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CON EPISODI INCREDIBILI, COSCOSCIUTI E SCONOSCIUTI, RECUPERATI E TRASCRITTI DAGLI AUTORI DELLA ABE
Erano i tempi in cui Giambattista Manso (1560-1665) Marchese di Chianche e di Bisaccia diveniva amico di Torquato Tasso (1544-1595), al quale fu dedicato uno dei Dialoghi, precisamente l’ultimo, intitolato appunto Il Manso o vero De L’Amicizia, nel 1592, quaranta anni prima che i Principi Caracciolo scoprissero il celebre scrittore napoletano Gianbattista Basile, autore de Lo Cunto de li Cunti (libro improntato sugli usi e costumi irpini), nominandolo Governatore di Avellino.22
I nuovi capostipiti dei Caracciolo-Rossi, divenuti titolari del feudo di Avellino, vi si insediarono il 6 maggio 1581, dando vita, a partire dal 25 aprile 1589, alla dinastia dei Principi di Avellino. Nei pressi del Palazzo baronale, da cui erano scomparsi merli e torrette, ponte levatoio, bastioni, corpo di guardia e macchine da guerra, spuntarono verande e belvedere nel Largo dei SS.Pietro e Paolo.27
Alla morte di Marino Caracciolo, lo stato del Principato di Avellino, fu ereditato dal figlio Don Camillo, signore liberale al quale si deve, fra il 1610 e il 1616, il riammodernamento del Palazzo, con un Parco di piante d’alto fusto, con voliere, peschiere e fontane, divenuto riserva naturale con pavoni, cigni, fagiani e cinghiali.28
I feudi irpini dei vari esponenti della famiglia Caracciolo erano diversi e sparsi su un territorio vastissimo, da Casalbore a Torrioni, indi ad Arcella, fatta eccezione per Pianodardine, posseduta dal Marchese Amoretta di Capriglia o della Taverna di Torrette appartenuta ai Carafa di S.Angelo a Scala, a dimostrazione che, nel tempo, gli stati feudali erano andati via via sfaldandosi, a causa di permute, compere e controversie.29
Perfino il piccolo territorio di Torrioni si presentava frazionato quando, scrive Donnarumma, solo una parte del feudo, quella confiscata dagli Angioini alla famiglia Del Turco, cioé la Torrioni del signor Camillo descritta nei documenti, restò nelle mani di Don Camillo Caracciolo di Avellino…..
Fu allora che alcuni partirono da Bergamo, ma già erano principi da qualche parte. Poi si stabilirono a Venezia e cominciarono
a commercializzare di tutto. Il loro obiettivo fu da subito Napoli e non se ne conoscevano i motivi. Certo è
che divennero l’orgoglio dei Dogi di Venezia che li fecero Conti e assegnarono loro importanti incarichi
diplomatici per lanciarli nella Napoli dei Viceré spagnoli al fine di incrementare i traffici con la Serenissima.
Sono i Piatti: famiglia dalle molteplici avventure e dalle incommensurabili iniziative. E la loro presenza
nella vicemetropoli degli Spagnoli sarà subito ripagata dalle fatiche politiche e commerciali con l’acquisto
dei feudi noti per la produzione del vino, a cominciare dal Greco di Tufo, lungo la Valle del fiume Sabato…
capitolo i
Arturo Bascetta
L’ultima rivolta di matteo cristiano
i ceti sociali si spartiscono il regno
— Il rischio di guerra civile che veniva dalla Lucania
— I ceti sociali e la povertà dei dottori in legge
— Matteo Cristiano, «Masaniello lucano», decapitato
— La lapide di Chianche sul Cardinale Filomarino
Note
capitolo ii
Sabato Cuttrera
i piatti di bergamo inviati dal doge
ricchi mercanti a consoli di venezia
— Da notai della Bergamasca a mercanti veneziani
— Dai Piatti di Fusine, Alessandro console a Napoli
— Giurisdizione di Tufo del Tavolario Antonio Piatti
— Il Doge: Franco Piatti sarà Console di Napoli e Conte
— L’ex Mercante compra i feudi del vino di Torrioni e Tufo
Note
capitolo iii
Annamaria Barbato
primi sposalizi popolari registrati dai notai
negli atti tutta la storia della provincia
— L’abito tipico della Valle Beneventana
— La gonnella imperiale di saia scarlatta
Note
capitolo iv
Fabio Paolucci
LA FINE DELLE COMMENDE DELL’ANNUNZIATA
IL PALAZZO DEL CARDINALE D’ARAGONA
— Nell’ex Casale di Mugnano dell’A.G.P. di Napoli
— L’edificio diventa Taverna del Procaccio
Note
capitolo v
Sabato Cuttrera
i vicere’ spagnoli arrestano il rinascimento
l’annunziata padrona delle abbazie
— Il tardo-Rinascimento nelle chiese verginiane
— L’Assunta, un Ospedale per le orfanelle
— I prosciutti della Valle ai Cappuccini pro Civitatis
— La Chiesa di S.Pietro: 70 preti, 8 cappelle e 1 congrega
— L’Ospedale dell’A.G.P. di Napoli padrone di Mercogliano
— Vita da paese religioso diversa da quella delle città
Note
capitolo vi
Arturo Bascetta
padroni dell’ex feudo del cubante di s.sofia
i tocco dall’acaia a montemiletto
— Apice scippata alla Baronia dei Principi di Venosa
— Tinchiano a Pisanello del Cubante, poi a Galluccio
— Terra d’Apice col titolo regio di Marchionato
— Il Principe Antonio Tocco padrone del Calore
— Suppliche alla Provincia per evitare tasse ingiuste
— Le mani dei Tocco da Tinchiani fino a Montemiletto
Note
capitolo vii
Arturo Bascetta
apice e ascoli satriano distaccati da ariano
la valle del calore sprofonda nell’oblìo
— Terre a 29 anni: enfiteusi nell’Inventario di Pappone
— I beni delle Chiese di S.Nicolò e S.Bartolomeo
— Montereale o Monteregale dipedenza di Apice
— Parrocchiale col beneficio di S.Marco del Castello
— Il Covante ai frati di S.Francesco per 29 anni
— Muscettola, senza eredi, opta per il maiorascato
— Il testamento di Orazio Principe
— S.Lorenzo unita all’Annunziata di Pietradefusi
— Medinaceli, il Vicerè che piaceva agli illuministi
— Poeti napoletani si spostano nelle corti provinciali
Note
APPENDICE
racconti seicenteschi
i.
landolfo rufolo di ravello e le pietre preziose in grecia
ii.
dottori, medici, capitani e mercanti
iii.
i turchi cacciati da ischia e cetara con uno stratagemma
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