20. GUARDIA SANFRAMONDI. La preistoria, il borgo, le chiese, i ricordi

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INDICE

PRESENTAZIONE 6
Premessa 13
Le origini geologiche 17
Note Geografiche 19
Il Borgo Antico 21
Torrenti del “Capomandre” 24
Lo Stemma 31
Dell’Università di Guardia Sanframondi 31
Un Po’ di Storia 34
Preistoria 35
“Ciro” 45
Periodo Sannita 49
Le origini Osche. 52
La Storia raccontata 59
“I Guardiesi parlano ancora osco…” 64
Periodo Longobardo 69
Il Ducato diventa Principato 74
Il “Bicu di Fremondo” diventa “Castellum” 78
Dal Castellum di “Guardia Vecchia”… Al Castellum di: “La Wàrdjia” 86
Luoghi di Miti e Leggende Longobarde 95
I Normanni 110
A.D. 1151 117
Gli Svevi e Gli Angioini … 137
Gli Aragonesi 141
I Carafa, Duchi di Maddaloni e Conti di Cerreto 147
“Guardia delle Sòle” … 150
“L’A.G.P.” e “La Platea” 157
“Il Monte di S. Sebastiano” 167
La Decadenza delle “Sòle” e La fine del “Monte di S. Sebastiano” 176
L’“Asso nella Manica” dei Guardiesi 177
I Frantoi di Guardia Sanframondi dal 1850 e la loro collocazione 179
La Svolta storica 181
Il Periodo Post Unitario 184
Attualità e Curiosità 190
“Riti Settennali” 193
Guardia “Regina della Valle dei Vini Sanniti” 199
“La Valle dei Vitigni Sanniti” 201
La Valle della “Falanghina-Sannio” 205
Dal Sogno… alla Realtà 207
Ringraziamenti 209
Note Bibliografiche 213

Description

QUESTO LIBRO SU GUARDIA SANFRAMONDI

Sono le storie di vita quelle che mi attraggono di più, le storie di quelle persone che vivono nell’ombra, ma che, discrete e forti, danno contributi importanti alla conoscenza e segnano il cammino dell’umanità. L’“incontro” accende la mia curiosità e apre la mente a mille domande, che piano piano catalizzano la mia attenzione e, ancor prima che me ne renda conto, diventano ronzio e poi pensiero. Come quando mi imbatto nella storia di qualche donna straordinaria, una di quelle donne complesse e complete, che, per un’antica e radicata tradizione culturale che le vuole ai margini, finiscono con l’essere troppo spesso dimenticate o addirittura cancellate dalla memoria collettiva. Mi prende allora il desiderio di scoprirne la personalità, di capire il contesto storico nel quale tanta bellezza è scomparsa e come ciò sia potuto accadere. Un battito d’ali di farfalla capace di scatenare un uragano nella mia mente, al punto che lo sforzo di riportarne alla luce la storia diventa scommessa. Comincio ad entrare nella storia lentamente, quasi per gioco, con il mio andare lento, prendendomi il tempo per le verifiche e anche per i ritorni, e a quel punto, mio malgrado, il coinvolgimento è già diventato motore inarrestabile. È quello il momento della penna! All’inizio la figura è evanescente, un‘ombra fuggevole che lentamente comincia a prendere corpo e si materializza come da un sogno, poi, via via che le notizie si aggiungono, quali pennellate di colore al disegno dai tratti leggeri, il quadro si delinea. Così, lentamente, per incanto, la storia diventa leggibile, come l’inchiostro simpatico delle antiche lettere d’amore, quando venivano passate al calore della fiammella. Infine, quando il lungo lavoro si conclude e la spinta emotiva pure, quasi sempre, emerge una figura che mi lascia sorpresa e mi convince che ne è valsa la pena. Questo lavoro dedicato alla ricostruzione della Storia di Guardia Sanframondi è invece un po’ anomalo, così come il modo in cui cominciò. Era una di quelle serate prenatalizie, con l’aria che pizzicottava le guance, ma non ancora fredda; la chiesa di S. Sofia risplendeva della magia delle luci soffuse che allungavano le ombre tra le volte inarcate e le antiche colonne romane. Nel silenzio di respiri trattenuti, risuonavano gli echi di antichissimi canti a cappella, che prendevano corpo sotto quegli archi longobardi e si levavano assottigliandosi in preghiere sublimi, nati lì, ancor prima che nascessero i canti gregoriani. Nella curva della piccola chiesa semicircolare, opposta alla mia, tra i volti noti, quasi sempre gli stessi, di una città di provincia, il sorriso e il cenno di un’amica, che in quel periodo era la Capo Delegazione del Fai di Benevento. Ci salutammo fuori. Il concerto di Canto Beneventano era appena terminato, ma le suggestioni aleggiavano ancora e l’atmosfera incantata tardava a fluire. Nel cicaleggio che sempre segue gli eventi, mi partecipò il desiderio che mi rendessi disponibile alla ricostruzione della storia dei numerosi tesori d’Arte della mia terra d’origine, per metterli in mostra nella vetrina delle “Giornate FAI di Primavera” del 2018. Le dissi subito di sì, come al colpo di fulmine di un innamoramento giovanile. Cominciai a raccogliere le notizie, un po’ per gioco, un po’ per scommessa, un po’ per curiosità. Sulle prime continuavo a mantenere un goliardico atteggiamento di dovere, che oscillava tra l’impegno assunto e una sorta di amore per le radici. Mi sembrava, tuttavia, che tutto questo mi conducesse lontano dalle mie solite passioni, che già si stavano coagulando in un un’altra direzione. Provai a cercare qualche figura femminile di rilievo, che potesse aver contribuito alla realizzazione di tanta bellezza, che però non emerse. Eppure provavo la stessa tensione emotiva di quando mi scattava dentro la molla della curiosità. Continuai a cercare, ma in nessuno dei vari periodi storici, che via via mettevo insieme, emergeva una figura di donna che mi potesse sembrare significativa o che almeno potesse essere ricordata. Tutti i periodi, però, via via che li attraversavo, trasudavano del contributo, intriso di sacrificio, che “l’altra metà del Cielo” aveva offerto silenziosamente alla crescita dell’intera comunità e allo sforzo costante, teso alla tutela delle tradizioni e alla trasmissione della cultura di quella Civiltà, che le donne avevano compiuto. E ho capito! Ho capito che quella Terra era tutte le sue donne e che il racconto di quella “Terra” era quello di tutte le sue donne silenziose, che si incarnavano nella figura femminile più arcaica, quella venerata fin dalle religioni antiche. Era dedicato alla divinità primordiale, il cardine di ogni religione, era dedicato alla donna-femmina e alla sua essenza più potente, alla sua forza generatrice mistica e misteriosa, quella che è all’origine stessa della vita, che genera tutte le forme viventi, che accoglie e che nutre, e con esse si identifica. Era dedicato alla Terra-Madre, alla mia Terra di origine: la “Terra” di Guardia Sanframondi dove sono nata, dove affondano le mie radici, perché da lì traggono origine i miei maggiori. Ho capito che questa ricostruzione storica “doveva” nascere, nel sentimento di riverenza più totale, perché obbediva all’altro sentimento, più atavico, della necessità di recuperare la storia delle origini.
Angela Iacobucci

Dettagli

EAN

9788872970416

ISBN

8872970415

Pagine

112

Autore

Iacobucci

Editore

ABE Napoli,

ABE Torino

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Editorial Review

PRESENTAZIONE

 

Quando la pregiatissima professoressa Iacobucci, per me amica Angela, con la gentilezza che è propria della sua indole, mi chiese se ero disponibile per un lavoro di prefazione al libro di storia di Guardia che stava completando, mi vidi dibattuto tra due pensieri: da una parte emergeva l’amor proprio, suscitato dal grande onore che mi veniva offerto su un piatto d’argento, dall’altra affiorava una non lieve esitazione, dovuta alla preoccupazione di non essere all’altezza dell’arduo compito; ma a rompere gli indugi e a dissipare ogni ombra di dubbio fu una immediata riflessione sui valori e sul significato dell’opera storica, riflessione che avevo letto in un libro di storia locale e che qui riporto nelle sue linee essenziali: “Chi si accinge a scrivere o a collaborare nella stesura di un’opera di storia locale lo fa non soltanto per adempiere a un impegno di studio e di ricerca, ma anche per soddisfare un bisogno interiore, un desiderio di intima benevolenza; il suo è soprattutto atto di amore e di gratitudine, è manifestazione di genuino e tenero attaccamento alla propria terra”. L’affiorare di questo ricordo mi faceva immediatamente capire che ero stato chiamato a dare una mano per una fatica colma di valori e di sentimenti, a cui non si poteva dire di no. E così, eccomi qua, mia cara Angela, a rivangare insieme a te il passato lontano e quello recente di un paese straordinario per la sua bellezza, ma soprattutto singolare per i suoi primati:

Ha visto la presenza dell’uomo già in epoca preistorica sia nella grotta di Pietra Sant’Angelo sia in Contrada Sant’Antuono sia in Località Tre Pietre; Ha subito l’invasione degli Osci, quei Sanniti già noti col nome di Sabini e che, guidati da Sabus, portarono per la prima volta la vite in Europa; Ha sperimentato, passata la baldanza suscitata dalle Forche Caudine, la sottomissione al duro e prepotente dominio di Roma; Ha visto arrampicarsi per la roccia del mastodontico Castello gli agguerriti barbari, affluiti nel Sud dopo la caduta dell’Impero Romano;

Ha raggiunto, con i Sanframondo prima e con i Carafa poi, alti livelli di benessere politico, civile ed economico, collaborando degnamente con le dominazioni dei Normanni, degli Angioini e degli Aragonesi. Da tempi remoti fa parlare di sé in ogni angolo del mondo per le particolari manifestazioni di Fede legate ai Riti Settennali dell’Assunta. È stato, in ogni momento della storia, punto di riferimento per gli abitanti di tutta la Valle Telesina, tanto da essere denominato sempre con l’espressione “La Wàrdja”, in cui quell’articolo “la” vuole semanticamente suggerire indiscutibile posizione di privilegio.

Insomma il nostro è un paese con caratteristiche fuori dal comune e con un passato del tutto particolare. La sua è una storia molto complessa, in cui gli eventi si accavallano spesso in maniera imprevedibile e contraddittoria; perciò, per essere convenientemente interpretati, hanno bisogno di un lavoro di analisi articolata e approfondita, di competenze concrete, che prevedono sviluppate capacità di lettura di documenti, attenzione particolare verso le procedure metodologiche, impegno continuo nel lavoro di comparazione tra i diversi elementi che riguardano il diritto, l’economia, la politica, la religione, la cultura popolare, la lingua. E tu, o Angela, in questo paziente lavoro di indagine e di orditura della tela, ti mostri veramente all’altezza della situazione: reggi e guidi il filo della narrazione con vera maestria, portandoci per mano verso la comprensione dei fatti e degli eventi e facendoci partecipi dei segreti che regolano il cambiamento e l’avvicendarsi delle diverse epoche storiche. In questa analisi così complessa e così piena di sacrifici, grazie a quei sentimenti di amore e di gratitudine a cui ho fatto cenno sopra, ma senza dubbio perché sorretta dall’acribia di studiosa e di ricercatrice, padroneggi la materia e ti senti a tuo agio. Con autorevolezza amalgami il rapporto tra storia generale e storia locale, ben consapevole che tra le due esiste una distinzione solo relativamente ai contenuti, avvalendosi entrambe degli stessi strumenti di ricerca e delle stesse metodologie. Immersa nel tuo racconto e trascinandoci col tuo stile semplice e accattivante:

Ci conduci magicamente in ambienti remoti, là dove sono le radici del nostro essere;

Ci aiuti e ci sproni a conoscere la nostra identità individuale e collettiva;

Ci spingi a diventare consapevoli della diversità dei popoli, diversità pur sempre necessaria, perché senza di essa non possono nascere né il confronto né il dialogo;

Ci aiuti a comprendere che le diverse epoche sono sempre frutto di incontri e di scontri di popoli e civiltà diversi;

Ci abitui al dialogo, alla tolleranza dello straniero, alla collaborazione con le culture degli altri;

Ci educhi a non chiuderci in noi stessi, a saperci confrontare con responsabilità e spirito democratico, a comprendere ed accettare quello che viene da lontano. È questa la somma degli insegnamenti che ci viene offerta dalla Iacobucci “antica maestra”; si compendia in questo la “Scoperta del Borgo Medievale della Terra di Guardia Sanframondi”. E quanto piacevole e affascinante è la narrazione! Il lettore, come in un film, si vede scorrere davanti un passato in cui spesso assumono funzioni di protagonismo bolle pontificie, documenti pubblici e privati, antichi diplomi, controversie fra sovrani o altre autorità politiche, echi di battaglie sanguinose; poi improvvisamente e, fortunatamente, a questi eventi così formali e poco gradevoli si mescolano, amalgamandosi con essi, echi di cultura e di vita popolare; sicché se da un lato ci si presenta un mondo fatto di prepotenza e di protervia, dall’altro si è confortati da una realtà in cui sono artefici e protagonisti ambienti familiari teneri, premurosi, operosi e sereni, che ben compensano il sacrificio, la fatica, il sudore del lavoro quotidiano. Ciò può avvenire, perché tra le linee della narrazione brilla e impera, con tutto il suo vigore, la prestanza e la vivacità della storia locale. Essa, più di quella generale, riesce a convincerci che la storia non è un’arida elencazione di battaglie, di scontri politici, di incontri diplomatici, ma è racconto, analisi e discussione di problemi della vita di ogni giorno, di eventi, che hanno sì il sentore di essere di oggi, ma traggono la loro origine e la loro causa in un passato, a volte molto lontano. È per questo che la storia locale parla un linguaggio più vivo e più attraente. Spesso, intrecciandosi con fatti di carattere generale, rende più interessante la stessa “Storia”, quella che una volta si scriveva con la “S” maiuscola. Con le sue argomentazioni semplici e comprensibili alletta il lettore e lo spinge a ragionare sui fatti e sulle loro cause. Per questo motivo, da alcuni anni a questa parte, a scuola noi insegnanti, nell’organizzare i nostri piani di lavoro, siamo soliti partire sempre dall’analisi del mondo circostante; per questo motivo, il bravo professore di Storia, nel presentare i grandi eventi del passato, si serve anche di testi di storia locale, operando continuamente con lavori di comparazione sulle tradizioni, sulle manifestazioni di fede religiosa, sulle credenze, sugli usi, sui costumi. E quale opera, più di questa che stiamo presentando, ha tutte le carte in regola per entrare nelle scuole e collaborare a testa alta con lo studio della Storia generale? È questo uno dei tanti messaggi importanti che dobbiamo cogliere nel nostro libro; e lo dobbiamo fare non soltanto noi semplici lettori, ma anche e soprattutto coloro i quali operano nel campo della formazione, affinché ben presto il nostro manuale finisca, come corredo scolastico, tra le mani degli studenti della nostra provincia. Con questo augurio mi congedo da voi, cari lettori, non senza però avere prima riverito la nostra autrice con una mia poesiola, molto semplice nel contenuto, ma sicuramente genuina e sentita, perché nata dal cuore di un Guardiese, che, come Angela, ama tanto la nostra terra.

 

 

 

Ad Angela

(Ringraziandola per la sua fatica donata ai Guardiesi)

 

 

Vìšp’e kuntjéntǝ, kòm’a ‘n’aucǝllùccǝ,

Vispo e contento, come un uccellino,

i v’apprǝséntǝ Angjolìna Jakobbùccǝ.

io vi presento Angela Iacobucci.

Lǝ kàrtǝ dìqwǝnǝ ka è Bbǝnǝvǝntàna,

I documenti dicono che è Beneventana,

ma v’assǝkùrǝ: è Wardjòla sàna sàna!

ma vi assicuro: è interamente Guardiese!

Fìglja ‘nkapòtǝka dǝ la Wàrdja Bbélla,

Figlia testarda di Guardia La Bella,

qwàndǝ cǝ vò, sàpǝ fa’ la kapǝzzélla

quando è necessario, sa fare la cocciuta

e, kòm’a ògnǝ màmma wardjòla,

e, come ogni mamma guardiese,

dǝ frònt’a lǝ fatìkǝ zòmpa e vòla.

alla presenza della fatica salta e vola.

 

Pǝ’ ‘na vìta ku passjòn’e tànt’amòrǝ

per una vita con passione e tanto amore

è ffàttǝ škòla a lǝ Superjòrǝ;

ha insegnato alle Superiori;

è škrìttǝ lèbbra addavèr’assàjǝ bbéllǝ,

ha scritto libri davvero assai belli,

cǝrkénn’e fa’ valè lǝ fǝmmǝnéllǝ.

cercando di far valere (i diritti de’) le donne.

 

E mo’, pǝ’ fa’ kuntént’a tànta ggéntǝ,

E ora, per far contenta tanta gente,

a la Wàrdja vòlǝ fa’ ‘nǝ kumplǝméntǝ:

a Guardia vuole fare un regalo:

Ku ssakkrǝfìcj’è škrìttǝ ‘štǝ lǝbbrònǝ,

Con sacrifici ha scritto questo librone,

addò arrakònta Štòrj’e Tradizjònǝ.

Dove racconta Storia e Tradizione.

 

‘Šta Kuccǝlòna nùja rǝnghrazjàmǝ

Questa “Cuccilona” noi ringraziamo

ku tànt’aùrǝjǝ e ku rǝ kòrǝ ‘mmànǝ:

con tanti auguri e col cuore in mano:

Pòzza ‘štǝ lìbbr’avè’ tànta fǝrtùra

Possa questo libro avere tanta fortuna

e pǝ’ lǝ škòlǝ fa’ bbélla fǝghùra!

e per le scuole far bella figura!

 

 

Con affetto e ringraziamenti

 

Silvio Falato