Editorial Review
PRESENTAZIONE DEL SINDACO DOTT. ENZO PACCA
Per riprendere l’introduzione suggerita dal Preside Virgilio Iandiorio, Autore di questo testo sulla storia della nostra Pannarano, il titolo del libro, dice già, gentile Lettrice e gentile Lettore, che esso è una raccolta di argomenti attinenti alla storia del nostro paese, senza iniziare dalle origini remote, vere o fantastiche che siano, per finire ai nostri giorni. «La sequenza di eventi cronologicamente esposti cede il posto a singoli aspetti della storia di Pannarano», come scrive l’autore, «quali tra di essi siano più o meno interessanti è una valutazione affidata alla vostra discrezione di lettrici e lettori curiosi e attenti». Vale la regola, per chi ha voglia di leggere solamente almeno solo un capitolo che dal titolo gli potrà sembrare più interessante, valga il suggerimento che Alessandro Manzoni dà ai lettori de i Promessi Sposi, prima di parlare del Cardinale Federigo Borromeo: «Intorno a questo personaggio bisogna assolutamente che noi spendiamo quattro parole: chi non si curasse di sentirle, e avesse però voglia d’andare avanti nella storia [di Renzo e Lucia], salti addirittura al capitolo seguente». Ecco perché noi, seguendo il monito dell’Autore, diciamo che «un romanzo va letto in sequenza, per non parlare di quelli gialli dove tutto si dipana come un gomitolo di lana; ma queste pagine di storia di Pannarano, sono dei riquadri, come in un polittico, dove cogliere l’unità dell’insieme è un compito affidato a ogni singolo spettatore/lettore, che sa collegare le parti più interessanti e quelle meno, le più piacevoli e quelle ininfluenti, naturalmente a seconda della sua sensibilità, dei suoi interessi e delle sue conoscenze». La divisione in capitoli, come dice il Preside, è funzionale alla creazione di momenti di pausa all’interno di un’unica narrazione; il titolo, poi, di ciascuno di essi fa quasi da introduzione a quello successivo, lasciando scorrere sotto i nostri occhi cosa si nasconde sotto il nome del paese e quando si è formato l’abitato. Ma tante sono le curiosità su Pannarano quando chiese lo status di camera riservata ai Re di Napoli e tante le curiosità, dal commercio dei pioppi alla tutela dell’ambiente, alle liti per l’acqua. Il testo si conclude con notizie sulla famiglia Caracciolo e una bella pagina di quando i napoletani sceglievano Pannarano per la villeggiatura. Dott. Enzo Pacca Sindaco di Pannarano (Bn)
Un numero rilevante di cittadini coltivavano da molto tempo terreni demaniali. Essi rimanevano nel possesso del territorio che coltivavano, ma con il pagamento di un canone di fitto dopo un accertamento e una valutazione del rendimento del fondo.
Interessante, a parte i riferimenti classici alle rose di Paestum (Virgilio, Georgiche IV, 116-124) e al miele di Ibla (Virgilio, Ecloga I, vv. 53-55), è l’annotazione degli uccelli che vedeva volare in Pannarano: niente gufi né civette (che nelle credenze partenopee sono di malaugurio), ma cardellini, usignoli e falimbelli (uccelli che non stanno mai fermi). La tranquillità che ispira la campagna, diventa ideale per leggere all’ombra degli alberi. Il nostro poeta non si dà a letture molto impegnate, ma legge “Arlotto Mainardi, detto il Piovano o Pievano Arlotto (Firenze, 25 dicembre 1396 – Firenze, 26 dicembre 1484), un sacerdote famoso per il suo spirito e le sue burle diventate proverbiali, grazie alla letteratura popolare fiorita nel Rinascimento.
Dai motti faceti del Pievano Arlotto, il nostro poeta passa ad argomenti più seri e importanti, e va a scomodare perfino Cartesio, perché a Pannarano :
L’aere è poi sottile, e puro tanto,
Che l’etere il diresti di Renato.
Renato è il filosofo Cartesio (René Descartes e in latino Renatus Cartesius) nato in Francia nel 1596 e morto in Svezia nel 1650. Il filosofo del “Penso, dunque sono”. Cartesio è uno dei fondatori del pensiero filosofico moderno. Temi del suo insegnamento sono : il rifiuto del sapere tradizionale insegnato nelle scuole, la necessità di dare un nuovo metodo alla ricerca filosofica e scientifica prendendo a modello la matematica, e la volontà di partire dall’uomo e dai contenuti del suo pensiero per risolvere i problemi della certezza della conoscenza umana, dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima.
Per non elevare troppo il tono della poesia, che vuole conservare “mediano”, l’Amenta tira in ballo un altro amico suo:
Ove Tor mangia, e ci smaltisce, o quanto!
La stessa aria, che diresti cartesiana, è respirata dal suo amico Tore, cioè Salvatore Barone, “del qual s’è parlato in altri Capitoli” (scrive nella nota 5), ma è quella che lo aiuta nel mangiare e nel digerire bene.
La gente del posto, sebbene non istruita, non ha nulla da rimproverarsi perché sanno discutere anche argomenti di fisica e di filosofia:
Non ha più costumata altro paese;
E in ispiegando i lor rozi concetti
Son più felici assai del Caloprese.
Che cosa voglia dire, e chi sia il Caloprese, il nostro autore lo spiega nella nota n.6: “Quella mancanza che ha dalla natura il Signor Gregorio Caloprese, nel non ispiegar talora avvenentemente colla lingua, ciò che maravigliosamente comprende e alla sua mente in qualunque scienza: vien’ ammendata formisura dalla felicità della sua penna: scrivendo con tanta eloquenza, e dot trina, che s’è renduto per tutta l’Italia, e più oltre, rinomato ed immortale ed assai più fra noi, che ne ammiriamo eziandio la candidezza de’ costumi, e la bontà della vita...............
Pannarano ha un altro pregio: “Le donne ancor son di piacevol viso”. Questo potrebbe essere un motivo in più per far correre da Napoli l’amico Anello. Anche in questo caso, il nostro autore nel momento in cui i toni possono apparire troppo elevati o troppo volgari, subito corre ad attutirli. Potrebbe, il suo amico, essere preoccupato di rapporti che provocano malattie, come accadeva allora col mal di Francia, che si contraeva quando i rapporti sessuali non erano sicuri. Si ritiene portata in Europa dall’America, dopo la scoperta di Colombo, la Sifilide, ossia “mal francese” .il termine compare per la prima volta in un’opera scientifica, un poema in esametri, De Syphilis sive de morbo gallico, pubblicato nel 1530, di Girolamo Fracastoro (Verona, 1478 ca.- 1553) uno dei più grandi medici del passato , oltre che filosofo, astronomo, geografo e letterato.
Passando poi ai cibi, l’Amenta nota che “buone carni ha il paese”, ma anche i paesi dintorno. Quello che è in abbondanza e di ottima qualità, è il vino. A questo punto il nostro poeta diventa buongustaio e intenditore:
Il vino c’è a bizeffe, e prezioso,
Che dolcemente la lingua ti punge
Serbevol, lusingante, e poderoso.
Questo vino di Pannarano viene decantato come “prezioso”, “serbevole” vale a dire che mantiene per lungo tempo il suo stato di conservazione, “lusingante” cioè allettante, e poderoso. Anche qui, l’Amenta introduce l’elemento gioioso, con il riferimento a Nicola Galizia “grande assaggiatore”. Chi sia questo personaggio, è detto nella nota n.8 al Capitolo XI:” Niccolò Galizia sacerdote di vita esemplare, e ‘l più gran Filosofante, ch’abbia presentemente la città nostra: oltre all’ esser buon Matematico, e leggiadro Poeta ; ma più inclinato a poetar per lettera, che per volgare. Si scherza con lui, per saper egli conoscere meglio di tutt’altri la bontà , e ‘l difetto de’ vini”.
Per lodare al massimo questo vino, non c’è di meglio che paragonarlo ai vini più famosi d’Italia: Centone (vino rosso o bianco della Toscana, detto Centine), Corso (della Corsica), Trebbiano, Razzesi ( bianco delle Cinque Terre), Vernaccia, Moscatello, Chiarello, Malvagìa (Malvasia), San Gimignano. E pronta una “stoccata” al fiorentino Matteo Francesi, poeta seguace di Francesco Berni, che aveva in passato elogiato il vino Greco di Somma Vesuviana (il Somman Greco).
Qual è questo vino superlativo di Pannarano? È il Fiano, che , il Bella Bona, descrivendo i paesi nel circondario di Avellino, in particolare di Lapio, così scrive “quasi in tutto il territorio d’Avellino si produceva il vino detto Apiano, da’ Gentili Scrittori lodato, e tanto in detto luogo, quanto in questa città sin hora vi si produce, e per corrotta favella chiamato Afiano, e Fiano; il nome d’Apiano, dall’Ape, che se mangiano l’uve, gli fu dato56".
Non è da sottovalutare nemmeno il pane di Pannarano, che Bastiano Biancardi, “il buon compare” non potrebbe paragonare al suo, quello della Maddalena, in Napoli. Il Biancardi è un altro amico dell’Amenta, che in nota al Capitolo così ne parla:” Bastiano Biancardi nostro compare , e grand’amico del Napoli (Anello)”.
Sappiamo anche che il Biancardi: “Nacque a Napoli nel 1679, morì a Venezia nel 1741. “Orfano rimase egli ancor fanciullo, ma fu di molto avventuroso, poichè Giovan Fulvio Caracciolo prese di lui generosa cura, lo adottò in figliuolo, e dopo di averlo fatto nelle scienze e nelle lettere diligentemente istruire, il lasciò in morte erede di molti averi. - Il Biancardi divisò dapprima di applicarsi all’esercizio delle leggi e del foro; ma cangiò poscia proponimento, forse pel diletto che prendeva delle lettere e della poesia“.57
Se le carni sono buone, ottimi sono anche i pesci pescati nei torrenti, in particolare i gamberi di acqua dolce. Il confronto con quelli pescati nel fiume Sarno è a tutto vantaggio dei gamberi di Pannarano. Recentemente A. Milone e R. Petrosino in un loro studio sulla città di Sarno, riprendono i versi di Amenta a proposito della bontà dei gamberi:” Dei crostacei del Sarno si ricorda l’avvocato e poligrafo Niccolò Amenta che in una descrizione in versi della città di Panderano (BN) pone un confronto: “Pur gamberi ci son cotanto buoni/ che non credo che ’n Sarno gli abbia uguali/ chi costì ne castiga i rei felloni”, alludendo al principe de’ Medici, feudatario della città che possedeva peschiere presso il Rivo Palazzo (Niccolò Amenta,Capitoli, Firenze 1721, p. 94)”.58
Naturalmente, non poteva mancare il riferimento ai formaggi, in particolare alla ricotta di Pannarano:
Ricotte, siete voi mia gioia vera;
Con voi di voglia cangerei l’ avare
Bellezze de la mia selvaggia fera.
Più giorni mi starei senza mangiare,
Per farmene poi grossa corpacciata;
E sto per dir, che mi farei...
In genere, a pranzo si mangia l’insalata, che è migliore di quella che gustava il poeta e umanista Francesco Maria Molza (Modena, 1489 – 1544). Non mancavano tartufi, asparagi conditi con olio buono.
Gli insaccati sono il piatto forte:
E se tu, c’hai buon gusto, e prezzi, ed ami,
E presciuti, e pancette, e l’ infinite
Cose, che abbraccia il nome di salami.
A queste bontà l’Amenta aggiunge una prelibatezza, per lui, cioè la “verrinia”, vale a dire la vulva della scrofa. Se oggi chiedete in macelleria la “verrinia” vi danno la pancetta. Ma l’Amenta aveva ben chiara la distinzione tra “pancetta” e “verrinia”; quest’ultimo termine del dialetto napoletano è caduto in disuso.
La frutta viene a completare la tavola. Anche per la frutta, Pannarano eccelle......
Pur’ è dover non sian le frutta escluse
Dal novero di tante belle cose,
Quantunque troppo di tua flemma abuse.
Ci sono pesche, prugna, e l’ odorose
Fraghe: ciregie, fichi, e ‘l Signor pero,
Che avanza gli altri, come i fior le rose.
Ma quando confessarti il vero
Le mele (credo) sopra ‘l pero, e ‘l fico,
E sopra ogni altro frutto abbian l’impero.
Tra le qualità di mele, c’è una che eccelle e si chiama Appione. “Questa varietà ha la particolarità di durare molto a lungo nel tempo. Àppio (o àpio) agg. [dal lat. melapium]. – Denominazione di alcune varietà di mele, dette anche api: mele appie (e più comunem. mele appiole); melo appio (o appiolo), l’albero che le produce. usato come rimedio popolare contro il raffreddore. La mela appiola, dalle antiche origine greche, è un frutto invernale variopinto e delizioso, ma poco diffuso in Italia.
L’appiola, insolita e poco conosciuta mela invernale, è famosa soprattutto per la bellezza dei suoi colori, che oscillano tra il rosso vivo su di un lato e il verde e il giallo sull’altro, e ancor più per essere una delle più antiche mele europee. Questa mela, oggi a rischio estinzione, non è facile da trovare, ma merita di essere conosciuta, non solo per le sue caratteristiche ma anche, appunto, per la sua affascinante storia”.
In primo piano va osservato che in molti paesi europei il nome della mela ha la stessa radice dell’inglese apple.
La mela Appione di Pannarano conserva l’antica radice indo-europea * abl-, come la “malifera Abella” dell’Eneide. Se mangiare una mela al giorno, come sostiene la tradizione popolare, ci aiuta a stare bene in salute; la parola “mela” ci indica nella sua radice, pur nelle mutazioni morfologiche a cui è stata soggetta, una comunanza linguistica e culturale con gli altri popoli dell’Europa.
Anche le mele vanno gustate, e chi non sapendo distinguere la qualità del frutto:
Non di quelle putenti, che per buone
Apprezzò tanto il Lori fiorentino,
Che cibo le chiamò da Signorone.
Andrea Lori, “letterato fiorentino (sec. XVI), venne impiccato come ladro nel 1579, malgrado la Scusazione scritta a sua difesa da Il Lasca. Più che tradurre, imitò nella Buccolica (1544) Virgilio”......
Infine le castagne.” Intatte grosse, e di gentil sapore”, per le quali il poeta darebbe i suoi “rozzi” versi.
Quello dell’alimentazione nei secoli passati è tema che interessa più discipline. Se L’affermazione di Feuerbach ,” l’uomo è quello che mangia”, può suonare eccessiva, certamente l’alimentazione caratterizza la cultura di un popolo.
All’epoca dell’Amenta, nel Regno di Napoli “per ciò che riguarda il tema dell’alimentazione, i togati non si discostano dagli aristocratici. Grazie ai loro inventari, possiamo aggiungere qualcosa sulle vivande consumate. Essi dispongono di lussuosi utensili d’argento per sorbire caffè e sorbetto. Il ricco avvocato Mastrilli possiede anche una fornita dispensa contenente formaggi, insaccati, vino, olio e aceto”.
E in nota scende nel dettaglio: “nove casicavalli, diecesette provole, una verrinia, un capocollo, quattro piretti pieni d’oglio, molte boccie piene di vino di Spagna, quattro piretti pieni di vino nostrale e molti vacanti, ed un barilotto d’aceto”.......
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