GIOVANNA D’ARAGONA (I, II, III parte). Juana la Triste, III parte: LA LUOGOTENENTE DI FERRO

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Copertina posteriore

La «Recuperazione»: Le Regine tristi si imbarcano per le isole

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Regno fu quindi nelle mani del primogenito di Alfonso II, Ferdinando II di Napoli detto Ferrandino (1469-1496), sebbene già si erano visti gli scarsi risultati alla guida dell’Esercito Napoletano di Romagna proprio per fronteggiare la calata di Carlo.
Lasciata Napoli Re Ferrante II corse ai ripari a Capua che in gran segreto trattava col Re di Francia. Fallito quindi il tentativo di difendere Capua, tornò a Napoli, radunando i signori e rassicurandoli dell’aiuto, convincendoli a tenere il freno almeno per dieci giorni, dicendo che volesser considerare del regno la ruina, e lui innocente era del tutto (non riguardo a’ primi soi parenti). Egli cum lacrime parlava e con gran doglia che ognun facea presente lacrimare pensando che dieci o venti giorni non avrebbero fatto differenza. Intanto, alcuni del partito angioino, tanti imbrogli escogitarono che alla fine fecero entrare Carlo VIII in Napoli, spianando la strada al Re di Francia il 22 febbraio e omne preghera fo vana a non tenerse per una sera.
E così, Re Ferdinando, non potendo affrontare il nemico, quel poco che possette de robe afferra, tutto il restante le fo sacchegiato; scontento, afflitto assai ultra mesura, a Isca andao col Principe de Altamura.76

La Regina di Napoli era spaesata. Tutto era precipitato in meno di un paio anni. Lei, Giovanna la Vecchia, figlia del Re d’Aragona e sorella del Re di Spagna, doveva farsi i bagagli. Ma così fu. Preparate le cose di prima necessità, l’argenteria di famiglia e qualche vestito di raso, uscì anch’ella da Castelnuovo accompagnata dalla giovanissima figlia, la Principessina Giovannella. Ferrandino le imbarcò sulle piccole galee dello zio Don Federico, Principe d’Altamura, con il maggiordomo Isidoro Caravita. Da qui iniziò il breve viaggio per l’isola d’Ischia. Per trenta miglia il Re non fece altro che ripetere ad alta voce il salmo 126, mentre la metropoli del Regno si allontanava all’orizzonte. Riteneva vano, fra sé e il mare, il custodire una città dove non c’è Dio a custodirla.
Diceva Ferrandino: — Nisi Dominus custodierit civitatem, frustra vigilat qui custodit eam!

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La Regina è luogotenente: Giovannella vittima di stupro?

Fin dalla morte di Re Ferrante, la Regina sembrava essersi allontanata dalla corte. Non intervenne alla incoronazione di Alfonso, né alle nozze di Donna Sancia e Gioffré Borgia, gioia del pontefice. Ma da quando Alfonso II dovette tenere a bada oltre che i confini del Regno, anche quelli dello stato pontificio, Giovanna tornò ad essere luogotenente generale di Napoli. Restare da sola nella capitale non era mai stato un problema per la Regina, ma stavolta non mancarono episodi spiacevoli a corte. Un tristo accidente, per esempio, fu quello occorso alla principessa Giovanna ad opera di un dignitario: el caso successo inter li ministri de la serenissima regina.

Una lettera inviata da Sulmona il 5 luglio 1494 da Alfonso al Conte di Alife svela di come ne ha percosso il core et l’anima et tanto più, essendoce adiuncto etiam el respectu de la serenissima infante nostra sorella carissima. De tale percosse possite existimare se ne havimo dato et damo affanno con intima amaritudine quel che sia è de actendere al remedio lo più che se po’ et al reparare con ordine et discretione.
Ma qual è il caso successo a cui accenna il Re nella missiva inviata al Conte? Egli vorrebbe che la matrigna e la sorellastra con poche persone et più sicure et più lontane da suspecto, che poterà et parerà e specie il alcune stanze del Paradiso. Si profilava addirittura l’idea di allontanare da Napoli i colpevoli in modo da avere sfrunnata la casa con questi modi de appartamento: così anderà con più riposo de animo e con la casa più netta et aliena de suspicione.46
Alfonso intendeva mettere in guardia la Regina suggerendo un suo allontanamento, quantunque lo ritenesse necessario, ricordandole però di provvedere al vettovagliamento dell’esercito, inviando il massimo possibile di grano e biscotto anche all’armata del Principe Federico, così sfortunato in quel di Portovenere e scarsamente sostenuto dai Fiorentini. L’anziana luogotenente dovette obbligare i marinai disertori a far ritorno ognuno sulle proprie navi, dopo il bon pensiero suggerito dal Re circa le tratte de victuarie del reame, con cui la invitava a tenere a bada i feudatari dando esempio a chi in avvenire potesse ribellarsi.

 

 

 

 

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Editorial Review

 Il nemico lascia beni a Juana che va a Messina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il nome di Ferrante II, voluto dalla Regina Giovanna per continuare la stirpe napoletana dei Catalani, non era piaciuto a Ferdinando di Spagna.
Certo è che il 14 marzo 1495 la Regina Juana, in nome dei suoi beni dotali e in qualità di Infanta d’Aragona, scriveva all’Università di Sulmona avvisandolo che il Re di Francia le avesse riconfermato le sue città e Terre per le quali aveva nominato Alfonso Sanchez suo auditore generale, affidando a Michele d’Afflitto la delega per la riscossione delle entrate.
Così la Regina: — Havendoce lo Christianissimo sig. Re de Francza reservate et lassate tutte le città, terre et lochi de nostra camera che le tengano integralmente como per li tempi passati.100
Riuscì invece vano al Principe Federico di far lasciare al nipote Re Ferrandino almeno una parte del Regno. Comunque, in quello stesso marzo, la Regina Giovanna, la figlia e Federico si imbarcarono per Messina, dov’era ancorata la flotta spagnola, dopo aver sostato a Lipari, citata in una lettera di Ferrandino a Gallipoli invitata a restargli fedele, da dove ripartirono il 13 giungendo a Messina nel giorno di Pasqua, come ricorderà il Re, il 3 maggio, nella lettera ai gallipolitani.
Così Re Ferrandino: — Fuimo ricevuti con tanto onore che all’entrare delli serenissimi re e regina di Castiglia non se le avria possuto dare majore.
Così, mentre Giovanna e Federico intanto avevano già riabiato contro Francisi i Siciliani, Ferrandino sbarcava a Tropea, coi pescatori in festa, che lo accompagnarono fino a Missicino nell’avanzata per il regno che sperava di riconquistare.
I malumori dei baroni che si erano visti assegnare tutte le maggiori cariche del Regno solo a cavalieri francesi, gli ridavano anche la speranza. Anche i feudi erano stati ridati agli ex sostenitori Angioini, i cui padri se li erano visti confiscare dal fu Re Alfonso I. Le stesse terre della Regina furono reincamerate dal demanio il 1 luglio 1495.
Così il Re: — Speramo de facile conseguire, sì per la terra stare affamata, come ancora per la parte, che avimo dentro; et appresso potemo andare in gran paese, perché ne semo aspettati con grandissimo desiderio per li mali trattamenti hanno ricevuto da Francisi et Zingari.101
Il 20 marzo 1495, grazie al Principe Antonello dei Sanseverino, il Re di Francia ebbe il castello dalle sue mani in cambio di 4000 ducati. Per come si diceva erano i soldi che gli aveva promesso l’ex Re Alfonso II per la dote della moglie, ma per non aver avuto ‘cofini e zappe’ si era arreso, mentre l’artiglieria francese bombardava Gaeta con l’appoggio di tutti gli ambasciatori italiani.
Il 21 marzo fu portato il vescovo in piazza per consacrare ai cristiani la sinagoga dei Giudei a cui fu messo titolo di s.Maria de la Grazia portandovi i santi e celebrando messa, mentre i giudei si rifugiavano inc asa dei cristiani amici per non essere ammazzati. Quei 5 che si rifugiarono da Pierri Sambiasi furono scoperti e si lanciarono in un pozzo per non diventare cristiani e il capofamiglia cadde sul corpo della moglie e non morì annegato e, pentendosi fu recuperato ma il figlio, cascando, lo accecò per non morire, ma il giudeo ricordandosi di un coltello che aveva addosso perdonò la morte al figlio per campare esso che fu l’unico che quelli della casa riuscirono a salvare.