Margarita. Margherita d’Angiò di Durazzo. (I parte ) Il matrimonio col Duca

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LA CACCIATA DI GIOVANNA, L’INSEDIAMENTO DI MARGHERITA

Il 1 settembre 1381, al porto di Napoli, sbarcarono Angeluccio di Rosarno e il conte di Caserta con dieci galee provenienti da Marsiglia zeppe di soldati provenzali, giunti in soccorso della Regina. Carlo convinse Giovanna di avvisarli che non era tenuta prigioniera e non era maltrattata e che, anzi, come madre adottiva del Re non solo voleva lasciargli il Regno, ma anche il Contado di Provenza, per cui sarebbe stato meglio scendere da quelle fortezze per fare omaggio a Re Carlo in persona.
Ma quando i provenzali giunsero a Castelnuovo trovarono la Regina in lacrime. Ella rammentò loro i 39 anni di benefici fatti per la Provenza, per cui si sarebbe aspettata maggiore diligenza nel momento del bisogno, ristretta e ridotta a mangiare cibi vilissimi per vivere. Altro che omaggio! Ora gli comandava di non ricevere mai Carlo III per signore, neppure se vedessero una carta da lei firmata, testamento compreso, perché sarebbe falso, essendo sua intenzione renderli vassalli di Luigi d’Angiò, secondogenito del Re di Francia, fatto erede di tutti i suoi stati, al quale avrebbero poi giurarono fedeltà per sé e per i suoi eredi.
Così l’autore: — Recatisi costoro da lei, ella, nel cuor sempreppiù contra Carlo sdegnata, insinuò ad essi, che non lo avessero giammai per loro Signore riconosciuto, ancorché vedessero qualche sua scrittura d’instituzione in erede; ma che obbedissero mai sempre al Duca di Angiò in tutti i suoi Stati. Partiti i Provenzali, Carlo scorgendo la Regina sempre più impieghevole ai suoi voleri, cominciò a trattarla da prigioniera. Dopo varie astiose restrizioni mandolla nel Castello di Muro, ed egli restò da Re in Napoli, bene accolto da tutti, temuto e rispettato.54
Margherita, intanto, prendeva posto sul trono. Ora era lei, la Regina.

Description


La vera Regina, III^ Duchessa di tal nome, si chiamó Margarita,
della quale l’omonima Imperatrice di Costantinopoli fu zia acquisita e poi suocera.
Nacque nella capitale regia, dal grembo della Principessa Maria I di Napoli quando impalmó il terzogenito dei Durazzo:
Carlo II Duca, il Capitano di Napoli.
Restò orfana nell’eccidio del 1348 e sposó prima Carlo III Duca, figlio dell’Imperatrice
e del fu Roberto II dei duchi di Durazzo.
Da vedova, generata Giovanna II futura sovrana, diede la sua mano al Principe Carlo fu Luigi Durazzo, cugino, cognato vedovo di Maria II, e III Re di Napoli.
E’ la Regina Margherita (28 luglio 1347 – 6 agosto 1412), senza più mariti; ora prigioniera, ora fuggitiva.
Immersa nello scisma, quella che visse e conobbe il peggio del Trecento napoletano, come tutti i Durazzo.
C’è lei alle spalle del figlio, quando il reame raggiunse le porte di Perugia.
Margarita d’Angiò dei Durazzo fu una Regina di ferro. E questa è la sua storia.

Recensioni

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    Arturo Bascetta

    A richiesta di un amico giornalista di Caserta vi spiego chi era Raimondo del Balzo di Cerignola, gonfaloniere del Papa con sede a Casaluce, titolare delle contee di Avellino e Conza, che fece ereditare al figlio della sorella, Nicola Orsini

    Nel 1370, il Papa, indebolito dalle conquiste di Angioini e Catalani, persa Roma e fuggito ad Avignone, cominciò a ricostruire a distanza il patrimonio di San Pietro conteso dai baroni verso i vescovi.
    La guerra, il terremoto e la peste, susseguitisi in quegli anni, avevano allontanato Napoli dall’Isola di Sicilia, ora nel possesso di Ferdinando IV d’Aragona, al quale la stessa Giovanna I aveva dato assenso per sposare la Regina Maria Antonia (1372), figlia di Francesco del Balzo Duca d’Andria, avendogli venduto la Trinacria, rinata come reame separato da Napoli.1
    Con Giovanna I sempre più vicina a Luigi d’Angiò di Provenza, il partito catalano aveva alimentato la causa dei siciliani, di confluire nel Regno di Trinacria, ma stimolando anche molti baroni delle due parti continentali di Sicilia Ultra, napoletana, e di Sicilia Citra Italia pugliese, a passare con o «maiolicari» di Maiorca.2
    Il generale Francesco del Balzo fece addirittura ereditare il Principato di Taranto al figlio Giacomo avuto dall’Imperatrice, e poi lo condusse nell’orbita della figlia, sovrana di Catania, sottraendolo così dalle grinfie della Regina.
    Il Principe di Taranto, viceré di Napoli, perdeva la vicaria ancora prima di viverla, costringendo i generali napoletani a ripristinare il Duceto di Venosa nelle mani del potentissimo Raimondo del Balzo, per tentare di riacquistare i feudi persi. Proprio il matrimonio col Re di Trinacria, riconosciuto dal Papa, scatenò la rottura definitiva dei del Balzo con la Regina Giovanna I d’Angiò, sebbene fosse stata lei a vendere l’isola di Sicilia al nemico catalano di Maiorca e perfino a benedire le sue nozze.3
    Maria e Giacomo erano figli all’ex comandante Francesco dei Del Balzo dei Duchi d’Andria, nipote del Papa e del suo gonfaloniere aversano, il Gran Camerario e segretario reale, Raimondo I Del Balzo, l’unico della famiglia che mai voltò le spalle alla Regina.
    Zio Raimondo I del Balzo, contestabile regio e gonfaloniere del Papa di Roma, quello con sede ad Aversa, era stato Conte di Avellino (1343), ma a suo tempo aveva acquisito e conquistato molti feudi in nome della Regina Giovanna I. Raimondo, che secondo alcuni sarebbe morto il 5 agosto 1375, aveva sposato in prime nozze Margherita d’Aquino, e in seconde nozze Isabella d’Eppes, o d’Apia, o Lecce che sia, impalmata nel gennaio del 1337, senza mai separarsi. Un atto trascritto da Louis Barthelemy lega la figura del condottiero più potente del reame anche ad altri feudi pugliesi, come S.Pietro in Galatina, e alla città di Lucera (1340). Venti anni dopo lo ritroviamo riposare nel castello papalino di Casaluce di Aversa. L’unico documento di riferimento è una lettera di Urbano V del 1362, che costituisce un termine certo ante quem.4
    Così: — Raimundo de Baucio, comiti Soleti, licentia datur fundandi monasterium in castro ejus, sub vocabulo s.Marie de Casalucio, in dioc. Aversan.5
    A questa notizia se ne potrebbe aggiungere un’altra di Donato da Siderno, dettagliata ma non verificabile, che parla dell’acquisto da parte di Raimondo del feudo di Casaluce nel 1359.6
    Sulla lastra di morte Raimondo viene detto Gran Camerarius, titolo del 1352, associando lo stemma dei del Balzo all’antica leggenda di Baldassarre e della stella che guidò i Magi, ma scesa in Italia con Carlo d’Angiò. Patria comune per gli avi francesi della moglie Isabella d’Apia, infilati nella storia da tal Giovanni d’Apia. Perciò Raimondo mantenne, attraverso la carica di cui era insignito, il ruolo di uomo di guerra al servizio della Corona, e mai ne fu nemico, avendo sofferto la dipartita di ben quattro figli, morti in giovane età.7
    Stando alla tradizione, appena scoccato il nuovo anno, nel 1373, Zio Raimondo I, il Signor Vecchio, e di santissima vita, passò anch’egli all’altro mondo (nipote di Carlo II d’Angiò per parte di madre), sepolto in S.Chiara.
    Di certo l’affresco del tabernacolo di Casaluce fu eseguito quando Raimondo era anziano, idem il sepolcro napoletano di s.Chiara, con dettagli simili. Giovan Battista Carrafa afferma che per la sua morte la Regina ne prese dolor infinito, affidando l’ufficio di Gran Camerlengo a Giacomo Arcuccio da Capri.8
    Certo è che fu un uomo ricco e prudente, originario di Cerignola e di molte altre Terre, ma non di carattere come il Duca d’Andria, il quale, a furia di agitarsi, si ritrovò sempre più solo.
    In realtà tutto peggiorò alla morte di un altro grande, l’Imperatore di Costantinopoli Filippo, fratello dell’erede Margherita di Taranto, matrigna di Carlo III, con molta fretta nuovamente sposa di Francesco del Balzo. La qual cosa turbò la sovrana che in merito all’eredità del primo ministro Raimondo del Balzo, dilecto filio nobili viro Raymundo de Baucio militi Soleti Regni Sicilie Cameriario, mutatis mutandis, diede ordine agli eredi ufficiali, e non ad altri, di cambiare le cose da cambiare.
    Raimondo del Balzo, finito per diventare potentissimo, con il favore del Papa di cui era conquistatore gonfaloniere del Patrimonio di San Pietro, rimasto senza figli, non aveva fatto testamento a beneficio di Francesco, ma di Nicola Orsini, figlio della sorella Sveva detta Sibilla vedova di Roberto Orsini.
    Lui era stato un buono, come quella volta che, presa Galatina (1355), donò i privilegi alla città, poi confermati nella proprietà proprio dall’erede Nicola Orsini, nel 1375, stando a quelle pergamene, quando, da Comite ereditario di Soleto, dispensò grazie alla stregua dei predecessori, divenendo perfino patrizio romano, allorquando il pontefice cambiò nuovamente sede e tornò da Avignone a Roma.
    Con la dipartita del Signore Vecchio, però, oltre che a Nicola Orsini, anche a Giovanni del Balzo furono restituite dal vescovo di Benevento, su ordine dell’allora vivente congiunto Filippo del Balzo Imperatore di Costantinopoli, almeno la Contea di Civitate Avellino e la Contea di Civitate Conzana, almeno è ciò che risulta a far data dal 1372, a pace di Avignone avvenuta, quando gli stati dei due conti finiranno nella provincia delle Terre Beneventane.
    L’eredità di Raimondo del Balzo di Cerignola, che secondo alcuni perì almeno tre anni prima, nel 1372 (o nel 1370 per il sepolcro comune e postumo), proprio per essere stato un buono amato da tutti, fu causa di troppe discordie nei due, tre anni successivi alla sua dipartita.9
    In fondo, di lui, non restava che una prece, nella settima cappella di sinistra della basilica di S.Chiara a Napoli, avendo lasciato per sempre il più comodo Castello di Casaluce di Aversa, sede storica dei generali conquistatori della Chiesa di Roma, così come lo era Venosa per quello dei dux gonfalonieri che dipendevano dagli antipapi.10

    [tratto dal libro: A.Bascetta-S.Cuttrera, Margarita. Margherita d’Angiò dei Durazzo, 12^Regine di Napoli, ABE Napoli, 2020]

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Editorial Review

DA DUCHESSINA DI DURAZZO A REGINA DI NAPOLI

 

E pensare che Carlo aveva atteso invano di vedersi riconosciuto erede, al pari di un reale, visto che per tutti era già vicario. Solo per questo, a suo tempo, in combutta coi fratelli, aveva cercato di detronizzare la Regina.
Lo aveva fatto forse sperando di sedervi un giorno la sua dolce Principessa Maria I di Napoli (1328-1366), in luogo della sorella Giovanna I, lasciata sola sul trono da quella santa donna di Sancia, favorendo l’espansione dei fratelli sulle coste.
Fu proprio la vecchia sovrana dei Castelli di Castiglia ad avvertire i Napoletani dell’inutilità di insediare un reale, perché la Signorìa, come ripeteva la buon’anima del suo Roberto, era di proprietà del ramo primogenito ungherese.
Ma al novello papà non fu consentita altra gioia, se non quella di diventare principe consorte, ricavandoci ben poco dal nuovo matrimonio con Maria, impalmata 5 anni prima del fattaccio, il 21 aprile 1343, se non la promessa di darle subito un figlio.
Solo che vennero altre due femmine: la duchessina primogenita Maria II di Calabria (1344-1367), Margherita III Durazzo (1347-1412), e, omonimie a parte, anche un’altra Agnese e un’altra Giovanna.
Il Duca Carlo II e Maria II, avrebbero potuto ottenere molto di più con due figlie femmine, contando che il fratello Roberto II, avesse generato un altro Carlo, in aggiunta alla brutta idea di aver fatto uccidere Andrea d’Ungheria (1327-1345), allo scopo di poter poi creare diversi matrimoni e togliere il Sud dall’infelice condizione in cui versava, di consolato ungherese. Ne era seguito lo scompiglio generale, arrivando i ribelli a far accusare la Regina del sangue versato, facendole perdendo la titolarità del Regno che stava costruendo, retrocesso nuovamente a Signorìa, poi riconquistato pezzo-pezzo dal nuovo marito, Luigi di Taranto, espressione del terzo ramo dei d’Angiò.
Intanto lei nacque, il 28 luglio 1347, e le fu posto nome Marghita, la III di tal nome tramandato dai Durazzo. Secondo alcuni venne alla luce in Provenza, dove la corte napoletana si era rifugiata per evitare la collera del Re d’Ungheria, ma in realtà per tutti fu Margherita, la figlia della principessa Maria di Napoli. E poiché il padre era pur sempre l’erede del Ducato, non poté che essere chiamata Margherita, la Duchessina di Durazzo.