Arturo Bascetta è editore, nonché curatore, di centinaia di studi ai quali ha dato inizio nel 1987, dopo che dall’Unesco di Napoli fu insignito dell’encomio morale, e con la nascita di una sua casa editrice, la ABE, i cui autori hanno meritato premi nazionali per i libri editati, dal medaglione d’argento del PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, ai patrocini del MINISTERO DELL’AGRICOLTURA, del MINISTERO DELL’INTERNO, del PRESIDENTE DEL SENATO ricevuto dallo stesso Bascetta.
Con il patrocinio dell’ASSESSORATO AL TURISMO della REGIONE CAMPANIA,
dell’EPT di Avellino e Benevento, dell’ASSESSORATO ALLA CULTURA della REGIONE CAMPANIA, di una cinquantina di Amministrazioni Comunali, della PROVINCIA DI CASERTA, della PROVINCIA DI AVELLINO, Bascetta ha realizzato documentari per le scuole e pubblicato monografie storiche su oltre 50 paesi e sulle città della Campania, nonchè ritratti di uomini illustri quali Gaetano Perugini, Paolo Anania De Luca, Gian Pietro Carafa, Andrea Mattis, Antonio Di Pietro, Balduino Migliarese, Frank Guarente, Francesco Federici, Sabatino Minucci, Antonio Marena, Don Francesco De Lucia, Vincenzo Pasquale.
Libri degni di nota di cui è autore, fra le circa 150 pubblicazioni editate, sono L’Esercito di Franceschiello-Gli ultimi giorni del Regno delle Due Sicilie (1997), Le Chiese di ogni tempo (1998), Storie per un libro (1986), Il tesoro del Marchese Amoretti (1998), Ricettario del Partenio e della Valle Caudina (1999), Storia nel Latium Antiquum di Nuvla e Yria (2000), Il Principe di Avellino Francesco Marino II Caracciolo (2002), Il Regno di Napoli in più epoche (in pubblicazione dal 2005), Catasti Onciari del Regno di Napoli (in pubblicazione dal 2001), Le Regine di Napoli (in pubblicazione dal 2006), Cognomi della Campania (in pubblicazione dal 2009).
Nel 1988 ha inoltre ricevuto dall’Unesco di Napoli il premio BIBLION Un libro aperto alla cultura presso lo storico Caffè Gambrinus; nel 1991, il
riconoscimento Cillo Palermo dall’Accademia Partenopea e, nel 1996, quello
dell’Associazione Arte & Libertà. Nel 1998 gli è stato concesso dall’ASSESSORATO ALLA CULTURA della REGIONE CAMPANIA la possibilità di usufruire del patrocinio e dello stemma per le opere edite e, nel 1999, ha ricevuto il patrocinio cerimoniale del PRESIDENTE DELLA GIUNTA della REGIONE CAMPANIA per la ricerca “1899-1999 - Cent’anni di trattorie”. Giornalista già direttore di tv locali e testate a diffusione locale o regionale, quale responsabile di redazioni periferiche a Procida, Ischia, Bacoli, Pozzuoli, Lucrino, Napoli, Avellino, Atripalda, Mercogliano, Pietrastornina, Cervinara, Frattamaggiore, Acerra, nonchè inviato di diversi quotidiani, ha curato come addetto stampa convegni e manifestazioni regionali per enti, associazioni e partiti, oltre che Tribune Politiche trasmesse da Rai Tre Campania. I suoi scritti sono parzialmente visionabili in tutto il mondo nei principali siti internet: www.arturobascetta.com - abenapoli.it o anche digitando il solo nome Arturo Bascetta nel maggior motore di ricerca esistente sul web quale è ‘Google’. Nel 2003 ha ricevuto incarico dall’Amministrazione Provinciale di Caserta di redigere la storia di molti dei 104 paesi della Provincia nella Collana di Terra di Lavoro; nel 2004 ha ottenuto l’unica menzione speciale per l’editoria in Campania dall’Assessorato alla Cultura della Regione Campania (proprio per la collana sui Catasti), nonchè l’atteso riconoscimento dalle Amministrazioni Provinciali di Avellino e Caserta, e dalla Regione per la diffusione e la promozione dei volumi in collana, con particolare attenzione a quelli su CATASTI ONCIARI, PAESI DELLA CAMPANIA, sulle REGINE DI NAPOLI, sui Re e il REGNO DI NAPOLI IN PIÙ EPOCHE.
TITOLI E PREMI CONSEGUITI POST-STUDI: - Tessera Ordine Nazionale dei Giornalisti rilasciata dal Consiglio Regionale della Campania (1991); Premio Unesco Napoli (1991); Premio Accademia Partenopea di Napoli (1992); Targa d’argento alla carriera Pro Loco Ospedaletto (1993); Riconoscimento agli studi Centro Culturale Arte&Libertà (1996); Riconoscimento Amministrazione Provinciale di Caserta (2003); Riconoscimento Amministrazione Provinciale di Avellino (2004); Menzione speciale per l’editoria in Campania dall’Assessorato alla Cultura della Regione Campania (2004); Riconoscimento speciale Comune di Apice (2007); Targa Royal di Taranto (2012); Premio Tramonti (Sa), Festa del Libro in Mediterraneo (2013); Premio Mare di Costa, Amalfiguide.it (2014), Premio Alto Medioevo a Marzano (2014), Premio Carlo Nazzaro (2016), Premio Internazionale alla Letteratura. Festival Art Città di Spoleto (2017), Premio Carlo Nazzaro (2018), Riconoscimento Comune di Pedara (Ct) (2018), Premio al Turismo & Benessere Regione Abruzzo e Regione Marche (2019).
PATROCINI ALLE OPERE EDITE: - Presidenza del Senato della Repubblica, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali; Presidenza della Regione Campania; Assessorato Cultura Regione Campania; Assessorato Turismo Regione Campania, Provincia di Avellino, Provincia di Caserta, Ente Provinciale del Turismo di Avellino, e Amministrazioni Comunali di Montefusco, Petrella Tifernina, Altavilla Irpina, Monteverde, Ospedaletto d’Alpinolo, Sant’Angelo a Scala, Gesualdo, Pietrastornina, Montemiletto, Quadrelle, Grottolella, San Potito Ultra, Roccabascerana, Moschiano, Pratola Serra, Solofra, Summonte, Capriglia, Caposele, Cervinara, Torrioni, Rotondi, Venticano, Volturara, Mugnano del Cardinale, Aiello, Apice, Lapio, Atripalda, Conza e Teora, Pietradefusi, Cassano, Avellino, Foiano, Castelpagano, Pro Loco Benevento, Assessorato Cultura Comune di Benevento.
Arturo Bascetta –
A richiesta di un amico giornalista di Caserta vi spiego chi era Raimondo del Balzo di Cerignola, gonfaloniere del Papa con sede a Casaluce, titolare delle contee di Avellino e Conza, che fece ereditare al figlio della sorella, Nicola Orsini
Nel 1370, il Papa, indebolito dalle conquiste di Angioini e Catalani, persa Roma e fuggito ad Avignone, cominciò a ricostruire a distanza il patrimonio di San Pietro conteso dai baroni verso i vescovi.
La guerra, il terremoto e la peste, susseguitisi in quegli anni, avevano allontanato Napoli dall’Isola di Sicilia, ora nel possesso di Ferdinando IV d’Aragona, al quale la stessa Giovanna I aveva dato assenso per sposare la Regina Maria Antonia (1372), figlia di Francesco del Balzo Duca d’Andria, avendogli venduto la Trinacria, rinata come reame separato da Napoli.1
Con Giovanna I sempre più vicina a Luigi d’Angiò di Provenza, il partito catalano aveva alimentato la causa dei siciliani, di confluire nel Regno di Trinacria, ma stimolando anche molti baroni delle due parti continentali di Sicilia Ultra, napoletana, e di Sicilia Citra Italia pugliese, a passare con o «maiolicari» di Maiorca.2
Il generale Francesco del Balzo fece addirittura ereditare il Principato di Taranto al figlio Giacomo avuto dall’Imperatrice, e poi lo condusse nell’orbita della figlia, sovrana di Catania, sottraendolo così dalle grinfie della Regina.
Il Principe di Taranto, viceré di Napoli, perdeva la vicaria ancora prima di viverla, costringendo i generali napoletani a ripristinare il Duceto di Venosa nelle mani del potentissimo Raimondo del Balzo, per tentare di riacquistare i feudi persi. Proprio il matrimonio col Re di Trinacria, riconosciuto dal Papa, scatenò la rottura definitiva dei del Balzo con la Regina Giovanna I d’Angiò, sebbene fosse stata lei a vendere l’isola di Sicilia al nemico catalano di Maiorca e perfino a benedire le sue nozze.3
Maria e Giacomo erano figli all’ex comandante Francesco dei Del Balzo dei Duchi d’Andria, nipote del Papa e del suo gonfaloniere aversano, il Gran Camerario e segretario reale, Raimondo I Del Balzo, l’unico della famiglia che mai voltò le spalle alla Regina.
Zio Raimondo I del Balzo, contestabile regio e gonfaloniere del Papa di Roma, quello con sede ad Aversa, era stato Conte di Avellino (1343), ma a suo tempo aveva acquisito e conquistato molti feudi in nome della Regina Giovanna I. Raimondo, che secondo alcuni sarebbe morto il 5 agosto 1375, aveva sposato in prime nozze Margherita d’Aquino, e in seconde nozze Isabella d’Eppes, o d’Apia, o Lecce che sia, impalmata nel gennaio del 1337, senza mai separarsi. Un atto trascritto da Louis Barthelemy lega la figura del condottiero più potente del reame anche ad altri feudi pugliesi, come S.Pietro in Galatina, e alla città di Lucera (1340). Venti anni dopo lo ritroviamo riposare nel castello papalino di Casaluce di Aversa. L’unico documento di riferimento è una lettera di Urbano V del 1362, che costituisce un termine certo ante quem.4
Così: — Raimundo de Baucio, comiti Soleti, licentia datur fundandi monasterium in castro ejus, sub vocabulo s.Marie de Casalucio, in dioc. Aversan.5
A questa notizia se ne potrebbe aggiungere un’altra di Donato da Siderno, dettagliata ma non verificabile, che parla dell’acquisto da parte di Raimondo del feudo di Casaluce nel 1359.6
Sulla lastra di morte Raimondo viene detto Gran Camerarius, titolo del 1352, associando lo stemma dei del Balzo all’antica leggenda di Baldassarre e della stella che guidò i Magi, ma scesa in Italia con Carlo d’Angiò. Patria comune per gli avi francesi della moglie Isabella d’Apia, infilati nella storia da tal Giovanni d’Apia. Perciò Raimondo mantenne, attraverso la carica di cui era insignito, il ruolo di uomo di guerra al servizio della Corona, e mai ne fu nemico, avendo sofferto la dipartita di ben quattro figli, morti in giovane età.7
Stando alla tradizione, appena scoccato il nuovo anno, nel 1373, Zio Raimondo I, il Signor Vecchio, e di santissima vita, passò anch’egli all’altro mondo (nipote di Carlo II d’Angiò per parte di madre), sepolto in S.Chiara.
Di certo l’affresco del tabernacolo di Casaluce fu eseguito quando Raimondo era anziano, idem il sepolcro napoletano di s.Chiara, con dettagli simili. Giovan Battista Carrafa afferma che per la sua morte la Regina ne prese dolor infinito, affidando l’ufficio di Gran Camerlengo a Giacomo Arcuccio da Capri.8
Certo è che fu un uomo ricco e prudente, originario di Cerignola e di molte altre Terre, ma non di carattere come il Duca d’Andria, il quale, a furia di agitarsi, si ritrovò sempre più solo.
In realtà tutto peggiorò alla morte di un altro grande, l’Imperatore di Costantinopoli Filippo, fratello dell’erede Margherita di Taranto, matrigna di Carlo III, con molta fretta nuovamente sposa di Francesco del Balzo. La qual cosa turbò la sovrana che in merito all’eredità del primo ministro Raimondo del Balzo, dilecto filio nobili viro Raymundo de Baucio militi Soleti Regni Sicilie Cameriario, mutatis mutandis, diede ordine agli eredi ufficiali, e non ad altri, di cambiare le cose da cambiare.
Raimondo del Balzo, finito per diventare potentissimo, con il favore del Papa di cui era conquistatore gonfaloniere del Patrimonio di San Pietro, rimasto senza figli, non aveva fatto testamento a beneficio di Francesco, ma di Nicola Orsini, figlio della sorella Sveva detta Sibilla vedova di Roberto Orsini.
Lui era stato un buono, come quella volta che, presa Galatina (1355), donò i privilegi alla città, poi confermati nella proprietà proprio dall’erede Nicola Orsini, nel 1375, stando a quelle pergamene, quando, da Comite ereditario di Soleto, dispensò grazie alla stregua dei predecessori, divenendo perfino patrizio romano, allorquando il pontefice cambiò nuovamente sede e tornò da Avignone a Roma.
Con la dipartita del Signore Vecchio, però, oltre che a Nicola Orsini, anche a Giovanni del Balzo furono restituite dal vescovo di Benevento, su ordine dell’allora vivente congiunto Filippo del Balzo Imperatore di Costantinopoli, almeno la Contea di Civitate Avellino e la Contea di Civitate Conzana, almeno è ciò che risulta a far data dal 1372, a pace di Avignone avvenuta, quando gli stati dei due conti finiranno nella provincia delle Terre Beneventane.
L’eredità di Raimondo del Balzo di Cerignola, che secondo alcuni perì almeno tre anni prima, nel 1372 (o nel 1370 per il sepolcro comune e postumo), proprio per essere stato un buono amato da tutti, fu causa di troppe discordie nei due, tre anni successivi alla sua dipartita.9
In fondo, di lui, non restava che una prece, nella settima cappella di sinistra della basilica di S.Chiara a Napoli, avendo lasciato per sempre il più comodo Castello di Casaluce di Aversa, sede storica dei generali conquistatori della Chiesa di Roma, così come lo era Venosa per quello dei dux gonfalonieri che dipendevano dagli antipapi.10
[tratto dal libro: A.Bascetta-S.Cuttrera, Margarita. Margherita d’Angiò dei Durazzo, 12^Regine di Napoli, ABE Napoli, 2020]