60. FAIBANO DI NOLA NEL 1754 (II parte di Camposano)

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Copertina posteriore

L’imposizione del Catasto Onciario 

Con l’ascesa al trono del Regno di Napoli di Carlo III Borbone, divenuto Re col titolo di Carlo I, fu ordinato (1741) a tutte le Universitas di stilare un catasto diverso, il Catasto Onciario, una sorta di inventario dei beni posseduti in quel Comune, in base al quale bisognava pagare le tasse.
Il Catasto Onciario viene studiato per molteplici ricerche: demografiche, sulla famiglia, sui mestieri e le prime professioni, sulle abitazioni, sulla toponomastica, sul tessuto urbano, sul paesaggio agrario e sull’assetto del territorio, sulla composizione e la distribuzione del reddito, sulle attività produttive e la relativa stratificazione sociale.
Il Catasto di Camposano, fortuna ha voluto, benchè sia pervenuto quasi a pezzi presso l’Archivio di Napoli, è ancora sano e fruibile alla consultazione per l’interpretazione dei toponimi, benchè copia di esso doveva esistere anche presso l’Archivio del Comune di Camposano. Gli originari delle Università finirono presso l’Archivio di Stato di Napoli perchè erano in possesso della Regia Camera della Sommaria (da dove pervennero), ufficio del Regno incaricato a partire dal 1741 alla riscossione diretta delle tasse. Altre informazioni si ricavano sui componenti dei nuclei familiari, indicandosi il numero, la loro età, l’attività svolta ed il rapporto di parentela con il capofamiglia. Ma vi si possono scovare anche curiosità che accomunano perfino i centri abitati più lontani.
Per esempio nel Catasto Onciario di Alessandria (del Carretto) del 1742, denominato Catasto Onciario di Alessandria di Calabria Citra, accanto a ciascun nome è riportata la professione e, al numero 65, vi scopriamo che il capofuoco, o capofamiglia, il Magnifico Pasquale Chidichimo, faceva il bandieraro, cioè l’alfiere del Battaglione a piedi della città di Avellino (trascrizione di Ettore C. Angiò). Piccole spigolature che possono aiutare a comprendere meglio la vita quotidiana. Ecco perchè, in un secondo momento, il Catasto Onciario di Vico potrà essere confrontato con il carteggio presente negli archivi.
Il Catasto Onciario borbonico redatto in Camposano (che resterà in vigore fino ad essere sostituito da quello napoleonico imposto con la dominazione francese dopo il 1806) fu consegnato un po’ in ritardo, nel 1754, e fu titolato Catasto Onciario di Camposano 1754.
Delegata alla compilazione materiale del Catasto, come si nota dalle firme dei presunti rappresentanti, fu una commissione ad acta instituita proprio per la redazione dell’Onciario.
Nel Catasto è possibile riscontrare i nomi di tutti i cittadini dell’epoca, delle vedove e delle vergini in capillis (fanciulle da matrimonio), degli ecclesiastici secolari, dei forestieri abitanti e non, e di tutte le altre presenze, oltre – ovviamente – l’effettivo contributo in denaro pagato allo stato per il possesso dei beni e per i servizi (macellazioni, vendite al dettaglio, etc).
Nonostante la restrizione borbonica volta ad abbattere soprattutto le tasse imposte dai vescovi, furono comunque ed ancora gli ecclesiastici ad avere potere sui figliani, facendo nascere una miriade di chiese forestiere sulle terre dei feudi in modo da attestarne il possesso ed evitare confische, anche attraverso dei benefici imposti su di esse.
Lo stesso catasto fu redatto da una commissione scelta dagli eletti dell’Università, che, per quanto avessero voluto essere super partes, come abbiamo visto, erano sempre nominati dal feudatario.

L’affermarsi dell’Università, in molti feudi della provincia napoletana di Terra di Lavoro, come anche nella provincia montefuscana di Principato Ultra e in tutto il resto del Regno di Napoli, aveva permesso alle popolazioni di avere diverse agevolazioni nei confronti del feudatario su alcuni obblighi secolari.
Una volta all’anno, alla fine di agosto, le Università del Regno riunivano il publico Parlamento per eleggere i cittadini modello tra viventi del proprio, massari, commercianti o artigiani proposti dalla stessa amministrazione uscente.
Il Parlamento (=assemblea dei cittadini) votava gli eletti (=consiglieri), gli eletti i decurioni (=assessori) che sceglievano il sindaco. Il Parlamento utilizzava il metodo per voce e con alzata di mano, per l’amministrazione annuale dei beni comuni della Terra. Sindaco e decurioni amministravano la Cosa pubblica coadiuvati da un cancelliere del Regno (=segretario comunale), che li aiutava e li controllava nell’amministrazione delle rendite.
L’Università per l’amministrazione dei beni posseduti, per continuare ad essere un Comune, con capacità propria di sottrarsi al resto delle sanzioni del Regno, doveva far pagare le tasse a uomini e cittadini che utilizzavano i servizi pubblici, quindi sia a braccianti che ad artigiani, commercianti e benestanti, grazie agli istrumenti di concessione di benefici per assenso del feudatario, o del Re, se il feudo restava senza eredi e la Terra veniva incamerata nel Dominio Regio, con i proventi incassati dal Regio Fisco di Napoli. Quando cambiava il feudatario, la consegna del feudo avveniva davanti a testimoni, non prima di aver misurato i terreni, alla misura di Nola indicata sull’arco della Chiesa Parrocchiale, centro pulsante dell’Università.
Nonostante la paventata libertà, l’Università di Vico, era retta da cittadini appartenenti solo al più alto ceto sociale, in origine designati dallo stesso feudatario.
Nel 1641, gli eletti ufficiali del Comune di Mugnano sono definiti in Regimine Universitatis, cioè per la reggenza degli universitati, come da Istromento per la fondazione del Convento di S.Pietro a Cesarano scritto dal notaio Pietro Paolo di Gennaro di Mugnano. Homines e cives, rettore compreso, erano di nomina della Casa dell’Annunziata di Napoli, utilium Patronum dictae Universitatis, anzi i Signori Governatori della SS.Annunciata di Napoli erano utili Padroni di detta Terra et Padroni di detta Rettoria. La Casa dell’Annunziata nominava anche il reverendo parroco. Una cosa fu infatti la chiesa antica del feudo, cioè quella intorno alla quale erano riunite le prime cortine di Mognano, o orti racchiusi fra le originarie mura della Porta della Terra, altra cosa era la chiesa parrocchiale, sebbene non fosse cambiato il sistema di sottomissione della chiesa (Bascetta, Mugnano nel 1700).

Description

Faibano resa autonoma dai potenti Mastrilli di Rocca: la parrocchia di S.Donato

Il Casale Faibano, presso Casale Camposano, era appartenuto a Nola, e vi primeggiavano i possedimenti del Conte Mastrillo di Rocca e del Duca Caracciolo di Napoli.
Non ritrovandosi un Catasto del Casale di Faibano, come nel caso di Camposano, la ricerca ha avuto esito positivo sfogliando le rivele, cioè gli atti preliminari di un Catasto, datati 1754, rinvenuti presso l’Archivio di Napoli, trascritte dall’Esposito e firmate con il segno di croce di Geronimo Trotta, Matteo Galluccio e D’Antonio Petrella, presumibilmente membri della Commissione designata.
Per certo non può esserci confusione con Faibano di Marigliano, in quanto il nostro Faibano, negli anni a venire, viene sì anch’esso riportato in Terra di Lavoro, distretto e diocesi di Nola, ma nel circondario di Cicciano, riunito al Comune di Camposano. Inoltre maggiore certezza la si ha sfogliando i cognomi con la definitiva sicurezza allorquando compare la chiesa di San Donato.
Potremmo dire che i veri possessori del territorio del Casale Faibano di Nola sono rappresentati dai membri della famiglia Mastrillo di Nola, a cominciare da Don Mario, Conte della Rocca, e dal Duca Don Vincenzo Caracciolo, oltre al priore dei Gerolomini (di Cicciano) e dalle altre fondazioni ecclesiastiche della Diocesi di Nola. Ma ad abitare a Faibano, provenienti da fuori, comparendo fra i forestieri abitanti laici, sono solo il Magnifico Don Michele Mastrillo di Nola e Giovanni Esposito privilegiato dell’A.G.P. di Napoli, seguiti da Pascale Galluccio di Tufino, Filippo Vitale di Cicciano, Marzio Spizuolo di San Paolo.

 

Primo a comparire fra gli abitanti di Faibano risulta Andrea Trotta, seguito dal parroco reverendo Don Felice Segnaldo della Chiesa Parrocchiale, con la sua Venerabile Cappella di S.Sebastiano, eretta nel luogo della Piazza. L’unico ecclesiastico secolare cittadino è il Reverendo Don Giuseppe Covone, ma il Parroco di Faibano, citato come ecclesiastico forestiero abitante, è il Reverendo Don Felice Gerualdo, che dice messa nella venerabile parrocchiale chiesa del Casale di Faibano dove vi sono anche il beneficio di San Nicola da Bari e la Cappella di San Sebastiano.
Siamo nel cuore del Casale Faibano con i suoi due luoghi principali, quello di San Donato e quello de La Via di Nola. Il paese è abitato soprattutto dai lavoratori delle terre dei benestanti. Si tratta di 65 braccianti, alcuni dei quali hanno come riferimento gli esponenti del ceto intermedio, riconiscibili dal massaro Nicola Covone e, presumibilmente,dal Magnifico D. Don Michele Covone n.g..
Il borgo, fra San Donato e la Via di Nola, è piccolissimo. Vi si distinguono le case del privilegiato dell’Annunziata di Napoli, cioè Giovanni Esposito dell’A.G.P., e degli artigiani. Si tratta dei 3 sarti definiti sartori Giuseppe d’Esposito di Pietro (se non sono due sarti in quanto compare un altro Giuseppe Esposito), Tomase Genualdo e Michele Galluccio, dei 2 seggiari Mario Prisco e Michele Arduino, di 1 segatore Simone Siciliano, del capel(laro=barbiere) Geronimo Bruscino, seguiti da 6 altri cittadini: Maria d’Elia, Luca Covone, Gennaro Russo, Filippo Vitale di Cicciano, Giovanni Finaldi e Domenico Sabano.
Risultano cittadini fuochi assenti, cioè le 5 famiglie residenti non presenti in paese, Paolo Dell’Anno trasferitosi a Gallo, il bottegaro Gennaro Russo che ha preso la via di Castellammare, il massaro Giacomo di Sarno trasferitosi nella vicina Camposano, il bracciale Giovanni Petrillo che ha preso la via di Nola dove si è trasferita anche Anna Del Giudice. Sono rimaste senza marito, ma non senza famiglia, le 3 le vedove: Angela Napolitano moglie del fu Andrea Covone, Antonia Cavallaro del fu Giovanni Massa e Maria de Risi del fu Giovanni Russo.

 

Fra i bracciali compaiono i nomi di Gaetano Napolitano, Gennaro Di Michele, Geronimo Trotta, Giovanni Finaldi, Giovanni Ruggiero, Giovanni Peluso fu Gennaro, Giovanni Di Sarno, Giovanni Trotta, Giuseppe Forino, Giuseppe Cavallaro, Lorenzo di Fuoco (Zuoco), Luca Covone, Mario d’Elia, Matteo Galluccio, Michele Datino, Nicola Di Meo, Nicola Brosino, Nicola Esposito, Nicola Miele, Nicola Manganiello, Oratio Criscuolo, Oratio Majetta, Pascale fu Domenico De Risi, Sabato Retsiello, Salvatore fu Nicola De Risi, Salvatore Siciliano, Saverio Forino, Sebastiano Majetta, Vincenzo Librera, Giovanni Arduino, Andrea Covone, Angelo Mancaniello, Antonio Mancaniello, Antonio Forino, Antonio Forino, Antonio Trotta, Andrea Trotta, Antonio Riccardo, Giuseppe Esposito, Giovanni Di Sarno, Benedetto Riccardo, Antonio Majetta, Francesco Parento, Antonio Di Francesco, Antonio De Risi, Antonio Riccardo, Benedetto Ciccone, Carmine Teneriello, Crescenzo Majetta, Crescenzo Arduino, Cristofano Siciliano, Domenico Majetta, Domenico D’Arienzo, Domenico Antonio D’Arienzo, Domenico Antonio Spignolo, Donato Manganiello, Donato Forino, Felice Aschettino, Felice Tanneriello, Francesco Panuozzo, Francesco Arduino, Francesco Parente, Francesco Di Lanzi, Francesco Iarinno, Francesco Siciliano.
Fra i forestieri bonatenenti non abitanti laici, cioè i ricchi residenti altrove, compaiono solo il vecchio Magnifico Duca Don Vincenzo Caracciolo di Napoli e i Magnifici Don Antonio Mastrillo e Luigi Mastrillo di Nola con il Magnifico Don Mario Mastrillo Conte della Rocca, e alcuni di ceto elevato, come il Magnifico Carlo Canonico di Gallo, il Magnifico Don Giovanni Battista Testa di Curmignano, Giovanni Battista Santoriello di Cumignano, il Magnifico Dorazio Capece parroco nolano, il Magnifico Paolo dell’Arino di Currignano abitante in Gallo, Vincenzo Stefanelo (?) di Gallo. Gli altri sono identificabili altri 8 benestanti nelle persone di Angelo De Daniele di Gallo, Antonio D’Alfieri di Cimitile, Antonio Marechino di Nola, Carmine Vitale di Nola, Carmine d’Amore di Cimitile, Felice Mercogliano di Cimitile, Felice Di Stefano di Vignola, Gaetano di Curso di Gallo. A cui bisogna aggiungere i forestieri bonatenenti non abitanti ecclesiastici secolari, a cominciare dal Reverendo Don Marcello Mastrillo, Priore regolare della Congregazione de’ Gerolomini di Napoli, dal parroco forestiero che è beneficiario del beneficio di S.Maria degli Angioli eretto nell’Altare Maggiore della Cattedrale di Nola che vi si tiene dal parroco Don Felice Gesualdo di Faibano, dalla Mensa Vescovile della Città di Nola che sovrintende sui suoi possedimenti, dal venerabile monastero de’ SS.Minimi di S.Francesco di Paola della Città di Cimitile, dal venerabile monastero di S.Antonio della Città di Nola, dalla venerabile parrocchia della Chiesa di Gallo.

 

Dall’epoca del Catasto Onciario all’emigrazione la popolazione di Camposano, a l cui comune fu unito Faibano, resterà più o meno costante fra i 1000 e i 1500 residenti, subendo anche la piaga della guerriglia fra borbonici e piemontesi, attraverso il brigante locale Francesco Liberato aderente alla Banda La Gala.
Il grande boom non si avvertirà infatti neppure con l’Unità d’Italia, quando Camposano e il suo Casale di Faibano furono inseriti nel Collegio di Cicciano che, insieme ai Collegi di Nola e Acerra, eleggeva tre deputati, uno per collegio. Nel Collegio di Cicciano venne eletto il barone nolano Cesare Napoletano.
Bisognerà infatti attendere il nuovo secolo e poi il grande sviluppo post-guerra per vedere questo comune rinascere davvero e moltiplicare i suoi abitanti oltre la soglia delle 5.000 unità.
Oggi Camposano, manco a dirlo, è un comune vivace. Ma non per questo ha rinnegato la storia urbanistica. Anzi, al primo posto delle opere pubbliche rivalutate dall’amministrazione, v’è proprio l’antica Piazza. Segno di una continuità con la memoria storica che non vuole scomparire.
Ma vediamo ora l’estratto dal Catasto con i mestieri di tutti gli abitanti di Faibano, le Chiese, i Forestieri e altre notizie essenziali.1. ASNA, Sezione Regia Corte della Sommaria, Catasti Onciari, busta 950. Frontespizio: Faibano di Nola 1754, provincia Terra di Lavoro, Distretto di Nola, Circondario di Cicciano, Riunito al Comune di Camposano (Na), Diocesi di Nola.
Faibano è stato estratto dall’originale Faibano di Nola 1748, per distrazione unito a Marigliano, essendo l’archivista caduto in errore di omonimia con una frazione di questo comune. Oggi Faibano è parte integrante di Camposano (Na), in cui ricadono anche gli ex comuni di Gallo di Nola e Fellino di Nola, quest’ultimo anch’esso unito per errore ad un altro paese, che è Lauro (Av), ove esiste la contrada del’Arco di Fellino. In effetti, sempre in Provincia di Terra di Lavoro, vi sono diversi casi di questi toponimi, in zona molto comuni, dovuti alle originarie moltiplicazioni delle antichissime celle monastiche di omonimi proprietari, come per Faivano di Caserta, Gallo di Caeta, unito a Piedimonte di Caserta, per non parlare delle decine di tenimenti denominati Lauro o Domicella.
La sicurezza che si tratti di Faibano di Camposano (Na) è data dall’immediato riscontro con gli Atti Preliminari del Catasto, dove, fra i Bonatenenti laici ed Ecclesiastici, sono comparsi subito la Venerabile Chiesa Parrocchiale di Faibano, col Reverendo Don Felice Segnaldo, parroco; la Venerabile Cappella di San Sebastiano eretta in chiesa nel luogo detto La Piazza, Luogo San Donato, etc.
E, sempre nell’Apprezzo, fra i Bonatenenti laici ed Ecclesiastici Forestieri, gli stessi nomi poi riportati nella stesura definiiva del Catasto: Andrea Trotta, abitante in Faibano, originario di Camposano, con il Beneficio Semplice sotto il titolo di Santa Maria degli Angeli eretto nell’altare maggiore della Cattedrale di Nola, i Forestieri di Marigliano, i Forestieri di Camposano, etc.

Dettagli

EAN

9788898817511

ISBN

8898817517

Pagine

112

Autore

Bascetta,

Del Bufalo

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Editorial Review

L’eruzione del Vesuvio che innalzò le acque di 3 metri

Stando ai cronisti dell’epoca, ancora prima della peste del 1656, le carestie, non erano mai mancate. In particolare si ricordano quella del 1629 e l’eruzione del Vesuvio del 1631, quando acque bollenti, alghe e pesci cotti giunsero fino ad Avellino ed Atripalda (De Franchi, Storia). A dire del Braccini caddero pietre dal cielo come terribile grandine non solo a Nola e nelle città più vicine al Vesuvio. Alle 9 del mattino i terremoti vie più si facevano sentire e ricominciarono a cadere nel pian di Nola le pietre, la arena e rapilli. Terremoti che si avvertirono ad Ottaviano provocando un così grande e rapido torrente, che essendo diviso in tre profondissimi canali, sgorgarono tutti nel piano di Nola, allagando S.Elmo, Saviano, e tutti quei contorni, con affogarvi molte persone; e in alcuni luoghi si alzò 12 e 14 palmi (cioè oltre 2 metri e mezzo), come in Marigliano, Cicciano, e Cisterna. Le acque del fiume sommersero tutto quasi come se trasformasse i campi in mare e all’inizio l’acqua si sollevò fino ad un’altezza di 15 palmi e successivamente ridiscese.1
Un’altra memorabile eruzione del Vesuvio fu quella del 1737, che ricoprì la Valle di 20 centimetri di lapilli e cenere giunta fino ad Avellino e ad Ariano (Foglia, Libro), seguita a quella del 1707, che già aveva ricoperto pure di cenere e lapilli le campagne al punto che non si ebbe raccolto per due anni, anno in cui i soldati tedeschi del vicerè austriaco occuparono i paesi del circondario che non volevano sottomettersi al pagamento dei nuovi dazi.2
Nè mancarono alluvioni (1738), tempeste (1762) e carestie (1764), quando nel Baianese morirono 600 persone, fino all’anno più nero (1779) quando non piovve per un mese e spirò una tramontana così secca da abbattere i tetti delle case, finchè non piovvero ancora cenere e lapilli il 7 agosto, facendo invadere le campagne dai profughi vesuviani fino al 7 novembre quando strariparono i torrenti di Quadrelle e Fontana Vecchia, in quanto è il luogo dove furono sepolti i morti di Baiano (1764) dopo la carestia, mentre quelli di Mugnano ebbero sepoltura a Ponte Miano, in quanto fu emanata un’ordinanza che prevedeva di portarli fuori un miglio dall’abitato.3

La Parrocchia, di per sè, non è una struttura, bensì il raggruppamento delle Anime su cui ha potere il vescovo di Nola, mentre la Chiesa parrocchiale è un edificio di Patronato, cioè di proprietà dell’Università, benchè la nomina del Parroco spettasse al feudatario.
La parrocchia di Mugnano, per esempio, dipendeva già dalla Casa dell’Annunziata di Napoli in quanto è scritto che istanze e richieste furono inoltrate agli eccellentissimi signori governatori dell’Annunziata di Napoli, a’ quali apparteneva nominare il nuovo parroco, che niuna cosa stimarono più opportuna per operare giustamente, e senza inganno, che scrivere al p(adre) D(on) Luca perchè informati li avesse della dottrina e de’ buoni costumi di quel soggetto, che a lui fosse paruto buono per quella carica. In ricevere un tale avviso il prudentissimo ed umil padre, in soave maniera seppe sottrarsi dall’onorata richiesta; rispose perciò a que’ signori, che in quanto a’ costumi ed alla buona vita, ei riputava tutti santi e di se migliori; in quanto alla dottrina, le Signorie loro poter meglio di tutti scorgerlo dall’esame; stimar però solamente, esser di somma gloria di Dio e di somma utilità alle anime di quel paese, non già che un parroco solo si fosse eletto, ma ben due per il numero oramai cresciuto delle percorelle di quel ovile di Gesù Cristo. E si sarebbe allora messo forse in esecuzione il parere del padre, se il tentativo invidioso delle opere sante, con mille intrighi e garbugli non lo avesse impedito.4
La comunità di Camposano, giungendo nel 1700 ad avere 1482 abitanti, si era stretta intorno alla nuova parrocchia dedicata a San Gavino eretta nel 1745. Una chiesa parrocchiale col cupolone di stile neoclassico con archi a tutto sesto e a navata unica a croce romana adorna di cappelle laterali e di otto altari in marmo. Essa raggiunge una altezza interna di 12 metri che con la volta assommano a 18 e, con la cupola, arrivano a 30 metri.5
In questa chiesa fu incastonato il quadro del Mozzillo raffigurante l’Incoronazione della Vergine con anime purganti. Erano già nate anche la piccola chiesa di San Martino alla frazione Faibano, e quella di San Donato lungo la riva dell’antico Clanio. Ma nell’Onciario non compaiono, come se Faibano e San Donato non fossero parte integrante di Camposano. San Donato potrebbe infatti essere appartenuta a Cimitile, essendo una chiesetta di antichi origini a ridosso dell’alveo denomitato Gaudio dove si festeggia il santo il 7 agosto di ogni anno, dove, la tradizione vuole, le mamme appoggiavano i loro bambini colpiti dalla meningite o rachitici sopra una grossa bilancia per chiedere la grazia apponendo nell’altro piatto tanto grano quanto pesava il bimbo. Le uniche Chiese descritte nell’Onciario, oltre la Congregazione del SS. Rosario eretta dentro le porte di San Gavino, sono la Chiesa della Croce, governata da governatori laici, e la venerabile Cappella della Pietà. Ben sette gli ecclesiastici secolari che vi si ritrovano a dire messa intorno alla Parrocchia di San Gavino. Oltre a Don Sebastiano Scotti sacerdote secolare Parroco di Camposano e al Rimerario della Cattedrale, Don Gavino Scotti, si tratta dei sacerdoti secolari propriamente detti, quali di Don Agostino Petrillo, Don Domenico De Risi, Don Giovanni Battista Cavallaro, Don Marc’antonio Siciliano, Don Vincenzo Petrilli.
Compare inoltre un non meglio precisato clerico Pascale Barbato, presumibilmente un laico non ecclesiastico, di cui però null’altro conosciamo.6