SIBILLA DEI MEDANIA DI ACERRA. La sposa di Re Tancredi di Lecce – EAN 9788872971062

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Copertina posteriore

LA FIGLIA ALBIRIA, PADRONA DI LECCE, EREDITATA DAI SANSEVERINO

Stando alla tradizione storiografica, morto Ruggero de Medania, la contea di Acerra, passò al fratello Riccardo verso il 1170, zio materno della giovane Sibilla, promessa sposa di Tancredi conte di Lecce. Il francescano Tommaso da Pavia detto Tosco, che scrisse una cronaca fino al 1269 assorbita dal Villani, disse di Sibilla che veniva descritta come donna di straordinaria bellezza, tenuta in disparte dalla politica, molto dedita alla vita di palazzo e alla famiglia, dando alla luce Ruggero e Guglielmo, e tre figlie femmine, Albiria, Costanza e Medania.principale nemico del marito.

La morte della Regina Sibilla, secondo il necrologio del monastero leccese dei Ss. Niccolò e Cataldo, avvenne il 27 marzo.
L’anno parrebbe il 1204 o il 1205, visto che fino al marzo del 1204 i notai leccesi datarono gli atti secondo gli anni di Contea di Sibilla, mentre a partire dal settembre dell’anno successivo furono indicati gli anni dall’insediamento di Albiria.
Dunque non perse tempo la figlia che, forte dell’eredità del padre Tancredi, si risposò subito dopo la morte della Regina, nel 1205, con Giacomo che era Conte di Tricarico.
Andava così ad allerasi con colui che divenne il generale degli Svevi per l’intero Giustizierato regionale, Giacomo Sanseverino, rafforzando il potere del nuovo marito.
Nel mentre, a Lecce, sarebbe tornato il Conte Roberto, detto dei Visconti, dal suo diciottesimo anno fino alla morte, quando vi ritornò nuovamente Albiria Altavilla, da moglie di Giacomo di Tricarico.
Fu ella a tenere il titolo di Contessa di Lecce, come attestano alcuni documenti, fra il 1212 e il 1215, quindi ufficialmente anche dopo l’arrivo a Palermo di Federico II nel 1208.
Secondo alcuni Albiria si risposò ancora nel 1213, con il conte palatino Tegrimo di Modigliana, al seguito del quale abbandonò la contea di Lecce, intorno al 1215, per trasferirsi in Toscana, dove morì intorno al 1231.
La seconda figlia di Sibilla e Tancredi, Costanza, sposò il doge di Venezia Pietro Ziani, rimasto vedovo della prima moglie nel 1221.
L’ultima nata, Medania, che compare con il titolo di Contessa nel 1253, fece testamento al nipote Marco Ziani l’11 giugno 1256 e morì a Venezia qualche mese dopo.

Per certo la vedova Albiria, forte dell’eredità, si risposò dopo il 1205, con Giacomo di Tricarico
In questi 10 anni, la figlia del distrutto Re Tancredi e di Sibilla, nel nome del vincitore Federico II, Re nominale dal 1197, continuò la sua vita nelle braccia di un generale nemico, Giacomo di Tricarico. La sua discendenza si sarebbe comunque estinta in Serino, feudo sempre di Giacomo di Tricarico, benchè, paradossalmente, col marito continuasse quella degli avi del padre Tancredi, in quanto discendeva per parte del nonno dai Casertani tricaricensi oltre che, per parte di nonna, dai Franchi di Retville.
Giacomo di Tricarico, Signore di Serino, era figlio a Ruggiero II Tricarico (1147-1189) fu Roberto Sanseverino Conte di Caserta (1119-1183) marito di Domina Claritia Sarracena di Castello Serenum (erede di Simone DeTuille, o Tivilla m.1158), figlio di Radulfo di Castelfranchi, altrimenti detto Raone Retville, originario titolare della Contea di Boviano Nova fondata in Civitate Sepini (o Serini).
Una interessante descrizione topografica della metà del XII secolo, descrive la Valle del Monte Serico come un incrocio di almeno quattro vie: una andava nella Murgia Alta di Gravina, una quae venit ab Acheruntia per Genzano e Banzi; verso Sud si raggiungeva Montepeloso da una parte, intercettando la via que venit a Spinacciola ad casale Cervaricium, dall’altra, dopo aver lasciato l’Appia, fra Minervino e Altamura. Lo faceva non prima di aver incrociato la via venusina e la via que tendit versus Florentia, a dimostrazione dell’intenso via vai creatosi fra Barletta e Altamura, Venosa e Acerenza.66
Tutti i territori pugliesi, ai primi del 1200, con l’istituzione del giudice Demetrio e del castellano Giovanni, responsabile della costruenda rocca, come di prassi, vengono ormai regolarmente censiti, sia essi di proprietà della Chiesa, dello Stato o dei privati.
Alcuni di essi sono riportati nelle pergamene della «Santa Chiesa degli Armeni», parlandosi di una cessione di terre, la cui proprietà venne a cambiare con l’istituzione del Castellano, che ne dimostrò, verso l’abbazia precedente, la presa di possesso per nome e per conto del nuovo signore, che era il generale capuano Giacomo Sanseverino, assegnato alla provincia ducale dell’Apulia, in quanto nominato Giustiziario del Giustizierato, ma già Conte di Tricarico.
Il Giacomo Sanseverino che affida il demanio di Forenza a Giovanni è lo stesso che vuole la nascita di Santa Maria degli Armeni, disegnata sulla carta dal genitore conquistatore della provincia, Ruggiero Sanseverino, e attuata dal figlio.
Lui è il comandante generale a far data dal 1200 che fa costruire la chiesa, ponendo residenza a Tricarico-Matera, fulcro della sua contea, città da cui si dipanano le Terre demaniali affidati ai vari giudici e castellani.
Egli la dota di beni terrieri affidati in patronato, cioè assegnati ad una sorta di confraternita legata all’immagine mariana venerata dagli Armeni che provvederà a fruttificarli.
Il Conte di Tricarico del documento, scrive Cuozzo, “apparteneva alla famiglia dei Sanseverino del ramo di Caserta, il cui capostipite si fa risalire a Roberto senior Lauri, nominato conte di Caserta dopo il 1150; per primo il figlio di questi Ruggiero ottenne il titolo di Conte di Tricarico e di giustiziere di Puglie e di Terra di Lavoro, di cui il figlio Giacomo si fregia nell’incrementare la dotazione della chiesa di Santa Maria degli Armeni”. Giacomo Sanseverino, signore e domino, cioè proprietario di questi feudi, è l’unico referente del suo demanio comitale che ha commissariato ai precedenti signori che avevano forse sede in Acerenza o Venosa. Ora comanda Giacomo, anzi, un suo castellano lo fa per lui, il milite Giovanni, inviato da Tricarico per impiantare la piccola corte locale in Forenza. I suoi uomini sono gli stessi che scorrono le Terre circostanti e affidano beni in suo nome, nel territorio diventato di giurisdizione propria, cioè nei tenimenti di Forenza, Turbia, S.Clerici, Albano e Tricarico, che rappresenterebbero l’intera contea federiciana.
Secondo alcuni, a continuare a sedersi in Lecce, fu il Conte Roberto, detto dei Visconti fino alla morte, quando vi tornò Albiria, divenuta nel mentre moglie di Giacomo di Tricarico….

Description

SIBILLA,

LA SORELLA DI RICCARDO DE MEDAUNIA

Sibilla di Medania, sorella di Riccardo di Acerra, nota anche come Sibilla di Acerra (Acerra, 1153 – 1205), fu designata a regina consorte di Sicilia.
Figlia di Rainaldo d’Aquino, signore di Roccasecca, e di Cecilia de Medania, secondo tradizione, Sibilla nacque ad Acerra, luogo da cui prese il nomignolo, poco dopo il 1150, anche se non v’è alcun documento che possa provarlo.
Di certo fu della progenie dei discendenti possessori di Aquino, Pontecorvo e la Val Comino. Nonno paterno fu Landone IV, ultimo conte di Aquino, privato del feudo dall’imperatore Lotario II del Sacro Romano Impero, unitamente al titolo comitale a favore dell’abbazia di Montecassino, ridimensionando il potere della famiglia. Riottenuto qualche feudo la famiglia aveva riconquistato il titolo comitale e una posizione di prestigio alla corte degli Altavilla, grazie ad un’accorta politica matrimoniale.
Gli Aquino si imparentarono con i nobili dei Medania, da qui lo sposalizio tra i genitori di Sibilla e Riccardo: Rainaldo d’Aquino e Cecilia di Medania, figlia di Roberto di Medania, nobile giunto in Italia meridionale durante il regno di Ruggero II di Sicilia (1130 – 1154), dal 1150 conte di Buonalbergo, e poi conte di Acerra. Titoli ereditati dal figlio Ruggero di Medania, che però morì senza eredi nel 1167, lasciando tutto al nipote Riccardo d’Aquino, figlio di sua sorella Cecilia, che aveva generato anche Sibilla. Ma non è escluso che Sibilla, non ereditiera, fosse però orfana di Ruggiero e quindi accolta dalla zia Sibilla a 14 anni, essendo ella stessa nota come Sibilla di Medania o di Acerra (1153-1205).
Secondo altri Sibilla fu addirittura nipote di Cecilia, perché figlia a Riccardo.
Altri ancora parlano solo di un Conte di Acerra, come il Morelli, senza dire se fosse Riccardo o Roberto….

premessa storica

l’ascesa del futuro marito

1. Ruggero è Re, con Benevento resta solo Lecce
2. Guglielmo II scippa Terre: è diocesi ad Ostuni
3. Omaggio di Cassino e Benevento a Re Malo
4. Margherita tutela Re Guglielmo II Buono
5. S.Giovanni in Lecce già fondata da Accardo
6. Tancredi fu Duca Rogero III fu Re Ruggero II
7. Da Conte di Lecce a Re nel 1190

sibilla dei medania sposa del re

— Sorella a Riccardo d’Acerra dei D’Aquino-Medania
— Sibilla sposa regia con cinque figli
— La designazione a consorte del Re di Sicilia
— Aprutino e Bertoldo si ribellano a Riccardo
— Enrico se ne va, Costanza prigioniera a Salerno
— La nemica della Regina non muore, la salva il Re

CAPITOLO II

i sovrani traditi dal papa

— L’ex Conte di Lecce conquista terre e fiducia
— Tancredi respinge Enrico: Napoli lo ama
— L’erede Ruggieri sposa Irene e libera Costanza
— Costanza sfugge alla prigionìa
— Margaritone assale Pisani e imperiali a C. Mare
— Ruggiero di Avellino prova a difendere Salerno

3.

sibilla imprigiona costanza

— Ruggero III sposa Irene, Albiria va al Brienne
— La morte del figlio e del marito fatto Re
— Re Tancredi lascia Guglielmo III senza corona
— I Templari richiamano l’Imperatore nel Regno
— L’invasione di Enrico VI

4.

costanza imprigiona sibilla

— Gli svevi prendono Napoli, Salerno e la Sicilia
— La fuga dei reali nel castello di Caltabellotta
— Il tranello dell’accordo in cambio di Lecce
— La Regina Costanza reggente dell’Imperatore
— I nemici rinnegano Lecce a Sibilla spodestata
— Guglielmo in Germania, invaso lo stato del papa

5.

la fuga in francia: regno aLLA CHIESA

— Sibilla in Francia, il Papa sposa Irene al nemico
— La vedova Irene risposata all’erede svevo
— Federico II è Re: fallita congiura pro Giordano
— L’uccisione del fratello Riccardo di Acerra
— Morte del crudele Enrico VI nel 1197
— Papalini a Taranto, Lecce, Avellino, Benevento
— Lecce ai Brienne, eredi del Re di Gerusalemme

6.

il ritorno a lecce: esilio da contessa

— Sibilla riconosciuta erede di Lecce e Taranto
— La figlia Albiria sposa Gualteri III Brienne di Lecce
— Diopoldo attacca Castel Terracena di Salerno
— La Regina muore, una figlia sposa il Generale
— Albiria porta l’eredità ai Sanseverino di Tricarico

7.

lecce metropoli e capo della puglia

— Il ritorno di Costanza voluto dai Templari
— Il patronato delle confraternite: le preture
— Ai Sanseverino il potere che fu degli Altavilla
— Lecce a capo della regione sotto Federico II

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Editorial Review

LE BASI PER UNA STORIA SUI BRIENNE, EREDI DEL RE DI GERUSALEMME

 

Dopo la liberazione, la vedova di Tancredi cercò rifugio e protezione nella Francia di Filippo II Augusto e, tra la fine del 1199 e i primi mesi del 1200, fece sposare la sua figlia maggiore, Albiria, con il conte Gualtieri di Brienne.
A dire dello storico Marciano, «in questo tempo essendo morto il Duca di Atene senza figliuoli, successe nello stato di Sibilla, moglie di esso Tancredi, il quale ritorno al suo contado di Lecce, e per soddisfare al voto altese all'edificazione della detta chiesa di S. Niccolò e Cataldo; e fattovi anche un suntuosissimo monistero, lo dotò di molti beni, v'introdusse per servigio di essa chiesa i monaci dell'ordine Cassinese, ed ollenne da Papa Lucio III l'esenzione dal Vescovo, come si legge ne' privilegi spediti in Grecia a due di ottobre del 1181 col titolo e la sottoscrizione», riferendosi al monastero che il Conte Tancredi figlio del fu Duca Rogero III, e quindi non del Re, aveva fatto edificare.
Così l’atto: — In nomine Dei aeterni, et Salvatoris nostri Jesu Christi.
Anno Domini Incarnationis 1181 regni vero Domini nostri Guglielmi Dei gratia magnificentissimi regis Siciliae Ducatus Apuliae et principatus Capuae, anno XIV die 2 mensis septembris Indictione XIV.
Ego Tancredus Comes, Domini Ducis Rogerii beatae memoriae filius, hoc concedo et confirmo ad Dei laudem.

Nella porta maggiore della chiesa alcuni autori hanno visto e trascritto i versi su essa incisi.
Questa è l’incisione:
— Haec in carne sita, qua labitur irrita vita,
Consule dives, ita ne sit pro carne sopita.
Vitae Tancredus Comes aeternum sibi foedus
Firmat in his donis ditans haec templa colonis
Anno milleno centeno bisquadrageno
Quo patuit mundo Christus sub rege secundo
Guglielmus Magnus Comes Tancredus et Agnus
Nomine, quem legit, Nicolai templa peregit.

Dice lo storico aragonese che «i monaci di S.Benedetto detti di Monte Oliveto stanno oggi in questo monistero, donato loro dal Re Ferdinando I di Aragona dopo di aver ricevuta la città di Otranto da' Turchi ed introdottavi quella famosissima fiera dell'Annunciazione addì 25 di marzo, la quale prima facevasi presso il monistero di S. Maria di Cerrate, edificato dal medesimo Tancredi miglia sette lontano della città di Lecce. Essendo morto il Re Guglielmo il Buono in Sicilia l'anno 1188, ed avendo col suo testamento dichiaralo erede dell'uda e dell'altra Sicilia il Conte Tancredi, questo avendo presa la possessione dei regni, ed acclamato re da' Siciliani, gli si oppose il Pontefice Clemente III con dire che quel regno era ricaduto alla Sede Apostolica per essere morto quel re senza legittimi successori. Scrive Guglielmo Podio che si disputò allora quel punto in Palermo avanti le tre potenze del Regno, ed in virtù della dichiarazione falta dal Duca Ruggiero, padre di esso Tancredi, prima che morisse, e per altre ragioni apportate fu conchiuso essere il Conte Tancredi legiltimo successore del Regno, senza avere avuta considerazione alcuna all'opposizione fatta dal Pontefice, e che subito per pubblico parlamento fu accellato per legittimo Re esso Tancredi»....