Ruggiero di Blosseville. IL GRAN DUCATO DI SICILIA. I Normanni casertani del Tricarico di Capua non sono gli Altavilla slavi del Gran Comes

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CANOSA: IL PRINCIPATO DI HEAPULA

Dopo un primo tentativo di occupare Capua, sede tedesca, fu deciso di rifondare una nuova metropoli capitale, in un nuovo distretto, partendo dall’abbazia detta Cava, ribattezzata a metropolia diocesana e quindi inglobata nella Urbe Salernitana che, per questo motivo, fu fatta rientrare nella regione principale chiamata Principato Regio.
A Urbe risiedette il primo Duce-conquistatore che riuscì a portare nelle mani del papa i precedenti capoluoghi commissariati dai sui Comes e quindi considerati in Ducato. Erano già nati tutti i tre nuovi capoluoghi di regione, Urbe Salerno, Urbe Benevento e Urbe Capua, alcuni dei quali in luoghi diversi dai precedenti. Era stato questo il momento, per il Dux Roberto Il Guiscardo, comandante generale, di sedersi in Urbe Salernitana, senza avere il tempo di far nascere un vero regno, di cui pure si era intitolaro Re di Rama, se non di far rinascere un nuovo stato, il Principato Regio.
Un colpaccio soprattutto per aver riunito i Dogi bizantini di Venezia, Amalfi, Napoli, Brindisi, Venusia e Gaeta, ma anche per aver ripreso Benevento e sottratto Uria-Troia e Bari al territorio dei Greci. In effetti è come se il Guiscardo avesse conquistato e diviso fra parenti una porzione dell’Impero d’Oriente, una porzione dell’Impero d’Occidente e quello che restava della Magna Greca.
La sua idea di sottomettere tutto e tutti, bizantini, cristiani e greci, all’Urbe Regia Salernitana era stata concreta, almeno fino alla morte, nel 1085. La politica del glorioso Roberto Il Guiscardo, conquistatore normanno, lo aveva portato a dominare tutto il Sud e l’Adriatico arrivando a dichiarare Salernitana capitale della Magna Grecia.
Guiscardo una volta conquistata Durazzo era giunto alle porte di Costantinopoli per sostenere Costantino Ducas, figlio dell’Imperatore Michele VII, a cui fece sposare la figlia Elena già da tutti chiamata Olimpiade, mentre Teodora, sorella di Michele, era già andata in sposa a Domenico Selvio, Doge di Venezia.
La deposizione di Michele, fuggito e sedutosi a Brundisium per scampare alla furia dell’Imperatore Alessio Comneno, sembrò infrangere questo sogno. Emma venne rinchiusa in un convento, ma i suoi parenti, il figlio Doge di Amalfi e il nipote Doge di Gaeta, così come il Doge Sergio VI di Heapoli, genero del Principe di Capua Riccardo Drengot per avergli sposato la figlia Anna, continuavano ad obbedire ai Ducas di Brundisiopoli, anche se Niceforo li cacciò (1081), perché Guiscardo li reinsediò (1085).

Description

L’EX LONGOBARDIA MERIDIONALE DI CAPUA BENEVENTANA

Chi crede che la cosiddetta Longobardia meridionale morì per un’invasione dei Normanni piovuta a casaccio si sbaglia. Questi guerrieri della stirpe degli Altavilla detti Dell’Aquila dai Francigeni, giunti dalla Sarmazia, cioè dal fiume Rama, sempre guidati da un solo dittatore, un Duce, capo del potere militare in quanto Comes dei Comes.
Spesso sono confusi con i Normanni della Normandia, che furono in origine inviati dai Re d’Inghilterra ad occupare il territorio italiano soggetto ai tedeschi per dividerlo in regioni militari chiamate Ducati, come essi stessi fecero per il Ducato di Normandia.
Tante province, sotto la guida di un Principato, la città-stato, la Gran Contea Italia di Capua, nelle mani dell’Imperatore di Roma e Re francofono, Enrico IV, il quale, non aveva fatto altro che assorbire Capua Vetere dei Beneventani, già capitale della Longobardia Mertidionale.
Il Sud ebbe il pregio di accelerare il processo di unificazione dell’Italia, rallentato da una sottomissione secolare all’Imperatore tedesco di turno fino ad allora investito del titolo di Re dei Romani ogni qual volta occupasse Capua, considerata la capitale del viceregno della Contea italiana detta Sicilia, sottomessa corrompendo una delle famiglie normanne, i Drengot, elevati a principi, già al servizio dei Salernitani, sottomessi all’Impero.
I Normanni dell’Est divennero quindi delle pedine nelle mani dei papi, i quali, opponendosi all’investitura degli Imperatori francofoni e dei Normanni della Normandia (che continuò ad essere ufficializzata da antipapi da essi stessi nominati) perseguivano l’idea di unificazione delle regioni in un solo stato riunito dal Duce, Conte dei Conti, capo militare del Gran Ducato, ex Gran Contea chiamata Sicilia di Capua capitale, allo scopo di far rinascere le nuove regioni politiche dei tre Principati di Capua, Benevento e Salerno, sebbene le popolazioni non fossero nella città d’orgine, essendosi ricorsi, come nel gioco delle tre carte.

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Editorial Review

Re Corrado, col placet dello spodestato Alessio a Duca, aveva annientato anche i Bizantini in quanto si era completamente sottomesso al papa Urbano II, che riaccompagnò in Vaticano reggendo personalmente, a piedi, le briglie del suo cavallo, sperando solo di poter fregare il padre e il fratello Enrico V designato a successore.
Nel 1092 Ruggiero I dell’Aquila è III Duca di Puglia e Vicerè di Corrado, che si contrappone a Ugo di Blois nella capitale del Principato Regio rifondato da Borsa per l’Imperatore, facendo rinascere a Salernitata la vicaria di Roma.
La sorte, che sembrava favorire il favoloso Re d’Italia Corrado, gli si rivoltò contro quando fu deposto dal padre Imperatore (1098) che rivoleva Capua, occupata dal Comitato di Tricarico, puntando a distruggere il seggio casertano.
Per evitare questo, Urbano II, creò il figlio del Duca di Gaeta a Gran Duca Ruggiero Loritello, Vicario della Chiesa a vita, accettato e fatto Re dal successore Papa Pasquale II che ne dichiarava erede il figlio Guglielmo dell’Aquila. E’ il Marchese Guglielmo, in veste di “vicerè”, cioè Marchisio del Gran Ducato di Sicilia di Nova.

Sebbene questi morisse, ucciso dall’omonimo Ruggiero suo nipote, seguito dalla fine di Corrado a Civitate Florentia (1101), il papa comunque non riconobbe al consuocero Re Enrico IV il titolo di Imperatore ufficiale, confermando a vicerè del Principato di Nova, il Marchese Guglielmo figlio del Duca Ruggiero dell’Aquila, e nell’antiregno di Rama di Ruggiero Borsa, tornato nella Salernitana del padre, il Principato di Salerno del viceré Marchese Tancredi. Enrico IVmorirà solo nel 1106, anno in cui cambieranno anche le intestazioni sulle pergamene verginiane.
Il Comitato casertano di Tricarico, che faceva capo ai dell’Aquila, sciolto facendo scappare Riccardo il Calvo su Aversa, dove restò fino alla morte, si riformerà con le pretese di Roberto Loritello, nel 1105, a Principe di Aversa.
Boemondo e Tancredi da Carbonara: la Crociata

Il primo documento letto dal De Marinis è datato 11.12.1098, l’altro è del 10.10.1098 e l’ultimo è datato 8.9.1465. Seguiamo la storia di Carbonara di Bari seguendo De Marinis che conferma il titolo di Catapano a Guglielmo. E’ ricca di ulteriori note sulle Crociate rinvenuti per caso.
A dimostrazione di quanto sostenuto De Marinis prova che padre Gasparre Chyurlia, possessore di diversi documenti, il 13.8.1685 lasciava una dichiarazione al prelato Giangiuseppe Gironda nella quale si provava l’esistenza e la veridicità dei documenti. In tale dichiarazione egli sostiene che tali notizie fossero state “copiate da spezzoni di cartapecora trovati nell’antico incartamento di nostra casa, che appartenevano al Capitano Tancredi, portati in nostra casa da sua moglie Teresa Senise di Andria, che dopo la morte di Tancredi pigliò per secondo marito Alessio Chyurlia”.
Stando al De Marinis, cinque giorni prima di partire, l’8 aprile del 1097, con il suo esercito di 500 cavalieri, Boemondo si fermò a Carbonara, per la comunione e la benedizione.
Così: - Si spogliò del mantello di porpora e lo tagliò a strisce e chiese che ogni crociato le poggiasse sul petto a segno di croce, fu così che i crociati si distinsero per quella croce disegnata sulle armature.
Boemondo salutò i sudditi, partì da Carbonara con i suoi cavalieri verso Bari, e lasciò la direzione degli armati a Roberto Siniscalco con l’incarico di completare le opere iniziate a Carbonara, mentre, il Capitano Tancredi, affidò ad Arrigo, marito di Teresa Senise, l’incarico di comporre e far imprimere a mosaico sulla facciata di prospetto del castello una iscrizione che ricordasse tutto quanto si era fatto per fondare il paese con l’iscrizione “Carbonara del Canosino”.
Inoltre ordinò che fosse disegnata una pergamena che rappresentasse il paese al tempo del Petrulli e poi quella nella situazione del momento e al suo ritorno tali pergamene dovevano essere allegate al registro generale di Bari. Durante lo svolgimento del Concilio, tenutosi a Bari, pregò egli stesso che Papa Urbano II consacrasse e benedisse la Chiesa eretta lateralmente del castello.
Carbonara accolse con entusiasmo la venuta di Urbano II, seguito da centonovantotto tra Arcivescovi, Vescovi e Abati e poi ancora Principi, Duchi, Conti, Cavalieri e Nobili.
Così come Boemondo aveva espresso desiderio questi documenti riportavano descritta nel primo la pianta di Carbonara prima della venuta di Boemondo, nel secondo quella alla sua partenza per le Crociate, nel terzo l’iscrizione di Carbonara sul fronte del Castello con una dettagliata trascrizione di quanto era stato realizzato. Boemondo e Tancredi si ritroveranno con il Principe Riccardo di Aversa, come descritto nella Cronaca dei Franchi. L’esercito di Boemondo era principalmente guidato da Tancredus Marchisio filius, et Richardus princeps ac Rainulfus frater eius.