Caserta vicaria del regno d’Italia del 1094. Si chiamò «ad Novas» la Capitale normanna del Gran Ducato di Sicilia

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CASERTA CAPITALE DEL REGNO D’ITALIA DI PAVIA DI RE CORRADO CONTRO IL PADRE IMPERATORE

L’intento di Matilde di Canossa era quello di confermare un’altra città a Borsa, sedendo un semplice vescovo nella chiesa intitolata a San Nicola di Barulo. Qui doveva nascere il nuovo Ducato delle Calabrie, soggetto al Principato che i Beneventani stavano costruendo a San Leucio di Canosa. Siamo in territorio dell’antica Santa Maria Regina minor dei bizantini, nel Golfo di Hea Apula (Canosa), vicaria di Costantinopoli. Gli Heapolitani avevano continuato a tirare su chiese alla maniera dei Magni di Costantinopoli, spalleggiati dal figlio del Guiscardo. Così era accaduto anche per la diocesi di Brundisiopoli, che già aveva accettato per metropolìa bizantina il Palazzo della sede canosina del nuovo Principato Regio dei Salernitani che Ruggiero Borsa, Duca delle Calabrie, si stava facendo costruire dai Beneventani.
I Costantinopolitani scelsero di stare dalla parte del Borsa, perché non solo le chiese del suo Ducato di Barulo erano di rito greco, ma perché il Principato che stava per nascere dentro Canosa, era fra i ruderi dell’antica città romana di Atino, sede dei martiri cristiani, santi adorati anche dai bizantini.
Furono proprio i Cumneni di Civitate Regina a mandare su tutte le furie il Papa, quando il loro Pontifex Giovanni venne seduto da Borsa nella basilica della nascente urbe del Principato di questo Golfo di Hea. Presto si ripopolerà di migranti anche Brindisopoli, in conseguenza all’occupazione di Costantinopoli, subito dopo la prima crociata, quando si videro i profughi invadere le coste. Ma la ricostruzione dell’Urbe Regia non sarà impresa facile. Il ritardo era dovuto anche ai danni provocati dal sisma del 1088 che aveva risparmiato Brindisi, ma non Barulo, tantomeno la cattedrale del Principato, che risultava disastrata ancor prima di essere completata. Borsa restò disorientato, ma farà riprendere la costruzione di una Benevento in territorio di Molfetta (Cimitero), poi distrutta dal nemico nel 1127. Idem per gli Irpini, costretti alla fame, colpiti dalla peste del 1106.
Per ora i Bizantini, tranne il Pontifex, dedito a sua volta a costruire la basilica di S.Paolo nella provincia Ecana sulle coste di Salerno, restavano nella Civitate troiana di Hea. Loro erano a Santa Maria Regina Minor di Canosa, Borsa a Barulo e i greci di Patrasso nel Castello di Andria, in nome di s.Paolo e del vangelo di s.Andrea apostolo.
Gli scontri col Papa, che diceva di voler costruire chiese di rito misto, ma continuava a promuovere ovunque solo quelle di s.Pietro, saranno presto evidenti. Perciò Borsa, senza più l’antica sede di S.Maria Vetere del Ducato Apulia in Principato di Capua, fece di Bari il suo grande Ducato delle Calabrie. L’urbe regionale non nacque per via del terremoto, ma lui fu un vicario bizantino e cristiano, mentre il pontefice stava per investire un suo vicario apostolico. Col pericolo che Borsa potesse rioccupare la vecchia reggia, infatti, la Chiesa insistette col puntare tutti su ad Novas, presso i ruderi della ex sede ducale di Beneventana Vetere di Capua e riportare l’ex Longobardia meridionale in viceregno di Pavia. Sì dunque a un’altra capitale, ma non come Principato di Puglia, bensì a Nova.
Sarebbe stata la sede del Gran Ducato di Sicilia, dell’unico stato riconosciuto dalla Chiesa apostolica, da cui far dipendere tutte le diocesi, anche quelle pugliesi, benché così lontane. Era la risposta all’avversario. Il risultato fu che la tensione cominciò a salire fra i parenti del Borsa, gli Altavilla, che radunarono gli Slavi della Schiavonia per prendere una decisione.
Il Papa, a sua volta, con l’intento di riunire tutte le frange guerriere legandole a un patto di fedeltà, decise di annunciare la Tregua di Dio. Il giuramento solenne si sarebbe dovuto tenere alla fine del 1090, ma slittò di qualche anno, dopo l’elenco dei feudatari e dopo il 1092, allorquando il Console Ruggiero dell’Aquila, del ramo normanno dei Blosseville, chiamato dai Cassinesi, fu pronto a sobillare Capua.
Il vicetrono casertano di Nova, sede del Gran Ducato di Sicilia, lo stava attendendo, grazie all’appoggio del nonno materno, che era il Gran Comes Ruggiero I Altavilla. Solo allora vi fu la redazione del Catalogo dei Baroni, la cui prima stesura è riferita ai feudatari di Nova, vicaria del Regno di Pavia, da cui dipesero i Principati e le relative province ducali.
La nuova sede della Longobardìa meridionale fu detta Nova, con la palazzina papale costruita sul monte, ma i ruderi originari erano sempre quelli dell’Urbe Vetere di S.Maria sulla via Major dei Beneventani. E’ probabile che metropolìa della Puglia divenne Canosa, quindi Hea, anche se i beneventani costruiranno una cittadella di S.Andrea che non ebbe seguito, divenuta cimitero di Molfetta appena 30 anni dopo. Di certo risulterà una Beneventulo pugliese fra le future dipendenze della marca papalina di Fermo e Ancona.

Description

L’EX LONGOBARDIA MERIDIONALE COSì CHIAMATA
PER LA CHIESA DI SANTA MARIA MINOR DI CANOSA

Chi crede che la cosiddetta Longobardia meridionale morì per un’invasione dei Normanni piovuta a casaccio si sbaglia. Questi guerrieri della stirpe degli Altavilla detti Dell’Aquila dai Francigeni, giunti dalla Sarmazia, cioè dal fiume Rama, sempre guidati da un solo dittatore, un Duce, capo del potere militare in quanto Comes dei Comes.
Spesso sono confusi con i Normanni della Normandia, che furono in origine inviati dai Re d’Inghilterra ad occupare il territorio italiano soggetto ai tedeschi per dividerlo in regioni militari chiamate Ducati, come essi stessi fecero per il Ducato di Normandia.
Tante province, sotto la guida di un Principato, la città-stato, la Gran Contea Italia di Capua, nelle mani dell’Imperatore di Roma e Re francofono, Enrico IV, il quale, non aveva fatto altro che assorbire Capua Vetere dei Beneventani, già capitale della Longobardia Mertidionale.
Il Sud ebbe il pregio di accelerare il processo di unificazione dell’Italia, rallentato da una sottomissione secolare all’Imperatore tedesco di turno fino ad allora investito del titolo di Re dei Romani ogni qual volta occupasse Capua, considerata la capitale del viceregno della Contea italiana detta Sicilia, sottomessa corrompendo una delle famiglie normanne, i Drengot, elevati a principi, già al servizio dei Salernitani, sottomessi all’Impero.
I Normanni dell’Est divennero quindi delle pedine nelle mani dei papi, i quali, opponendosi all’investitura degli Imperatori francofoni e dei Normanni della Normandia (che continuò ad essere ufficializzata da antipapi da essi stessi nominati) perseguivano l’idea di unificazione delle regioni in un solo stato riunito dal Duce, Conte dei Conti, capo militare del Gran Ducato o Gran Contea chiamata Sicilia di Capua capitale, allo scopo di far rinascere le nuove regioni politiche dei tre Principati di Capua, Benevento e Salerno, sebbene le popolazioni non fossero nella città d’orgine, essendosi ricorsi, come nel gioco delle tre carte.

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Editorial Review

Il Papa cacciato da Roma eleva Ruggiero dell'Aquila di Gaeta a Console della Chiesa longobarda dei beneventani di Cassino

 

Tutto sembrò filare liscio con lo scorrere del tempo, almeno fino a quando non accaddero alcuni episodi clamorosi. Il primo fu l’incendio di Acherontia, Acer. Il secondo fu la morte del neoeletto Principe imperiale di Capua, Giordano dell’Aquila, l’unico vicario dei Franchi, cioè riconosciuto dall’Imperatore, nei territori naturali della Vicaria francofona, abitati dai romani di culto apostolico antiocheno, difesi dal console Ruggiero I dell’Aquila di stanza a Gaeta.
A fomentare la ribellione che seguì alla morte del Principe capuano Giordano, furono alcuni inviati degli Altavilla, che si dichiararono fedeli solo al Papa, pretendendo che si accettasse una successione legata al Gran Comes Ruggiero I di Sicilia, Duca di Gaeta, e non dettata più dal Re dei Romani, troppo legato al Borsa e al suo nuovo Ducato di Barulo. Il fine era quello di arrivare a strappare il titolo di Duca di Puglia a questo erede del Guiscardo, indicato nella successione ducale alla morte del padre, e rimasto relegato nel Ducato pugliese, dove aveva radunato i Beneventani sfollati dal terremoto del 1088 dall’urbe che non erano riusciti a costruire. In realtà fu quello l’epilogo di una congiura vera e propria. Siamo nel 1089 e a Castel Capuana avvenne l’occupazione organizzata dagli Altavilla, da cui prese origine la guerra fra guelfi e ghibellini. Si trattò di un fatto grave che diede il via al distacco della vicaria del Principato di Castelcapuana dal Regno di Roma, declassato dal Duca di Gaeta che la inglobò nella provincia di Nova Beneventana. Lo fece fare il papa, per evitare che ne nascesse un altro vicetrono imperiale vicino a Canosa, sottraendo la sede all’eredità del Borsa, sebbene restasse il legittimo erede diretto del Guiscardo, essendo lui il Ruggiero Boemondo detto Borsa o Borsello, e non lo zio di Gaeta.
Ma il Papa andò oltre, disturbato com’era da Borsa e dall’Imperatore, quest’ultimo giunto ad imporre la sua volontà fin dentro Roma.