13. PROFILO STORICO SU CAROVIGNO TERRA D’OTRANTO

21,00


INCIPIT SU CAROVIGNO 2 VOLUME


Alla morte di Re Tancredi II e del figlio Ruggero
il feudo di Carovigno viene conquistato dallo Svevo
1. Enrico VI usurpa il Regno per la moglie Costanza
Liberatosi dei Guelfi Enrico giunse nel Regno quattro
mesi dopo, nel giugno del 1194, con un esercito spaventoso,
spalleggiato dalle navi genovesi e pisani che lo seguivano.
Si recò personalmente a Genova e Pisa con il
solito sistema delle promesse, ottenendo dodici galee da
ognuna, al comando del podestà comandante dell’armata
genovese, Uberto d’Olevano.
Attraversando la Toscana e il Lazio scese nel Regno,
mentre le città, Napoli compresa, si arrendevano una
dopo l’altra. Solo salerno resistette, temendo una punizione
a guerra finita, ma fu saccheggiata e i suoi abitanti
castigati.
Con Pisani e Genovesi, Enrico fu a Messina, che si piegò
ricevendo molti privilegi, ricevendo la giurisdizione
di tutto il territorio compreso fra Patti e Lentini. Da qui
prese ad attaccare Catania difesa da un valido presidio
musulmano che cedette solo all’assalto del gran siniscalco
Marcovaldo, assistendo al saccheggio della città e alle
cattura dei suoi cittadini, catturati e legati come buoi.
Solo allora il siniscalco tornò a Messina con l’arcivescovo
e una delegazione di notabili. E così, mentre anche
Siracusa cadeva sotto l’impeto delle galee genovesi, ad
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Enrico non restava che marciare su Palermo pronta ad
aprire le porte, ormai dedita alla cultura diffusa da
Tancredi e poco pronta alle guerre. A Palermo andava
di moda il lusso, perfino nelle pompose e brillanti uniformi
saracene ed erano lontani i tempi del Re Cocalo.
L’imperatore entrà nella Capitale il 29 novembre del 1194.
Ma i baroni siciliani erano convinti di potercela fare in
quella primavera-estate del 1194, stringendosi intorno
al piccolo Guglielmo e alla regina Sibilla, spalleggiati
dalle truppe musulmane, mentre le città cadevano una
dopo l’altra. E fu dopo la presa di Siracusa che la regina
spedì nel Castello di Caltabellotta il piccolo Guglielmo
III, la nuora Irene e le tre figlie, seguendoli subito dopo,
accompagnata dall’arcivescovo di Salerno, Matteo
d’Aiello, con diversi baroni al seguito sostenuti dall’ammiraglio
Margaritone. A Caltabellotta si preannunciava
lo scontro finale per la vittoria. Forse anche il partito dei
ribelli a Tancredi, che aveva sperato in un ritorno di Costanza,
quando vide le atrocità commesse, si rese conto
che quella non era più la loro principessa.
Ma anzichè assediare Caltabellotta l’imperatore
escogitò un miserabile piano. Il Castello era imprendibile
per lui, ma Guglielmo non poteva restare libero e fare
figuracce significava perdere i baroni ribelli, pronti a passare
dall’altra parte dopo le atrocità commesse.
Enrico architettò il tranello in quello che viene riassunto
come Accordo di Caltabellotta con il quale la regina
Sibilla d’Acerra, rinunciando ad ogni diritto sulla Corona,
avrebbe mantenuto la Contea di Lecce ed avuto anche
il Principato di Taranto. Senza neppure recarsi a
Caltabellotta l’imperatore mandò un’amasciata. Presa con
l’inganno la regina Sibilla si arrese e, recatasi dall’imperatore
con il piccolo Guglielmo, depose la Corona.
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Scrive Napolillo che l’imperatore incrudelì contro i vivi
e contro i morti, facendo dissotterrare a Palermo i cadaveri
di Re Tancredi, morto dieci mesi prima, e del figlio
Ruggiero, togliendo loro le insegne reali e mettendosi la
corona sul capo (NAPOLILLO).
Fingendo di accettare l’accordo Enrico radunò il Parlamento
e invitò l’arcivescovo Bartolomeo Offamill,
succeduto al fratello Gualtiero, ad incoronarlo la notte di
Natale del 1194, invitando Sibilla e Guglielmo ad essere
presenti all’investitura.
Il figlio di Federico Barbarossa diventava Re di Sicilia
ponendo fine alla dinastia normanna con l’appellativo
di Enrico Il Ciclope. Il giorno dopo l’incoronazione dichiarava
Costanza reggente, con la quale, mentre
trafugava i tesori siciliani sul dorso di 150 muli, si fermava
a Jesi, nella Marca di Ancona, per dare alla luce un
bimbo a cui pose nome Federico.
2. Via Sibilla: Lecce al Biccari e Taranto a Margaritone
Tre giorni dopo, sparsa la voce di un paventato complotto
dei baroni disgustati dall’umiliazione fatta agli ex
regnanti, Sibilla, Guglielmo e diversi baroni furono arrestati
ed imprigionati per due anni.
L’ammiraglio Margaritone venne invece investito del
Principato di Taranto e del titolo di Duca di Durazzo,
mentre la regina Irene fu invitata a sposare il Duca di
Svevia.
Sibilla e le tre figlie, fra cui Albiria o Albina Medoria,
furono tradotte in un monastero. Le ragazze ne uscirono
solo per andare in sposa a Giovanni Di Brienne, al Doge
di Venezia e a Giovanni Sforza.
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Enrico considerò i beni della contessa Matilde di Toscana
come esclusiva proprietà dell’impero, conferendo
l’investitura a Filippo, suo fratello minore. Il Gran
Siniscalco Marcovaldo di Anweiler ebbe in Ducato la
Romagna e la Marca di Ancona. La Contea del Molise e
altre terre di San Pietro furono date a Corrado di
Lutzenfeld, riducendo il potere del papa all’interno delle
mura di Roma (LANZANI).
Aveva termine il breve regno di Sicilia di Re Tancredi,
amato dai Napoletani che l’avevano accolto come Re di
Napoli e di Sicilia, Conte di Lecce e Signore di Carovigno ed
Ostuni (G.A.SUMMONTE).
Di Guglielmo III, ultimo re normanno, nessuno seppe
più nulla. Secondo alcuni fu tradotto prigioniero in Germania,
secondo altri fu rinchiuso in un convento, mentre
l’altro, a soli dodici mesi, veniva proclamato re dei Romani
per giuramento di fedeltà dei più grandi vassalli.
Fra il 29 e 30 dicembre di quello stesso 1194 l’imperatore
investiva il suo fedele Roberto de Biccari a Conte di
Lecce e di Ostuni.
Ma nel 1195 si ribellavano le città milanesi, federate
nella Lega Lombarda, seguite due anni dopo da quelle
fiorentine…….

Description

UN SECONDO VOLUME RICCO DI NOVITA’ E COSE MAI SCRITTE PRIMA

Esce questo secondo spaccato su Carovigno, dopo quello dei
cognomi nel Catasto Onciario del 1700, grazie alla collaborazione
con l’Associazione Calliope, del Presidente Nicola Sacchi, di
Salvatore, di Enzo e di tutti gli altri amici che hanno creduto in
questa avventura. L’impegno profuso nella ricerca, sebbene
curata da noi, è un qualcosa che appartiene a tutti gli iscritti
della Calliope, di cui mi pregio di essere socio onorario.
L’attenzione per Carovigno risale a diversi anni fa, a quando
conoscemmo il compianto Michele Cretì per dare vita a qualcosa
di utile per la collettività, un qualcosa che rimanesse nel tempo e
che potesse essere di sprono alle nuove generazioni.
Da qui l’impegno negli archivi e nelle biblioteche, ma anche
le piacevoli soste a Carovigno, le visite al castello, le ricerche fra
la gente del posto, ospitale, neanche a dirlo, per antica tradizione,
ma con un solo obiettivo: ricostruire un profilo veritiero sulla
storia di Carovigno.
Ed eccoci immersi su diversi fronti: le origini, i cognomi, le
tradizioni, le vicende feudali. Ed è a quest’ultimo, alle vicende
racchiuse fra 1200 e 1700, che abbiamo pensato facendo nascere
questo volume, rimandando gli altri argomenti ad altri testi di
prossima pubblicazione, specie la disputa su Brundisio dei
Romani, Carolineo dei Franchi, Carvinea dei Normanni. Così
come pure la questione del Tancredi di Carovigno, del Conte
Tancredi, del Tancredi Marchisio delle crociate, e del Tancredi
I Re del Regno nella reggia di Napoli di s.Eustachio.
Questo secondo viaggio ha così avuto inizio dalla fine del
periodo normanno, con la nascita della Contea di Lecce nella
prima provincia italiana di Matera, il Giustizierato della Terra
d’Idronti, nato dal disfacimento del Principato di Taranto, poi
resosi ‘autonomo’. Nel mentre erano già giunti di Angioini, sotto
Re Roberto, che sciolse la Contea di Lecce, andata ai d’Engenio
del Lussemburgo, con Carovigno liberata da Mesagne.
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Abbiamo quindi studiato gli antichi statuti comunali che
riconobbero una certa libertà agli uomini di questo paese, rispetto
ad altri, come si registra con la presenza degli Orsini, dei de Foix,
e di tutte le altre famiglie nobili che riportano Carovigno e le
Terre d’Otranto alle Terre di Bari con la presenza dei Loffredi,
fondatori di S.Maria del Belvedere.
Da qui alcuni arcani svelati: il ripopolamento di Brindisi ad
opera degli abitanti di Carovigno, finiti poi confiscati dal Re; la
donazione ad Ostuni; la prigionia a seguito della invasione dei
Turchi. Ed ecco i Re di Napoli riprendersi ciò che era della
Corona, grazie all’aiuto dei Veneziani e dei Genovesi, con la
nascita del Marchesato ceduto a San Vito.
Seguono le conquiste sociali sotto Pirro, Carovigno elevata a
Principato, i debiti con le repubbliche marinare, la relariva pace
con il paese nelle mani della Marchesa, prestanome del vescovo.
Abbiamo poi dato uno sguardo alle famiglie, al feudo degli
Imperiali, alle masserie, alle vicende nazionali con il ministro
Tanucci, alla tassa focatica sotto i forestieri padroni.
Da qui le controversie feudali con l’erario Andriani e
l’acquisizione del Principe di Frasso, la perimetrazione definitiva,
il demanio.
Sacrifici su sacrifici distrutti dalla furia degli elementi naturali
che spazzò via il bosco Colacurto; ma l’amore dei Dentice, da
feudatari a castellani amati dal popolo, suggellò questo sodalizio
con Don Alfredo, cavaliere del papa, che restaurò s.Maria e finì i
suoi giorni da Governatore di Trieste.
E’ questo il nuovo viaggio a cui l’Associazione Calliope è lieta
di invitarvi. Buona lettura.

Dettagli

EAN

9788872970416

ISBN

8872970415

Pagine

112

Autore

Bascetta

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Editorial Review

INDICE DI QUESTO SECONDO VOLUME 

 

 

 

 

 

 

 

PREMESSA di Nicola Sacchi
Presidente dell’Associazione Culturale ‘Calliope’ - Carovigno
CAPITOLO I / Alla morte di Re Tancredi II e del figlio Ruggero
il feudo di Carovigno viene conquistato dallo Svevo
1. Enrico VI usurpa il Regno per la moglie Costanza
2. Via Sibilla: Lecce al Biccari e Taranto a Margaritone
3. Margaritone con Guglielmo: accecato, l’altro castrato
4. Enrico VI muore, Costanza fugge a Jesi
CAPITOLO II / Il Giustizierato della Terra d’Idronti
La Contea di Lecce in Regno di Napoli
1. Il papa, divenuto reggente, fa tornare i Tancredini
2. Carovigno in Giustiziario Idronti al magistro di Ostuni
3. Carovigno riassorbita da Napoli, è Contea di Lecce
CAPITOLO III / Il ritorno agli Stati feudali dei Franchi
Nel Principato “autonomo” di Taranto
1. Re Roberto d’Angiò scioglie la Contea di Lecce
2. La Signoria di Mesagne conquista Carovigno
3. Contea di Lecce riconosciuta ai Gualtiero-d’Enghien
4. Statuti a Carovigno, feudo di Orsini dato ai de Foix
CAPITOLO IV / L’assoggettamento alle Terre di Bari
I Loffreda fondatori di S.Maria Belvedere
1. Carovigno ripopola Brindisi, ma Ferrante confisca
2. Carovigno e l’Idronti con Terre di Bari ai Loffredo
3. Durante l’invasione dei Turchi
4. S.Maria del Belvedere donata al vescovo di Ostuni
5. I Turchi del 1561 fatti prigionieri dai carovignesi
CAPITOLO V / Lo sbarco di Veneziani e Genovesi nel feudo
Principato e Marchesato venduti a S.Vito
1. Comune e feudatario chiedono la Camera regia
2. Pirro vende S.Sabina e affitta Carovigno ad Ayroldi
3. Veneziani e Genovesi sul feudo pieno di debiti
4. Carovigno ai Serra: nasce Serranova a Palombara
5. La breve esistenza del Principato di Carovigno
6. Col vescovo prestanome di Marchesa dell’Oliveto
7. Carovigno agli eredi, Serranova resta Marchesato
8. Carovigno e Serranova in fitto al Principe di S.Vito
9. Le prime famiglie di cui si ha notizia nel 1700
CAPITOLO VI / Gli ultimi nobili della famiglia Imperiali
Uomini e Terre nel Catasto Onciario
1. Carovigno e Serranova venduti ai nobili Imperiali
2. Il Catasto Antico a Lamia vecchia al Palombaro
3. La Lama cambia casa: la Masseria Colacurto
4. Imperiale porta i litigi dal ministro Tanucci e muore
5. Focatica del 1737 su 297 famiglie e forestieri padroni
CAPITOLO VII /Le controversie feudali fra 1700 e 1800
La furia della natura sul nuovo comune
1. Il Principe Imperiali nomina erario l’Andriani
2. Il feudo acquistato dal Principe di Frasso
3. La perimetrazione del 1818; le demaniali del 1838
4. La furia della natura: abbattuto Bosco Colacurto
CAPITOLO VIII / I Dentice nella fine del Regno di Napoli
Da feudatari a castellani amati dal popolo
1. Alfredo Dentice Cavaliere del papa restaura s.Maria
2. Alfredo Dentice di Frasso, governatore di Trieste