGGENDE E TRADIZIONI PATRIE
n.2
LUCREZIA D’ALAGNO DI AMALFI
di Benedetto Croce

note bibliografiche

1. Il riferimento è all’Iliade di Omero.
2. La vicenda è narrata da Virgilio nell’Eneide.
3. U. Galimberti, Enciclopedia di psicologia, Garzanti, Torino, 2001.
4. B. Croce, Storie e leggende napoletane, Laterza, Bari 1919. E recentemente, Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane , a cura di Giuseppe Galasso, Milano, Adelphi, 2001, il saggio su Lucrezia D’Alagno, pp. 89-120.
5. M. De Nichilo, Dizionario Biografico degli Italiani dell’Istituto Treccani, vol. 39 (1991). “Non è facile -scrive il De Nichilo- riassumere il contenuto delle prose del De Rosa, a metà strada tra cronaca e libro di memorie, dove la cronaca è piuttosto aneddoto e non si fa mai storia, mentre la memoria ormai fossile, si inquina di fantasticherie e di leggende”. Questo giudizio si ritrova un poco in tutti gli autori che hanno trattato del De Rosa. Questo giudizio ha pesato sulla fortuna dell’autore napoletano. Forse una lettura senza pregiudizi dell’opera, potrà giovare alla storia e al suo autore. Nel 1998 Vittorio Formentin ha pubblicato l’edizione critica del manoscritto della Biblioteca di Francia (Luise De Rosa Ricordi), due volumi di complessive 920 pagine, per l’editore Salerno di Roma. A questa edizione si può fare riferimento soprattutto per problemi di natura ecdotica e linguistica perché completa di glossario.
6. La traduzione in italiano dell’opera di Loise De Rosa, infarcita di forme dialettali napoletane, è tratta dal volume Cronache dei tempi miei, cose di Re, d’amore e di coltella, da me curata per l’editore ABE, Avellino 2022 pp. 66-79.
7. Lucrezia d’Alagno (1430-1479) di nobile famiglia partenopea fu l’amante del Re del Regno di Napoli Alfonso V d’Aragona. “Ma questo gran Re, d’animo così elevato, e di pensieri cos’ reali, fra tante bellicose cure, e fra tanti perigliosi impegni di stabilire il suo impero, ecco che pure fu divertito alquanto da una passione amorosa che tutto il mondo assoggetta. Innamorossi egli d’una giovinetta, Lucrezia d’Alagno nominata celebrata per tutte le nazioni, per li favori che da questo Principe riceveva”. Bastian BIANCARDI, Le vite de Re di Napoli, Raccolte succintamente con ogni accuratezza, Venezia 1737,pp.300-01.
8. Callisto III (Canals- Spagna 1378. Roma 1458) papa dal 1455 alla morte.
9. Padre di Lucrezia era Nicola (Cola) d’Alagno:” Gentiluomo Napoletano, Signore di Roccarainola, originario della città d’Amalfi” Bastian BIANCARDI, Le vite de Re di Napoli, Raccolte succintamente con ogni accuratezza, op.cit p. 301.
10. Luigi Milano, nipote di Callisto III, cardinale nel 1455 e legato pontificio a Bologna. I Milano, detti anche Milà, giunsero nel Regno di Napoli al tempo del regno di Alfonso I d’Aragona, in seguito al matrimonio tra Auxia del Milà e Luisa d’Alagno, sorella della favorita del Re Alfonso, Lucrezia. http://patrimonio.archiviodistatonapoli.it › famiglie › M...
11. Venèra è il nome della santa venerata in particolare in Sicilia. Una santa martire dei primi secoli, dai contorni biografici leggendari. Il nome Venèra corrisponderebbe a quello di Veneranda.
12. “La storia degli amori tra Alfonso VIII di Castiglia, detto il nobile, e una giovane ebrea di Toledo, originata da una minuta notazione storica, ha dato luogo a una fioritura di testi di vario genere e qualità, in cui la trama della vicenda amorosa si intreccia alla storia degli ebrei e dell’antisemitismo” Laura Sciascia, Tra storia e letteratura: il caso dell’ebrea di Toledo, in Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019 anno XVI p.601.
13. Federico III d’Asburgo (1415 – 1493) Imperatore del Sacro Romano Impero, regnò dal 1452 al 1493, anno della morte. Nel 1452, egli si recò in Italia per ricevere la sua sposa, l’infanta Eleonora, figlia del re Edoardo del Portogallo, che sbarcò a Livorno dopo un viaggio di alcuni mesi.
14. Cottardina o cottardita, abbigliamento femminile in voga nei secoli XIV-XV consistente in sopravveste aderente ai fianchi, con maniche lunghe.
15. La cioppa era un soprabito maschile, una tunica che, fermata con ricche cinture, scendeva quasi dritta fino ai piedi.
16. Il nipote del Papa è Luigi Milano.
17. Giacomo Coreglia (o Corella) partecipò all’assedio di Napoli del 1441-42, quando i soldati di Alfonso entrarono nella città attraverso i cunicoli dell’acquedotto.
18. Lucrezia aveva due sorelle, Luisa e Antonia, e due fratelli, Ugo e Mariano.
19. Mariano d’Alagno, conte di Bucchianico, sposò Caterinella de Ursinis (Caterina Orsini).
20. Sono i versi con cui inizia un inno alla Madonna risalente all’ VIII-IX secolo.
21. Paolo Viti - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989) s. v. Della Tuccia, Nicola. Del cronista viterbese tratta Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, Venezia 1861, vol. CII lemma Viterbo, dove a p.213 scrive” Nicola di Bartolomeo o Della Tuccia, mercante di professione, raccolse quanto ne aveano scritto i due cronisti nominati (M. Girolamo dottore in medicina e Cola Covelluzzo), oltre lo scritto del Lanzellotto, e lo continuò nelle cose da lui viste dal 1406 al 1473. Questa cronaca inedita bob è propriamente di Lanzellotto, ma di Nicolò che la compilò, come avvertì il prof. Orioli nell’Album di Roma, I, 20 p.305. La Civiltà Cattolica, serie 2, t. 8 p.319, die’ contezza: Cronaca de’ principali fatti d’Italia dall’anno 1417 al 1468 di Nicolò della Tuccia viterbese, pubblicata per la prima volta da un mss. di Montefiascone per cura di Francesco Orioli, Roma 1852. L’editore si proponeva pubblicare del medesimo autore l’inedita Cronaca de’ fatti particolari di Viterbo”.
22. Cronaca de’ principali fatti d’Italia dall’anno 1417 al 1468 di Niccolò Della Tuccia viterbese pubblicata per la prima volta da un Mss. di Montefiascone per cura di Francesco Orioli, Roma Tipografia delle Belle Arti 1852
23. http://www.gentedituscia.it › della-tuccia-nicola
24. La Civiltà Cattolica, a. V, serie II, vol. VIII, Roma 1854 p.320.
25. Cronaca de’ principali fatti, op. cit. pp,277-79
26. Giovanni Pontano, De bello neapolitano,lib II. Per la traduzione in italiano, V. Iandiorio, Debello neapolitano – Isei anni della conquista aragonese , ABE 2017, vol. II, P.24-25.
27. Di Ferrante Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese ne’ seggi di Naopoli, imparentate colla Casa della Marra, Napoli 1641 p.22-24.
28. Gianvito Resta - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970) s. v. BECCADELLI, Antonio, detto il Panormita
29. Crisippo di Soli è stato un filosofo stoico e matematico greco, vissuto nel III sec. a. C. Per il filosofo aspetti molto rilevanti della vita quotidiana sono per lo più determinati non da esplicite scelte razionali, ma piuttosto da tendenze innate, alcune preferite, altre respinte. Tra quelle preferite poniamo la salute, la forza, la bellezza, la ricchezza, la fama.
30. De dictis et factis – detti e fatti di Napoli Aragonese, Re Alfonso raccontato da Panormita , trad. di V. Iandiorio, ABE 2018.
31. Ibidem, Lib. II.
32. Era detta “fossa di Carlo Martello” la cella più disagevole del Maschio Angioino.
33. Ippolita Maria Sforza (1445 – 1488) era figlia di Francesco I e di Bianca Maria Visconti; divenne Duchessa di Calabria per matrimonio, ma morì prima che suo marito Alfonso II d’Aragona diventasse re di Napoli (1494).
34. L. De Rosa, op. cit, vol IV