offerta lancio ! 24.ROCCABASCERANA E LA VALLE CAUDINA. Paesi del Regno di Napoli

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Copertina posteriore

Porta del Monte Vergine detto Partenio
e Porta della Valle Caudina di Montesarchio

 

Roccabascerana è ancora oggi un vasto territorio di confine. Questo antico feudo, originato dai migranti «molisanniti» provenienti dal primo castello longobardo, viene spesso distaccato da altri (che pur vi appartengono con nomi diversi) che hanno dato luogo all’attuale comune capoluogo composto da una «federazione» di più frazioni: Rocca, Cassano Caudino, Squillani, Tuoro, Tufara Valle e Zolli.

Il territorio del Castello, collocato a monte dei fiumi Serretelle e San Giovanni, originato dal Principato aversano di Puglia con le chiese di Santa Maria e San Pietro «ad Olivolam», fra tre strade antiche (Appia, Via Lata e Campanina) e due ponti romani, oggi è circoscritto al feudo dopo l’ultima rifondazione del 1348 operata dall’abbazia di S.Sofia di Benevento, a cui il feudo appartenne, prima di rientrare in Principato Ultra del Regno di Napoli.

Ancora visibili sul monolito nel borgo di Rocca capoluogo sono i resti della Rocca appartenuta alla Rocca principale dei Rettori sofiani di Benevento e una stele custodita nel palazzo municipale proveniente da una delle diverse ville antiche costruite rinvenute a Valle e attestate nelle pergamene beneventane e verginiane.

Degne di nota sono le manifestazioni culturali del Comune e della Pro Loco, quelle religiose dei diversi comitati festa e quelle istituite di recente. Molto sentita è la presenza dei concerti bandistici e di gran fama sono gli eventi legati agli Imbriani e a Vian, autore di Luna Rossa, della progenie napoletana dei Viscione di Roccabascerana.

INDICE

Presentazione di Gennaro Scognamiglio

1. I PRIMI ABITATORI DELLA VALLE CAUDINA

2. ALLE ORGINI SANNITE DEL GUASS-RAYNO

3. LA REGINA ISABELLA SULLA VIA DI TUFARA

4. IL 1900: IL COMUNE E GLI ELETTORI

– note

APPENDICE DOCUMENTARIA

I. LA CAMERA RISERVATA DEL 1600
ROCCABASCERANA UNIVERSITA’ REGIA
di Virgilio Iandiorio

– note all’appendice n.1

II. FALSO SANNIO E FALLIMENTO GEOPOLITICO
DI P. E. IMBRIANI BATTUTO DA F. DE SANCTIS
di Arturo Bascetta

– note all’appendice n.2

Description

NOMI, COGNOMI E LUOGHI ANTICHI

DEL PAESE CHE FU PATRIA DEGLI IMBRIANI

 

A partire dal 1889  sindaco del paese fu Michele Imbriani, coadiuvato da Nicola Maffei nella qualità di segretario e da Fedele Imbriani che faceva l’esattore. I due assessori erano invece Francesco Barbati e Marcello Rossi.
Il parroco si chiamava don Angelo Raffaele Principe, che curava le anime della parrocchia guardato a vista da Giovanni Imbriani, presidente della Congrega di Carità. Nutrita la famiglia clericale con ben 9 chierici: Agostino Cicotti, Isidoro Limata, Antonio Cafasso, Antonio Izzo, Federico Principe, Crescenzo Mazzone, Ignazio Mazzone, Paolo Pipicelli e Giuseppe Iodama. Di certo si sa anche che il conciliatore era Donato Maffei con vice Antonio Maffei.
Molti dunque gli abitanti dell’epoca che mandavano a scuola un nutrito numero di alunni, 172, dislocati nelle 7 scuole elementari sotto la guida degli insegnanti Pasquale Limata, Nicola Rossi, Gennaro Pincipe, Raffaella Carpentieri, Enrichetta Lombardi, Filomena Rossi e della maestrina Vittoria Maffei. Nel mentre i medici chirurghi erano cambiati. Ritroviamo infatti i dottori Donato e Antonio Maffei a fare i condottati, mentre gli altri tre professionisti laureati erano l’avvocato Michele Imbriani e i farmacisti Giuseppe Maffei e Raffaele Imbriani. Angelo Gengaro era il barbiere del paese; un buon caffè lo si poteva trovare da Maddalena Santoro, Angelo Gargano e Bonino Chirico. Il capo-mastro muratore del paese era Diodato Principe; il falegname Sabino Maffei. Nella classe artigiana locale si distinguevano anche i poveri calzolai Salvatore Pirone, Leopoldo Viscione, Beniamino Santoro, Aniello Limata ed Eugenio Iannariello.
Anche se quasi ogni famiglia in paese allevava il maiale o degli agnelli, vi erano ben quattro macellai dislocati nei vari centri dei villaggi: Benedetto Viscione, Carmela Viscione, Agostino Parrella e Francesco Covino. Ai mugnai Giosué Miranda e Pietro Lizza, dobbiamo aggiungere i nomi dei panettieri Gaetano Siani e Giuseppe Affinito.
Non abbiamo droghieri, in compenso riscontriamo diversi mediatori e sensali (Carmine Piantedosi, Raffaele Viscione, Crescenzo Parrella e Franco Mercurio), un discreto numero di sarti (Alessio Piantedosi, Emmanuele Mazzone, Anna Viscione e Carmine Piantedosi) e, cosa rara, un tabaccaio per comunità: Giuseppe Limata, Pietro Antonelli, Carmine Fantasia e Gennaro Covino.
Una “stranezza”? Non riscontriamo né maniscalchi, né fabbri, come nel caso di Pietrastornina. Non ci resta che ricordare il nome del titolare della trattoria del centro, Cosmo Barbati.32

Dettagli

EAN

9788872970416

ISBN

8872970415

Pagine

112

Autore

Bascetta,

Cuttrera

Editore

ABE Napoli,

ABE Torino

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Editorial Review

LA CAMERA RISERVATA DEL 1600
ROCCABASCERANA UNIVERSITA’ REGIA

di Virgilio Iandiorio

 

In un interessante documento riportato da G.Stanco nel suo libro Gli Statuti di Ariano, a proposito del riconoscimento di Camere Riservate che i comuni della Provincia di Principato Ultra richiedevano al re, sono elencati i comuni di Principato Ultra, che nel secolo XVI avevano ottenuto questo riconoscimento: - “L’università [ di Ariano Irpino] richiedeva [nel 1536] la conferma della qualità di camera riservata “come dalla felice memria del Signor Don Ferrante, e da sua Eccellenza è stata sempre tenuta, al fine di conservare l’immunitas non hospitandi. L’università non solo si attivava contro il fiscalismo regio, attraverso un tentativo di transazione con il barone per avere l’agevolazione del solo pagamento del 25% dell’imposta sui presidi fissi, ma cercava di salvaguardare il proprio bilancio dal sicuro deficit causato dall’alloggiamento della gente d’arme e della cavalleria leggera.1
In un elenco delle camere riservate fatta stilare dallo scrivano di razione su ordine del viceré Don Pedro de Toledo, tra quelle individuate per la provincia di Principato Ultra è menzionata quella di Pannarano. [esse sono] Atripalda, Avellino, Apice, Airola, Altavilla, Bisaccia, Buonalbergo, Casalduni, Chianca, Chianchetella, Ceppaluni, Campolattaro, Carife, Casalbore, Conza, Calitri, Calvi, Castello delli franchi, Castelfranco, Forino, Grottaminarda, Gesualdo, Guardia Lombarda, Ginestra di Montefuscolo, Lacedogna, Montesarchio, Monte Calvi, Montefredano, Mirabella, Montefalcone, Monteverde, Monteforte, Montemiletto, Montella, Monteaperto, Mercogliano, Nusco, Padula, Pia, Pietrapulcina, Porcarino, Petrulo, Prata, Panderano, Paroliso, Pietra delli fusi, Rocca basciarana, Sommonte, S.Maria Inglisone, S.Marco delli Cavoti, S.Jorio di Montefuscolo, S.Pietro indilicato, S. Martino, Serino, Sorbo, S.Agata, Savignano, S. Angiolo Lombardo, S.Maria ad tuoro S.Agnesa, Spidaletto, S.Martino, Terra nova, Cacciano e Jentacetufo, Terracuso, Torella, Villamaina, Vallata, Voltorara e Zancoli».2
L’organizzazione politico-amministrativa delle comunità locali del Regno di Napoli, chiamate Università, dal secolo XV prende la strada della “contrattazione” con gli elementi della feudalità e della nobiltà delle Terre: il diritto municipale si affida agli statuti o capitoli, nati da accordi tra le parti. La compilazioni di essi ebbe uno sviluppo notevole nel XV secolo sotto i sovrani aragonesi (Alfonso I, Ferdinando I), e poi con i viceré spagnoli nei secoli XVI e XVII. Oggi, però, ci si interroga non solo sull’importanza dei Capitoli municipali, ma anche sulla loro efficacia.3
«Assai diffuso fu il tentativo, l’illusione, di difendersi contro il fiscalismo regio operando transazioni con il barone affinché l’università fosse dichiarata camera riservata (in tal caso essa pagava solo il 25% dell’imposta sui presidi fissi); in vent’anni tra il 1613 ed il 1632 ben 103 università chiedono tale trattamento, delle quali 53 nel solo triennio 1617-1619 quando più duro fu il fiscalismo dell’Ossuna.4
Si assiste in seguito alla progressiva alienazione del patrimonio immobiliare delle università. Prima il patrimonio privato che, quando c’era, comprendeva a volte anche beni mobili, successivamente il demanio comunale vero e proprio. Assai diffusa fu la pratica di contrarre prestiti a copertura del disavanzo di bilancio, pratica alla cui diffusione non dové essere estraneo l’interesse dei privati e dei baroni. Il fenomeno doveva aver assunto ampie proporzioni se il governo vicereale si sentì in dovere di intervenire con due prammatiche, nel 1605 e 1606, per vietare tali pratiche. Ma la richiesta più generale che avanzarono le Università tra la fine del secolo XVI e l’inizio di quello successivo fu il passaggio dal sistema dell’apprezzo5, ovvero fondato sul catasto, a quello per gabelle.6
Ma in un sistema fiscale fortemente sbilanciato verso l’imposizione indiretta, come appunto quello meridionale, ciò si risolse in un ulteriore aggravio sui gruppi sociali più deboli nonché in una generale depressione delle attività commerciali».7
Il documento completo è nel volume sulla storia di Pannarano.8
Virgilio Iandiorio
NOTE D’APPENDICE
N.1

1. Il testo è tratto da: Virgilio Iandiorio, 17. Pannarano e il Partenio: profilo storico sul paese caudino del poeta Niccolò Amenta, ABE Napoli 2017.
2. Gianfranco STANCO, Gli Statuti di Ariano - Diritto municipale e identità urbana tra Campania e Puglia, ed. Centro Europeo di Studi Normanni, Ariano Irpino 2012, p.351
3. Francesco CALASSO, La legislazione statutaria dell’Italia Meridionale, parte I, Roma 1929. Cfr. Giuseppe GALASSO, Dal comune medioevale all’Unità, Bari 1969
4. Pedro Téllez-Girón y Guzmán duca di Osuna (Osuna 1574 - Madrid 1624) fu viceré di Napoli dal 1616 al 1620.
5. Nel regno di Napoli, indicava la stima dei beni per la formazione del catasto
6. “Termine usato fin dal medioevo per indicare varie forme di contribuzione, imposte dirette o indirette, tasse, o anche aggregati di più tributi, ristrettosi col tempo a designare la sola imposta o dazio di consumo”, in TRECCANI, Vocabolario on line s. v. Gabella.
7. Giovanni MUTO, Apparati finanziari e gestione della fiscalità nel Regno di Napoli dalla seconda metà del ‘500 alla crisi degli anni ’20 del sec. XVII. In: La Fiscalité et ses implications sociales en Italie et en France aux XVIIe et XVIIIe siècles. Actes du colloque de Florence (5-6 décembre 1978) Rome : École Française de Rome, 1980. pp. 125-150. (Publications de l’École française de Rome, 46).
8. Il testo è tratto da: Virgilio Iandiorio, 17. Pannarano e il Partenio: profilo storico sul paese caudino del poeta Niccolò Amenta, ABE Napoli 2017.