IL MARCHESATO DELLA CITTA’ DI ATRIPALDA. LO STATO DI COSTANTINO CASTRIOTA SCANDERBEG ISBN 9788872973615 (prenota scontato esce il 10.10.24)

In offerta!

25,00 24,00


L’uomo del Rinascimento fra Roma, Benevento e Atripalda

Ferdinando della Marra, meglio noto come Ferrante della Marra (Napoli, fine XVI secolo – seconda metà del XVII), studioso di genealogie, era duca di Guardia Lombardi. Cfr. Pietro GIANNONE, Istoria civile del Regno di Napoli, Milano 1822 v. 9. – Di Filippo d’. AMICO, Riflessi istorici, Catania 1700 p.VI.
10. Raimondo Orsini fu il sesto conte di Nola, dal 1420 al 1459. Alla morte divise i suoi feudi tra i tre figli naturali Felice (conte di Nola), Daniele (conte di Salerno); Giordano (conte di Atripalda). Con Raimondo si estinse la successione legittima degli Orsini.
11. Boadillo Jerónimo Castillo de Bobadilla (Medina del Campo, c. 1547 – c., 1605) giurista spagnolo formatosi all’Università di Salamanca, scrisse opere sul governo, la giustizia, la religione. La sua opera più importante «Política para corregidores y señores de vassallos, en tiempos de paz y de guerra, y para juezes eclesiásticos y seglares, juezes de comisión, regidores, abogados y otros oficiales públicos» venne pubblicata nel 1597.
12. Giulio FERRETTI, giureconsulto originario di Ravenna (1480-1547) ebbe importanti incarichi amministrativi e diplomatici. Da Carlo V ebbe l’incarico di amministrare la giustizia nel regno di Napoli. Pubblicò molte opere di natura giuridica, in particolare si interessò di diritto finanziario. Tra le sue opere: Liber de iusto et iniusto bello, pubblicato nel 1547; Questiones et decisiones utiles et quotidiane in materia vectigalium, & gabellarum, tam in terra quam in mari impositarum, 1547; De iure, et re navali, Venezia, 1579.
13. Vincenzo DE FRANCHIS (1530-1601), dottore in diritto canonico e civile, Sua opera fondamentale Decisiones Sacri Regii Consilii Neapolitani, che riscosse l’ammirazione in tutta Europa.
14. Eliseo DANZA, op. cit, T. III. L’autore si riferisce al Tractatus di Giovanni Battista COSTA, Tractatus novus de facti Scientia et Ignorantia , Francoforte 1605; e anche al Tractatus Novus de quota et rata: sive de congrua in jure rerum partitione, pubblicato a Francoforte nel 1606.
15. La carica di Connestabile era attribuita a un alto dignitario, al quale era affidato il comando in capo della cavalleria o dell’intero esercito reale.
16. Falcone Beneventano, (Benevento, 1070 circa – 1144 circa) storico, notaio e giudice della curia pontificia a Benevento durante il dominio papale e autore del Chronicon Beneventanum.
17. E. Danza, op. cit. T.III
18. Carlo d’Angiò-Durazzo (1345 –1386), fu re di Napoli con il nome di Carlo III, dal 1382, e re d’Ungheria con il nome di Carlo II detto il Breve, dal 1385.
19. Federico d’Aragona Federico d’Aragona (1452-1504) re di Napoli dal 1496 al 1501, era il figlio di Ferdinando I e di Isabella di Taranto; fratello di Alfonso II e zio di Ferdinando II.
20. E. Danza, op. cit.
21. Regio Decreto 18 luglio i867.
22. Montefusco, antica sede della regia udienza provinciale, dall’8 agosto 1806 la sede del Principato Ultra venne trasferita ad Avellino.
23. E. Danza, op. cit. T. III
24. La Via Appia, che aveva in Benevento uno snodo importante, e la Via delle Puglie, che attraversava la provincia irpina in tutta la sua lunghezza, da est (Ariano Irpino) a ovest (Monteforte).
25. E. Danza, op. cit. T. III
26. “ad modum belli”. era un rito eccezionale nei processi penali: conclusa rapidamente l’istruttoria, comunicata la sentenza, venivano concesse poche ore all’avvocato difensore dell’imputato per preparare la memoria difensiva.
27. Collaterale: nel Regno di Napoli, supremo consiglio che deliberava insieme al viceré sugli affari di stato. Con tale appellativo si indicavano anche i singoli consiglieri di esso.
28. E. Danza, op. cit. T.III
29. “Il potere di procedere ad modum belli non si applica a coloro che praticano con i banditi e danno loro ospitalità, contro costoro va applicata la procedura ordinaria, non quella ad modum belli, sebbene la novella prammatica introdotta comprenda anche ai loro complici”.
30. Corti baronali Le Corti regie e baronali erano magistrature locali che amministravano la giustizia civile e criminale. Presiedute da un Governatore nominato dal re per le terre demaniali o dai baroni per le terre di loro giurisdizione. “Per la maggior parte degli abitanti del Regno l’immagine del potere era quella del barone. Quale che fosse il modo come venisse amministrato, direttamente o per delega, il feudo restava la cellula fondamentale del potere nel Mezzogiorno” Aurelio Lepre, Storia del Mezzogiorno d’Italia, Napoli 1986 vol II p.113-14.
31. Raffaele FEOLA, Aspetti della cultura giuridica e delle istituzioni in Italia, VOL 1, VOL 2, Firenze 1991.
32. “Il Consiglio Collaterale fungeva sia come magistratura di prima istanza sia come Giudice di Appello avverso le decisioni dei Tribunali provinciali. Una volta alla settimana (il mercoledì) i giudici della Gran Corte della Vicaria comparivano dinanzi al Collaterale per relazionare sulle principali cause pendenti, affinché il Consiglio conoscesse direttamente le questioni politiche e giuridiche di maggior rilievo…Tra le attribuzioni del Collaterale vi era la disamina delle suppliche e delle domande di grazia, indulto e revisione delle sentenze dei Tribunali minori” da Francesca DE ROSA, Il Processo criminale a Giuseppe De Marino nei Notamenti di Domenico Fiorillo, in Vita Giudiziaria 2, n. 3-2022, p.127.
33. E. Danza, op. cit. T.III
34. E. Danza, ibidem.
35. E Danza, ibidem
36. E. Danza, ibidem
37. E. Danza, ibidem.
38. E. Danza, ibidem
39. E. Danza, ibidem
40. E. Danza, ibidem
41. Pedro Fernando de Castro, VII conte di Lemos (1560-1622) dal 1610 al 1616 viceré spagnolo di Napoli.” Con la Prammatica del 31 marzo 1616 (Nuova collezione cit., p. 330) del Conte de Lemos, venne statuito che “i Commessari di Campagna non diano licenza d’armi per questa fedelissima Città, Borghi e Casali, né le licenze dell’Udienze vagliano extra Provinciam”, Marco CORCIONE, Modelli processuali nell’antico regime, Istituto di Studi Atellani, Giugno 2002, p.7
42. Aldo de BERNART, Gallipoli cinquecentesca – Alfonso Granai Castriota
Anxa.it http://www.anxa.it › pages › archivio › 6—novembre-2003
Cfr. Wikipedia https://it.wikipedia.org › wiki › Vrana_Conte
43. Francesco-CHETTA SCHIRÒ, I Castriota principi d’Albania nell’Ordine sovrano e militare di Malta, Valletta 1929 p. VIII. A Fra Don Costantino Castriota è dedicato l’intero capitolo da p.57 a 88. “Quello che fosse stato Fra Don Costantino Castriota, prima di entrare a far parte dell’Ordine Sovrano e Militare di Malta, lo desumiamo dall’«Elenco dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, di Francesco Bonazzi di Sannicandro» , nella Nota che egli appone al nome del Nostro.
Museo di scienze e letteratura e filosofia, nuova serie anno I vol. III, Napoli 1844 p.42 Scipione Volpicelli, Di Filonico Alicarnasseo scrittore della vita di Vittoria Colonna e di quelle d’altre illustri persone”.
44. Marco AMARELLI, Costantino e la casa Castriota Nuovi contributi sulla biografia e gli scritti di «Filonico Alicarnasseo», in Critica Letteraria, a. XL f. I n.154, 2012 pp. 109-131
45. Francesco BONAZZI DI SANNICANDRO, Elenco dei Cavalieri del S. M. Ordine di San Giovanni, ricevuti nella veneranda Lingua d’Italia dalla fondazione fino ai nostri giorni. Napoli, Libreria Detken e Rocholl, 1897.
46. F. CHETTA-SCHIRO’, op. cit., pp 117-20
47. M. AMARELLI. Op. cit.
48. F. CHETTA-SCHIRO’, op. cit.
49. Particolare spada corta, detta in veneziano Cinquedea, cioè Cinque dita, ma conosciuta anche, semplicemente, come “lingua di bue”, aveva una lama a base molto larga, che si restringeva subito verso la punta acuminata, formando una sorta di lettera “V”.
50. Terminio DA CONTORSI, Apologia di tre Seggi illustri di Napoli, Venezia 1581 p.48-49. Su questo autore cfr. Tobia R. TOSCANO, Antonio Terminio da Contursi poeta umanista del XVI secolo, Il Fauno edizioni, Contursi Terme (SA) 2009: “Antonio Terminio visse tra il 1528/29 e il 1563/64. La morte lo colse probabilmente non giunto ancora al mezzo di sua vita, ma non lo trovò neghittoso. Si era guadagnato, nonostante i modesti natali, il suo piccolo spazio fra gli aristocratici cultori di poesia del suo tempo senza mai recidere il legame con la famiglia e la patria lontana” p.4.
51. Giovincenzo CIARLANTI, Memorie historiche del Sannio chiamato hoggi Principato Vltra, contado di Molisi, e parte di Terra di Lauoro, Prouincie del Regno di Napoli. Diuise in cinque libri, Isernia 1644. Pp. 484-87.
52. F. CHETTA-SCHIRO’, op. cit. p.61-62.
53. Ibidem, p.84
54. Ibidem, p.. 85-86
55. Giovambattista FERRARO, Delle razze, disciplina del cavalcare, ed altre cose pertinenti ad essercizio così fatto, Napoli 1560, p.52
56. Giovanni MUTO, Letteratura, Immagini e Pratica dell’Arte Equestre a Napoli nel Cinquecento, in Studi Storici dedicati a Orazio Cancila – a cura di S. Giuffrida, F. D’Avenia, D. Palermo, Quaderni Mediterranea ricerche Storiche n.16. Palermo 2011, pp-215-35 Renato PASTORE, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 22 (1979) s.v. Costantino Castriota
57. Franco PIGNATTI, Franco Nicolò, Dizionario biografico degli Italiani, vol. 50, 1998.
58. Eleonora IMPIERI, Nicolò Franco Prosatore e Poeta tra Innovazione e Tradizione, Corso di Laurea Magistrale in Lingua e Letteratura Italiana, Università di Pisa a. a. 2012-13
59. Domenica FALARDO, Nicolò Franco, Epistolario (1540-1548). Ms. Vat. Lat. 5642, Unisa Mew York- Forum Italicum 2007.
60. Josph A. SCHUMPETER, Capitalismo, socialismo e democrazia, ed it. Mltemi, Milano 2023, p.298
61. Ibidem, pp.268-69
62. Marco AMARELLI, op. cit, pp.117-18
63. Giovanni Agostino CACCIA, Satire e capitoli piacevoli (1549) a cura di Benedetto Buono, 2013. Per notizie biografiche su questo poeta cfr. Renato PASTORE, Dizionario Biografico degli Italiani, s. v. Caccia vol.15,1972.
64. Luigi OLIVA, Note sul territorio e sull’architettura della commenda di Maruggio, Atti del Convegno di studi sull’Ordine Melitense in Puglia e Terra di Brindisi – TUITIO FIDEI ET OBSEQUIUM PAUPERUM, Brindisi 14 e 15 giugno 2013. Brindisi 2014 p,141-42 n.98
65. Ibidem, n.98.
66. Vincenzo CIARLANTI, Memorie historiche del Sannio, op. cit. p.117-18. Non è indicato l’autore del sonetto scritto in morte dei Antonio Castriota, di cui si riporta il primo verso.
67. Costantino CASTRIOTA, Il sapere util’ e dilettevole, ed. Cilio Allifano, Napoli 1552. Cfr. Angelo GAMBELLA, Cilio Alifano-Editoria e cultura tra Alife e Napoli nel XVI secolo, in “Annuario dell’Associazione Storica del Medio Volturno 2011, ASMV, Piedimonte Matese 2011 par. 5
68. Renato PASTORE, op. cit.
69. M. AMARELLI, op. cit.
70. V. Colonna, Carteggio, a cura di E. Ferrero e G. Müller, 2a ed. con Supplemento a cura di D. Tondi, Torino, Loescher, 1892, pp. 486-518. https://www.iliesi.cnr.it › ATC › htm › accos › Colonna
71. Sandra PLASTINA, Galleria dell’Accademia Cosentina s. v. Vittoria Calonna De le lettere di Nicolò Franco scritte a Principi, Signori ed altri Personaggi, e suoi Amici, Libri tre ne le quali si scuopre l’arte del politico e del terso scrivere, Venezia 1615.
72. Carolus du Fresne DU CANGE, Glossarium ad scriptores mediae et infimae Latinitatis. Lutetiae, 1678 3 voll.
73. Carolus du Fresne DU CANGE, Historia Byzantina Duplici commentario illustrata: prior familias ac stemmata imperatorum Constantinopolitanorum… alterdescriptionem Urbis Costantinipolitanae qualis extitit sub Imperatoribus Christianis, Lutetiae Parisiorum 1680 [ CIý.IýC.LXXX] 1680. I passi riportati sono tratti dall’edizione Venezia del 1729 .
74. Ibidem, Familiae Dalmaticae. Castriotorum Familia pp 270-01. L’intero brano è riportato nell’albanese REVISTA “STUDIME HISTORIKE n.3-4 , 2019.
75. Il soprannome Mesereco viene riferito anche a Giorgio Castriota, cfr. Nicola LEONI, Della Magna Gracia e delle Tre Calabrie ricerche etnografiche, etimologiche, topografiche…, Napoli 1844 p.301
76. Corrisponderebbe all’odierna Ujmisht, un paese nel Nord-Est dell’Albania.
77. Giovanni Andrea Flavio COMMENO, Geneologia d’imperadori romani et constantinopolitani, 1624
78. Pietro Lucario storico,”Tavola in calce alle Istorie di Ragusa” in Donato FOSSATI, Benacum storia di Toscolano, Ateneo di Salò, 1941, edizione anastatica Ateneo di Salò-Comune di Toscolano Maderno, 2001, p.189 e 210.
79. Marino Barlezio Marinus Barletius, in albanese Marin Barleti (1450 – 1512) religioso e umanista albanese, considerato il primo storico della sua patria, pubblicò a Roma nel 1508-10 la biografia di Giorgio Skanderbeg, Historia de vita et gestis Scanderbegi Epirutarvm Principis,
80. Lazar II Brankoviæ (1421 circa – 458) principe di Rascia (l’odierna Serbia) nel 1446 sposò Elena Paleologa, figlia di Tommaso Paleologo. Sua figlia Irene Brankovic, fu moglie di Giovanni II Castriota, figlio di Giorgio Castriota Scanderbeg e Andronica Arianiti.
81. La famiglia Acquaviva è una delle sette grandi casate del Regno di Napoli. Il re di Napoli Ferrante con il privilegio del 30 aprile 1479, concesse a Giulio Antonio Acquaviva poté aggiungere il nome d’Aragona al proprio cognome.
82. Giacomo Bosio (1544 – 1627) nativo di Chivasso, apparteneva ad una nobile famiglia che proveniva dalla città di Milano. Egli ha scritto la storia dell’ordine Ospedaliero dalla sua origine fino al 1571. Cfr. Gaspare DE CARO, s.v. BOSIO Giacomo, Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 13 (1971)
83. Gli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme sono un Ordine religioso cavalleresco nato intorno alla prima metà dell’XI secolo a Gerusalemme, intitolato a San Giovanni Battista. Oggi è conosciuto come Sovrano Militare Ordine di Malta. Cfr. Franco CARDINI, Gli Ordini cavallereschi, Milano, De Agostini-Rizzoli, 2000.
84. Carlo De Lellis (primi decenni XVII secolo[1] – ante 1691[1]) è stato uno storico e genealogista italiano. si rivolse interamente alla ricerca archivistica. Alle sue ricerche e ai suoi testi si deve una notevole trasmissione di dati sulla nobiltà del Meridione, e in particolare della città di Napoli, e quindi delle complesse vicende feudali collegate, che tanta influenza ebbero sul Regno di Napoli. Il Montaquila a cui fa riferimento si tratta della famiglia d’Isernia per differenziarsi dai titolari di Isernia, cambiarono il nome in Montaquila
85. Scipione AMMIRATO, Delle Famiglie Nobili Napoletane, Parte seconda, Firenze 1651.
86. LIBRO D’ORO DELLA NOBILTA’ MEDITERRANEA – Castriota e Branai ( Granai) Castriota http://www.genmarenostrum.com › pagine-lettere › letterac cfr. NOBILI NAPOLETANI, Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d’Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all’Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia, s.v. Castriota Scanderbeg,
https://www.nobili-napoletani.it › Castriota
87. Renato PASTORE – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 22 (1979) s.v. Costantino Castriota
88. Noel MALCOLM, Agenti dell’Impero: Cavalieri, corsari, gesuiti e spie nel Mediterraneo del Cinquecento, ed. italiana, Hoepli ,Milano 2016
89. Giovambattista FERRERO, Delle razze, disciplina del cavalcare, ed altre cose pertinenti ad essercizio così fatto, Napoli 1560 p.52.
90. Lo stemma e la bandiera di Gjergj Kastriot nell’opera dello storico Carlo Padilione – 1879 (seconda parte) A cura di Lutfi ALIA, Siena – Italia https://www.zemrashqiptare.net ›
91. Eleonora IMPIERI, Nicolò Franco prosatore e poeta tra innovazione e tradizione, Università di Pisa, a. a. 2012-13 https://core.ac.uk/download/pdf/20258464.pdf
92. FALARDO, Domenica, Nicolò Franco, Epistolario (1540-1548). Ms. Vat. Lat. 5642, Stony Brook, NY, Forum Italicum Publishing, 2007 ’edizione critica di un ponderoso carteggio inedito di Nicolò Franco (Epistolario 1540-1548. Ms. Vat. Lat. 5642, Stony Brook, NY, Forum Italicum Publishing, 2007), Università degli Studi di Salerno, 2007.
CONDIPODERO, Federica, Le epistole inedite di Nicolò Franco : appunti per un’edizione critica e commentata del Quarto libro delle lettere (Vat. Lat. 5642) ,Fabrizio Serra Editore, Pisa.2022.

Description

ATRIPALDA, L’EX CITTA’ MEDIEVALE PRIMA DI AVELLINO

INDICE

iv parte dedicata ad atripalda

Preambolo dell’Autore
I Castriota Marchesi di Atripalda
e il titolo rivendicato di città

Il rapporto che si stabilisce con la città, o il paese, d’origine non è sempre scontato. Si va via da esso e poi si ha voglia di ritornarvi. Il rimanere stabilmente in un posto, a volte assume il sapore di un domicilio forzato; per cui si ha voglia di andare via. Il luogo di nascita, di residenza o di domicilio è parte di noi, ne siamo formati e ne riceviamo le impronte.
Quando un luogo è magnificato da quelli che non vi sono nati o che non ci vivono stabilmente, la lode acquista un valore doppio. Perché, si presume, fatta senza motivi affettivi (un figlio che ami i genitori è la regola), senza altri interessi velati o palesi, la lode di un estraneo, di un forestiero, è più significativa e importante di quella di un abitante.
Ho suddiviso questo lavoro in due parti: 1) la lode della città di Atripalda, fatta dall’avvocato Eliseo Danza nella prima metà del XVII secolo; 2) le lettere di Nicolò Franco indirizzate, nella prima metà del XVI sec., a Costantino Castriota, marchese di Atripalda, a testimonianza degli interessi culturali che coinvolgono non solo quella nobile famiglia, ma anche la città. Nell’una e nell’altra parte, l’attenzione è rivolta alla città sul fiume Sabato. La sorte non fu benevola con i Castriota di Atripalda, perché nello spazio di mezzo secolo finirono tutti i discendenti. Le lettere di Nicolò Franco, ci restituiscono un personaggio che fece parlare di sé nella difesa di Malta dai Turchi; non solo, ma anche per i suoi interessi letterari testimoniati dalle sue pubblicazioni.
Cinque secoli fa, il poeta e scrittore beneventano Nicolò Franco, per intingere la sua penna nella satira contro famiglie potenti del suo tempo, finì non in tribunale ma sulla forca a Roma per oltraggiose offese. Nel suo Epistolario, raccolta di lettere su vari argomenti indirizzate a personaggi noti e meno noti, un genere letterario molto in voga nel secolo XVI, l’autore beneventano ne scrive una indirizzata alla Lucerna, la lampada ad olio, con la preghiera di illuminare la sua esistenza con la luce della sapienza e della verità:” Deh cara lucerna mia, se iniquo vento non spiri mai contrario a la tua luce, e se con la vista ci sia concesso da i fati sormontare al cielo, al pari del più rilucente occhio, che tiene il giorno”.
E dalla Lucerna il poeta riceve una lunga risposta. La Lucerna, cioè Nicolò Franco, narra il suo viaggio non nei regni dell’oltretomba, alla maniera di Dante, ma sulla terra, dove l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso si ritrovano nelle forme quotidiane della vita. In questo viaggio nel mondo notturno, la Lucerna incontra per prima le donne, muse ispiratrici dei poeti, ma di bellezza solo esteriore. Che dire degli osti, dei sarti, dei mercanti. Ma la lista è lunga. Ci sono tutte le categorie sociali a combinare nottetempo imbrogli nelle loro attività. Sembrerebbe che da quest’Inferno, non si salvi niente. Eppure un Eden si trova anche sulla terra. E’ il mito dell’Arcadia che non ha mai abbandonato la cultura occidentale, la vita umile e onesta dei campi: “Veggo Allegrezza, che dispersa la maninconia in tutto, attende a sonar sampogne con la melodia di sì dolci canzoni, che i greggi, e gli armenti par che saltino, scherzino, e giostrino al suono, et al canto suo. Vo più oltre, e mentre bolle l’ansia di vedere, vo per lo mondo di cerchio in cerchio peregrinando. Non m’occorre cosa che mi contenti”.
Alla fine del viaggio la Lucerna giunge davanti ad un tempio con due porte, che apertisi mostrano il suo interno. Il potere politico con in testa Carlo V e una schiera di nobili, uomini e donne, amici stimatissimi del poeta. Ma è all’altra schiera, quella guidata dall’Eternità e dalla Fama, che il poeta si indirizza.” Comincio e con piacevolezza, e con prontezza, a far conoscere, ch’io non son qualche Lucerna da dovero, né da stuppino, come forse s’imaginano, et qual’ io mi sia, posso comparire fra tante lampe, e lampane”. Non ha paura il poeta di presentare le sue opere, perché la poesia si affida al “Vangelista Ovidio, che dice il vero”. Alla fine la Fama “pigliandomi per la mano , fa discostare tutte le torce, che accese le stanno intorno: e vuole ch’io stessa faccia luce a la Fama, mentre li legge”. E i poeti” quando volendo scriver la vita, ch’è la più cara cosa ne l’huomo, la finsero co ‘l carattere di una Lucerna: mostrando che tanto l’huom vive, quanto il lume vitale, e l’humor sempiterno de la sapienza, gli danno il cibo”.
Principi, duchi, marchesi, conti e baroni del Regno di Napoli hanno fatto la storia dei loro feudi e hanno riempito le cronache del loro tempo. Non pochi di essi, però, hanno legato il loro nome ad attività culturali o hanno speso il loro tempo coltivando gli studi letterari e l’amicizia degli uomini di cultura.
Due versi posti dal poeta francese Patrice De La Tour Du Pin (1911-1975) come introduzione al suo libro La quête de joie ( “la ricerca di gioia”) publicato nel 1933
« Tous les pays qui n’ont plus de légende / Seront condamnés à mourir de froid…. (Tutti i paesi che non hanno più leggende/ saranno condannati a morire di freddo)
sono quasi versi profetici per il nostro tempo. E oggi noi possiamo comprendere ancora meglio cosa significhi “morire di freddo” nelle nostre città, nei nostri paesi, dove sembra difficile ritrovare il senso stesso della vita.
Quei versi posti come incipit della sua raccolta di poesie sono sconvolgenti, essi hanno il senso e l’andamento di un salmo biblico. Tutto si racchiude in quei due sostantivi “leggenda” e “freddo”. Mi fanno ricordare quel passo di Plutarco (Moralia) in cui si dice che c’è una città fantastica dove gli abitanti pronunciano parole che si congelano per il freddo e si scongelano con il caldo; accade perciò che le parole dette dalla gente d’inverno vengono ascoltate solo con l’arrivo della stagione calda. Nel poeta francese, però, non è data questa possibilità di “scongelamento”, perché il “freddo” di cui parla è connesso con la morte.
Per quanto fantastiche possano essere le storie narrate, la leggenda suppone sempre un legame o storico o topografico o affettivo con la realtà, uno scopo di carattere religioso o civile valido a esaltare la vita sociale del gruppo, un’amplificazione ideale di un fatto, che viene elevato a simbolo della storia, degli ideali sociali e morali del popolo che lo crea. E sotto questo aspetto la leggenda simboleggia ciò che vi è di essenziale nel pensiero e nelle aspirazioni dell’anima popolare. La leggenda lavora, anche in maniera inconsapevole, sul dato storico o sociale per innalzarlo a valore rappresentativo del gruppo in cui prende forma.
Non avere “lègende” è come non avere più una identità, non avere un’anima, non avere aspirazioni. Patrice De La Tour Du Pin, volutamente mette la “leggenda” accanto alla gioia. Come la gioia che provava Eliseo Danza nel tessere le lodi di Atripalda, ricercandole nella storia della città; e Nicolò Franco nel coltivare l’amicizia con il marchese Castriota.
V. I.

Capitolo I.
Eliseo Danza per Atripalda città
rivendicazione di titoli

– Abuso di titolo
– L’abito fa il monaco e i santi la città
– Quando l’indicazione bibliografica non è corretta
– Il volume ritrovato
– Montefusco capoluogo della Provincia
– Non solo prestigio deriva dal titolo di città: il caso di Montefusco
– Conflitti tra corti di giustizia
– Come in guerra, per i reati gravi

Capitolo II.
Nicolò Franco e i Castriota di Atripalda

– Un nobile di origini albanesi
– L’aggressione
– Miseria e nobiltà di casa Castriota nel racconto di Termino da Contorsi
– …E in quello di Gionvincenzo Ciarlanti
– Accolto nell’Ordine Militare di Malta
– Il Marchese esperto di equitazione
– Nicolò Franco
– Baroni e poeti: come costruire un’amicizia
– Disavventure di Antonio Castriota
– Le Lettere a Costantino Castriota: i – xiii

Appendice I.
Partiamo dal Du Cange

Appendice II.
L’epistolario censurato

Recensioni

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Only logged in customers who have purchased this product may leave a review.

Editorial Review

 

LE PARTI DI CUI SI COMPONE L'OPERA

 

Il volume ritrovato

Il terzo tomo del Tractatus De pugna doctorum, non è facile reperire. Non si trova indicato in nessuna delle biblioteche della Regione Campania. A volte si cerca lontano, quello che invece si trova vicino. E così nella Biblioteca Provinciale di Avellino, grazie all’ausilio del qualificato personale in servizio, ho potuto leggere il brano che fece arrabbiare, se così si può dire, Scipione Bella Bona.
Il capitolo è dedicato alla trattazione del laudemio, che nell’antico diritto feudale era la prestazione dovuta dal vassallo al signore ogni volta che il feudo cambiava proprietario; successivamente, indicò la somma pagata al padrone di un fondo per la concessione dell’enfiteusi o per il rinnovo del contratto enfiteutico.
Scrive Eliseo Danza a proposito del laudemio:” La nostra sacra casa degli Eremiti Camaldolensi sotto il titolo “Dell’Incoronata” ha annessa l’ Abbazia di San Paolo nella Civita di Avellino, che possiede altri beni nella stessa Civita, e altre parti redditizie alla medesima Abbazia, che per antica consuetudine fondata su privilegio e decreti più volte interposti da parte del Sacro Regio Consiglio e dalla Magna Corte della Vicaria è nel possesso di esigere la quarta ogni qualvolta viene venduto un bene redditizio, che noi comunemente chiamiamo la quarta parte” (7).
In effetti la questione del laudemio è controversa:” La più comune obbligazione del padrone utile è quella di pagarsi il laudemio in ogni passaggio del fondo enfiteutico in altre mani diverse da quelle cui fu concesso. Esso non si deve, come altrove abbiam osservato, se non qualora siasi espressamente convenuto, ed in una somma non maggiore della quinquagesima parte del prezzo; siccome pure non deesi che in occasione di vendita o di altra alienazione delle migliorie (art. 1697). E’ lecito ai contraenti stabilire una somma minore pel laudemio, ma è proibito di pattuirsi più della cinquantesima parte del prezzo (ivi).
L’avvocato di Montefusco passa ad una esemplificazione:” Si può dare un esempio; poniamo che il fondo possa essere venduto al prezzo di cento ducati semplicemente per il suo valore, ma si potrebbe vendere con la neve conservata al prezzo di duecento ducati, nella raccolta della neve sono stati spesi venti ducati che dovrebbero essere detratti dal suddetto prezzo e rimane il semplice e puro apprezzo di ducati centottanta e per questi è dovuto il laudemio, non per quei venti spesi per la conservazione della neve. In caso simile se il marito avrà speso qualcosa per una cava di pietra trovata nel fondo della moglie, compensa le spese sostenute sulla porzione della questione determinata -155 n.21. (8)
Sulla questione interrogato da un mio amico della terra di Atripalda, io risposi che così andava fatto; e non era opportuno sforzarsi in niente, per comprendere l’articolo: Infatti ci sono lì uomini esperti, e troppo spesso ho desiderato esporre qualcosa di essi; adesso si presenta l’occasione, e bisogna sapere che la Terra di Atripalda, che si trova descritta in antichi codici sotto alla parola Atripalda.In verità anche in altri scritti del famoso poeta Nicolò Franco, da citare successivamente, anche adesso scrive in molti punti di Atripalda D. Ferdinando de la Marra duca di Guardia (9) nelle umane lettere uomo di grande erudizione in un suo bel discorso, che per il bene della Repubblica ha dato alle stampe col titolo: le Armi nobili del Marra, nei primi tempi però passa sulla parola Atripalda e rispetto alle altre parti del Regno per diversi motivi è giudicata illustre e famosa, motivi che io ho esaminato, e mi accingo a mostrarli a quelli che non li conoscono per far acquistare notorietà nei popoli con i nostri occhi e affetto, che spero di soddisfare verso di essa e i suoi Patrizi (nobili).
Suoi tutelari sempre furono illustrissimi uomini, col primo titolo di Conte sotto il governo di Raimondo Orsino e i successori Giordano e Felice conte di Nola (10), dall’accordo intervenuto tra Orso de Orsini e il Re Ferdinando I in Aiello casale di essa, in cui quella Sacra Maestà faceva menzione, come per dire, in quei tempi il titolo di Conte era più frequente, come era in uso, e come si evince da Boadillo (11).
Poi il titolo di Marchesato fu posseduto da Alfonso Castriota marchese di Atripalda discendente di Pirro re dell’Epiro, che fece molte ammirevoli cose contro i nemici Francesi che assediavano Napoli, come riferisce il Ferrante (della Marra) e si può cogliere anche da molte lettere dal citato Poeta [Nicolò Franco] dirette al signor Marchese di Atripalda.
In verità per lungo tempo furono Patroni dell’illustrissima, nobilissima e antica prosapia dei Caracciolo col titolo di Ducato e che Domizio Caracciolo sia stato Duca di Atripalda dall’anno 1576 lo riporta D. Cesare de Engenio nel suo libro intitolato Napoli Sacra , per me al foglio 35, e già nel nostro lungo tempo dall’illustrissimo Camillo, e così quell’altro celebre Camillo per quattro volte trionfò per le vittorie riportate,