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LE POESIE DEL PROFESSORE
Essere uomo e scrittore. Due identità virtuose di curiosità e conoscenza; ma anche due universi buoni a creare distanze e confluenze. Insomma due essenze possibili di intrecci e respiri per un idem sentire, che a noi assicura chiarezza di voce.
È questo il profilo d’insieme – sociale, umano e letterario – che ci consegna la figura di Luigi Mainolfi, intellettuale e politico militante che tanto ha dato alla causa irpina e meridionale. E che dal suo osservatorio privilegiato e responsabile, mai stanco o anemico, continua a dare. Pagine e testimonianze che, ravvivate dagli ideali del socialismo, si innervano nei suoi principi, vertebre e lacerti di giustizia e libertà.
Mainolfi, compagno di vita onesta e coraggiosa, ha percorso gli anni difficili dell’Irpinia, dalle miserie del secondo dopoguerra alle sfide politico-economiche della ricostruzione post-sismica fino alle inquietudini del nostro tempo, ormai orfano di buonsenso, indolente e disamorato del bene comune; testimone ed interprete di realtà ed accadimenti ci fornisce analisi puntuali e lucide oltre il politically correct, incredibile filtro che nell’attualità predilige la forma più che la sostanza.
Consideriamo il Nostro uno degli ultimi “utopisti o visionari” come formazione, capace di incarnare “le proposte di Saint-Simon, Owen, Fourier e Proudhon” e dei Padri del socialismo italiano; e che sa rifiutare, con spirito critico, conformismi, assuefazioni, servilismi; e che, infine, riesce ad esercitare secondo gli indirizzi di Rossi-Doria – frequenti i riferimenti al maestro – la politica del mestiere (missione per Mainolfi) al mestiere della politica. Dopo la stagione del saggio Meridione e meridionali (ABE, 2021), un libro di analisi e verità meritevole di maggiore fortuna, restano sempre vivi e cogenti gli articoli di Nuovo Meridionalismo, i corsivi e le preziose Lettere al direttore del blog dell’Avanti! (www.avantionline.it).
Qui ha saputo trasferire la sua visione, un intreccio di nuovo umanesimo e geopolitica, sempre più necessari per comprendere una società glocal e global. Tali spinte, che si coniugano con linee e fatti esperienziali, forniscono coordinate e sistemi di prassi e risultati (best practice). Oggi, poi, abbiamo una svolta, una scelta di campo aggiuntivo. Mainolfi si affida alla poesia e ai suoi accenti, sicuro che a salvarci non basterà solo la “bellezza” e il suo vagheggiamento. Egli assorbe dal pensiero desanctisiano la funzione del poeta che “dovendo egli essere il rappresentante de’ suoi tempi, dee far per modo che in lui sia personificata la società” (G.Bianco, Francesco De Sanctis, Guida, Napoli 2009).
Così si interroga tra dubbi, desideri e svelamenti: Dove sono i poeti? / Chiusi / in una serra / con terra inaridita. / Nessuno / li deve ascoltare.
L’interrogativo diventa ancor più insistente e macerante alla ricerca di aderenze e coralità: Poeti, pittori, persone oneste, quale sbarramento e deterrente ai temporali di parole, al grande profluvio odierno, autoreferenziale: un bailamme di luoghi comuni per corse di affari, mentre vecchie e nuove povertà segnano le umane vicende. Insomma una poesia di prossimità al consesso degli uomini, cenacolo di mensa e dialogo contro dissimulazioni, disuguaglianze e ipocrisie.
Abbiamo una scrittura che sa amalgamare appartenenza, attraversamenti e pulsioni. Una poesia né astratta né consolatoria, talvolta inquieta, che sa raccordare gramscianamente – con un linguaggio aperto – la sintesi di passato e presente tra conflitti, tendenze e mutazioni. E che, per converso, disdegna l’appiattimento, i trasformismi, le morte parole. Ad incoraggiarla resta l’animosa cosciente volontà (ed eresia) – saldezza di cuore e mente – che osserva, filtra e invoglia fino a (in)sorgere, perché Ho lottato / per lasciarti / un mondo migliore e Il mio DNA è la libertà.
Ma anche una poesia a più facce, ricca di aforismi, epigrammatica, talvolta grazia di délicatesse d’une mélodie, viva di impeti e trasalimenti, di virtù e virtuosismi, avendo come cardine una certezza: la gentilezza / rende deboli / le corazze / e le trapassa.
Vi leggiamo di tutto, dal Meridione con i suoi braccianti, cafoni con l’ansia di emanciparsi – risucchiati / nelle sacrestie / cloroformizzanti dopo conti, baroni e padroni lestofanti – ancora seduti sul ciglio di un burrone. / E stanno aspettando; la lunga congiunzione che va dal servilismo antico agli innocenti attuali, agli immutabili strascichi di bibbia domestica tra incertezze di fuga e forza di resilienza: Da ragazzo, / fui figlio di emigrante. / Da adulto, / sono padre di emigrante; una serie di gradazioni e distanze da un mondo fragile alle sue apparenze, a una società liquida e alle sue contraddizioni: Dovrebbe essere / facile nuotare. / Scogli e vortici, / ingannatori, / invece, / ti feriscono / o ti inghiottiscono; una scienza e la sua rete: da Internet strumento alle fluenti sorgenti del sapere perché con Ungaretti Pasolini, Malik / Paul Valery e Borges, / Weiwei e Leopardi. / Non mi annoio.
Speculare si rivela la fonte/natura. In sintesi c’è un mondo complesso, sospeso, identitario, green per passeggiare tra i borghi antichi. Qui Ogni arco è / un certificato di nascita e possiamo raccogliervi cenere, saponi, odori, il bacio (un tempo destinataria la madre, ora la sua immagine), i giornali da leggere, i teatri, la musica, cose che non fanno andare indietro ma fanno volare. Lo stile lapidario, talvolta tagliente o corrosivo, sa caratterizzarsi per incidere graffiti di memorie contigue alle nuvole / e più vicino al cielo e alle stelle – anche la luna è partecipe di quelle atmosfere possibili di usanze antiche – e che nel presente vede il Nostro in altra pratica e vendemmia: pigne/pagine turgide e acini/versi piccoli e succosi, nella dicotomia male e bene, ignoranza e sapienza, loglio e grano.
Mainolfi, un laico che coltiva principi umani e cristiani, persegue in fraternità L’amore, l’amicizia, / l’affetto, la solidarietà / e il credere / vanno coltivati / con la danza / del dubbio con la fede, ben consapevole che il mostro – accidente, volontario, diabolico, necessitato – è sempre in agguato e si nasconde / tra le macchine, / negli algoritmi / e nella carità tra ombre, spettri e angoli bui.
C’è di più: amore e adesione agli uomini si materializzano nei fiori che amano la libertà e la simboleggiano. Ecco una risposta alla società che li uccide e culla / le foglie marce, alimentando tra realtà e metafore la perpetuazione di giungla e deserto. Tra ponti e steccati, la storia insegna che il nostro destino è quello di vivere, combattere e resistere. Partigiani di continua (r)esistenza. Compagna la poesia, voce, grido ed eco nella vita degli uomini.
G. Iuliano
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