11. MARZANO NEL REGNO DI NAPOLI

21,00


Il Borbone sostituisce il Catasto austriaco con l’Onciario del 1741

Quando non esisteva il Catasto Onciario era in uso il Catasto Antico. Le Università comunali (Amministrazioni comunali) del Regno di Napoli adottavano due metodi di esazione fiscale: a Gabella oppure a Battaglione.
L’Università di Montemiletto optava per il sistema della Gabella. Il prelievo fiscale consisteva esclusivamente in dazi che gravavano sui servizi, in particolare su quello della macina; con il sistema a Battaglione, invece, veniva fatto l’apprezzo dei beni stabili di proprietà dei cittadini e dei redditi derivanti dalle loro attività, che, una volta detratti i pesi, vale a dire gli oneri finanziari ai quali erano assoggettati (censi, interessi, ecc.) erano sottoposti a prelievo fiscale (il sistema a Battaglione riguardava una minoranza di comunità locali in quanto, non avendo proprietà i contadini, si preferiva tassarli a Gabella). I Catasti antichi si riducono a pochi esemplari in cui sono elencate le rivele o la numerazione dei fuochi. Qualcosa di simile vi fu per Montemiletto, come riportato nella documentazione sui Principi Tocco, conservata presso l’Archivio di Stato di Napoli (asna). Questo sistema, un po’ improvvisato, in quanto mutabile da feudatario a feudatario, verrà considerato superato solo con la nascita del Catasto Onciario, introdotto per mettere ordine sia nel campo delle tasse, che in quello sociale. Prima di allora i cittadini dell’Università dovettero sottostare alle scelte del feudatario che imponeva il Catasto a Gabella, con il pagamento della Gabella effettuato in genere presso la Lamia, la casa di un esattore, l’erario loco feudi (oggi diremmo un concessionario per la riscossione della tassa), adiacente il mulino dove in origine si andava a macinare il grano. Gli Onciari si presentano come dei grossi volumi divisi in sezioni, fra atti preliminari e rivele.
Nel 1753, a Catasto compilato, anche Montemiletto cambiò volto, adeguandosi al rinnovamento avuto con l’aumento delle libere proprietà che avevano permesso la nascita del ceto civile in tutto il Regno di Napoli. Niente più pagamenti a destra e a manca per i capifamiglia, ma solo tre tasse statali, che si imposero più di ogni altra, da versare nelle casse del Regno: quella sopra le teste dei suoi cittadini ed habitanti, loro beni stabili, animali ed industrie. In effetti si trattava del solo testatico, aumentato dell’imposta sui beni posseduti e dell’imposta sul reddito prodotto dai figli maschi lavoratori.
Ogni Università era mandata in tassa per tot fuochi. Questo sistema aveva evitato l’evasione di quei forestieri che dichiaravano di non abitare nè in un posto e nè nell’altro, specie degli ecclesiastici bonatenenti, mai tassati fino ad allora, che incameravano i censi provenienti da terre e case affidate in enfiteusi, da benefici privati sulle Cappelle erette dentro le chiese e sui beni delle parrocchie. Pesi fiscali, questi, che nell’Onciario vengono scalati dalle tasse, sebbene ad agevolarsene, oltre i minorenni, esentati di diritto, furono i non-lavoratori, quindi poverissimi e ricchissimi. Solo che i mendicanti non facero testo, mentre i ricchi, per vivendo del proprio, se ne guardarono bene dall’investire il capitale, cioè dal produrre industria tassabile, come nello spirito della legge, finendo col diventare solo dei possidenti che, senza realizzare ricchezza sociale, accumulavano danaro sull’altrui utilizzo dei beni posseduti.

Description

UN LIBRO SUI COGNOMI, LE CHIESE E IL PROFILO STORICO SUL PAESE


1. Della Terra di Liveri è Catarina Nappo vedova del fu Giovanni Motone per territorio vitato e pintato di mela sotto Santo Nereo………………..49.10
2. Di Moschiano è la Signora Cecilia Caputo per capitale……………………………………………………6
3. Della Terra di Lauro è Maddalena Ferraro per capitale……………………………………………………..8.10
4. Della Terra di Marigliano è Teresa Foglia vedova del fu Angelo de Crisci……………………..13.10

1. Della Terra di Liveri è il Reverendo Don Francesco Sacerdote Secolare per territorio a Roiano……………………………………………………….35
2. Del Casale di Pago è il Reverendo Don Francesco Crisci canonico per territorio accosto S.Andrea e per due case a la Lavinella…………..15.15
3. Di Visciano è il Reverendo Don Pietro Ferrante canonico per territorio a Aschito e la gualana e lo Pompiano…………..174.16 e 2/3 da cui dedotta la tssa dicoesana restano…………………..91.62 e 2/3

1. La Venerabile Cappella del SS.mo Rosario di Pago e Pernosano, 23.11…………………………..11.27
2. La Cappella di S.Nicola beneficiale del Casale di Visciano per territorio a Roiano, 11………….5.15
3. Cappella beneficiale jus patronato della famiglia de Corbono del Casale di Carbonara per territorio a la Guolana, 33.10…………………….16.20
4. La Venerabile Chiesa di S.Sebastiano della Terra di Lauro per territorio a Aschito, 15…….7.15
5. La Venerabile Colleggiale di S.Maria Maddalena di lauro per territorio sotto Macerata, S.Nereo, Aschito, 138.15…………………..69.7 e 1/2
6. La Venerabile Chiesa di S.Maria di Costantinopoli di Pago, 6………………………………..3
7. La Venerabile Chiesa della SS.Annunziata di Fontananovella, 16.10……………………………….8.5
8. L’Eremo dei padri Camaldolesi di Nola per la selva a lo Ciappolo, 123.10………………………….61.20
9. Il Venerabile Monistero dei P.P. Agostiniani di Nola per territori a Sopra la Torre, Cerqueto, Chianolella, 23…………………………………………11.15
10. Il Venerabile Monistero delle Signore Donne Monache della SS.Trinità di Lauro, 46.20…..23.10
11. Il Venerabile Monistero delle Signore Donne Moniche di S.Chiara di Nola, per numerosi capitali, 141.10……………………………………………………70.20
12. Il Venerabile Monistero del Collegio delle Signore Donne Monache di Nola, 166.20……83.10
13. La Religione Gerosolomitana di S.Giovanni dei Cavalieri di Malta per l’ospizio di case a la Commenda, territorio a La Torre e capitali, 507……………………………………………………..253.15

L’intenzione resta quella di pubblicare un numero al mese, uno su ogni comune del Regno di Napoli. Abbiamo cominciamo con Torrioni, Avellino, Caserta, Salerno ed ora siamo a Montemiletto, cuore del Principato Ultra. Si tratta di volumi di storia locale, quella trascurata dalla Storia con la S maiuscola, tranne rapidi e spesso incomprensibili accenni, rivalutata nel secolo scorso dagli storici francesi degli Annales e ormai acquisita anche dalla maggior parte degli storici italiani, che ha un valore insostituibile per la conoscenza delle nostre radici. E’ un sapere vitale per la comprensione piena del nostro presente che ha appunto le radici in quel non tanto lontano periodo storico. Non è meno fondamentale l’acquisizione dei nostri giovani di nozioni storiche, tradizioni, abitudini, usi e costumi degli antenati. L’iniziativa, ne siamo certi, accoglie il favore della popolazione, in quanto è arricchimento di ogni cittadino dell’amore che sente per la propria terra nativa.
Perché i Catasti Onciari? Innanzitutto perché introducono nuovi sistemi di tassazione da cui si ricavano le condizioni reali della vita della gente. E’ vero. Nelle altre parti d’Italia i beni venivano valutati dal fisco, mentre nel Regno di Napoli si procedette su dichiarazioni di parte, con tutti gli inconvenienti (dichiarazioni orali con rivele fasulle, diminuzione della consistenza dei propri beni, negazione addirittura di possederne) che tale sistema comportava.
I catasti comunali, teoricamente, avrebbero dovuto servire alle amministrazioni locali per una equa tassazione, che, al contrario, molto spesso veniva fatta gravare artificiosamente addirittura sui meno abbienti. Era necessario per ovviare a questi veri e propri soprusi che i dichiaranti indicassero tutti i beni stabili, le entrate annue di ciascun cittadino e dei conviventi. I nobili dovevano rivelare i beni posseduti nella propria terra e anche quelli in cui abitano con la famiglia e con i congiunti, facendone una breve, chiara e distinta sintesi sul margine della rivela (autodenuncia).
Fine del Catasto Onciario era quello che il povero non fosse sottoposto a tasse esorbitanti e che il ricco pagasse secondo i suoi reali possedimenti. In base a questo principio i sudditi vengono tassati non solo per il possesso dei beni immobili, ma anche singolarmente per le industrie che possiedono, commercio, mestiere o arte che esercitano. Dunque, oltre all’imposta patrimoniale, restava in vigore anche la vecchia imposta personale. Infatti il focatico, l’imposta del nucleo familiare dovuto da ogni focolare, venne sostituito dal testatico, l’imposta pro capite a quota fissa, pagato da tutti coloro che non vivevano nobilmente, cioè solo da coloro che si dedicavano al lavoro manuale.
Un’indagine investigativa condotta su cittadini, congiunti e conviventi, attraverso una breve, chiara e distinta sintesi sui beni immobili, e sull’attività esercitata, sulle tasse – com’è stato scritto – caratteristiche che non escludono la vivezza della enunciazione formale e la passionalità del piglio giornalistico, ogni volta che occorra, per annodare e poi snodare un sistema complesso, articolato, che appare ripetitivo e impossibile a studiarsi, che fornisce dati quasi mai letti e trascritti prima, per portare a conoscenza di noi un atro pezzo di storia mai scritta, senza entrare nel merito di punti problematici, come nello stile delle pubblicazioni promosse da questa amministrazione.
Il programma della ABE, con la pubblicazione sul Catasto di Caggiano (seguirà quella su Pertosa) e di tanti altri volumi, ci fa entrare sempre di più nella storia di tasse e balzelli, fornendoci un lunghissimo elenco dei residenti di ogni singolo paese, dei nostri e di quelli a noi vicini. Questo aiuta i cittadini di oggi a scoprire i nomi, i mestieri e le arti dei propri antenati.
Un merito che va soprattutto ad Arturo Bascetta, che si è sobbarcato con perizia e volentieri l’immane lavoro di una collana aperta a più collaboratori, come già abbiamo visto per i volumi pubblicati.
E’ la meravigliosa documentazione del Catasto Onciario portata alla conoscenza diretta degli eredi di quei nonni. Interventi, studi e note di chi, con proprie capacità, intelligenza e amore per la storia locale, ha messo su carta la vera riscoperta essenziale delle radici e della storia. Che è poi la strada percorsa in questi anni da chi, come noi, ama la memoria storica di Caggiano e del Principato Citeriore.

Prof. Angelo Cillo +
Critico letterario

Dettagli

EAN

9788898817511

ISBN

8898817517

Pagine

112

Autore

Barbato,

Cuttrera

Editore

ABE Napoli

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Editorial Review

UN LIBRO CON TUTTI I COGNOMI, LE CHIESE E I PRETI DI MARZANO

 

 

 

 

 

 

 

 

Con l’entrata in vigore della nuova legge fiscale, dal 1742 in poi, fu quindi avviata la riforma che avrebbe dovuto rivitalizzare le attività economiche ed assicurare una maggiore giustizia fra i vari ceti sociali, annullando la dannosa sperequazione, fonte di tanti dissidi e sconvolgimenti.
Perno di questa attività riformatrice fu proprio l’istituzione del Catasto Onciario, uno strumento di cui erano obbligate a dotarsi tutte le Università del Regno. Per dirla con lo Scandone, ogni cittadino si ritrovò “così obbligato a presentare la ‘rivela’ di tutte le rendite provenienti da beni immobiliari e mobili e dalla propria attività di lavoro, anche semplicemente manuale”. Solo che non fu utilizzata come unità di misura la moneta corrente, vale a dire il ducato, ma venne reintrodotta l’oncia, in modo che “la somma globale veniva calcolata in once per il valore, ognuna, di 6 ducati”. Adottando tale sistema, dividendo la somma per il numero complessivo delle once dell’intera Università, moltiplicandolo per le once prodotte dai singoli cittadini, si ricavava un coefficiente da applicare per il calcolo di quanto dovuto da ogni contribuente. Analisi complessa, ma dettagliata e precisa, che trasformò un sistema impositivo in rivoluzionario, per le popolazioni del Meridione, come osserva il Cedrone nella sua opera quando, più semplicemente, scrive che erano soggetti alla tassa tutti i terreni del Regno nella misura del cinque per cento sul reddito annuo (ovvero tre carlini ad oncia, dedottene le spese di coltivazione), tranne i beni feudali e i terreni appartenenti al patrimonio sacro, secondo il concordato, purché questi ultimi avessero una rendita inferiore a 24 ducati e non superiore 40, come da allegata rivela. Va detto che la casa adibita a propria abitazione era immune da imposte e che per le altre si tassava il reddito del fitto, detratte le spese di manutenzione.
Anche il possesso di animali da allevamento produceva reddito, in quanto rappresentava l’oncia d’industria, venendo tassato al 10 per cento, tranne che per gli animali ad instructionem feudi, cioè che facevano parte dei beni feudali e che quindi venivano comprati col feudo. I capifamiglia, tassati per il denaro posto in commercio e per i censi attivi, oltre a pagare per i beni posseduti, dovevano versare il testatico, un ducato su ogni singola testa, e la tassa sull’industria o arte che esercitavano: gli speziali ed i procuratori erano tassati per once 16; i suonatori, massari, cucitori, calzolai, barbieri e bottegai per once 14; viaticali, potatori, ortolani e bracciali per once 12. Le once d’industria erano pagate a metà dai lavoratori compresi fra i 14 ed i 18 anni.2
Non pagava tassa, come detto, chi viveva nobilmente, o con la rendita dei propri averi, e chi esercitava una professione nobile, ovvero medici, dottori di legge, giudici e notai. Vi erano poi delle persone che godevano di alcuni privilegi che davano diritto ad una esenzione totale o parziale (cittadini napoletani, padri onusti di dodici figli, gli abitanti di Cava, sessagenari, minori di 18 anni).
Nel caso l’Università non riusciva a raggiungere la cifra per non pagare tasse gravose, anche gli esenti, eccetto i minori di 18 anni, che de jure non sono sottoposti al pagamento di testa in qualsivoglia somma venga la medesima tassata, dovevano contribuire pagando la quota eccedente i 10 carlini. Non erano tenute a pagare il testatico e la tassa del mestiere neppure le donne.
Le persone che pagavano le tasse erano suddivise in: forestieri bonatenenti che sborsavano 42 carlini a fuoco per quanti erano i fuochi dell’Università; forestieri abitanti che, oltre ai fuochi, dovevano lo jus habitationis di 15 carlini, più spese comunitative; cittadini dell’Università, i quali dovevano contribuire a coprire tutti i pesi che essa sopportava.
Il clero era stato diviso in ecclesiastici in minoribus ed ecclesiastici ascesi agli ordini sacri: i primi dovevano pagare per i beni posseduti a seconda della categoria di appartenenza (forestieri bonatenenti, forestieri abitanti o cittadini), ma non pagavano il testatico e la tassa delle once d’industria; i secondi erano tassati solamente per l’eccedenza del patrimonio sacro.
I beni appartenenti ai luoghi pii, secondo il concordato, erano tassati per la metà delle tasse censite, se i beni erano stati acquistati prima del concordato, o per intero, se erano stati acquistati dopo. Non erano soggetti a tassa i beni di seminari, parrocchie e ospedali.
La formazione del Catasto Onciario, elaborata e complessa, sebbene inizialmente dovesse seguire le indicazioni delle Prammatiche emanate dalla Regia Camera, a cominciare dalla Prammatica I del 17 marzo del 1741 che riguarda gli atti preliminari da sbrigarsi a carico delle Università, si allungò nei tempi, in quanto, acquisiti i dati da atti, apprezzi e rivele verbali dei singoli cittadini chiamati dagli apprezzatori deputati dal comune a trascrivere le rivele, dovevano poi essere inviati all’autorità centrale a cui spettava la formazione dell’Onciario, cioè la determinazione del censo da pagare. Un lavoro immane che portò le autorità a rivedere fin da subito la prima Prammatica perchè i rallentamenti si accentuarono uno dopo l’altro per i più svariati motivi (assenze, errori, contestazioni, etc.).
Lo stesso Re Carlo III, nel mese di giugno dello stesso anno, in nome della sua lotta contro il potere ecclesiastico, raggiunto il Concordato con la S.Sede, investì la Regia Camera per l’integrazione di nuove disposizioni, gli Avvertimenti, giungendo al 23 di agosto, quando finalmente si stabilì di inviare a tutte le Università del Regno l’ordine di immediata esecuzione delle stesse ed in più si decretò di affidare il compito alle stesse Università per la formazione dell’onciario.

 

Il Catasto di Marzano ha inizio con l’intestazione sul Frontespizio del Catasto Onciario di Marzano, pag.1, Catasto seu onciario e Tassa generale della Terra di Marzano del Stato di Lauro fatto in quest’Anno 1754 in essequizione da venerati sovrani ordini Reali a’ tenore dell’istruzzioni della Regia Camera dell’infra[scri]tti Magnifici Eletti, e Deputati / Laus Deo, et Immaculatae Virgini Mariae, àc Sancto tutelari Terre predictae [seguono firme e segni di croce].

Seguono i Capifamiglia in ordine alfabetico di nome con il mestiere e il luogo di abitazione, oltre la composizione del nucleo familiare e i maggiori beni posseduti con il relativo reddito imponibile espresso in once: lettere A- Z
1. Il povero mendico Andrea Castaldo di 38 anni abita in casa propria a Piro. Vive di elemosine con il nipote Francesco della Pietra di 12 anni, le nipoti vergini in capillis Antonia della Pietra e Vittoria della Pietra di 18 e 16 anni, la sorella vedova Carmina [Castaldo] di 45 anni........