LA PRINCIPESSA DI ALTAMURA. ISABELLA DEL BALZO REGINA VICARIA DI PUGLIA

35,00


L’ultimo dispaccio di Federico e Isabella
e i primi atti dei notai pontifici di Ariano

Era l’agosto del 1501 quando, presa Taranto, l’accordo franco-spagnolo fu più chiaro e si cominciò a parlare di una spartizione non più sommaria in due parti, ma per provincia, precisandosi che “nella divisione del regno tutta la Terra di Lavoro, il Ducato di Benevento, et l’Abruzzo insieme con Napoli fossero dei Francesi: ma la Calabria, Basilicata, et tutta la Puglia con Terra di Otranto toccassero agli Spagnuoli”.182
L’esilio offerto dal Re di Francia allo spodestato sovrano avvenne quindi quando ebbe “notizia che il Re di Spagna era determinato a non gli cedere il Capitanato” dove manteneva il presidio del Gargano fino a Manfredonia e il figlio asserragliato a Taranto. A questo punto i regnanti di Napoli fecero le valigie ma lasciarono che fossero i Francesi ad assorbire la Capitanata, provincia che durante l’accordo non era stata considerata ma che ora, in seguito alla sottomissione di Federico spettava alla Francia e non alla Spagna. Ne risultò che, occupato il castello principale di Napoli, raggirando con malizia gli stessi napoletani, i Francesi avviarono un contenzioso con gli Spagnoli sulla Capitanata (che era nata da una costola delle province antiche di Basilicata e Puglia), affermando che doveva considerarsi fuori dalla parte che il Re di Spagna aveva segnato nel primo accordo segreto, cioè prima della sottomissione aragonese al Re di Francia.
Luigi Palau, di concerto col signore d’Aubegnì e con il Conte di Caiazzo generale di Francia, diede quindi notizia di questa novità al Gran Capitano generale degli spagnoli Consalvo Cordova. Consalvo, che conosceva bene i territori, puntualizzò però che al proprio principato spagnolo spettavano le quattro province antiche, come da accordi, cioè Terra di Lavoro, Abruzzo, Puglia e Calabria, che già comprendevano la vecchia Basilicata e la nuova Capitanata che dir si voglia (in quanto parti integranti dell’allora Puglia o della precedente Calabria che dir si volesse), cioè que eran el principado, que llamavan de aquende, y el otro de la otra parte, y Capitanata, y Basilicata, y avia duda a qual de los Reyes partenecian en todo, ò en parte.183
La confusione nacque fra i nomi antichi e moderni di quelle regioni che si ritrovavano mutati in queste zone, più que en otra parte de Italia. Ma il caso non si dipanava da secoli, anche perché furono dette Calabria anche le coste di Bari che fin dai tempi antichi erano posseydos por les Longobardos, se ocuparon por Griegos, y Moros, y postreramente por los Normandos, solo che avevano perso il nome a causa delle continue invasioni allorquando perdieron los nombres antiguos, y tomarò otros muy barbaros, y estranos pertanto in parte lasciarono i toponomi a quei luoghi e in parte li trocaron, cioé li scambiarono per i vecchi.
In tal modo tutta quella regione di Capitanata appartenuta alla Puglia fino ai fiumi Fortore ed Ofanto in antico era parte della Calabria di Bari che terminava ad Otranto e Taranto. La Capitanata aragonese nacque quindi dalla parte Piana di Foggia-Melfi, distaccata dalla parte Lucania di Potenza-Paestum, ma che insieme costituivano la Basilicata. Insomma l’errore lo aveva commesso il capitano del Re di Francia, Luigi de Arsi, procuratore del signor de Linì, perché aveva fatto alzare le bandiere francesi anche nel Principato barese di Altamura ed in altri stati pugliesi. Si convenne quindi che i generali francesi mandassero a dire ai responsabili di castelli e città che per sbaglio avevano issato la bandiera francese nella provincia di Puglia (Terre di Otranto e Bari che dir si voglia) che quello era tutto principato spagnolo chiamato Ducato di Calabria e che quindi dovevano chiaramente cambiare vessillo, stare dalla parte del Re Cattolico e ridursi alla sua obbedienza.
Gli spagnoli del Ducato di Calabria, alla maniera del regno antico angioino, consideravano quindi che tutta la Puglia rientrasse nel territorio assegnato al Re Ferdinando di Spagna, perché già comprendente le province di Otranto e Bari.
In tal modo vi rientravano anche le restanti porzioni pugliesi delle province di Basilicata e Capitanata. Sempre perché i nomi antichi includevano molte altre Terre rispetto alla frammentazione delle nuove province (in effetti l’asse antico dell’ex Regno di Puglia era Baroli capitale con Salerno vicecapitale). Intanto Napoli, accettato il luogotenete generale francese Duca di Nemurs, mandò Luigi Palau in Capitanata per convincere i baroni a passare dalla parte del Re di Francia, ottenendone l’obbedienza senza impedimento spagnolo. Con la morte del barone Carillo di Cerviglione, la Valle restò nuovamente allo sbando, col Regno diviso a metà (due parti di più province ciasciuno) fra Francesi e Re Ferdinando Il Cattolico di Spagna, dal trattato segreto di Granada che concedeva l’esilio a Federico ed Isabella con giovane Duca Ferrante III in quel di Valenza.184
Idem dicasi per la morte del Duca Borgia di Gandia, perito sempre per mano del fratello Valentino, che non vide mai il sedile di Benevento.
Tutta la Valle ricadde in Provincia Principato Ultra et Capitanata, rientrando in una delle due parti, quelle divise fra Franesi e Spagnoli, che dichiararono fine al Regno aragonese. Nei primi atti notarili conosciuti, quelli che compaiono ad inizio del 1500, vedono Ariano unita ad Apice, e Benevento riunita ad Ariano, per poi dissolversi nuovamente tutti. I rogiti riferiscono spesso vicende di altri paesi della Baronia e del Calore, specie a firma del notaio Angelo Tartaro di Ariano.185
Il passaggio dei rogiti notarili dal notaio Francesco al figlio Angelo Tartaro di Ariano, era avvenuto definitivamente nel mese di agosto 1500, quando in un frammento rinvenuto fra le pagine si parla del morbo che ha colpito il vecchio notaio. Da qui la diversa mano che comincia a rogare, quella di Angelo fu Francesco (1497-1500), sebbene il giovane avesse iniziato la professione qualche mese prima, quando questa zona era ancora sotto Federico de Aragonia dei grazia rege anno secundo.186
Stando ai rogiti arianesi il passaggio dagli Aragonesi agli Spagnoli avvenne in forma lieve, anche perché Ariano proveniva da un passato decennale nello stato pontificio e se non da qualche anno la si voleva ricondurre nel Regno. Nel 1499 erano di certo si dicevano ivi regnanti ancora Federico dei grazia rege Cicilie Hierusalem et Hungaria hanno vero cecilia regni anno quarto feliciter.amen.187
Il notaio Tartaro si diverte ad ‘imbrattare’ i fogli bianchi con invocazioni dal sapore biblico in vista del Natale, come l’Abusio Seculi pauperum efficit sepurbum, dai richiami austeri ad essere più buoni verso i deboli.
Così: — Quia propter hortamus ut in hiis diebus abundantius elemosinas facient ad ecclesiam frequentius convenàtis confexionem peccato rum vestrorum purissime recepiatis, et non salum ab omni immundicia sede etiam ab uxori bus peccatis indignationem et blasfemiam seuperbiam atque… cum omni carnali delictione… a vobis repelatis et cum dies dominii nostri nativitatis advenerit salubriter ipsum celibrare passitis. Nam et corrumpi non… est quod palpatur et corrumpi non passit quod non palpatur.
Nella sostanza lo scritto esorta “affinché in questi giorni facciate più elemosine, veniate in chiesa più frequentemente, e confessiate completamente i vostri peccati, che vi asteniate con massimo impegno non solo da ogni impudicizia ma anche dai rapporti con le mogli; allontanate da voi l’odio al fratello e la rabbia e la blasfema superbia ed ogni piacere carnale, affinché, quando verrà il giorno natale del Signore Nostro, possiate celebrarlo degnamente.188
Siamo al 6 luglio del 1500 e l’intestazione illegibile pare ancora affermare la presenza di un Regnante Federico anno 5° se è riferito a Federico d’Aragona. L’ultimo documento arianese, al f.178, riferito a Re Federico sarebbe del 20 giugno 1501, perché il sovrano appare diverso il 2 luglio 1501, quando si dice che già sono 7 anni di detto colendissimo re nel Regno nella giornata secunda mensis juli.189
Re che il 4 agosto 1501, alla 4 indizione vescovile si dice essere entrato in Napoli, quando si cita il diverso sovrano col titolo di felicissimo eccellentissimi regisi ingressus fuit Neapoli, ricevendo il giuramento di fedeltà dei baroni di Terre e Castra. Oppure anche 6 anni, stando ad un documento del 22 luglio 1501.
Così: — Die quarto mensis augusti, quarta indictionis.
Felicissimus exercitu christianissimi Regis Ingressus fuit Neapoli et omnes civitates et Terra et castra ad fidelitatem redduut et Sex annis dicti Cristianissimi Regis incipit die vicesimo secundo presentis mensi Julii presente anno.190
Nel die 2 agosto 1501, siamo al f.179, l’intestazione è riferita ad un sovrano al 4° anno di Regno, il 1° a Napoli. In questo caso è sicuramente Re Ludovico di Francia, perché è relativa al Regnante Xmo rege smi Lodovisio dey grazia francob roy ex Neapolitano rege et mediolanensi Dux regi ut vero Francia anno quarto huius vero anno primo feliciter, amen.191
Idem al f.182 del 1501, anno die m.q. primo, dove si riptere il 4° anno di regi xmo rege m./ Lodovisi dej grazia Franchorum estensj ut mediolanensi Francia vero egno anno quarto.192
Che al f.184, cioè il 5 ottobre 1501, è sempre il 1° vero anno, quando si scrive regnante inthos regno Onha xmo rege Loysio rege franciosi et Camp-Rege essegriia Hispania regnos a vero ejus anno primo feliciter, amen.193
Così al f.190 in data 20 ottobre 1501.1….

Description

LA PRINCIPESSA DI ALTAMURA.

ISABELLA DEL BALZO REGINA VICARIA DI PUGLIA

Isabella, superata la fase critica, fu battezzata. Pirro e Maria, nutrendo infinita devozione per il vedovo Re Ferrante e per la defunta sovrana Isabelle de’ Clermont, zia di entrambi, le misero quindi nome Isabella. Al dolore e alla preoccupazione per una insperata salvezza in seguito alla morte dei fratellini, si aggiunse il problema dell’allattamento, avendo l’infantina una bocca così piccola che fu difficile trovare una nutrice col petto adatto. <br>Il principe Pirro fece quindi ricercare una balia in tutto lo suo stato, e non se ne trovò nessuna dentro Altamura. Per cercar donna aver piccol pupegno, ch’avesse questa figlia ben lattato, per aver piccol popigno ne la ziza. Le ricerche, dettate dalla fretta, furono estenuanti, ma alla fine si trovò una baila e nutriza col capezzolo piccolo, sebbene de omne vitegno, in quanto poi si scoprì essere un’ubriacona col cervello innaffiato dal succo di ogni vigna, perché el più del tempo stava, questa, imbriaca e non sapea quel che se facea; e molte volte sopra de la naca con greve sonno spisso se adormea. Una brutta abitudine che fece patire non poco la piccola, spesso rimasta senza pappa. Oltre ad addormentarsi sulla culla, si racconta di quando aveva 22 giorni e un celeste tron cascò con fiamme accese. Il fulmine che ne seguì cadde sul castello di Minervino, rovinando la stanza dov’era la nutrice con la piccola. Tutte le donne fuggirono via per la paura. Isabella riuscì a salvarsi solo perchè stava in cima, nel punto alto del palazzo. <br>Passarono i primi mesi e la fanciullina, bella e buona, crebbe nel Palazzo di Altamura invidiata dalle due sorelle di poco più grandi, Isotta e Antonia, sempre pronta ad insidiarla, chi pugno le dava e chi buffetto, accusandola di essere il frutto di qualche perfidia. Ma lei evitò scontri e beffe, senza mai vendicarsi e perciò divenne amata da chiunque incontrasse durante le passeggiate, fra chi le dava e chi le prometteva, specie quando, con i suoi graziosi costumi e per il suo aspetto, incantava tutti quelli di Altamura, dove il padre si trasferì, essendo stato fatto Principe di quel castello. E poiché i complimenti erano solo per lei, la madre era costretta a sgridare continuamente le sorelle maggiori. Ma proprio le tante pene patite erano da considerarsi il segnale di un ricco futuro. <br>Così la madre Maria: — Ognuna de voi bene m’ascolte: ché questa haverà ad essere Regina; e sia da voi in reverencia adorata, ché chi se umilia è sempre più exaltata. <br>Isabella venne su come una rosa, ogni giorno più bella, da far invidia a tutte le più belle ragazze di Altamura. Non arrivò all’adolescenza che già i nobili ne chiedevano la mano. Ma venivano da fuori, oltreconfine, e già si parlava di principi giunti apposta da Napoli solo per vederla…

 

 

Dettagli

EAN

9788872970133

ISBN

887297013X

Pagine

96

Autore

Bascetta

Recensioni

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Only logged in customers who have purchased this product may leave a review.

Editorial Review

INDICE

FIGLIA A PIRRO PRINCIPE DI ALTAMURA
E DONNA DONATA DUCHESSA DI VENOSA

 

i. La bella Donna Donata Orsini
ii. Il figlio Federico erede di Venosa
iii. La figlia Isotta sposa di Pietro de Guevara
iv. Clementina impalma monsieur Saint-Polo
v. Antonia parte col Gonzaga di Sabbioneta

1.
L’AMORE PER FRANCESCO

— Figlia di Pirro del Balzo e Donata Orsini
— La nutrice ubriacona di Minervino
— Una principessina a spasso per Altamura
— Turchi a Nerito: Pirro Contestabile del Regno
— Promessa al duca ‘de lo Monte’ S.Angelo
— Pirro e Capitanata contro il Re: la congiura
— Il Principe spodesta i del Balzo
— Salerno e Pugliesi vogliono Federico sul trono
— Federico prigioniero, la Puglia assediata
— Muore Francesco, promesso di Isabella

2.
LE NOZZE COL PRINCIPE FEDERICO

— Fuga a Montepeloso, matrimonio in Andria
— La rinuncia al Principato e a Lecce
— Morte del padre e nascita del primogenito
— Nascosta nel Salento: la guerra contro i Mori
— La gente rimpiange Ferrante, sale Alfonso II
— Isabella a Lecce, vicarìa spostata a Bisceglie
— E’ guerra: cala Carlo VIII, Alfonso abdica
— Ferrante II ad Ischia, Napoli è circondata

3.
I REALI RICONQUISTANO LA PUGLIA

— Federico ad Ischia, Isabella fra Andria e Bari
— Si organizza la forza per liberare Lecce
— Torna Federico dalla sua bella ad Otranto
— L’invasore se ne va, Napoli resta aragonese

4.
ISABELLA E’ REGINA, FESTA IN PUGLIA

— Federico è Re, ma la sovrana resta nel Salento
— Isabella ritarda la partenza: il battesimo a Campi
— Teatrino e banchetto dai Maremonti
— A Carpignano seppe di Ferrante II: era Regina
— Catarinella di Salice, Giulia ed altre dame
— Bellisario piange: ultima festa a Carnevale
— Addio programmato: a Campi prima di partire
— Fuochi d’artificio dal castello: salute alla Regina!

5.
L’ULTIMO VIAGGIO SULL’APPIA ANTICA

— Le casaline accorse per il bacio del piede
— Triste addio di donna Giulia fino a S.Chiancazzo
— Isabella resta a Lecce, incoronato solo il Re
— La Regina si incammina sull’Appia-Traianea
— Capitanata e Principato: feste dopo il Salento
— Il saluto della ‘brutta’ Duchessa di Ariano
— Attesa a Benevento dai parenti di Papa Borgia
— La Caudina per Acerra e Napoli: l’incoronazione

6.
I VOTI NON FERMANO LA GUERRA

— Bombe a Salerno, Isabella prega sulla tomba degli avi
— Francesi, Spagnoli e Papa contro la coppia reale
— La nascita di Alfonso III e la fuga delle Regine
— Il Re dà Salerno a Lucrezia Borgia: finta pace
— Francia su Lecce e Spagna su Napoli: l’esilio
7.
LA FUGA IN FRANCIA E POI DAI D’ESTE

— La corte regia scappa a Ischia col tesoro
— La Regina parte per Tours, dove muore il Re
— Il Cattolico si risposa con una Foix di Francia
— Isabella lascia per sempre il Regno per Ferrara

Appendice Documentaria a cura di S.Cuttrera

i. La vendetta di «Clementia»
e del marito generale Saint-Pol

ii. L’ultimo dispaccio di Federico e Isabella
e i primi atti dei notai pontifici di Ariano

Note Bibliografiche

1. Filiberto Campanile, L'armi, overo insegne de'Nobili ... d'alcune Famiglie Nobili, cosi spente, pag.171, Tarquinio Longo, Napoli 1610. Dal poema si ricava che Pacientia bazzicava alla corte di Isabella, con innumerevoli faccende da sbrigarsi, come egli stesso scriveva alle dame leccesi, alle quale annuncerà altrove di aver scritto il poemetto non con breve intermissione et poco disconzo de le faccende a le quale per debito era obbligato. Dedicò poi il poema alla sorella della regina, Antonia del Balzo, pudicissima consorte di Giovan Francesco Gonzaga, como premicij et tirocinij del suo studio, ma scritto soprattutto per le affannose richieste della dama leccese Giulia Paladini, figli di Luigi, moglie del barone Belisario Maremonte in Campi, con lo stemma del quale fu miniato il testo manoscritto, accompagnato da una lettera per la moglie e da un sonetto di lode accanto alla dedica per Isabella. Cfr. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza [di Nardò], Opere [cod.per. F27 conservato presso la Biblioteca Augusta] edito per la Biblioteca Salentina di Cultura dalle Edizioni Milella, Lecce 1977.
2. Sono i versi di un poema coevo in otto canti chiamato Lo Balzino e scritto da Rogieri de Pacientia de Nerito, modernizzato in Ruggiero di Pacienzia da Nardò, spesso ignoto ai cronisti e perfino ai tanti Tafuro che trattarono delle cose di Nardò. Croce rinvenne il manoscritto nella Biblioteca Comunale di Perugia, dove poi lo studierà con eccellenza, il noto Mario Marti, al quale dobbiamo la trascrizione, sebbene successiva a quella parzialmente pubblicata da Croce. V.Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. Deputazione Napoletana di Storia Patria, Archivio Storico per le Province Napoletane, Società napoletana di Storia Patria, vol.22, Napoli 1897. Cfr. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza [di Nardò], Opere [cod.per. F27 conservato presso la Biblioteca Augusta] edito per la Biblioteca Salentina di Cultura dalle Edizioni Milella, Lecce 1977. Il poeta era discendente della famiglia del Domino Rogerius de Patientia, laico della Diocesi Neritensis, è citato durante la visita dell’ambasciatore aragonese Luigi Paladini a Roma nel 1493.
Il poema, in lingua volgare del Quattrocento mista a parola e forma dialettali, infiorita di molti ispanismi e qualche francesismo, fu appena trattato dal Croce, il quale, da letterato aristocratico, non lo ritenne valido di essere studiato per intero, sebbene pregno di spunti storici e di costume, essendo in uno stile non da letterato ma da cortigiano (quale era il Pacientia). Lo stesso autore, del resto, asseriva scrivere “piuttosto per le donne che per gli uomini”, precisando: Non son lo Chariteo, non sono Antonio, Né meno el vostro docto Thimoteo, riferendosi a Benedetto Gareth detto il Chariteo, Antonio Tibaldeo e Timoteo Bendedei, famosi rimatori cortigiani dell’epoca, come annunciava nella dedica ad Antonia del Balzo, e ben inquadrava quel suo poema da cantastorie, improntato come un poema cavalleresco diviso in otto canti (o libri) che iniziano con tre ottave di invocazione, a Dio, alla Vergine e ai tre Magi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, dal quale si fa discendere la famiglia del Balzo. Lo scritto è l’esaltazione delle doti di Isabella del Balzo, dalla nascita al matrimonio con Federico d’Aragona, da principessa come da regina, fino al suo arrivo a Napoli per la presa di possesso del trono.
Così il Sonetto è dedicato alla Illustrissima Signora Madama Antonia De Balzo: - Ecco, madamma, el fin de questa istoria..
Isabella è una regina che oppone la costanza all’avversa fortuna e l’autore narra la sua vita da cronista, fra aneddoti e descrizioni, come in un diario, compresi versi composti in suo onore. Un rozzo componimento, per forma e per concetto, di un autore che ama la sua regina, gode e soffre con lei. Annunziando il poema che iniziava: Or se apparecchia un’altra scaramuza, piu’ brava, piu’ animosa, piu’ gentile; ciascun fremendo li sui denti aguza…
Or seco ove vertu’ l’ha destinata, / or ecco ove vertu’ l’ha ben reducta, / or ecco ove vertu’ l’ha sublimata, / or ecco ove vertu’ l’have producta, / or ecco ove vertu’ l’have exaltata, / or ecco ove vertu’ l’have conducta…
2. Dal poema si ricava che Pacientia bazzicava alla corte di Isabella, con innumerevoli faccende da sbrigarsi, come egli stesso scriveva alle dame leccesi, alle quale annuncerà altrove di aver scritto il poemetto non con breve intermissione et poco disconzo de le faccende a le quale per debito era obbligato. Dedicò poi il poema alla sorella della regina, Antonia del Balzo, pudicissima consorte di Giovan Francesco Gonzaga, como premicij et tirocinij del suo studio, ma scritto soprattutto per le affannose richieste della dama leccese Giulia Paladini, figli di Luigi, moglie del barone Belisario Maremonte in Campi, con lo stemma del quale fu miniato il testo manoscritto, accompagnato da una lettera per la moglie e da un sonetto di lode accanto alla dedica per Isabella.
3. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza [di Nardò], Opere [cod.per. F27 conservato presso la Biblioteca Augusta] edito per la Biblioteca Salentina di Cultura dalle Edizioni Milella, Lecce 1977.
4. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza [di Nardò], Opere [cod.per. F27 conservato presso la Biblioteca Augusta] edito per la Biblioteca Salentina di Cultura dalle Edizioni Milella, Lecce 1977. Cfr. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Così il poeta: - Morette, in quel, del Regno la regina, [225] la quale se chiamava / Isabella. Al battizar de questa piccolina, el nome sì li posero de quella ca li era cia, e voluntà divina ch’avesse nel suo loco a regnar ella; [230] che se pò dir che Dio l’ebbe creata a esser de questo Regno incoronata. Nascette questa nobile fantina che tucti membri ben formati havea; ma la boccuzza sua sì piccolina che popigno de zizza non capea: donna nisuna fusse llà vicina lactar per alcun modo la possea; et spremer bisognava intro la boccha lo lacte da le zize, a gocta a gocta. [240]
5. Benedetto Croce, cit.
6. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 290 al 310, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
7. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona. Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2007. 2. Lettera riportata in Carlo de Frede, L’impresa di Napoli di Carlo VIII, Editore De Simone, Napoli 1982. V. Baldassarre Castiglione, Terzo libro del Cortegiano del Conte Baldasar Castiglione a Messer Alfonso Ariosto. Vedasi il Cap. xxxvi. Cfr.Francesco Guicciardini, Storia d’Italia (1492-1534).
8. Benedetto Croce, cit.
9. Antonello Coniger, cit.
10. Giovanni di Fiore, Della Calabria illustrata, vol.3, cit.
11. Rogeri, Lo Balzino, cit.
12. Antonello Coniger, cit.
13. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pag.152.
14. Angelo Tafuri, Opere, cit.
15. Antonello Coniger, cit.
16. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.153 e segg.
17. Antonello Coniger, cit., pag. 170 e segg.
18. Ivi.
19. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
20. Antonello Coniger, cit., pag. 170 e segg.
21. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
22. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
23. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
24. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
25. Antonello Coniger, cit., pag. 170 e segg.
26. Ibidem.
27. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
28. Ibidem.
29. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 330 al 400, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
30. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
31. BPA, Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. Deputazione Napoletana di Storia Patria, Archivio Storico per le Province Napoletane, Società napoletana di Storia Patria, vol.22, Napoli 1897. Cfr. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza di Nardò,Opere (cod.per. F27) Biblioteca Augusta, Biblioteca Salentina di Cultura, Edizioni Milella, Lecce 1977.
32. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 620al 665, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
33. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, cit.
34. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 660 al 680, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
35. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 713 al 720, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
36. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 785 al 805, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
37. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
38. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 185-186.
39. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 400 al 575, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
40. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
41. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
42. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg.
43. Ivi
44. Ivi.
45. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 825 al 885, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit. Alla pagina 83 termina il I Libro de Lo Balzino.
46. Ibidem.
47. Lettera riportata in C.Canetta, La morte del Conte Jacomo Piccinino, Archivio Storico Lombardo, Anno IX, 264.
48. Cardami e altri, cit. Per le spese del Duca di Calabria Ferrante II fece dare danari e vettovaglie dalla gente creandolo signore di 100 squadre per offendere o per resistere, spedendolo in Toscana contro i francesi, ordinandogli di presidiare il passo di Bologna, mentre Federico giungeva a Genova, senza riuscire a prendere in alcun modo la Riviera ligure. Il 1 maggio, ma forse era il 7 o l’8, Re Alfonso fu incoronato in Napoli dal cardinale mandato da Alessandro VI. Subito prese prigionieri alcuni signori del regno di cui sospettava tradimeno. Il Cardami dice che il 20 maggio fu fatto cardinale Don Giovanni Luigi de Aragona (figlio di D.Errico marchese de Jerace e de madonna Polixene Centeglie), e ne stato mandato da papa Alessandro lo cappiello russo da Roma a Napoli, dove l’ha ricevuto co assai allegrizzi, & festivitati presenti lo Re Alfonso con tutti l’altri principi, & signuri d’ogni sorte de tutto lo Reame, perché isso cardinale Giovanni Luisi a Re Alfonso è nepote carnal; Tafuri precisa: nipote di Re Ferdinando. L’8 settembre Re Alfonso II, con l’autorità del papa, donò l’abbazia di S.Nicola e Cataldo extra mura della città di Lecce, che prima era dei monaci neri di san Benedetto, ai frati olivetani vestiti di bianco, concedendo un abate mitrato indicato da papa Alessandro per tenerla col titolo di Abbazia, sottomettendogli le chiese di s.Catarini in San Pietro a Galatina (che era dei francescani), di s.Chiara in Barletta e di s.Vito de Baronia.
49. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1 al 135, cap.II, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
50. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona. Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2007.
51. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 186-198.
52. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 136 al 315, cap.II, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
53. Ibidem.
54. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-224.
55. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona. Regine di Napoli, ABE, Avellino 2007.
56. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona. Regine di Napoli, cit.
57. A.Bascetta, Juana.Giovanna d’Aragona. Regine di Napoli, cit.
58. A.Bascetta, Juana.Giovanna d’Aragona. Regine di Napoli, cit.
59. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 135 al 352, cap.II, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
60. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 355 al 480, cap.II, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
61. Ibidem.
62. Ibidem.
63. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 480 al 700, cap.II, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
64. Ibidem.
65. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1 al 620, cap.III, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
66. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
67. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
68. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona. Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2007.
69. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona, cit.
70. Fra’ A. Della Monaca, Memoria Historica dell’antichità della città di Brindisi pubblicato in Lecce 1674, a pagg.580 e segg.
71. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-224.
72. AA.VV, Capitani di ventura. Regno di Napoli in più epoche (1458-1503), ABE, 2006.
73. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona, cit.
74. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 620 al 768, cap.III, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
75. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona. Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2007.
76. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923, Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 620 al 768, cap.III, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
77. Ibidem.
78.Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
79. M.Sanuto, I Diriaii, cit. Cfr
80. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
81. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552. Per la cronologia storica sono stati altresì utilizzati elementi provenienti da fonti francesi e napoletane, come da note. Cfr. Giuseppe De Rienzo, Notizie storiche sulla Miracolosa effigie di Maria SS. della Consolazione, precedute da un saggio istorico sulla terra di Paterno, Napoli 1821.
82. V. Glaijeses, Napoli attraverso i secoli, Società Editrice Napoletana, 1985.
83. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 224-229.
84. Benedetto Croce, Storie, cit .Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1 al 384, cap.IV, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
85. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 384 al 830, cap.IV, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
86. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1 al 1175, cap.V, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
87. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1175 al 1575, cap.V, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
88. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1 al 980, cap.VI, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
89. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 980 al 1160, cap.VI, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
90. Sanudo, cit. Il 18 agosto 1497 i veneziani ricevevano notizia dal loro ambasciatore nel Regno, quindi per lettere di Marin Zorzi doctor orator nostro apresso re Federico di Napoli, date a Capua, se intese come a dì 10 ditto, il zorno di San Lorenzo...
91. Ricca appendice nell’edizione precedente: A.Bascetta-A.Maietta, Isabelle de Baucio, Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2012.
92. Sanudo, cit. Ibidem.
93. Ibidem.
94. Ibidem.
95. Ivi, Copia de una lettera di Marin Zorzi...
96. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 980 al 1160, cap.VI, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
97. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 980 al 1160, cap.VI, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
98. Ibidem.
99. Ibidem.
100. Ibidem.
101. Ibidem.
102. Ibidem.
103. Ibidem.
104. 1. Archivio di Stato di Avellino (d’ora innanzi, ASAV),Notai di Ariano, Busta vol.78, al f.78, anno 1497.
105. Benedetto Croce, Storie..., cit.
106. Benedetto Croce, Storie..., cit.
107. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Versi 250-350.
108. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Versi 250-350.
109. Pacienza, Lo Balzino..., cit.Versi 250-350.
110. Ivi.
111. Ivi.
112. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Versi 250-350.
113. BPA, Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. Deputazione Napoletana di Storia Patria, Archivio Storico per le Province Napoletane, Società napoletana di Storia Patria, vol.22, Napoli 1897. Cfr. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza di Nardò,Opere (cod.per. F27) Biblioteca Augusta, Biblioteca Salentina di Cultura, Edizioni Milella, Lecce 1977.
114. Pacienza, Lo Balzino..., cit.Versi 800-1000.
115. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Versi 250-350.
116. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Versi 250-350.
117. Pacienza, Lo Balzino..., cit.Versi 250-350. C’erano: Raimundina Gagliarda moglie del segretario, Diana Pissicella moglie di Anton de Raho, Lucrezia di Iacopo Ligori, Beatrice de Alessandro moglie del Moccia, Francesca Annesa, Vincenza de Alando moglie di Giovanni Iacobo Pepe.
118. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1 al 1030, cap.VII, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
119. BPA, Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. Deputazione Napoletana di Storia Patria, Archivio Storico per le Province Napoletane, Società napoletana di Storia Patria, vol.22, Napoli 1897. Cfr. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza di Nardò,Opere (cod.per. F27) Biblioteca Augusta, Biblioteca Salentina di Cultura, Edizioni Milella, Lecce 1977.
120. Ibidem.
121. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit. I versi dal 880 al 1140, cap.VIII. Tantissimi vescovi. Ricca appendice nell’edizione precedente: A.Bascetta-A.Maietta, Isabelle de Baucio, Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2012.
122. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.232-235.
123. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 1 al 1030, cap.VII, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
124. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Libro, Versi 0-300.
125. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Libro, Versi 0-300.
126. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Libro, Versi 0-300.
127. Pacienza, Lo Balzino..., cit. Libro, Versi 0-300.
128. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit. I versi dal 880 al 1140, cap.VIII.
129. Ibidem.
130. Ibidem.
131. Ibidem.
132. Ibidem.
133. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.232-235.
134. Ibidem, versi 1000-1050
135. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit. I versi dal 880 al 1140, cap.VIII.
136. O.Mastrojanni, Sommario degli atti della Cancelleria di Carlo VIII a Napoli. In: Archivio Storico per le Province Napoletane, Vol. XX, anno 1895.
137.Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 235-255.
138. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.232-235.
139. Dizionario di erudizione, cit., pagg.28 e segg. Morto però nell’agosto 1503 Alessandro VI, e caduta la potenza del duca Borgia, l’Isola naturalmente ritornò proprietà degli Orsini, onde allorché Pio IV nel 1560 con bolla eresse Bracciano in ducato”. Sarebbe riconducibile all’Isola Farnese poi detta antico Vejo quella con la chiesa dedicata a s.Pancrazio nel 1559 detta della Beata Vergine Coronata o s.Maria Castellana che si suppose presso gli antichi ruderi di Veia, non lontano da Vaccareccia, contenente un vaso dell’acqua benedetta con la scritta Ordo Vejentum, che per la sua grandezza non poteva essere stato trastortato da un luogo lontano e che si identificò con l’antica città etrusca a 21 miglia da Roma.
Il 14 febbrarii venne in Lecce il corpo de lo fratello de lo gran Turco, nemico di Re Federico...Cfr. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 235-255.
140. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.236-246.
141.Al servizio del papa ritroviamo Giovanni Cervillon. Ricca appendice nell’edizione precedente: A.Bascetta-A.Maietta, Isabelle de Baucio, Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2012.
142. Dizionario di erudizione, cit., pagg.28 e segg.
143. Cfr. www.capitanidiventura.it
144. Alessandro Dumas, XXX, in ‘L’indipendente’, A.III, n° 202 Giovedì 10 settembre, 1863, Uffici della Strada di Chiaia 197, Napoli 1863.
145. Ibidem.
146. Burchard, cit.
147. Ricca, cit.
148. Alessandro Dumas, XXX, in ‘L’indipendente’, A.III, n° 202 Giovedì 10 settembre, 1863, Uffici della Strada di Chiaia 197, Napoli 1863. La morte di Ludovico Agnelli è acclarata il 3 novembre 1499, quando fu sostituito da monsignor Francesco Borgia, presente al battesimo di novembre, che confermerebbe la morte di Carillo fra il mese di dicembre del 1499 e quello di gennaio del 1500.
149. ASAV, Busta vol.78, al f.78, anno 1497.
150. Consalvo sarebbe passato col governo delle genti in Sicilia.
151. E ancora in Grecia Consalvo si distinse durante la carestia.
152. Ricca appendice nell’edizione precedente: A.Bascetta-A.Maietta, Isabelle de Baucio, Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2012.
153. A.Della Monica, Memoria istorica..., cit., pag.605 e segg.
154. Gli aiuti di Consalvo a Gaeta v. A.Bascetta-A.Maietta, Isabelle de Baucio, cit.
155. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.236-246.
156. Ivi.
157. Ivi.
158. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.236-246.
159. Ivi.
160. Ivi.
161. Ivi.
162. V. Storia di S.Giovanni Rotondi (Fg). Non è chiaro perchè nacquero ufficialmente i Principati Ulteriore e Citeriore, pare dopo il sisma del 1348.
163. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.236-246.
164. Francesco Guicciardini, Storia d’Italia (1492-1534). Cfr. Passaro, pag.129.
165. Da: Raccolta di varie croniche ed altri opuscoli del Regno di Napoli, I, Presso Bernardo Perger, Napoli 1780, pagg.236-246.
166. Sul viaggio del 1517-1518 v. De Beatis di Molfetta; Arch. storico per le province napoletane, ann.I, fasc.I, pagg110 e segg.
Ricca appendice nell’edizione precedente: A.Bascetta-A.Maietta, Isabelle de Baucio, Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2012.
167. Da: http://www.unife.it/it/ateneo/strutture-uffici/uffici/ufficio-gare-lavori-pubblici/elenco-interventi/palazzo-renata-di-francia-strozzi-palazzo-tassoni-mirogli.
168. Ivi.
169. Ivi.
170. Ivi.
171. A.Bascetta-A.Maietta, Isabelle de Baucio, Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2012. V. Cronaca Notar Giacomo, pag.247.
172. Summonte, pag.62, lib.7.
173. Da qui l’amicizia e il conforto fra tutte le regine vedove dell’ex regno unite dal filo conduttore della tristezza. V. Baldassarre Castiglione, Il libro del Cortegiano di Baldesar Castiglione, a cura di Giulio Preti, G.Einaudi, Torino 1965. LibroIII, cap.36.
174. Antonello del Balzo di Presenzano, A l’asar Bautezar! I del Balzo ed il loro tempo, Napoli 2003, Arte Tipografica.
175. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg. V. A.Bascetta, Pirro de Baucio, Pirro del Balzo-Maria Donata Orsini, ABE 2020.
In quel lontano 1491 il Re fece fare l’ultimo Natale agli ex ribelli, che vissero una notte buia e tempestosa, pregna di vento e di grandine. Già dalla mattina si era sparsa voce che i baroni prigionieri, a cominciare da Pirro e dall’ammiraglio Sanseverino, sarebbero stati giustiziati quella sera, cioè in occasione dell’ultimo giorno dell’anno.
Una mossa che colse tutti di sorpresa, quasi a voler chiudere definitivamente un capitolo, come lascia intendere Notar Giacomo, che registra il vocio già dalla mattina. Se dicea che quella nocte li baruni del Regno quali stavano carcerati in lo castello novo erano stati amazarati in mari. E quindi, a suo dire, solo allora morì anche Pirro del Balzo, consuocero del Re e padre della Principessa Isabella, insieme agli altri grandi del regno che si erano ribellati agli Aragonesi, in quanto, i nomi delli quali baruni rebelli foro quisti:
— Pirrhus de Baucio Princeps Altemure, magnus comestabulus;
— Antonello S.Severino, Princeps Salerno, ammiraglio;
— Geronimo S. Severino Princeps Bisignano, magno camerario;
— Giovanni Caraccuiolo, Duca di Melfi.
Da quel momento non solo divenne difficile sposare gli eredi al trono, ma si fece più complicato reggere le sorti del Regno. Non c’era più nessun principe che volesse imparentarsi con Ferrante, quel Re che non solo rese prigionieri i suoi baroni, ma si macchiò del loro sangue.
Nel 1492, il Re, temendo i Turchi, allestì un’armata di 60 navi e 40 galee e nominò capitano generale Federico. Questi, non potendo sbarcare a Brindisi, ma nei mari di Lecce, raggiunse il capoluogo via terra, congiungendosi con il grande esercito del Duca di Calabria, con l’ambasciatore Andrano cittadino di Lecce e con Artuso Papacudo suo creato. Quell’anno il Re de Spagna mandò certe Caravelle, & truvò l’Isole sberdute, & che doi volte l’anno faciano frutti de Gardie e trionfò sui Mori.
La scoperta del nuovo mondo aprì le porte al progresso, ma si viveva ancora di superstizioni. Si racconta che essendo poco amato il beato s.Antonio fece miracolo la notte del 13 giugno al Truppito di s.Giovanni cascò fuoco bruciando la barba de lo Machiro e i capelli senza fare danno e al Truppito del vescovo di Lecce si spezzò la chianca e fusoli novi e per questo miracolo in quel giorno nessuno lavorò più. E’ l’anno in cui il Re di Spagna donò al papa e a Re Ferrante innumerevoli schiavi bianchi ben vestiti provenienti da Granata. Il 17 aprile, a Taranto, per rivelazione di s.Cataldo, fu rinvenuto un libro di piombo che era stato murato in una colonna di una chiesa antica, dove era scripto la rovina de Re Ferrante, & del suo Regno, & tale libro fo portato in Napoli, dove ne fo facta poca stima, tamen la rovina seguitau, come entiriti appresso. Gioviano Pontano scrisse che si trattò di un testo che citava certe profezie, composto da un frate francescano, e non da s.Cataldo.
Nel 1493 morì Dianora figlia di Ferrante e moglie di Ercole Estense Duca di Ferrara e il Re di Francia rendette al Re di Spagna lo stato di Perpignano e Rossiglione, rinunciando all’azione del Regno di Napoli. Albino disse che Carlo VIII concesse Perpinianum oppido dei Pirenei e dimiserat, ad occupandum Regnum Neapolitanum concitante Alexandro VI & Ludovico Sfortia, animum applicuit.
Ferrante II era a Napoli, quando il principe Federico tornava ad Andria con più frequenza. Lo si capisce dai due parti della principessa Isabella, che ebbe un’infante alla quale mise il suo stesso nome, che era poi quello della defunta Regina prima moglie di Re Ferrante I, e un’altra che chiamò Giulia.
Ancora una volta, ricevette anche Alfonso II duca di Calabria, patito per il nipotino Ferrandino III, con al seguito così tanti baroni da non avere più stanze per ospitarli. Quando il duca fo al palazzo dismontato, ove ebbe lei e ‘l bel figliol trovato, mentre lo baciava gli levao presto la barretta e nel suo capo bella se lla assetta, quasi ad annunciargli: Io averò la gloria de lo tuo nome e del tuo alto affare. E sempre più se lo baciava, giocando sulla mensa.
Disse Alfonso: — Che Re del Regno sia il piccol Ferrando!
E arrivò la calata dei Francesi di Carlo VIII, il quale intendeva incoronarsi a nuovo Re di Sicilia. Partì alla conquista di Napoli con molti nobili radunati a Lione, dove si fermò per molto tempo, prima di calare in Italia.
Carlo VIII era guidato dal generale Luigi II, dei Saint-Pol del Lussemburgo, nominato dal papa gonfalonere della Chiesa, in quanto Dux di Venosa, che aveva preso in sposa Clemenzia del Balzo, figlia di Pirro, pronta a vendicare anche l’amata Regina Isabella, ripudiata dagli Aragonesi.
176. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 980 al 1160, cap.VI, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit. Cfr. Pacienza, Lo Balzino..., cit.Versi 250-350.
177. M.Sanuto, I Diriaii, cit. Ibidem. Sumario di lettere di Zuam Philippo Aureliano colateral, date a Troja. “I nimici sono in campagna, alozati apresso Foza, da dì 15 fino al zorno presente. Nui siamo divisi. La majestà dil re è a Foza; el Marchexe a Santa Agata; Bon Cesare e ’l signor Prospero Colonna a Nocera; alcuni altri condutieri a Troja. Nui provisionati divisi in tre parte, el capitano Francesco Grasso con Zuan da Feltre, Toso et Antonio di Fabri sono a Foza. Zuan da Feltre da l’Ochio è con il signor marchexe. Hironimo da Venecia e Paulo Basilio et io, siamo restati de mandato regio qui a custodia di questa terra. Stiamo mal cussì separati.
178. Ivi, Copia de una lettera di Marin Zorzi...
179. Julien Remi Peshe, Biografia e bibliografia del Maine e del dipartimento della Sarthe Paris & Le Mans, 1828. E’ Luigi fu Giovanni di Lussemburgo Conte di Brienne e Conversano nato in Francia intorno al 1390/1397 e morto ad Hartfield, il18 settembre 1443. Filippo di Lussemburgo Cardinale di Le Mans - Cardinale di Lussemburgo invece sarebbe nato nel 1445 in Francia e morto il2 giugno 1519, da vescovo di Le Mans, e sarebbe figlio a Thibaud di Lussemburgo, pronipote del cardinale Luigi di Lussemburgo (1439), pronipote del cardinale Pietro di Lussemburgo (1384) e zio del cardinale Luigi II di Borbone di Vendome (1517). Cfr. Wikipedia, https://fr.wikipedia.org/wiki/Philippe_de_Luxembourg.
180. Filiberto Campanile, L'armi, overo insegne de'Nobili ... d'alcune Famiglie Nobili, cosi spente, pag.172, Tarquinio Longo, Napoli 1610.
181. Nuova Enciclopedia Popolare Italiana, ovvero Dizionario Generale, vol.12, Utet, Torino 1861. Cfr. http://www.diocesifrascati.it/2010/05/10/filippo-di-lussemburgo. «Il Moroni scrive che Leone X (1513-21) lo fece vescovo di Frascati nel 1518. Morì di peste in Mans nel 1519 e fu sepolto nella cattedrale di quella città. Il Grandi scrive che Filippo di Lussemburgo è stato incluso nel Martirologio Gallicano. Biasotti-Tomassetti sostengono che al card. Filippo la sede di Frascati venne assegnata fin dal 1511. L‘Oldoino ne parla nel volume con inizio 1492».
182. Stefano Borgia, Memorie istoriche della pontifica città di Benevento dal secolo VIII al Secolo XVIII, Parte III, Volume I, Roma 1769, pagg.433-439: Tal Francesco Bonafede, amico del Borgia, possedette un memoriale anonimo. “Qui ne trascriviamo la storia, sperando che piacerà ai letori di sentirla nel linguaggio suo originale....Intendendo Papa Alexandro la Ciptà de Benevento per le factione mediante le opere de messer Francesco de Aquino cavaliero de Sperondoro, & capo de squatra regio co’ el Federigo Re de’ Napoli, qual voleva così per dominar quella ciptà per indirectum andr in roina, chiamato sua santità messer Nicolò, e dictoli la importantia de’ quella citpà, & in quanta calamità se trovava il destinò ad quel governo, dove intrato addì undici de’ febbraro 1499 trovò ed dicto Francesco come tyranno dominar; Tenea in casa sua el judice de la ciptà, li notarij de le cause civile, & criminale ogni sera referiva ad lui quanto era facto”... Insomma faceva tutto in casa sua a favore del Re che gli passava 3.000 ducati all’anno per lui, soldati e uomini ‘gravi’. “e così messer Francesco le cose de la communità applicava ad se medesimo”, non mancando di far uccidere i cittadini ‘gravi’ che patteggiavano per la Chiesa e che non gli si presentassero al cospetto, sebbene fossero ben quattro le bande pronte ad invadere in Regno, come ben sapeva il Re. Per tali ragioni, all’arrivo di Messer Nicolò comandò che i cosigli pubblici si tenessero nel palazzo del governatore ‘conjonto co la roccha, de la qual’ era anche lui castellano: & che el judice de la Terra stesse in el medesimo palazzo & lli rendesse rasione’. E così d’accordo il Papa fu concesso agli esuli di tornare in città, considerando “la mala vita” di Francesco d’Aquino, dando vita ad una vera riforma per la città. Il messere scrisse allora al Re dicendo che il fine della riforma era quello di togliere l’autorità al sovrano e il Re ordinò ai privati di togliere l’obbedienza al Governatore “per la qual cosa levato el tumulto: & preso le arme el populo meser Francesco ordinò se facesse el consiglio no’ in palazzo, com’ già per sei mesi era facto: ma in sancta Chatherina, ad la roccha lontana: & ad messer Francesco vicina”, dove il governatore era invitato ad andare. ma i cittadini ‘gravi’ lo avvisarono di non presentarsi temendo per la sua vita. ma lui, con quindic fanti, lasciata la rocca al nipote Fortunato, nel caso il popolo avesse voluto amamzzarlo e prendere la rocca e con sei fanti andò al consiglio in S.Caterina con ‘una bachecta in mano’, ma fu ricevuto da tutti che abbassarono lo sguardo e gli andarono incontro, lasciandolom poi parlare mentre Francesco uscì dall’aula avvertendo ‘grandissimo dolor de stomacho’, timoroso che il popolo non facesse a pezzi lui. I cittadini gridavano: - Bonafede Bonafede Chiesa Chiesa!
E così furono richiamati gli esiliati e restituiti i loro beni, restando tuta la città in pace per la soddisfazione di Papa Alessandro, pensando di muovere guerra al signore di Camerino e al Duca di Urbino, richiamando messer Nicolò per breve tempo e mandando un altro castellano a Benevento. V. anche Parte III, Volume I, Roma 1769. “Questo aumento di popolo straniero in tempo, in cui la città non godeva sicura pac per le minaccie de’ fugiaschi ribelli, fu quasi per porla a pericolo di qualche grave sconcio, se Giulio II, successore di Alessndro dopo il brevissimo Pontificato di Pio III, non accorreva tosto all’urgente bisogna con sue lettere dat.Romae ap.S.Petrum sub annulo Piscatoris die 20 Nov. 1503 ante nostram coronationeem, con le quali caldamente esortò i Beneventani a dare onesto ricovero ai Regnicoli, ed a trattarli con ogni umanità e cortesìa (To.2P.1n.9 Arch.Benev.) Nell’anno seguente venne in Benevento per governatore, e castellano Marco Antonio Regino decano della chiesa di Feltre. Erano tuttavia esuli i violatori della pace, per la qual cosa non potendo il nuovo Governatore sopra di essi esercitare il suo rigore, si rivolse ad inquisire contra di Saullo de Gregorio, Barolomeo de’ mascambruni, Antonio Masone, e di altri patrizj, che ai tempi del Bonafede data avevano cauzione per i fugiaschi. Questa mossa turbò talmente la città per lo rimore di perdere così degni ottimatgi, e di esser quindi data di bel nuovo in preda alle dimestiche discordie, che ella fu costretta a portarne gravissime querele al Pontefice”. Benevento temette di perdere uomini così validi come questi ottimati che si lamentò col Papa, che era stato cardinale e abate commendatario di S.Sofia. Così Papa Giulio fece scrivere dal suo camerlengo Riario al governatore Regino di porre fine all’inquisizione in Benevento il 14 dicembre del 1504.
183. Marino Sanuto (1496-1533), I Diarii, dall’autografo Marciano Ital. cl. VII codd. CDXIX.CDLXXVII, a cura di R.Fulin-F.Stefani-N-Barozzi-G.Berchet-M.Allegri, La deputazione veneta di storia patria, Vol.I, pubblicato per cura di F.Stefani a spese degli editori, Venezia 1879., v.878 e segg.
184. ASAV, Busta vol.78, al f.78, anno 1497.
185. ASAV, Busta vol.78, al f.78, anno 1497.
186. ASAV, Busta vol.78, al f.78, anno 1497.
187. ASAV, Busta vol.78, anno 1499, f.118v.
188. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, p.50 r. e v., e segg.
189. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anno 1501, il 20 giugno 1501, f.178.
190. Ibidem, 22 luglio 1501.
191. Ibidem, f.179, die 2 agosto 1501.
192. Ibidem, f.182.
193. Ibidem, f.190.
194. Ibidem, f.184.