23.PIETRASTORNINA E I RACCONTI DEL CAMPANARO (secondo vol.): LA MAGIA BIANCA DELLE NUTRICI: la mavanaria delle streghe e il tesoro perso da Re Renato d’Angiò

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Copertina posteriore

STORIE, CANZONI POPOLARI E DETTI PIETRASTORNINESI

Nonna nonna, nunnarella,
nonna, ca lu litte è bello,
nonna nonna, nunnarella,
u lupo s’è mangiato a pecorella,
pecorella mia, come faciste
quanne mmocca a lu lupo te veristi,
pecorella mia, come farrai
quanne mmocca a lu lupo te verrai.
Chiama a nu sante e ne venene dui
ce vene la Maronna e santu Luca,
chiama a nu sante e ne venene tre
ce vene la maronna e santu Andrè,
chiama a nu sante e ne venene quatto
ce vene la Maronna e santu Marco,
chiama a nu sante e ne venene cinche
ce vene la Maronna e santu Giacinte
chiama a nu sante e ne venene sei
ce vene la Maronna e santu Michele,
chiama a nu sante e ne venene sette,
ce vene la Maronna e santu Giuseppe,
chiama a nu sante e ne venene otto
ce vene la Maronna e santu Rocco,
chiama a nu sante e ne venene nove
ce vene la Maronna e santu Nicola,
santu Nicola nu vuleva a menna
ma sulamente calamaro e penna.

Nonna nonna, nunnarella,
viene a cavallo e nu venire a piedi,
viene a cavallo e nu cavallo bianco
ca sella d’oro e a breglia a lu musso.
Nonna nonna, nunnarella,
fammi lu ppane e nu lo fare tostarello,
io so piccirillo e nu tengo li rienti,
tengo li rienti de na criatura.
Nonna nonna, nonna rica,
te benerico lu llatte e lu mmele
quanne te nfascio io te benerico,
te benerico la fascia e li panni
te benerico se mbraccio te tengo.

Nonna nonna, nunnarella…

La ninna nanna per nonna Santina, è spesso un richiamo al quotidiano, quanne rice pane tostarello, lu llatte e lu mmele, e un richiamo religioso, quando invoca i santi, i primi ca le venene a mente, ca ce azzeccano ca rima. Alcune volte li inserisce cantanne cantanne, per ingannare il tempo, sfogliando il mazzetto dei santini che ha intorno al ritratto della buonanima.
Zi Giuvannielle U Nzisto (questo nomignolo gli era stato dato per avere più volte tentato di sfidare la sorte), aveva preso parte alla battaglia di Apice, dove le truppe piemontesi avevano fucilato i primi briganti.
Sempre al fianco del popolo, si era messo nelle file di una grossa banda brigantesca e con essa aveva percorso il Sannio per tentare di riconquistare i paesi sotto il nome dell’antico esercito di Franceschiello.
Sotto Montaperto, però, aveva trovato la morte, proprio mentre teneva fra le mani la bandiera bianca dei Borboni, ma era ricordato da eroe per aver avuto il coraggio di combattere le truppe italiane.
Per nonna Santina era stata una grave perdita, anche perché aveva dovuto abbandonare il lavoro di nutrice a Napoli per ritornarsene in campagna con Bartolo in grembo. Da allora, non ha mai smesso di pensare al marito ed ogni giorno dedica un po’ di tempo al suo ricordo (la mattina quando si sveglia e la sera prima di andare al letto recita un Eterno Riposo, due Gloria e tre Salve Regina

Description

I RACCONTI PIU’ BELLI SUL PAESE MAGICO DELLE STREGHE

I PARTE
IL CICLO DELL’ANNO

«ASPETTA LLOCO CA MO TU CONTO»

CAPITOLO PRIMO
CAPITOLO SECONDO
CAPITOLO TERZO
CAPITOLO QUARTO
CAPITOLO QUINTO
CAPITOLO SESTO

II PARTE
la magia dei PRINCIPi TEMPLARi
E altre storie delle nutrici
I.
RACCONTI, DETTI E PROVERBI

– IL SEGRETO PER PARTORIRE
– I RICORDI
– LA SCIATICA
– MAGIA POPOLARE INVERNALE
– Scoltellamento delle pedate
– un libro chiamato Rodilio
– Così parlavano con i morti

DETTI
INDOVINELLI
FILASTROCCA
Giochi
Mazzafranco qua e là
Stelle stelle
Vardia vardiola
Peppantonio ‘a Pipiranza
Cerca fiore
San Giorgio
Ii.
la fuga di RE RENé col tesoro
PER LA VIA DEI TRE CANCELLI

III.
PAOLO IV: IL PAPA DI S.ANGELO
CHE MANDO’ BENI E RELIQUIE

Castità, ubbidienza e povertà:
la regola di Giovan Pietro Carafa

L’Inquisizione contro le streghe
e i falò per ardere eretici e marrani

IV.
PALOMBARA CONSACRA L’INCORONATA
RIFUGIO DI CAMALDOLESI E BRIGANTI

fonti / note bibliografiche

FONTI

ARCHIVIO DI STATO DI AVELLINO.
ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI.
ARCHIVIO DI STATO DI BENEVENTO.
ARCHIVIO DI MONTEVERGINE.
CODICE DIPLOMATICO VERGINIANO di PLACIDO TROPEANO.
REGESTO PERGAMENE DI MONTEVERGINE di G.Mongelli
SAMNIUM, n. 3-4, luglio-agosto 1971.
Quaderni irpini, n. 2-3, 1970.

In primo piano sono gli usi e costumi del popolo, inseriti nel ciclo dell’anno e della vita, con a punti di riferimento il semestre primario e una famiglia contadina spiegato ai ragazzi, come se fossimo davanti al focolare di una volta. La seconda parte è fatta proprio di storie vere, cioè di episodi, sconosciuti ai più che rallegrano anche gli animi dei grandi.
Il calendario dà un senso reale, di movimento, di vita, di continuità a cose che, se elencate soltanto (proverbio, detto, canto, racconto), avrebbero avuto un tanto di irreale e di effimero, perdendo, per la statica freddezza, l’originale valore che invece viene rafforzato e suggellato dalle storie.
Ecco allora le pagine assumere un volto diverso dal solito, una veste più popolare e autentica delle nostre genti.
Il racconto non abiura alcuna scientificità dello scritto, anzi ne esalta il vero storico. Agli avvenimenti con tanto di documento finale, si antepone un altro aspetto, quello orale delle tradizioni, più semplice dal punto di vista di studio, ma di certo complesso nell’elaborazione dei dati, desunti da un patrimonio tramandato nella Valle Beneventana e assorbito da una società in continua evoluzione. Questi dati, a volte modificati dal tempo, ma trasportati dal dialetto parlato fino a noi, sono una minima parte del patrimonio orale del tempo, quella meno predisposta a mutarsi – per le sue diverse origini etimologiche – e quindi scevra da infiltrazioni che fortunatamente non ne hanno permesso alcuna integrazione nella lingua parlata moderna. Per esempio la parola “comodino” ha come equivalente “colonnetta” e prima “columella”: ci è giunta mutata nel senso e nel valore con il diretto equivalente italiano di comodino. L’uso del termine è lo stesso, ma da “colonnina porta lume” a “comodino”, come cioè oggetto di comodità, il significato cambia. Con nostra soddisfazione, non capita la stessa cosa con parole come “bardascia”, che oggi ritroviamo in voga tanto a Pietrastornina, ex casale sofiano, quanto in un quartiere di Spoleto, e come “quatrana”, che non hanno un equivalente etimologico italiano se non nella parola “ragazza”. Ma “bardascia” ha una storia diversa, deriva dal francese “bardashe”, dallo spagnolo “bardaja”, e prima ancora dall’arabo “bardag” e significa “schiava”, mentra la ‘quatrana’ si rifà alla neonata che gattona, ormai sostituita dal classico ‘guagliona’ anche a S.Martino Valle Caudina e Pannarano.
Purtroppo, però, casi come questo sono più unici che rari. Nonostante ciò, siamo riusciti a riunire abbastanza materiale orale da farne una pubblicazione che si rifà più alla tradizione sabatina, quella che trae origine dall’area dei Maccabei, racchiusa fra i casali di Montefusco e del Partenio, per tornare in città da Ponte Sabato.
Al centro della nostra attenzione è comunque l’uomo, più che Benevento, o se volete le donne, quelle con le loro illusioni nate per alleviare le sofferenze di ogni giorno, per dare colore a una vita spesso monotona e grigia.
In epoche diverse, si sono avuti vari insediamenti umani: opici, sabelli, sanniti, romani, beneventani; ognuno dei quali, con una propria cultura, una propria religione, arricchendoci di usi e costumi non sempre comuni.
Chi ci ha tramandato questa storia, fatta di riti, superstizioni, oltre che di avvenimenti, sono i vecchi. Ecco il vero capitolo, sconosciuto a molti, ancor vivo grazie alla memoria storica degli anziani della Valle Beneventana, ai paesi del ‘Noce’ che non c’è, alla… Rocca delle streghe.
Riti magici, filastrocche, cattiverie e libri di magia nera, ma anche fatti accertati, che si rifanno a papi, re e briganti. Noi abbiamo strappato alla storia – e poi ricucito a parte – tanti piccoli pezzi, anche laddove, per la caratteristica versione dialettale, risultava impossibile trascriverli, eliminando accenti e apostrofi, presentando i racconti nella massima autenticità, riportandone il “colore” e il “calore” di una frase, seppur legata indissolubilmente all’esposizione orale, all’espressione di un volto, dove gli errori di esposizione delle parole fanno parte del gioco.
È questa la risultante di un capitolo che solo momentaneamente abbiamo chiuso e che in un futuro non molto lontano ci ripromettiamo di riunire, in un solo grande volume allargato ai paesi del Calore, con l’ausilio di un infinito aiuto degli anziani che mai si stancheranno di raccontarci del passato.
Ecco allora il nostro sforzo, questo, sperando di aver almeno in parte esaudito il desiderio dei giovani, di sapere delle cose degli avi; e quello dei vecchi, di voler lasciare un segno in nome della tradizione. Essa parte dalla Rocca, che è poi il castrum della Torre, quello nato dopo il sisma del 1348, per amministrare il feudo dell’abbazia di S.Sofia di Benevento. E’ solo uno delle 36 rocche che andavano da Tocco Caudio a Tocco di Montemiletto, dalla Serra di Prata alla Serra di San Bartolomeo in Galdo, prima di essere conquistate dai Caracciolo per conto della Regina Giovanna I.
E’ l’originaria provincia ducale di Santa Maria della Valle Beneventana fatta rifondare da Bernardo Deucio, nunzio inviato dal pontefice di Avignone per ridisegnare le arcidiocesi: Napoli da una costola di Nola, Sorrento da Salerno, Benevento dall’ex Principato di Puglia.
Forse fu la Torre di Pietrastornina a sprigionare il mito delle janare, più che il noce, o forse il Campanaro di Ciardelli, quello che i vecchi dissero fondato dai migranti di Civitate S.Paolo.
Sicuramente divenne un fortilizio del potere dello stato pontificio, quello che i capitani generali del Regno di Napoli utilizzarono per rocca carceraria, prima che il Principe Lottiero d’Aquino facesse vivere a questo, e non ad altri paesi, la favola del Principato.
Ma fu il paese delle nutrici delle Torri dalla magia bianca, delle streghe del Campanaro di Ciardelli o della magia nera del monaco di Retella di Cappella?
Alla fin fine, fate un po’ voi. L’Autore

Dettagli

EAN

9788872970416

ISBN

8872970415

Pagine

112

Autore

Bascetta

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Editorial Review

LE CAMPANE E IL SEGRETO DEL PRINCIPE PER PARTORIRE

 

«Marcello Lottieri, uomo di grande erudizione, versatilissimo nelle lingue estere, e molto abitle negli esercizi cavallereschi, fu obbligato a deporre l’abito cavalleresco dei cavalieri del S.M.Ordine di S.Giovanni per continuare la famiglia e divenne Principe di Pietrastornina».4
Di padre in figlio i segreti dei templari si tramandarono nel Palazzo del Principe.
Don Tommaso, seguendo le orme del nonno, aveva sperimentato anche un rimedio contro il freddo, quello che il suo notaio chiama secreto per la quartena Deus.
Bastava bere un ottimo bicchiere di vino greco con della polvere di ventricello di gallina essiccato. Se l’esperimento falliva una prima e seconda volta lo si poteva ripetere una terza volta che sicuramente sarebbe riuscito. Il tutto garantito dal notaio Giordano di Montefusco.
«Dal ventre della gallina la pelle di dentro lo ventricello si secca, et si ne fà polve pestata, et poi se ne dà quanto copre un’ tre cavalli al patiente dentro d’un bicchiero di greco perfetto, et si la dà all’hora quando il patiente sa conosce che sta per venire il freddo seu patere; et sì conoscendo che habbia colpito alla prima; seguiti per tre volte, è exeperimentato».
Ora però la cosa più importante era far partorire bene la vicina di casa.
Di sicuro nel 1674, tutte le nutrici che partivano per Napoli, conoscevano il secreto del Signor Principe della Pietra Sturnina acciò partorisca subito una donna.
Fu lui a svelarlo e a farlo tramandare dal notaio Gaita di Montefusco alle popolazioni della Montagna.
Egli stesso gli dettò quanto dovuto.
«Se scrive il seguente; et potendosile la donna inghiuttire sarebbe meglio, ò vero si la lega così la donna, et vi la ponghi sopra del ventre che partorirà; et a Deus».
E’ questa la filastrocca che si doveva recitare sulla pancia della puerpera. Quella che le nutrici del paese, di madre in figlia, conobbero a memoria:

Anna peperit Mariam, Maria peperit
Salvatorem creature exi foras, quia
Christy te vocat, Christy veghat,
Christy venit, Christi imperat,
Christi xe ab omni malo defendat..........