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PROLOGO DELL’AUTORE
La canzone napoletana è ricca di tanti generi musicali che l’hanno caratterizzata fin dalla sua nascita. Questo studio si occupa della macchietta, un genere che, fin dal periodo dell’industrializzazione della canzone napoletana e dell’avvento del mercato discografico, ha resistito al passare del tempo arrivando fino a noi, anche se con tecniche di scrittura e di composizione completamente diverse. Infatti, nel corso degli anni ha subito una evoluzione a partire dagli anni ‘30 del Novecento quando, grazie ai contributi di Giuseppe Cioffi, la musica diventa protagonista al pari del testo. In questo modo, non sono solo le parole a suscitare ilarità, ma lo è anche la musica spesso più spiritosa del testo stesso. Canzoni quali Dove sta Zazà, Fresca fresca, Isotta, No tu mi ‘a fa fa, ‘Nu poco ‘e sentimento, N’accordo in fa, ‘A casciaforte o Agata ne sono degli esempi.
Un secondo mutamento, che stravolgerà la stessa definizione di macchietta, avviene negli anni ’50; questa volta il cambiamento è nel testo. Mutano i protagonisti che non sono più soggetti caricaturali con mille difetti fisici o con quella bonarietà di carattere spesso confusa con la stupidità (Ciccio Formaggio, Rea confessa, M’aggia curà, In vino veritas), bensì personaggi comuni, semplici uomini e donne, ma con delle idee strambe che divertono per l’eccentricità delle loro trovate e per le loro aspirazioni. Ecco allora che nascono canzoni quali ‘A sunnambula con la bella Carmela che s’inventa di essere sonnambula per raggiungere il suo fidanzato, o Tu vuò fa’ l’americano con il giovane scugnizzo napoletano che si atteggia a yankee, o ancora Cummare e ccummarelle con il casanova del quartiere che, adulato da tante donne, viene fregato da Stella che invece sceglie il convento, o ancora Torero con Don Ciccio il toreador napoletano dall’aria trasandata e dal fisico caduto. Questo tipo di canzone arriva fino ai tempi più recenti con il giovane innamorato di Fortuna Robustelli che diventa il Braccio di Ferro dei poveri, o con il marito assonnato di Federico Salvatore che detesta il suo neonato che non lo lascia dormire in Ninna nanna.
Queste canzoni, molto allegre, dal ritmo orecchiabile e spesso travolgente, proprio perché non fanno più ridere sbeffeggiando come nelle macchiette, ma procurarono semplici sorrisi o comunque il buon umore, sono state definite “canzoni umoristiche”, definizione lanciata da Roberto Murolo quando, nel 1971, incise il doppio album L’umorismo della canzone napoletana moderna. Il popolare cantante-chitarrista raccolse in un disco canzoni comiche dal 1930 al 1948 e, nell’altro, brani dal 1951 al 1965. Quest’operazione, molto valida, col tempo è diventata un po’ fuorviante in quanto farebbe intendere che esiste un confine tra le canzoni di Ferdinando Russo o di Pasquale Cinquegrana e quelle di Gigi Pisano o di Arturo Gigliati che delimita due generi, quello della macchietta e quello della canzone umoristica.
Ma se fosse così, allora il genere della canzone umoristica sarebbe nato, più o meno, nello stesso periodo della macchietta perché le canzoni di Armando Gill (E allora?, Beatrice, La donna al volante, Villeggiatura a Capri), soprattutto nel testo, rientrerebbero nelle canzoni umoristiche, in quanto i protagonisti non sono degli imbruttiti, ridicoli, analfabeti o goffi, bensì personaggi comuni dalle idee strampalate, identici a quelli cantati da Carosone, da Marsiglia o da Fierro.
In conclusione, la canzone umoristica non è altro che l’evoluzione della macchietta ed entrambe appartengono all’unico genere che è quello della canzone comica napoletana.
Una valida definizione della macchietta la offre Ettore De Mura nella sua Enciclopedia della Canzone Napoletana. Secondo lo storico la macchietta s’inquadra nel genere comico, ove sentimenti e atteggiamenti sono presentati di volta in volta, con spunti umoristici, satirici, ridicoli, ironici, grotteschi, arguti e scherzosi. Il suo scopo è di provocare il riso, o almeno un sorriso. La macchietta mette in primo piano un tipo (personaggio) e cerca il più possibile di ritrarne, deformandoli, i lati apparentemente comici, così come il vero artista della matita da un solo tratto caratteristico della figura che ha preso in oggetto, ricava una ben riuscita caricatura alterando, in piccolo o in grande, i punti che più sollecitamente lo hanno colpito.
La musica della macchietta non ha un ritmo particolare perché la sua funzione è di far da sottofondo alla mimica del macchiettista.
Alla superba definizione di Ettore De Mura, si associa quelle dei suoi massimi esponenti del genere musicale, ossia Nicola Maldacea e Ferdinando Russo. Entrambi, infatti, in periodi diversi, ne hanno parlato, ricordando il tempo e il modo di come sia nata e di come abbia trionfato in tutti i teatri della Penisola.
Ferdinando Russo, autore di tantissime celebri macchiette, parla di questo genere musicale in un articolo intitolato Piedigrotta di Oggi, pubblicato sul quotidiano La Tribuna di martedì 18 agosto 1925:
— «Or sono molti anni, dall’inizio della sua carriera di dicitore, Nicola Maldacea canticchiava con singolare espressione, le canzoni del tempo, “Lariulà”, “Oilì-Oilà” ed altre; ma non tutte, per mancanza quasi assoluta d’un volume – e direi meglio: d’un volumetto – di voce, poteva egli rendere con quella mirabile efficacia che lo ha fatto diventare celebre.
– Le canzoni, sia pure bene scelte e adattate alla vostra piccola voce, non sono per voi, gli dicevo una sera, dopo il suo debutto, che fu nondimento una rivelazione, al “Salone Margherita”, voi avete bisogno di un repertorio speciale, fatto di cose che non siano la vera e propria canzone.
– E gli spiegai in che cosa consistesse questo repertorio; e per la prima volta gli parlai della “macchietta”. La “macchietta” era, per me che l’avevo ideata, una canzonetta appena cantata e un po’ sussurrata, che serbando tutto il carattere napoletano, doveva delineare tipi, non sospirare d’amore; e questi tipi, curiosi, comici, o grotteschi, dovevano essere scrupolosamente interpretati.
Maldacea questo poteva farlo prodigiosamente. Ed avrebbe così dato un nuovo genere di composizione, più importante della canzone perché di contenuto psicologico, e appena bisognevole di un tenue commento musicale che non superasse il suono della voce, sì da lasciare emergere, in tutta la espressione più efficace e sostanziale, la qualità singolare del dicitore, cioè la incarnazione, presentata al pubblico, di un tipo della vita.
– E chi me le farebbe queste macchiette?
– Io.
Così sorsero le primissime macchiette: “L’Elegante”, “Pozzo fa ’o prevete? “, “Il Cantastorie”, “Il Madro”, “Il Pompiere del teatro”, “Il Cicerone” e tante altre. E il nuovo genere fu subito imitato perché accolto ed accettato, come una rivelazione, con entusiasmo indimenticabile. E durò un bel pezzo; poi, caduto in mano dei soliti guastamestieri, si andò deformando, senza logica, fino a degenerare in isconcezze e volgarità che non avevano alcuna ragione di essere».
Nicola Maldacea parla di questo genere musicale nel 14° capitolo del libro Memorie di Maldacea, intitolato La macchietta:
— «Più che un vero e proprio canzonettista, io ero un attore che cantava, e alla mia qualità di attore tenevo moltissimo. Invece di cantare, invece di accentuare il motivo, consideravo la musica un accompagnamento alle parole, un commento; e mi preoccupavo di dire, colorire, rendendo il “tipo” il meglio che potessi.
Non a caso ho adoperato la parola “colorire”. Come il pittore, come il disegnatore, come un artista figurativo, mi ripromettevo di dare al mio pubblico una impressione immediata, schizzando il tipo, segnandolo rapidamente, rendendone i tratti salienti. Da ciò l’origine della parola “macchietta”, che è propria dell’arte figurativa: schizzo frettoloso, che renda con poche pennellate un luogo o una persona, in modo da darne una impressione efficace, con la massima spontaneità.
Con la macchietta satirica volli io portare sulle scene del teatro di varietà una specie di impressionismo artistico, che aveva avuto origine tra le quinte del teatro di prosa. Al fianco di Gennaro Pantalena, maestro insigne, io m’ero già adoperato a dare risalto a taluna figuretta, tentando di renderne il carattere. La garbata musica di accompagnamento, per ciò, non mi dava fastidio, poi che non sorvechiava le parole. Era anzi un opportuno commento, utile a colorire le intenzioni del poeta; non motivi per i versi, ma garbate argute caricature musicali che si aggiungevano alle caricature del poeta. Io, attore, mi avvalevo per le mie interpretazioni dell’opera del poeta e di quella del musicista; e davo ad essi il mio personale contributo perché la fusione artistica fosse completa, possibilmente perfetta.
Ho il dovere di dichiarare che i primi a darmi valido aiuto furono Ferdinando Russo e Vincenzo Valente, quello poeta arguto facile e spontaneo, questo perfetto musicista-commentatore, dalla vena sempre felice….
L’Autore
Sabato Cuttrera –
I DIVI DELLA CANZONE COMICA 1900 2000
Dedicato all’indimenticabile Franco Fedele
INDICE
1. Leo Brandi
2. Berardo Cantalamessa
3. Renato Carosone
4. Gaspare Castagna
5. Gustavo De Marco
6. Gegè Di Giacomo
7. Enigma
8. Farfariello
9. Mimì Ferrari
10. Aurelio Fierro
11. Pietro Fioravanti
12. Fregolino
13. Arturo Gigliati
14. Armando Gill
15. Ciro Gino
16. Beniamino Maggio
17. Nicola Maldacea
18. Gino Maringola
19. Vittorio Marsiglia
20. Carmine Mazza
21. Anonimo Napoletano
22. Adolfo Narciso
23. Gigi Pisano
24. Agostino Riccio
25. Federico Salvatore
26. Vincenzo Scarpetta
27. Alberto Selly
28. Gianni Simioli
29. Tony Tammaro
30. Aldo Tarantino
31. Nino Taranto
32. Frank Tellina
33. Totò
34. Peppino Villani
35. Bob Vinci
36. Raffaele Viviani