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LA SCENEGGIATA IN OGNI TEMPO – 1990
Dalle origini ottocentesche, si passa all’evoluzione e alla maturità di struttura della sceneggiata degli anni ‘20 e ‘30 e alla stabilità degli anni ‘50. Poi, dopo un periodo d’indifferenza e di declino, si registra il prepotente ritorno negli anni ‘70. Infatti, con la crisi del teatro d’arte, la sceneggiata diventa l’unica forma teatrale napoletana ben rappresentata. Ne è esempio proprio l’anno 1970, dove il cinema domina nelle sale di quelli che oggi sono i teatri Bellini, Augusteo, Diana, Sannazaro, Acacia, Cilea. Per gli amanti del teatro classico, la scelta degli spettatori si riduce ai soli sopravvissuti teatri San Ferdinando e Politeama. Come contropartita, funzionano alla grande i botteghini dei teatri Duemila, La Perla, Italia, Ausonia, Splendore e Bracco, dove è rappresentata la sceneggiata. A questi, l’alternativa per il pubblico si riduce alle piccole sale dove si ascolta la musica e il cabaret, come i teatri Orione, Esse, La Porta Infame, Cantuccio, Margherita.
Partendo proprio dal 1970, la sceneggiata domina e varca pure i confini regionali e nazionali e anche quelli internazionali, approdando oltre oceano dove alcune compagnie quali quelle di Mario Merola e Mario Da Vinci diventano assai popolari, almeno nelle colonie italiane sparse nel mondo. Questo nuovo boom è legato soprattutto alla popolarità dei protagonisti e al loro indiscusso talento, più che al successo della canzone.
In questo caso, la definizione di sceneggiata viene distorta, perché ora non è più la canzone di successo che lancia la sceneggiata, bensì è la stessa sceneggiata che fa conoscere la canzone dalla quale è tratta la trama. Infatti, molte canzoni degli anni ‘70 possiedono una popolarità che è limitata al vicolo e vengono conosciute da una platea nazionale proprio in virtù degli incassi della sceneggiata. Spesso la televisione ospita i beniamini, i quali non propongono la canzone il cui successo è limitato e circoscritto, bensì un quadretto recitato con altri artisti della compagnia tratto proprio dalla sceneggiata che termina con la canzone identità. Ecco che Mario Da Vinci, per interpretare Montevergine (Mamma Schiavona) nella popolare trasmissione Domenica in, è accompagnato da suo figlio Sal e da un nutrito gruppo di attori della sua compagnia che inscenano il disperato pellegrinaggio alla Madonna.
Il declino della sceneggiata, che avviene nella prima metà degli anni ’80, non è attribuibile alla critica e alla stampa che hanno sempre alzato un muro e una forma di ostracismo assai discutibile verso questa forma d’arte, ma agli stessi beniamini che passano ad altri palcoscenici, in particolare al cinema come nei casi di Nino D’Angelo, Carmelo Zappulla e Sal Da Vinci, e anche ad un cambiamento del repertorio musicale con canzoni che cantano l’amore e che non possono più offrire alcuna trama da sceneggiare.
Le nuove leve degli anni ’80, probabili divi della sceneggiata, si ritrovano la strada sbarrata dal famigerato incendio del 1984 del teatro Duemila, tempio incontrastato della sceneggiata, e dall’esplosione del fenomeno del Neapolitan Power che codifica la nuova canzone napoletana, ora più aggiornata ai tempi e alle nuove correnti musicali. Il dramma del vicolo non interessa più e il popolo s’identifica in altri argomenti musicali cantati da Pino Daniele, Eduardo De Crescenzo, Teresa De Sio, Tullio De Piscopo, Enzo Gragnaniello e altri. Anche la quotidianità del popolo semplice, spesso usata nelle canzoni come argomentazione, si avvicina maggiormente al linguaggio di Pino Daniele, il quale racconta in maniera diversa le credenze antiche con Bella ‘mbriana o il disonore di una giovane fanciulla con Gente distratta; al linguaggio di Enzo Gragnaniello che racconta del dramma della prostituzione con Donna o di Teresa De Sio che racconta della nostalgia degli emigranti e dell’abbandono o anche della solitudine con Voglia ‘e turnà e Oilloco.
Esaurito il fenomeno del Neapolitan Power, nella seconda metà degli anni ‘90 esplode quello dei cantanti neomelodici, ma molti di questi nuovi artisti, che non hanno mai visto una sceneggiata se non con occhi da bambini, non sentono l’esigenza di trasformare un loro successo in una commedia teatrale, bensì in un film (come Gigi D’Alessio che gira le pellicole Cient’anne e Annarè o Luciano Caldore che gira Pazzo d’amore e T’amo e t’amerò) o in un musical (come Franco Ricciardi che scrive e recita Core nero).
Nelle ultime due decadi ci sono stati lievi tentativi di riportare la sceneggiata a teatro, in particolare al teatro Trianon, ma le nuove forme teatrali, soprattutto il musical, ne impediscono la diffusione.
Il pubblico preferisce applaudire C’era una volta scugnizzi, Masaniello, Viva Diego, Novecento napoletano, La sciantosa, A me me piace ‘o show, Carosone l’americano di Napoli, ecc. piuttosto che la sceneggiata.
Il ricordo di oggi della sceneggiata è distorto, assai parodiato e pure umiliante, soprattutto per quegli attori che hanno preso parte alle ultime compagnie degli anni ‘80 e che, spesso, per non subire giudizi negativi dall’ambiente teatrale, rinnegano o semplicemente nascondono nel loro curriculum la parentesi della sceneggiata. Saggi, libri o articoli sulla stessa raccontano la sceneggiata con distanza, a volte anche con disprezzo, impedendone il suo recupero nella memoria storica del teatro napoletano.
L’irragionevole è quando si giudica la sceneggiata dal pubblico che l’ha applaudita, come se lo scrittore di turno avesse lavorato al botteghino del teatro Duemila o del Trianon: il ceto sociale del pubblico non dovrebbe essere rappresentativo della storia di un artista o di un genere teatrale e musicale.
La storia riconosce, invece, che oltre ai beniamini della sceneggiata (Eugenio Fumo, Amedeo Girard, Aldo Bruno, la famiglia Di Maio, Salvatore e Tina Cafiero, ecc.), altri superbi attori della storia del teatro e della canzone napoletana (Nino Taranto, Titina De Filippo, Pupella Maggio, Totò, Tina Pica, Isa Danieli, Mirna Doris, Nunzio Gallo, Tecla Scarano, Beniamino Maggio, Sal Da Vinci e molti altri) hanno recitato la sceneggiata senza il timore di essere additati e sempre con lo stesso impegno e professionalità.
Da questo resoconto, il libro Storia della Sceneggiata è diviso in tre parti: quella delle origini, quella della storia della Compagnia Cafiero-Fumo, la formazione che ha rappresentato e fatto conoscere la sceneggiata su tutto il territorio nazionale, e quella del rinnovamento e del boom degli anni ‘70 che coincide anche con la morte della sceneggiata.
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