LO SCOPPIO DI POZZUOLI: TRIPERGOLA E SANTO SPIRITO INGHIOTTITI DAL MONTE NUOVO ISBN 9788872973790

In offerta!

39,00 29,00


Copertina posteriore
Categoria:

La scossa del 1538 annunciata dalla profezia

Il terremoto che colpirà Pozzuoli, in realtà, aveva già dato i primi segnali, delle avvisaglie, la mattina del Sabato Santo, in quel di Napoli, come raccontano i cronisti.
«Hora venendo l’anno 1538, et appripinquata la primavera stando le brigate la matina del sabato santo à gl’offici divini, et li sacerdoti legendo le profetie, venne all’improvviso un tal terremoto che sì per far cadere le chiese, e l’altri edifici, però che fu validissimo, et estraordinario.
E e durò assai talché lasciati l’officio divini tutti spaventati se ne uscirno fuora de le chiese, e fu pericolo, che molti premendo l’uni à l’altro per la fretta non s’affocassero alle porte nell’uscire.
Il che da savij fu per presago de futuri mali interpretati, onde le brigate remasero sbigottitei, e di mala voglia.
Ne questo solo terremoto fu quello anno, perciò che venendo l’estate continui terremoti travagliorno Napoli, e Pozzuoli cossì lo giorno, come la notte, e massime nell’intrar del’autunno, in modo che molti per tema, che le case non cadessero a loro à dosso, dormivano per le piaze, e ne li campi.
Ma come il sole entrò ne la libra, li terremoti furno più spessi e finalmente la sera precedente alla Festa di San Michele Arcangelo, e per dir meglio di San Gennaro, verso le due ore di notte, se sentì un valido terremoto, al quale seguì un gran tuono, come de molte bombarde sparate insieme, ne sapendi che rumore fusse quello, uscirono a le piazze le genti domandando l’un l’altro che cosa fusse.
Ma non sterro molto in questo dubio, che furno chiariti da poveri pezzolani, che con le loro dobbe e figlioli a Napoli se ne fugivano, ma d’una continua pioggia de cenere, che fu tutta quella notte, e s’intese come sopra il Lago Lucrino, che Trepergola se dice, un tempo, era emersa una voragine, che haveva sollevata la terra a guisa d’un colle in alto e dindi apertasi, di sopra, haveva fatto quel tronitro, con haver mandato fuori fiamme di foco, e calliginosi nubbli di cenere, e pietre arse, e ch’il mare di quel lido s’era per molti passi retirato a dietro, perche quel spirito vehemente, e solfureo, che haveva tanto tempo scossa la terra passando per li luoghi cavernosi, bituminosi, e sulfure sotto la terra, e fatto perciò potente, et impetuoso, non havendo esito tale, che havesse possuto senza far altro molini esalare, ansò la terra in alto, e fe quella voragine, mandando fuori con eimpiti, sassi, fiamme, cenere, e caligine, che à guisa d’un gran arco celeste miccante de fiamme e faville s’alsava denso, e caliginoso, e volava per l’aria con continuo corso verso Levante.
La mattina sequente se vidde un spettacolo non men miserabile, che orribile, però che li monti, li colli, pianure, e le strade de la region de Napoli e di Pozzuoli tutte coverte di cenere se viddero, e cossì tutti li tetti delle chiese, e case, li giardini de Posilipo, e di Chiaja, e le belle massarie, e giardini di Fuor Grotta delle ceneri coperti guasti, e rovinati se vedevano, et li belli aranci, e piante belle sozze, brutte et inceneriti, gl’uccelli che per l’aria volando al fugir attendevano dalla cenere impedriti et uccisi avanti li piedi delle persone di là, et di cqua cadevano.
Durò questo terribile accidenti molti, e molti giorni sì che spaventate le gente, non ardivano pur d’alzar l’occhi al Cielo temendo prossima rovina, onde ad espiare le colpe, e li peccati, et a placar l’ira del sommo Dio li sacerdoti col gran concorso de huomini, de donne, et verginelle scalze, et scapillate hor questo, et hor quel tempio in processione visitavano con le lacrime all’occhi, pregando il Signore Dio che lor usasse misericordia, et invocando li Santi à loro intercessori per agiuti confessando che a li loro peccati questo è magior flagello se conveniva, e di non essere esauditi, ma si ben d’esser puniti, e castigati»

presentazione d’autore di Gianni Race †
introduzione al testo di Andreana Illiano

premessa storica
i bagni puteolani del vicerè toledo

1. Prorex nel Regno di Napoli di Re Carlo V
2. Le coste invase dai Turchi, Napoli dai ladri
3. Toledo cura e lavora: Pozzuoli quartier generale
4. La scossa del 1538 annunciata dalla profezia
5. I continui flagelli dei teologi temuti per anni

capitolo i
pozzuoli prima e dopo il terremoto

— C’era una volta il fiume caldo che lambiva il lago
— L’eruzione del Monte Nuovo studiata nei secoli
— I cronisti coevi che descrissero l’eruzione
— Un fatto mai accaduto a memoria d’uomo
— Il racconto a freddo del fatto sedimentato
— Il Viceré Toledo abbandona le case puteolane
— Ma Don Pedro bonifica paludi e acquitrini

capitolo ii
la lettera di porzio al vicere’

— L’informativa di Porzio per il Palazzo Reale
— Lo storico descrive i fatti, ma non i particolari
— Le discussioni seguite a quella lettera
— Le versioni italiane differiscono da quella in latino

capitolo iii
la descrizione del Delli Falconi

— Il fatto raccontato dall’arguto forestiero
— Dedicato alla Marchesa di Padula e Bellizzi Irpino
— Il racconto breve indirizzato alla corte salernitana
— Le diverse versioni a stampa circolate all’epoca
capitolo iv
castello e s.spirito sotto la lava

— La Nuova Montagna chiamata Montenuovo
— La Chiesa del Santo Spirito inghiottita dallla lava
— Sotto le pomici finì anche il Castello di Tripergola

capitolo v
il sunto chiarificativo del gibelin

— Le opere a stampa si diffondono in Europa
— L’eruzione del Monte Nuovo è caso da studiare

capitolo vi
la copia inedita e la missiva al papa

— La scarsa importanza agli eventi data dai cronisti
— Un mistero che affascinò anche il Pontefice
— Le meraviglie napoletane raccontate a Roma

note bibliografiche

Description

PRESENTAZIONE D’AUTORE

DI GIANNI RACE †

Osservarlo e ascoltarlo, già la prima volta, fu un tutt’uno e conseguenza del fatto rivelatorio. Un fluire incandescente di pensieri, sillabe, frasi e parole il manifestarsi del logos; come immaginavo avvenisse sotto i portici dell’Accademia di Atene, tra allievi frenetici e solenni cattedratici maestri. Come avveniva per le frequentazioni nel foro, da parte d’indomabili giureconsulti o di stupefacenti curiosi, arrivando ad rostra, estasiati davanti ad epigoni di un Cicerone o di un Ortensio e anche di Antonio Oratore. Fiammeggiare di perifrasi e splendore di metafore, con metonimie d’anguille viscide, similitudini lunghe come di treni, carichi di alabastri.
Il divenire dei metri sui piedi della poesia, mutata in musica da miti viventi di arpe d’avorio o tube celestiali: scrivere per ogni artista della penna d’oca o di computer è un disco verde verso infiniti azzurri, spalancati da occhi viperini. La dolcezza di una chitarra, in mano a Garcia Lorca, un calendario sfogliato da Leopardi. Per Arturo Bascetta è dare ascolto alla voce di dentro, alla tarantola che gli rode le visceri. Un ineludibile comandamento dello spirito. Non so dove gli derivi, ma certamente Arturo ha la scorza dello storico. Presumo ambiziosamente la vocazione l’abbia colto, in qualche stellata pausa serale del suo soggiorno nei campi Flegrei, dove Virgilio è di casa, ma anche Omero è un fantasma di sogni ellenici. A sentire Croce, però, lo storico locale non ha bisogno d’ispirazione, nè di modelli. E’. Come Iddio e come la Musa Clio. Arturo dell’amore per i suoi paesi di montagne innevate o aspre rocce, di monconi e moncherini d’alberi, di capre lanose e di lupi accesi nel buio profondo delle notti ululanti, ne ha fatto una religione.
Incanta con le sue argomentazioni, Arturo. Non solo bravo giornalista, testardo nel servire la sua devozione di pennaiolo che butta sudore e stenti per realizzarsi, ma anche storico e scrittore brillante.
Non era nato a fare lo storico, vi dirà. Invece, sa di spacciare bugie. Egli è uno storico, da mandare in brodo di giuggiole anche il più asettico lettore, il meno influenzabile editore. Storico locale, urliamolo con Croce. Cioè vero storico. Gli altri ci guarderanno e ci commiseranno? Non lo credo. Perché il grande Frodoto incominciò con i logoi, che recitava, tutto compito e partecipe, ad Atene, finì con il diventare il massimo degli storici, insieme a Tucidide. Quest’ultimo più scrittore o narratore, meno storico/geografo/militare come l’autore delle lunghe battaglie di popoli di Ellade e di Asia, e dell’invasione persiana. Io, qualcosa, vorrei dirla per contrastare Arturo; “che ce lo troviamo dappertutto?” Per quanto riguarda però l’età moderna, ad andare a spulciare registri e documenti, Arturo Bascetta è capace di strabiliare, è veramente un folletto imprendibile.

Pozzuoli, 1995
Gianni Race †
Umanista e Storico dei Campi Flegrei

Introduzione al testo
di Andreana Illiano

C’è chi ama la storia e non smette di cercare e dalla storia non cerca solo le tracce, linee rette di eventi scontati, ma i segreti più nascosti, attraverso i documenti meno noti.
E’ questo l’approccio del testo, assolutamente innovativo sulla storia di Pozzuoli. E Arturo Bascetta, giornalista, scrittore e storico, la storia la ama, al punto tale da raccontarla in maniera così appassionata che chi legge vede ciò che le parole allineate sul testo raccontano.
Lo «Scoppio di Pozzuoli» che narra di Monte Nuovo è ciò che, più di tutto, dovrebbe restare nella memoria delle generazioni future. Oggi più che mai. Di bradisismo e terremoti la terra flegrea è afflitta, da sempre, tenta di imparare a conviverci, ma poi dimentica. Anche per questo leggere di cronache del Cinquecento è istruttivo e induce a riflettere, come se non avessimo imparato nulla o comunque poco, da allora.
L’attualità di questo testo è straordinaria. Il terremoto di Pozzuoli, si legge nel testo «mostrò agli occhi del mondo che tutto può accadere all’improvviso, anche l’imprevedibile», si dirà che oggi non è imprevedibile, abbiamo sismografi, studiosi, addirittura l’Intelligenza Artificiale che pare predire il futuro, come un tempo le leggende. Di certo sappiamo ben poco e, come allora, non si conosce la portata di ciò che sarà, se mai avverrà, l’evento tellurico.
Leggere questo libro, dalle parole ricercate e preziose, è in fondo un viaggio nel passato che fa della storia la linea maestra; per non dimenticare e per insegnare quanto la caducità della vita sia l’unica certezza che ci resta.

Pozzuoli, 2024
Andreana Illiano
Giornalista Professionista
Caposervizio Edicola del Sud

Recensioni

Recensioni

Non ci sono ancora recensioni.

Only logged in customers who have purchased this product may leave a review.

Editorial Review

LE PARTI DI CUI SI COMPONE L'OPERA

La scossa del 1538 annunciata dalla profezia

Il terremoto che colpirà Pozzuoli, in realtà, aveva già dato i primi segnali, delle avvisaglie, la mattina del Sabato Santo, in quel di Napoli, come raccontano i cronisti.
«Hora venendo l’anno 1538, et appripinquata la primavera stando le brigate la matina del sabato santo à gl’offici divini, et li sacerdoti legendo le profetie, venne all’improvviso un tal terremoto che sì per far cadere le chiese, e l’altri edifici, però che fu validissimo, et estraordinario.
E e durò assai talché lasciati l’officio divini tutti spaventati se ne uscirno fuora de le chiese, e fu pericolo, che molti premendo l’uni à l’altro per la fretta non s’affocassero alle porte nell’uscire.
Il che da savij fu per presago de futuri mali interpretati, onde le brigate remasero sbigottitei, e di mala voglia.
Ne questo solo terremoto fu quello anno, perciò che venendo l’estate continui terremoti travagliorno Napoli, e Pozzuoli cossì lo giorno, come la notte, e massime nell’intrar del’autunno, in modo che molti per tema, che le case non cadessero a loro à dosso, dormivano per le piaze, e ne li campi.
Ma come il sole entrò ne la libra, li terremoti furno più spessi e finalmente la sera precedente alla Festa di San Michele Arcangelo, e per dir meglio di San Gennaro, verso le due ore di notte, se sentì un valido terremoto, al quale seguì un gran tuono, come de molte bombarde sparate insieme, ne sapendi che rumore fusse quello, uscirono a le piazze le genti domandando l’un l’altro che cosa fusse.
Ma non sterro molto in questo dubio, che furno chiariti da poveri pezzolani, che con le loro dobbe e figlioli a Napoli se ne fugivano, ma d’una continua pioggia de cenere, che fu tutta quella notte, e s’intese come sopra il Lago Lucrino, che Trepergola se dice, un tempo, era emersa una voragine, che haveva sollevata la terra a guisa d’un colle in alto e dindi apertasi, di sopra, haveva fatto quel tronitro, con haver mandato fuori fiamme di foco, e calliginosi nubbli di cenere, e pietre arse, e ch’il mare di quel lido s’era per molti passi retirato a dietro, perche quel spirito vehemente, e solfureo, che haveva tanto tempo scossa la terra passando per li luoghi cavernosi, bituminosi, e sulfure sotto la terra, e fatto perciò potente, et impetuoso, non havendo esito tale, che havesse possuto senza far altro molini esalare, ansò la terra in alto, e fe quella voragine, mandando fuori con eimpiti, sassi, fiamme, cenere, e caligine, che à guisa d’un gran arco celeste miccante de fiamme e faville s’alsava denso, e caliginoso, e volava per l’aria con continuo corso verso Levante.
La mattina sequente se vidde un spettacolo non men miserabile, che orribile, però che li monti, li colli, pianure, e le strade de la region de Napoli e di Pozzuoli tutte coverte di cenere se viddero, e cossì tutti li tetti delle chiese, e case, li giardini de Posilipo, e di Chiaja, e le belle massarie, e giardini di Fuor Grotta delle ceneri coperti guasti, e rovinati se vedevano, et li belli aranci, e piante belle sozze, brutte et inceneriti, gl’uccelli che per l’aria volando al fugir attendevano dalla cenere impedriti et uccisi avanti li piedi delle persone di là, et di cqua cadevano.
Durò questo terribile accidenti molti, e molti giorni sì che spaventate le gente, non ardivano pur d’alzar l’occhi al Cielo temendo prossima rovina, onde ad espiare le colpe, e li peccati, et a placar l’ira del sommo Dio li sacerdoti col gran concorso de huomini, de donne, et verginelle scalze, et scapillate hor questo, et hor quel tempio in processione visitavano con le lacrime all’occhi, pregando il Signore Dio che lor usasse misericordia, et invocando li Santi à loro intercessori per agiuti confessando che a li loro peccati questo è magior flagello se conveniva, e di non essere esauditi, ma si ben d’esser puniti, e castigati»

presentazione d’autore di Gianni Race †
introduzione al testo di Andreana Illiano

premessa storica
i bagni puteolani del vicerè toledo

1. Prorex nel Regno di Napoli di Re Carlo V
2. Le coste invase dai Turchi, Napoli dai ladri
3. Toledo cura e lavora: Pozzuoli quartier generale
4. La scossa del 1538 annunciata dalla profezia
5. I continui flagelli dei teologi temuti per anni

capitolo i
pozzuoli prima e dopo il terremoto

— C’era una volta il fiume caldo che lambiva il lago
— L’eruzione del Monte Nuovo studiata nei secoli
— I cronisti coevi che descrissero l’eruzione
— Un fatto mai accaduto a memoria d’uomo
— Il racconto a freddo del fatto sedimentato
— Il Viceré Toledo abbandona le case puteolane
— Ma Don Pedro bonifica paludi e acquitrini

capitolo ii
la lettera di porzio al vicere’

— L’informativa di Porzio per il Palazzo Reale
— Lo storico descrive i fatti, ma non i particolari
— Le discussioni seguite a quella lettera
— Le versioni italiane differiscono da quella in latino

capitolo iii
la descrizione del Delli Falconi

— Il fatto raccontato dall’arguto forestiero
— Dedicato alla Marchesa di Padula e Bellizzi Irpino
— Il racconto breve indirizzato alla corte salernitana
— Le diverse versioni a stampa circolate all’epoca
capitolo iv
castello e s.spirito sotto la lava

— La Nuova Montagna chiamata Montenuovo
— La Chiesa del Santo Spirito inghiottita dallla lava
— Sotto le pomici finì anche il Castello di Tripergola

capitolo v
il sunto chiarificativo del gibelin

— Le opere a stampa si diffondono in Europa
— L’eruzione del Monte Nuovo è caso da studiare

capitolo vi
la copia inedita e la missiva al papa

— La scarsa importanza agli eventi data dai cronisti
— Un mistero che affascinò anche il Pontefice
— Le meraviglie napoletane raccontate a Roma

note bibliografiche