02. COMUNE DI EBOLI NEL 1755 (SA)

30,00


L’UNICO LIBRO CON TUTTI I NOMI DEGLI ABITANTI, I MESTIERI, LE STRADE E LE CHIESE

Negli Onciari si possono scovare curiosità che accomunano perfino i centri abitati più lontani. Per esempio nel Catasto di Alessandria del Carretto del 1742, denominato Catasto Onciario di Alessandria di Calabria Citra, vi scopriamo il magnifico Pasquale Chidichimo che faceva il bandieraro, cioè l’alfiere del Battaglione a piedi della Città di Avellino.28
Eboli è nelle mani di pochi ricchi non sempre professionisti, mentre si affermano i primi mestieri divenuti man mano comuni in tutti i paesi del Regno, dai braccianti ai vaticali, oltre alle nuove case del possessore che vive del suo sui singoli appezzamenti di terreno, nascono anche altre dimore fra i luoghi dei paesi che vanno ad integrarsi o a sostituirsi alle Case dei precedenti vassalli, intese più come antiche domus, cioè ai Casali di intere famiglie divenuti veri e propri luoghi del paese. Così, mentre le zone abitate dalle famiglie dei precedenti vassalli continuano a raggrupparle e ad essere indicate con il nome di Case, le case dei nuovi ricchi vengono fabbricate sempre più vicine alla piazza e serviranno solo al singolo proprietario che si distingue con il nome di Magnifico che vive solo con la sua famiglia e servitù nella nuova Casa Palazziata (a volte citata come palazzo, per la grandezza della stessa casa divenuta complesso di “case” intese come singole stanze, membri o camere appartenenti ad un solo proprietario). Il raggruppamento delle nuove case popolari, cioè l’insieme delle camere dove abita il popolo, viene generalmente chiamato edificio oppure ospizio se viene dato un posto per dormire, per mangiare o per fare bottega, fino a formare i nuovi quartieri, i distretti parrocchiali, intorno a questa o a quella parrocchia: il ristretto della Parrocchia di S.Eustachio, il ristretto della Parrocchia di S.Nicola, etc.
Nel Catasto è quindi possibile riscontrare i nomi di tutti i cittadini dell’epoca, delle vedove e delle vergini in capillis (fanciulle da matrimonio), degli ecclesiastici, dei forestieri abitanti e non, e di tutte le altre presenze, oltre l’effettivo contributo in denaro pagato allo stato per il possesso dei beni e per i servizi (macellazioni, vendite al dettaglio, etc).29
Il Catasto di Eboli, come pochi altri del Principato Citra, è stato riprodotto su nastro fotografico e si conserva in maniera egregia presso l’Archivio di Stato di Salerno, mentre l’originale cartaceo è conservato all’Archivio di Stato di Napoli, benchè copia di esso doveva esistere anche presso il Comune. Gli originali delle Università finirono a Napoli perchè erano nel possesso della Regia Camera della Sommaria (da dove pervennero), ufficio del Regno incaricato a partire dal 1741 alla riscossione diretta delle tasse e quindi dei libri contabili.
Altre informazioni si ricavano sui componenti dei nuclei familiari, indicandosi il numero, la loro età, l’attività svolta ed il rapporto di parentela con il capofamiglia. Curiosità che aiutano a capire la vita condotta a Lapio mentre veniva redatto questo grande inventario (che resterà in vita fino ad essere sostituito da quello napoleonico imposto con la dominazione francese dopo il 1806) consegnato 12 anni dopo l’entrata in vigore della legge. Per i grandi nuclei del Regno ci fu necessità di dividerli in quartieri in quanto le schede occupavano diversi volumi: il Catasto Generale della Città di Caserta diviso in sei Quartieri fu stilato in sette tomi e consegnato nel 1749, quello di Santa Maria C.V. nel 1754 risulta un migliaio di pagine. I nostri comuni sono invece ben più piccoli, a cominciare dalla stessa Avellino e per finire col Catasto di Torrioni che fu fatto in soli pochi mesi dall’emanazione della legge nel 1741. Quello di Eboli fu inglobato in un solo grande tomo e sarà consegnato solo nel 1755, come si legge sul frontespizio originale: [Principato Citeriore ] / Evoli / Onciario del 1755. Quello di una città, in genere, è enorme, perciò viene classificato a volumi divisi in sezioni uguali dal nome simile.
Le prime quattro sezioni riguardano i cittadini residenti, gli abitanti laici non residenti, le vedove di cittadini residenti, i residenti ecclesiastici: – Fuochi Residenti (stato di famiglia con beni del capofamiglia, moglie, figli e relativa età, beni, crediti, debiti, casa di proprietà o in affitto, animali, terre e relative rendite, etc.); Forestieri Benitenenti Abitanti Laici (nomi dei possessori di un altro paese meglio specificato); Vedove e zitelle (monache bizzoche e/o vergini in capillis), Ecclesiastici, Luoghi Pii, e Monasteri e Benefici Cittadini Residenti (beni di chiesa, nomi dei religiosi, cappelle, congregazioni e benefici di privati cittadini).
Le due sezioni successive riguardano i forastieri laici e i forestieri ecclesiastici abitanti ma non residenti: Forastieri Benitenenti non abitanti (in genere il feudatario ed altri), Forastieri Bonatenenti Ecclesiastici e Luoghi (ecclesiastici e chiese di altri paesi, cioè uomini di chiesa ed istituti religiosi forestieri che avevano beni in loco). Per Eboli bastò dividere i tomi in sezioni, sempre con lo stesso sistema, dagli Ecclesiastici ai Forestieri, a cura delle commissioni scelte dagli eletti dell’Università, cioè dei deputati alla trascrizione delle rivele fatte dai cittadini, dopo aver accertato la veridicità del dichiarato, in genere chiamati deputati et estimatori,30 così come accaduto in verità anche per città grandi come Caserta, dove i deputati erano otto, fra ricchi, possessori di pecore, braccianti, e massari benestanti, che danno il buon esempio stilando per primi le proprie dichiarazioni…

Description

 

 

 

 

 

 

 

Introduzione
§ – Locum Eboli, Civitate Eboli e Castello Evoli: cenni sulle origini (869 d.C.)
§ – S.Lorenzo intus muro Castello, loco Francavilla, loco Gurgo, loco Gratalia (1168)

CAPITOLO UNICO / La Terra d’Evoli in Distretto di Campagna
Dall’Abbazia della Civitate alla Corte del Duca

1. Regno: Napoli; Provincia: Principato Citeriore; Distretto: Campagna
2. La struttura feudale della Camera Baronale fra ‘600 e ‘700
3. La peste del 1656 e i terribili terremoti che distrussero le Terre
4. Popolazioni in rivolta per le tasse, riassetto per le Università
5. Piccole curiosità all’ombra del Palazzo feudale
6. Il Borbone sostituisce il Catasto austriaco con l’Onciario dal 1741
7. La complessa elaborazione catastale: Eboli consegna nel 1755
8. La comunità riunita intorno a 4 parrocchie e 2 badie cardinalizie
9. Più ricco è il feudatario: Duca d’Evoli e Principe d’Angri
10.Per vedove, vergini e forestieri solo la tassa sui beni
11. Il borgo di pochi maestri d’arte e professionisti
Note

Appendice documentaria
Le famiglie del 1755 della Terra di Eboli a cura di S.Cuttrera e B.Del Bufalo

1. Nobili e braccianti in Terra d’Evoli
2. Nomi propri e toponimi punteggiati tradotti per facilitare la lettura
3. Le espressioni dialettali lasciate nella forma originale
Note

§ – I. Frontespizio del microfilm presso l’Archivio di Stato di Salerno
§ – II. Frontespizio del volume originale presso l’Archivio di Stato di Napoli
§ – III. 440 Capifamiglia in ordine alfabetico di nome
§ – IV. Rubrica dei 32 forestieri non abitanti in Eboli
§ – V. Rubrica dei 16 forestieri laici non residenti
§ – VI. Rubrica di 6 vedove e vergini
§ – VII. Rubrica degli 11 istituti ecclesiastici secolari residenti, chiese e luoghi pii
§ – VIII. Rubrica di 1 forestiere bonatenente laico: il Duca possessore del feudo
§ – IX. Rubrica dei 31 forestieri bonatenenti esteri ecclesiastici e beni di chiese forestiere
§ – X. Collettiva generale delle once

Postfazione / La Metropolìa suffraganea di Salerno di Arturo Bascetta
Fra le Terre dell’antica Arcidiocesi inglese di Conza

1. Herbert Middlesex, arcivescovo inglese a Conza (1178-1184)
2. Medania cognato del nuovo Re Tancredi (1189-1193)
3. Enrico VI di Svevia Re contro Re Tancredi (1191) che perde Capua
4. Enrico occupa Salerno e vi lascia Costanza, Avellinesi in fuga
5. Conte Ruggiero di Avellino in fuga dai Balbano di Re Enrico
6. Avellinesi scappano: Guglielmo Svevo Principe e Duca (1194)
7. Conza al prelato-domino Pantaleone inviato di Federico II
8. Una Provincia inglese del Comitato del Giustiziariato?
9. La Provincia di Conza: 50 feudi soggetti all’arcivescovo (1200)
10. Balbano da Apice a Calabritto, poi Conte di Conza (1222-1235)
11. Laviano Conti di Conza (1239), Giacomo arcivescovo (1263)
12. Un Principato che finisce a Melfi e Lagopesole.

 

 

 

La comunità riunita intorno a 4 parrocchie e 2 badie cardinalizie

 

 

 

 

 

In questi anni ogni paese è davvero uno stato a se. Sarà sempre meglio quindi distinguere prima le Chiese parrocchiali, così come accaduto per altri luoghi, perchè ogni Parrocchia rappresenta un quartiere religioso, ma non la singola Chiesa, che fa capo alla Colleggiata. Una Chiesa, infatti, può essere anche vacante, quando crolla e il titolo viene aggregato ad un’altra parrocchia, oppure funzionare anche solo amministrativamente, come abbiamo sottolineato in altri studi, da Caserta a Mugnano del Cardinale, in quanto vanno sorgendo, all’interno delle Chiese, Cappelle e Congregazioni di monti frumentari, rette da laici, talvolta indicate con nomi diversi, con decine di ecclesiastici che ci girano intorno.
Concetto meglio chiaritosi dopo gli studi sul Distretto della Montagna di Montefusco studiando Torrioni,32 con la parrocchiale di S.Angelo che possedeva terreni fino a Tufo, di proprietà e non, alcuni dei quali, pur essendo a censo enfiteutico religioso, appartenevano al Barone Piatti.33 Confusioni che si accentuano quando nascono più distretti parrocchiali dalle ceneri di una sola e antica abbazia, come accaduto a Pietrastornina. Sono infatti i beni delle abbazie precedenti che si distaccano e vengono trasformati anche nel titolo, prendono un nome aggiuntivo legato al luogo stesso dove nascono, come nel caso di Toccanisi, dove la Chiesa Parrocchiale, nel Catasto di quel paese, è intitolata a San Giovanni in Cotoli.34
Ciò premesso va detto che nel 1755 ad Eboli resistono in mano forestiera cardinalizia l’Abbazia di San Pietro a Toro e l’Abbazia di San Pietro Apostolo, oltre un distaccamento religioso della rettoria nella Grancia di San Vito à Sele, dipendenza del vescovo di Salerno per l’amministrazione delle case a censo e dei beni vescovili.
Il nostro paese consegnò il Catasto nel 1755. Il tutto in un tomo che, al contrario di una città come Caserta, per esempio, non ebbe bisogno neppure delle sezioni dei volumi catastali denominate Repertori.35
L’Onciario del nostro comune fu archiviato fra gli atti della Regia Camera della Sommaria come Vol[ume] N[umer]o 4133 / Principato Citeriore / Distretto di Campagna / Eboli / Onciario del 1755, come recita il frontespizio. Già a seguire cominciano i nomi dei capifamiglia, Don Antonio Novella, Don Andrea Paroli, Don Antonio Romano…, mentre, in genere, vengono preceduti dalle dichiarazioni di Apprezzatori e Deputati alla redazione materiale del Catasto, con la variante degli Estimatori, come accaduto per Torrioni.36
Ma ad Eboli, come a Apice, la popolazione dei Principati è rappresentata dalla massa di braccianti e da rari magnifici, compresi gli inabili (non lavoratori disabili e ultra sessantenni) e i minori (eredi senza lavoro), comunque lontani dai grandi numeri dei ricchi comuni di Terra di Lavoro.37
Viene dato quindi inizio alla redazione del Catasto, chiaramente diversa e di gran lunga superiore alle 6.129,21 e 1/2 once dichiarate da piccoli paesi come San Giorgio, San Nazzaro o Torrioni,38 dati dalla sommatoria di tutti i redditi imponibili, a cominciare da quelli del singolo capofamiglia.39
Eboli dichiara la modesta cifra di ben 70.600 once nel complesso delle dichiarazioni di residenti e forestieri. L’aggregazione ecclesiastica di Eboli è attiva al punto da superare quasi tutti gli altri comuni del circondario, con i sacerdoti che detengono il massimo potere sulla massa, stando ai loro beni. L’istituzione più ricca, oltre il Collegio, i Monasteri e le Mense, è sicuramente la Badia di san Pietro Apostolo d’Evoli:40
Seguono chiese41 e confraternite con le Cappelle erette nelle chiese.42 Tutte rappresentano le rendite ecclesiastiche perchè relative a privati cittadini, singoli o riuniti in Parrocchia, Collegi o Congregazioni varie, ma di ispirazione ecclesiastica.43
Vi sono anche beni e benefici sul territorio che appartengono a luoghi pii forestieri. Si tratta di beni posseduti anche da enti non sempre vicini, per effetto ereditario, di vendite o di permute.44 Una piccola sezione sottintesa è quella tutta dedicata ai Forastieri Abitanti Benitenenti Ecclesiastici.45
Restando nel Catasto di Evoli / Onciario del 1755 e sfogliando la rubrica degli Ecclesiastici, Luoghi Pii, e Monasteri e Benefici cittadini, rinveniamo i dati sulle chiese che ci portano ad effettuare alcune considerazioni.
Le istituzioni religiose cittadine elencate sono:
1. La Cappella di San Giuseppe del Cappellano Reverendo Don Sebbastiano Torretta;
2. La Colleggiata con Massa Comune, Procura Gen. e Confraternita del SS.Sacramento;
3. Padri Conventuali;
4. Il Convento dei Padri Minori di San Francesco di Paola;
5. Il Monastero di Donne Monache;
6. La Confraternita dei Morti;
7. San Giacomo de’ Fulgioni il di cui Beneficiato è il Signor Don Gennaro Cristofaro;
8. La Confraternita di San Giuseppe;
9. La Santissima Annunciata;
10. La Confraternita del Carmine eretta dentro la Parrocchial Chiesa di San Nicola La Scala Greca d’Evoli;
11. Reverendo Canonico Don Vincenzo Barra di Salerno.
Fra le chiese cittadine, le più interesanti dal punto di vista storico, appaiono dunque:
– La Collegiata;
– La Parrocchial Chiesa di San Nicola della Scala Greca d’Evoli.
Fra le forestiere ci sono:
1. L’Abbazia di San Pietro à Toro retta dal Cardinale Coscia;
2. L’Abbazia di San Pietro Apostolo retta dal Cardinale Mellini;
3. La Grangia e la Rettoria di San Vito à Sele che sono della Mensa Vescovile di Salerno.

9. Più ricco è il feudatario Duca d’Evoli, seguito dai 4 Distretti parrocchiali
Non v’è dubbio che fra i vari signorotti che si aggirano in paese colui che merita davvero il titolo nobiliare è l’Illustre Duca. Il proprietario del feudo risulta infatti il Duca d’Evoli che è poi anche Principe di Angri.46 Fra le riscossioni seguono i Beni Burgensatici.47
Il feudatario incassava quindi le tasse per essere proprietario e titolare di diverse riscossioni. Ma nella pratica sono sempre i preti, la Chiesa, a farla da padrone. Eboli si ritrovò infatti divisa in diversi quartieri, altrove chiamati rioni, in questo caso, come capitava per le città, sono definiti ristretti, cioé distretti su cui sovrintende il potere religioso che ha sede nella Collegiata. E nella Collegiata avviene l’amministrazione dei distretti cittadini delle diverse parrocchie – i cui beni, per vendite o permute, si sono in parte dispersi nelle mani dei privati e di altri istituti religiosi presenti sul territorio – ma ben distinte in Ristretto di Santa Maria ad Intus (così detta forse per differenziarla da S.Maria dello Reto, S.Maria delle Grazie e S.Maria del Soccorso), il Ristretto di S.Eustachio, il Ristretto di San Nicola, il Ristretto di San Lorenzo e il Ristretto di San Bartolomeo.48
Ma molti altri sono gli elenchi dei beni di feudatario e luoghi pii.49 E questo senza entrare nei particolari della tassa sul fuoco, cioè sul nucleo familiare, quella pagata da ogni famiglia, già trattata in altri volumi…

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Editorial Review

A PROPOSITO DELLA PROVINCIA CONZANA DEI 50 FEUDI DELL'ARCIVESCOVO

 

A succedersi nella proprietà fondiaria della Cattedra di Conza dal 1196, cioè titolare del potere temporale, oltre che spirituale, è quindi Pantaleone definito Domino nel 1203, ma investito del titolo, su concessione regia, per mano del papa. Questo perchè, a partire dal 1200 era nata la Provincia di Conza, Dominio metropolitano dell’arcivescovo, su cui nessun Conte o Barone del Comitato Conzano, poteva interferire, come recita una bolla di papa Innocenzo III, per concessione regia: Prohibemns praeterea, ne quis Comitum, vel Baronum ad Comitatuum Compsanum quomodolibet pertinentium contra immunitatem Ecclesiae tuae Regia liberalitate collatam ante.
Conza, per dirla in soldoni, alla stregua delle Terre di Benevento, ebbe la sua provincia fatta di Terre di Conza affidate ad un Comitato militare ma che appaiono, se non di proprietà, almeno amministrati dall’arcivescovo feudatario. Si tratta di una cinquantina di feudi che vanno da Pescopagano a Persano lungo il fiume Sele, appartenuti alla Provincia della metropolìa di Conza, soggetta ad un arcivescovo ivi insediato, che aveva giurisdizione anche sui vescovi di Satriano, Muro, Monteverde, Lacedonia, Bisaccia e Sant’Angelo dei Lombardi: Episcopatus quoque inferius adnotatos Ecclesiae tuae metropolitico iure subiectos, tibi, tuisque successoribus nihilominus confirmamus, videlicet S.Angeli de Lombardis, Bisacien, Laquedon, Montis viridis, Muran, et Satrian. Quale fu il patrimonio dell’arcidiocesi di Conza lo si ricava da un rescritto dell’11 novembre 1200 di papa Innocenzo III indirizzato all’arcivescovo Pantaleone, in cui si cita anzitutto l’Abbatiam S.Laurentii de Tophara fuori le mura di Pescopagano (Pz). La sua fondazione è precedente al 1160. Apparteneva alla Terra di Pietra Pagana e da essa dipendevano le due gracie di S.Maria della Mattina in Andretta e S.Nicola extra moenia di Calitri, come dalla Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, per testo del Di Ambrogio, Per lo padronato feudale dell’Abbadia di S.Lorenzo in Tofara e delle due di lei grangie S.Maria della Matina di Andretta S.Nicola di Calitri. Fra le macerie adiacenti il portale di San Lorenzo fu rinvenuto un frammento lapideo con la scritta: roberti regis at / leonis temporii (haec Ecclesia) aedificat fuit... Dalla lapide è difficile capire chi fossero Roberto e Leone, ma dell’inventario Bardaro, proveniente dall’Archivio di Conza, fanno parte due manoscritti (riferiti alla visita di Monsignor Pescara) in cui sono riportati due istrumenti in pergamena che si riferiscono al 1160: Della donazione della Chiesa di S. Potito nel casale di Ilicito fatta al Monasterio di S. Lorenzo della Tofara per Beigara Contessa, la Signora Iletta et Ionata Conte di Conza, sub die 5 martiis 1160; Donationis facta Monasterio Santi Laurentii in Tofaria per Rosatam filiam Ioannis Campanariis de Caletro de voluntate Comitis Ionata sub anno Domini 1160, riportati da Zanella e Laviano ne La Basilicata nel Mondo.
Oltre San Lorenzo di Pescopagano, nel 1200, risultano dipendenze dell’arcivescovo conzano l’Abbatiam S.Mariae Magdalenae cum omnibus pertinentiis suis e l’Ecclesiam S.Angeli in Murice che è la chiesa di Muro Lucano (Pz).
V’è poi l’Ecclesiam S.Andreae, et S.Mennae, l’originaria chiesa di S.Andrea, già in territorio conzano, che a dire dell’Ughelli divenne di proprietà della Chiesa di S.Maria dell’Episcopio di Conza per il sostentamento del clero della Cattedrale che pregava da mattina a sera. E’ il documento conosciuto come “Donazione di Gionata”, quella che il Conte fece nel 1161, insieme al Castello di Pescopagano: S.Andrea “inter territorium Compsanae civitatis et Castri Petrae Pagane”.
Idem per S.Menna identificabile con l’omonimo comune.
Alla Cattedrale di Conza appartennero l’Ecclesiam S.Martini de Silere di Calabritto, l’Ecclesiam S.Mariae de Silere di Caposele. E’ l’antico toponimo della Chiesa che sorgeva e si sporgeva a picco su fiume Sele in Caposele poi mutato in Santa Maria Mater Domini dopo il 1527.
Ancora l’Ecclesiam S.Mariae de Oliveto, et S.Nicolai de fabrica, l’Ecclesiam S.Luciae de Capite Sileris, l’Ecclesiam S.Petri de Pistiniano di Oliveto. Identificabile con la prima Chiesa in Pestiniano di Oliveto Citra secondo la Cronista Conzana.
E poi l’Ecclesiam S.Salvatoris, l’Ecclesiam S.Angeli in Monte Nigro, l’Ecclesiam S.Petri de Venatore di Oliveto. Identificabile con la Chiesa di San Pietro crollata in Oliveto Citra, da cui, nel 1517, furono traslati i resti di San Macario nella nuova chiesa di S.Maria del Paradiso o della Misericordia divenuta Chiesa Madre. A proposito delle ricognizioni delle Reliquie di San Macario, il 10 gennaio 1845, il sindaco dell’epoca, Nicola Cappetta, chiese all’Arcivescovo di Conza, Monsignore Leone Ciampa, di autorizzare l’Arciprete o un altro sacerdote ad eseguire la ricognizione del corpo di San Macario. Il 18 gennaio dello stesso anno, l’Arcivescovo, autorizzava l’Arciprete, unitamente a due altri sacerdoti scelti a suo piacimento, a “rivisitare le ossa del glorioso San Macario”. Finalmente il 25 gennaio l’Arciprete Giuseppe Nicastro, assistito da Don Giovanni Pietro Greco e Don Gaetano Cappetta, eseguirono la tanto richiesta ricognizione delle Reliquie. Il documento citato scende nei particolari di questa delicata operazione affermando che vennero ritrovate due cassette, una di legno, consumata dal tempo, con un osso dell’avambraccio, la testa, e l’omero e un’altra cassetta di ottone ermeticamente chiusa all’interno della quale vi era una veste di guanciale contenente parte della tibia e altri resti non meglio identificati. Però fu trovato un documento che verbalizzava la precedente ricognizione avvenuta il 24 luglio 1652 alla presenza del guardiano dell’epoca, Padre Francesco di Torella.
Altra dipendenza fu l’Ecclesiam S.Mariae de Spelunca che appare essere Maria SS.di Sperlonga in Palomonte (Sa). In essa vi sono affreschi della Madonna di Costantinopoli e di S.Cosma risalenti all’anno 1000. Il toponimo di Palomonte, prima chiamata Palo con il suo luogo di Pietrafissa, con la sua chiesa retta dal Domino Ugo risultava nell’orbita di Montevergine, sebbene viene confuso nelle pergamene con Palo del Colle, a partire dal 1157, ma pervenne a Conza nel 1200.
La pergamena più antica che si rifà a Palomonte è la n.362 di Montevergine, una cartula venditionis del settembre 1157/58, indizione VI, in cui “Nicola, figlio del fu Giovanni, ed i figli Elia, Giovanni e Filippo, quest’ultimo assistito dal proprio avvocato, vendono allo stratigoto Leone, figlio di Maraldo, un pezzo di terra, sito fuori l’abitato di Palo, per il prezzo di 28 ducati”.
E cioè: Nicola, figlio di Giovanni de Cominiano, e i figli Elia, Filippo e Giovanni di Loco Palo vendono allo stratigoto di Palo, Leone figlio di Maraldi, un territorio presso la via che va a Atricarrum”.
La 528 è del 1171, IV indizione, in cui il Milite Simone detto di Soro, Dominatore dei Castelli di Palo e Balenzano e di Loco Campoli, cede in perpetuo al vassallo Leone figlio di Maraldizzo un territorio presso il Castello Palo, che va da signaidis Petris Fixis, un pastinato detto S.Angelo e la terra di Nicola fratello di Leone. Simone è presente nel 1181 ad una curia tenuta a Bari da Tancredi Domini Ducis f. dei et regia gratia comes Licii magnus comestabulus et magister iustitiarius totius Apulie et Terre Laboris. Oltre lui c’erano due giustizieri di Terra di Bari e cinque regii barones descritti nel Codice delle pergamene di Bari.
La confusione con Palo del Colle è ripetuta più volte dai verginiani, anche qualche anno prima, nella cartula oblationis dell’agosto 1185, indizione III, in cui, come legge Tropeano nel CDV, “Simone de Sora figlio di Simone, nella sua qualità di signore dei castelli di Valenzano e di Palo nonché del logo detto Campoli, d’accordo col figlio Simone, offre al monastero di Montevergine, nelle mani del monaco Ugo che agisce a nome dell’abate Giovanni, un oliveto e due altri pezzi di terra contigui coperti da altre nove piante d’olivo, sito nelle pertinenze del castello di Palo, liberi da ogni gravame e con facoltà di utilizzare gratuitamente i frantoi del castello di Palo; in cambio chiede che i monaci non solo preghino per lui, per la moglie Solina e per gli altri suoi parenti, ma anche per l’anima del gloriosissimo re Ruggiero e del magnifico re Guglielmo I come pure per l’esaltazione di Guglielmo II”.
Simone, figlio del Domino Sora, e il figlio Simone II, Domino del Castello di Valenzani, Pali e Loco Campuli, per l’anima dei defunti Re Domino Ruggiero e del magnifico Re Domino Guglielmo, e per eseltare l’invincibile Re Guglielmo II, loro rispettivo figlio e nipote, e per l’anima del padre e della moglie Solonia e dei parenti, donano al monastero di S.Maria Montis Virgilii e per essi al Domino venerabile Ugo, vicario del Domino Abate Giovanni, un oliveto chiuso che fu di Birardi in territorio del Castello di Palo, sita presso la chiusa dell’oliveto che fu di Angelo Lupone, la sorte di siri Giovanni Converso, quelli di Giovanni Simeone, e un altro pezzo di Monte Virgili, le olive di Petracco Basilio, ai confini con le makam (macchie) di Giovanni Angelo Xisti, Iacone Berzario figlio di Maione Corki. Fra gli altri firmano i siri Giovanni figlio di Luca milite e Simone Sturmine milite.
Così nella pergamena cartula oblationis del maggio 1188, indizione VI, in cui- “Leone Maraldizio e la moglie Santora, col consenso dei loro parenti e del signore Signore de Sora, offrono se stessi ed i loro beni stabili, siti fuori e dentro il castello di Palo alla chiesa di Santa Maria di Montevergine, nelle mani dell’abate Giovanni, riservandosene l’usufrutto loro vita natural durante ed impegnandosi a vivere nell’obbedienza dell’abate Giovanni e dei suoi successori e non vendere i beni donati; precisano inoltre che dalla donazione va escluso un palazzotto e nove piante d’olivo, già concessi al nipote Giacomo alla condizione che questi intraprenda la carriera ecclesiastica, e comunque anche questi beni alla morte di Giacomo dovranno passare di proprietà della chiesa di Santa Maria di Montevergine”.
Anche questa donazione è a S.Maria del Monte Virgilio col consenso di Giovanni de Leta fratello di Santora sempre per l’abate Domino e Rettore Giovanni e il suo vicario Giovanni donano un casalino con orto in Loco Pali e uno in Terra Leuci.
Palomonte, confusa con Palo del Colle, è citata nel preceptum concessionis custodito a Montevergine, datato 3 settembre 1189, indizione VII, in cui, leggendo la traduzione che ne fa il Tropeano nel CDV, “Il milite Simone de Sora, nella sua qualità di signore dei castelli di Palo e di Valenzano nonché della località Campoli, alla presenza dello stratigoto Giovanni e di altri testi qualificati, dona a Leone di Maraldizio, suo uomo ligio, una terra coperta da boscaglia e da altri alberi ad alto fusto, sita nelle pertinenze del castello Palo dove si dice Pietrafitta”.
Ovviamente si tratta di terre a Pietrafitta, divenuto un luogo del Castello di Palomonte in possesso, insieme al Castello Valenzano e a Loco Campoli, del Milite Simone de Sora, il quale, con Giovanni stratigoto, Iacopo e Luca Aurubandi dona a Leone figlio di Maralditii di Castello Palo una terra macchiosa con uomini e alberi che è in Loco ubi Petra Ficta dicitur in territorio di Palo, fra la vigna che fu di Mele Salseminas tenuta da Mele Rubecce, la terra di Leone e una in capite a Gualtiero e suo fratello fino alla terra domnica per atto del Notaio Risonis. Se ne ricava che Corchi ebbe per figlio Maraldizio che ebbe Leone sposato a Santora e Nicola. Nicola ebbe Giacomo.
Seguono inoltre altre dipendenze conzane come l’Ecclesiam S.Ioannis inter duo flumina, l’Ecclesiam S.Mariae in terra Victimosa, et S.Mauri, l’Ecclesiam S.Spiritus, l’Ecclesiam S.Nicolai de Culiano, l’Ecclesiam S.Nicolai de Palatio, Ecclesiam S.Ioannis de Ceraso, l’Ecclesiam S.Nicolai de Cirioto cum omnibus earum pertinentiis.
Dipesero dalla provincia ecclesiastica conzana tutti i feudi descritti dopo la Terram de Sarda, quae est dimensa, Cisternam, Cirrutulum, Castellum de Comitissa (Castello fra Calitri, Ruvo e Rapone), Caletrum (Calitri), Carpanum, Lormaro, et Turricellum, Castellion de Murra (Castiglione di Morra), Maurellum, Petrampaganam (Pescopagano), Castellum novum, Malinventre, Tugurium Biarum, Caput Sileris (Caposele), Calabretum (Calabritto), Senerchiam (Senerchia), Quagliettam (Quaglietta di Calabritto), Olivetum (Oliveto Citra), Lavianum (Laviano), Balvam (Valva), Culianum (Colliano), Palum (Palomonte), S.Nicandrum (o S.Licandro di Sicignano), Contursium (Contursi), Pulcinum (Buccino), Aulettam (Auletta), Salvitellam (Salvitelle), et Vetrum (Vietri di Potenza)
Ed ancora: [/] cum omnibus earum pertinentiis, Ecclesiam S.Mariae de Pasano, S.Agathae, S.Gregorii (S.Gregorio Magno ex Casale di Buccino poi con Sicignano), S.Nicolai de Erinio Calabretti, S.Mariam de Grensi, S.Angelum Castellionis (S.Arcangelo a Castiglione di Calitri), S.Petrum de Insula, S.Aegidium Castellionis, S.Mariam de Sanctis (era in territorio di Calitri, oggi di Rapone; fu fondata da San Guglielmo nel 1131), S.Antoninum Petraepaganae, Ecclesiam S.Thomae de Culiano (Badia di S.Tommaso a Cerrutolo dell’ex Casale S.Tommaso oggi Ruvo del Monte; Sancti Thome de Rubo del 1242).
E così termina la bolla. Ecco il testo integrale: Innocentius Episcopus servus servorum Dei. Venerabili fratri Pantaleoni Ecclesiae Compsanae Archiepiscopo, eiusdemque successoribus canonice instituendis in perpetuum. In eminenti Apostolicae Sedis specula, disponente Domino, constituti, fratres nostros Episcopos tam vicinos, quam longe positos fraterna debemus charitate diligere, et Ecclesiis sibi a Domino concessis paterna sollicitudine providere. Ea propter, venerabilis in Christo Pantaleo Archiepiscope, tuis iustis postulationibus clementer annuimus, et praefatam Compsanan Ecclesiam, cui auctore Deo praeesse dignosceris, ad exemplar felicis recordationis Alexandri, et Lucii Praedecessorum nostrorum Romanorum Pontificum sub Beati Petri, et nostra protectione suscipimus, et praesenti scripto privilegio communimus. Statuentes, ut quascumque possessiones, quaecumque bona eadem Ecclesia in praesentiarum iuste, et canonice possidet, aut in futurum concessione Pontificum, largitione Regum, vel Principum, oblatione Fidelium, seu aliis iustis causis, praestante Domino, poterit adipisci, firma tibi, tuisque successoribus, et illibata permaneant. [/] In quibus haec propriis duximus exprimenda vocabulis: Abbatiam S.Laurentii de Tophara, Abbatiam S.Mariae Magdalenae cum omnibus pertinentiis suis, Ecclesiam S.Angeli in Murice, Ecclesiam S.Andreae, et S.Mennae, Ecclesiam S.Martini de Silere, Ecclesiam S.Mariae de Silere, Ecclesiam S.Mariae de Oliveto, et S.Nicolai de fabrica, Ecclesiam S.Luciae de Capite Sileris, Ecclesiam S.Petri de Pistiniano, Ecclesiam S.Salvatoris, Ecclesiam S.Angeli in Monte Nigro, Ecclesiam S.Petri de venatore, Ecclesiam S.Mariae de Spelunca, Ecclesiam S.Ioannis inter duo flumina, Ecclesiam S.Mariae in terra Victimosa, et S.Mauri, Ecclesiam S.Spiritus, Ecclesiam S.Nicolai de Culiano, Ecclesiam S.Nicolai de Palatio, Ecclesiam S.Ioannis de Ceraso, Ecclesiam S.Nicolai de Cirioto cum omnibus earum pertinentiis, et Terram de Sarda, quae est dimensa, Cisternam, Cirrutulum, Castellum de Comitissa, Caletrum, Carpanum, Lormaro, et Turricellum, Castellion de Murra, Maurellum, Petrampaganam, Castellum novum, Malinventre, Tugurium Biarum, Caput Sileris, Calabretum, Senerchiam, Quagliettam, Olivetum, Lavianum, Balvam, Culianum, Palum, S.Nicandrum, Contursium, Pulcinum, Aulettam, Salvitellam, et Vetrum cum omnibus earum pertinentiis, Ecclesiam S.Mariae de Pasano, S.Agathae, S. Gregorii, S.Nicolai de Erinio Calabretti, S.Maria inde Grensi, S.Angelum Castellionis, S.Petrum de insula, S.Aegidium Castellionis, S.Mariam de Sanctis, S.Antoninum Petraepaganae, Ecclesiam S.Thomae de Culiano. Episcopatus quoque inferius adnotatos Ecclesiae tuae metropolitico iure subiectos, tibi, tuisque successoribus nihilominus confirmamus, videlicet S.Angeli de Lombardis, Bisacien, Laquedon, Montis viridis, Muran, et Satrian. Pallium etiam scilicet Pontificalis officii plenitudinem fraternitati tuae duximus concedendum, quo infra Ecclesiam tuam inter Missarum solemnia subscriptis diebus uti debeas, videlicet in Nativitate Domini, festo S. Stephani, Octava Dominicae Nativitatis, Epiphania, et Dominica in ramis palmarum, Coena Domini, Sabbato Sancto, Pascha, et duobus diebus sequentibus, Ascensione, Pentecosten, tribus festivitatibus Dei Genitricis semperque Virginis Mariae, Natalitio B. loannis Baptistae, Commemoratione omnium Sanctorum, Solemnitatibus omnium Apostolorum, Dedicationibus Ecclesiarum, Consecrationibus Episcoporum, Ordinationibus Clericorum, Ecclesiae tuae principalibus festivitatibus, et anniversario tuae Consecrationis die. [/]
Provideas igitur quomodo hujus indumenti honor cum modesta actuum vivacitate servetur, ut et morum tuorum ornamenta conveniant, et esse valeas plus bonis actibus, quam huiusmodi ornamento, auctore Deo, conspicuus. Et quod pastoralis curae contingit officium, dilectionern proberis fratribus exhibere, ut in humilitatis virtute fundatus non eleveris prosperis, nec frangaris adversis. Ipsi etiam adversarii propter mandatum Dominicum tuo circa te copulentur affectu. Et quantum in te est, pacem habeto cum omnibus, et ad pacem studeto reducere discordantes, piis vaces operibus, virtutibus polleas, fulgeat in pectore tuo rationale iudicium cum superhumerali actione coniunctum. Et ita in conspectu Dei procedas, et hominum; quatenus commisso tibi gregi Dominico virtutis praestes exemplum, ut videntes opera tua bona glorificent Patrem nostrum, qui in coelis est, et gaudeant lalem rectorem habere, per quem erudiantur ad fidem, et ad recta opera provocentur. In omnihus etiam, quae officio tuo conveniunt, ita te exhibeas circumspectum, qui gloriam sempiternam adquirere possis in Coelis. Ad haec auctoritate Apostolica duximus inhibendum, ne quisquam post decessum tuum, vel tuorum quorumlibet Successorum alicuius obtentu consuetudinis res saeculares, aut Ecclesiasticas capere, vel ausu temerario audeat retinere, sed futuro Praelato integre conserventur. Prohibentes etiam ne interdictos, vel excomunicatos tuos ad officinm, seu communionem Ecclesiasticam sine scientia, aut consensu tuo quisqne admittat, seu contra sententiam tuam canonice promulgatam aliquis venire praesumat, nisi periculum mortis immineat, ut cum praesentiam tuam habere nequi verint, per alium oporteat ligatum absolvi. Statuimus insuper, ut cum Parochiani tui apud loca religiosa elegerint sepulturam, tibi, et Ecclesiae tuae canonica quarta scilicet testamentorum portio reservetur. Praesenti quoque pagina duximus studendum, ne Monachi, aut Canonici, seu quilibet alii Clerici, vel Laici in Ecclesiis ad tuam dioecesim pertinentibus sine tua auctoritate vel removere audeant, vel instituere Cappellanos, nec Ecclesiam vel Oratorium infra metas tuae Parochiae fabricare, nisi forte privilegiis Romanorum Pontificum muniantur. Ecclesias insuper, vel Ecclesiastica beneficia nullus haereditario iure possideat, quod si quis hoc facere forte contenderit, censura canonica compescatur. [/]
Prohibemns praeterea, ne quis Comitum, vel Baronum ad Comitatuum Compsanum quomodolibet pertinentium contra immunitatem Ecclesiae tuae Regia liberalitate collatam ante, vel successorum tuorum securitatis, vel loci exigat iuramentum; libertates, et immunitates Ecclesiae tuae pia consideratione indultas, et antiquas rationabiles consnetudines hactenus conservatas integras permanere sancimus. Decernimus ergo, ut nulli omnino hominum fas sit praedictam Ecclesiam temere perturbare, aut eius possessiones auferre, vel ablatas retinere, minuere, seu quibuslibet vexationibus fatigare, sed omnia integra conserventur eorum, pro quorum gubernatione, et sustentatione concessa sunt, usibus omnimodis profutura, salva Sedis Apostolicae auctoritate. Si qua igitur in futurum Ecclesiastica, saecularisque persona hanc nostrae constitutionis paginam scienter contra eam teniere venire tentaverit, et secundo, tertiove commonita, nisi reatum suum congrua satisfactione correxerit, potestatis, honorisque sui dignitate careat, reamque se divino iudicio existere de perpetrata iniquitate cognoscat, et a sacratissimo corpore, et sanguine Dei, et Domini Redemptoris nostri lesu Christi aliena fiat, atqne in extremo examine districtae ultioni subiiciat. Cunctis autern eidem loco sua iura servantibus sit pax Domini nostri Iesu Christi, quatenus et hic fructum bonae actionis percipiant, et apud districtum iudicem praemia aeternae pacis inveniant. Amen.
Ego Innocentius Cath. Ecclesiae Episcopus - Ego Petrus Portnen. S. Rufinae Episcopus - Ego loannes Episcopus Albanensis - Ego Guido Praenestinus Episcopus - Ego Pandolfus XII. Apostolorum Presbyt. Card. - Ego Petrus tit. S. Ceciliae Presbyt. Card. - Ego Iordanus S. Puden. tit. Pastoris Presb. Card. Ego Goffredus tit. S. Praxedis Presb. Card. - Ego Bernardus S. Petri ad vincula Presb. Card. tit. Eudoxiae - Ego Gregorius S. Mariae in porticu Diac. Card. - Ego Gregorius S. Georgii Diac. Card. ad velum Aureum - Ego Gregorius S. Eustachii Card. Diac. - Ego Benedictus S. Mariae in Dominica Diac. Card. - Ego Matthaeus S. Theodori Diac. Card. - Ego Ioannes S. Rom. Eccl. Diaconus Card. - Datum Lateran. per manum Blasii S. R. E. Subdiaconi, et Notarii III. Idus Novembris Indict. IV. Incarnationis Dominicae anno MCC. Pontificatus vero Domini Innocentii Papae tertii anno tertio.