LA DIVISIO DUCATUS E IL CATEPANATO ITALIA. I Bizantini padroni del Principato di Benevento Nova

25,00


LA STORIA DELLA LONGOBARDIA MINORE RICOSTRUITA SUI DOCUMENTI

1. BENEVENTO urbe DI RE LOTARIO

Fine dell’Impero Carolingio:
il Ducato assorbito dal Regno d’Italia

Valle Sorana non è Sora,
Monte Cora dell’abate domino Autperto

La prima fondazione di Cava
e Capua Porta Aurea aggregata a Salerno

2. langobardia minor in regno d’italia

Salerno aggregata a Capua Porta Aurea,
nuova sede del vescovo salernitano

Contea Capua in Langobardia,
Benevento diventa Principato autonomo

La distruzione di S.Vincenzo Apostolo
e di San Modesto dell’ex Principato

I bizantini respinti dai Franchi
che occupano Capua Baris

Capua capuluogo della Longobardia:
le Signorie autonome

S.Modesto di Duda era già scomparsa
la nuova S.Modesto distrutta a Benevento

3. lo scisma e il catepanato italia

Dallo scisma della Chiesa,
nacque il Catepanato Italia

I bizantini guidati
da Pandone e Atenolfo I

La Contea di Porta Aurea
conquistata da Landolfo II

Bizantini sul Principato beneventano:
il Catepanato Italia a Benevento Nova

I Beneventani scapparono da AtenolfoII
e riparano a Capua Porta Aurea M.Aureo

Castello S.Arcangelo di Villa S.Vito
a Monte Cora della Badia di Cingla

A Irpinum poi distrutta dalla peste
sita all’Arce di Ircolano fra i ruderi di Teate

Qual è la Teano
del tesoro cassinese dell’860?

San Felice sulla Via Antica Marsicana,
S.Donato di Casal di Principe

I Saraceni invadono il Garigliano
e vengono scacciati dai Bizantini

Arrivano i Bizantini guidati dagli
alleati Amalfitani contro Calvi di Vairano

Salernitani Amalfitani distruggono
il Castello di Atenolfo costruito su Calvi

Monte Cora: confine del 958
fra Capua e i Principati riuniti (Bn-Sa)

Amalfitani su Benevento,
Beneventani su Capua, via i Capuani

La Longobardia con un Duca,
un Conte ed un Principe

Bairano, S.Agata a Torcino
e l’episcopio di Capua dati a Venafro

note bibliografiche

1. Abella fu, prima di tutte, abitata dagli Ausoni, quindi fu capoluogo dell’Ausonia, cioè dell’Ytalia antica del Phaeto, ossia Ate, da non confondersi con l’attuale cittadella di Ausonia (prov. Frosinone), chiamata Fratte fino al 1862, che comunque è nell’attuale Lazio. Questo luogo fu riabitato dai romani con due colonie: una di Irpini e una di Sanniti, insediate vicinissime fra loro, e chiamate Vena Ventana Maggiore e Vena Causa o Acquosa.
Nel tenimento di questa terra, e propriamente alla distanza di 50 passi dall’abitato vi è Pleuti, o Pleuto, terra distrutta, e comunemente vien chiainato Chieto-vecchio. Si vuole che fosse inolto antica, e forse fondata dopo la distruzione di Cliternia, e si vuole poi distrutta a cagione di niolte disgrazio di guerre, terremoti, peste, ed altri infelici avves nimenti, a qui sono stati soggetti quasi tutti gli altri luoghi littorali della diocesi Larinate.
Vi sono i vestigj di altra terra distrutta chiamata Venacquosa, la quale si vuole pure surta dopo la distruzione della stessa Cliternia, oppure che fosse stata quella luos go di sua pertinenza. Nelle bolle di Niccola il del 1061, di Alessandro Ill del 1172, e in una relazione, che fa Giovanni vescovo di Dragonara a Gregos mio IX si dice, che non avendo stimato di portarsi nel monistero di Tremiti, si era fermato in un luos go all’incontro di detta ispla, che chiama Venam de Lausis, che io credo corrottamente appellato, e da non dover essere affatto diverso dal già additato paese di Venacquosa, Ora quel suolo è tutto padua losa, e forse fu detta Venacquosa dalle molte sorgi, ve di acqua, che vi doveano essere, e nel secolo XML era tuttavia abitata. La sua distruzione ebbe ad avvenire per le stesse ragioni addotte per la terra di Pleyti.
Finalmente vi era un terzo casale , appella to Vena-maggiore, della quale se ne fa parola nel catalogo de Baroni pubblicato dal Borrelli leggendosi: Vitus Avalerius tenet Ben.1 maiorem quod est feudum I militis et tenet medium Montorium quod est medium feudum. Ora da quei naturali è chiamas to Benamaiuri. In oggi è una difesa, che appellano Mazzarazza, distante da Chieuti miglia 4 in circa. Ebbe poi a distruggersi per le di già sopraccennate ragioni.
Il territorio di Chieuti è intanto molto esteso e ferace nel dare tutte quelle produzioni necessarie al viver dell’uomo. A levante tiene il feudo rustis ço della badia di Trezziti, ad accidente il torrenste detto Sarciòne; è a mezzogiorno e tramontana il mare.
Comprende da 5400 moggi, e tiene molte sorgive di acque; per cui può dirsi uno de’ migliori Juoghi di quella regione. Evvi però una parte del suo territorio,che niente produce, perchè secchissimo. i Chieutesi sono industriosi, hanno commercio con altre popolazioni, ed esercitano l’agricoltura con qualche profitto. Non vi inanca la caccia di lepri, volpi; e quella di altre sorte di uccelli, secondo le proprie stagioni.
Fu posseduta dalla famiglia Gonzaga de’ principi di Melfi. Indi dalla famiglia d’Avalos di Aragona de marchesi del Vasto, insieme con Serracapriola, e finalmente verso il 1742 fu comprata colla detta terra di Serracapriola da Niccolò Maresca per ducati 190.000.
2. Ed.Neigebaur. cfr. Paolo Diacono, in Elio Bartolini, Tea, pag.321. Sull’Antica Telesia c’è da aggiungere che è citata come “Antiqua Telesia”, anche nelle pergamene dell’episcopio di Troia poco prima del 1000, nelle adiacenze di Civitate Abella e Civitate Troia (CDB) che non corrispondono affatto alle attuali Telese Terme, Avella e Troia nate come Terre Beneventane solo nella ripartizione Angioina.
3. In Picariello, La Valle, pag.31.
4.Il nome Baris dato alla Civitate è stato abraso nei rotuli di Capua (“Civitate…….”), ma che ci si riferisse ad una Capua in Baris del Principato di Falerno è evidente in seguito.
5. Il Cesaropapismo dell’Impero d’Oriente si manifestò nella sua forma più completa nell’unione del patriarcato di Costantinopoli, il primo patriarcato dell’Oriente cristiano con gli imperatori bizantini. Da allora i patriarchi di Costantinopoli misero in opera ogni accorgimento per godere di onori pari a quelli riconosciuti al papa e all’imperatore di Roma. Nacque quindi in Costantinopoli questo sistema di rapporti tra Stato e Chiesa fondato sull’ingerenza e sul predominio dell’autorità civile nei confronti di quella religiosa. Nell’Impero romano-bizantino era continuata insomma la tradizione della Roma pagana in cui la funzione di pontifex maximus era attribuita all’imperatore con ingerenze in materia dottrinale.
6. Seodan era stato talmente fanatico al punto di far insediare nell’episcopio di Civitatem Novam il Paululu, cioè la massima carica politico-ecclesiastica avversa al papa che si rifaceva all’apostolo Paolo e non all’apostolo Pietro. E quindi, anzichè papi della cattedra di Pietro, si dissero della cattedra di Pauli.
7. Il cronista afferma che l’ultimo Lando di cui parla regnò 13 anni, di cui 4 nella città che andrà a ricostruire il cui nome è purtroppo raschiato. La divisione avvenne quindi al nono anno di esilio. Poichè i Saraceni avevano scacciato Lando nell’840, si ricava che al Ponte Casulini, fu costruita una città, “condiderunt ibi Civitatem (Baris) que nuc est Capua” nell’849. Lando visse dunque a Ponte, per quasi 5 anni, dall’841 all’846, dove costruì la seconda Civita Capuana che fu detta Porta Aurea, facendo quindi nascere Capua II a Porta Aurea a Ponte del Monte Tifata.
8. Per non parlare delle ulteriori confusioni che ne verranno dal Monte dei Tauri, in Taurania, cioè zona Taurano-Lauro, con il Castello normanno di Montetaùro, cioè Montaùro.
Avremo così Montorji, Montàuri e Montaùro che sono in luoghi completamente diversi fra loro, fino al penultimo spostamento del signore di Rota, Sanseverino, che fonderà il Castello della nuovissima Montorio presso il paese che porta il suo nome, Sanseverino, e all’ultima defatigante divisione borbonica che, spaccando il Principato, portera ad avere anche un Montorio Superiore e un Montorio inferiore. Da Sant’Angelo a Cancello a scendere al Sabato verso Benevento Verolum era guastaldato dei Montellari. Qui nascerà il futuro Castello della Serra in Principato di Benevento.
9. Del Re, pagg.11, 81, 46. Segue BAV, Vat.lat. 4939, ff. 116r-116v in Bove, Partenio, pag.15. V. Piperno, Il noce.
10. Bartolini, ASM. V. Gattola, Historia Cassinensis). cfr. Napolitano, Nuova guida, 1987)
11. Nel Cronicon di San Benedetto Casinensis, nel parlare del fondatore del Castello di Capua a Ponte (in Cilento, La Cronaca… pag.38), si afferma che “Nomine set Capua // vocitatur et ista secunda. Providus in cunctis patrie populique iuvamen, Lando comes studio sollerti hanc condidit urbem. Aurea porta vocatur, fert quia lucis Honorem”. E’ questa l’iscrizione che stava sulla porta di Capua: “Capua caput urbium”. Cioè nella sostanza è detto che Lando costruì una seconda Capua chiamata la Porta Aurea in Honorem (ex agro romano di Sicilia con a nuovo capoluogo non più Numa ma Herculaneo).
A Capua Porta Aurea si ritrovarono dunque il Rettore Lando, il fratello Vescovo Landolfo, e i fratelli Landenolfo, Landone e Pandone. Mentre passava a miglior vita Landone, nè LandoII, erede ufficiale di Capua, nè i suoi fratelli ne trassero vantaggio in quanto ne approfittò Guaiferio, Principe di Falerno, mentre sulla seggiola di Benevento Verola siedeva il vescovo Landolfus, ormai nelle grazie del re.
11 bis. CDB, prg n.104, pag.143.
Houben, Il saccheggio, in San Vincenzo.
12. Livio, Ab Urbe, XXVI, 8.
13. Loew, Die Altesten Kalendarien aus Monte Cassino. Cfr. Ed. Traube, III, 3, Munchen 1908, p.15.
13 bis. Placido Tropeano, CDV. Cfr. Acta Sanctorum, octobris, I, pp. 325-9). Sui cronisti A e B, v. Cilento, La Cronaca dei Conti e dei Principi Longobardi di Capua.
14. Cronicon Salernitano, in Cilento, La Cronaca.., pag.42.
15. Cilento, La Cronaca…, pag.41.
16. Il cronista Costantino Porfirogenito afferma che nel 949 erano trascorsi 73 anni dalla rifondazione di Capua nuova, cioè nell’876 (Cilento, pag.39).
17. Erchemberto.
18. CIlento, op.cit., pag.26).
19. Chronicon Volturnense, a cura di Vincenzo Federici, Vol II, Roma, 1925.
20. Cr Volt, II, 10 doc.),
21. Bertolini, in Schipa, pag.40.
22. Bertolini, Gli annales, pag.163.
Landolfo a (1038-1070-1073 col figlio, da solo: 1073-1090)
Pandolfo a (1053-1056: col padre – 1073)
Landolfo b (1041-1076: Principe, domino:1076-1077)
(resta a Benevento col Papa quasi 4 anni dal 1073-1077)
Pandolfo b (1060-1076 Principe-1077)
(1077-17=1060)
Pandolfo c (1053+48-1101)
23. Erchemberto.
24. Chronicon Volturnense, a cura di Vincenzo Federici, Vol II, Roma, 1925.
25. Ivi.
26. Ivi.
27. Ivi.
28. Ivi.
29. ivi.
30. Ivi
31. Abbazia di Montecassino, Chronica S.Benedicti Casinensis, pag.473, n.7.: Per idem tempus Siconolfus princeps pro Spanis tribuendum de beatissimi Benedicti coenobio thesaurum abstulit perplurimum. Siquidem vice prima baziam argenteam, vaucas par 1, in gemmis et smaragdis spora par 1 saricamque sericam de silforis cum auro et gemmis. In alia igitur vice centum triginta in vasis auro libras. Tertia itaque vice trecenti sexaginta quinque argento libras et tredecim milia solidos auro figuratos. Quarta videlicet vice vatias duos pensantes libras triginta et fundatos duplices septem. Quinta nichilhominus vice matiatos solidos ae praedolatos quattuordecim abstulit milia. Et post hec in agrifis batiam unam et scaptonem 1, Constantinopolitano deaurate fabrofacte vasa opere. Porro insequenti vice sexta per Landonem comitem et Aldemarium gastaldeum vim ex coenobio sustulit isdem Siconolfus praedolati solidos duo milia et sui principis coronam Siconis genitorisque de auro ac gemmis smaragdinis ornatam. Et hoc neque sibi profuit, animamque iugulavit suam; sed neque quod fallere monachos promittendo nisus est, ei neque profuit nichilomimus seu patriae; sed videlicet abhinc nullum ei amplius evenit triumphum victoriae. His diebus inter utrosque principes factum est in Cancellos bellum perexecrabilem. Aliquantis interim elapsis temporibus, Massar dux Benevento residens in auxilium Radelchisi principis, beatissimae Dei genitricis in Cingla Mariae monasterium devastabit castellumque postmodum Sancti qui cognominatur Viti coepit. Telesinium possidens castrum, Sitim humiliabit totamque devastabit Apuliam et caetera nichilominus loca. Quandoque pervenit secus almi Benedicti monasterium. Cuius adeo ita divinitus mens immutata est, et, dum unus eius canis vellet in pratis unam comprehendere aucam, per semed ipsum eum flagello concurrit et eadem de ore captoris expulit abem. Cumque ante ianuas assisteret monasterii, protinus portas claudere iussit, ne subsequentes introire magaritae praesumerent. His expositis, pertransiit Aquinum ac depraedavit Arcem vicinaque loca; Novembrio autem mense post dies octo reversus est Beneventum. Mortuo itaque Siconolfo apud Salernum, Sico, filius eius, specietenus ei successit in principatum. Isque post aliquantulum Franciam puerulus transducitur… Cfr.: Chronica Sancti Benedicti Casinensis, Edizioni Georg Waitz, Rerum Langobardicarum, 1878, pagg.468-488; Alessandro Pratesi, Chronica Sancti Benedicti Casinensis in: Montecassino dalla prima alla seconda distruzione. Momenti e aspetti di storia cassinese secc. VI-IX, Edizioni Faustino Avagliano, Miscellanea Cassinese 55, Montecassino 1987, Pagg. 331-346; Walter Pohl, Werkstätte der Erinnerung. Montecassino und die langobardische Vergangenheit, Vienna, 2000/01).
32. Anonimo Cassinese, Historia, Cap. XXIV: con l’aiuto di Landone, conte e quasi sacerdote, si costruisce a Teano un monastero per le Serve di Dio.
33. Fonti, San Vincenzo al Volturno, pag.165, vol.I. 33. Luoghi del catasto Onciario di Casal di Principe sono: San Benedetto, La Rinchiusa, Borrettino, Castagna, Scagliuni, Limitone, Casarella, Viesporo, Campo Romano, Vicariello, Cinquanta Moggia, Arbustiello, Li Tiruni, Le Decime, Scampia, La Croce, Trivice, Le Pescine, Le Cerquelle, la Regina, La Taverna, S.Maria Pretiosa, Lo Pizzo del Giardino, La Starza, Quattro Pani, Li Navali, Fossa Verdesca, Le Vocelle, Casa Volpe, Lo Sacco, San Giovanni, La Palude, Le Fosse, Moliniello, Li Caprari, San Donato, Sant’Andrea, Santa Lucia, La Campanara, Li Pioppi, Starza Grande. Fra i luoghi della Chiesa parrocchiale c’è Piazza Longa, La Nuceresa, la Maniscalca, Acqua Viva, Pettolella, Casa Pagliaro, La Foresta, La Tonachella, Sabesa.
34. Alla liberazione di Bari nell’871 segue la distruzione dell’abbazia di San Vincenzo nell’881, comprese le chiese annesse. Nell’883 poi tocca all’abbazia di San Benedetto di Castro Casino. Le sedi delle due abbazie si trasferiscono a Capua sotto la protezione di Atenolfo che aveva riunito i principati di Capua e Benevento, riducendosi gli abati a diventare agenti dei principi, che videro le loro terre invase dai signori circostanti. Ma il calcolo del Cronicon Vult (II, p.6 e n.2) che pone l’avvento di Atenolfo nell’edificazione della nuova Capua nel 856 è falso a dire di Cilento (pag.48) che verrà solo nel gennaio del 900 col principato di Capua-Benevento allorquando egli fu incitato dai potenti signori beneventani ad impadronirsi di Benevento messa in ginocchio dal “cattico” Radelchi II, principe imposto dalla sorella imperatrice Ageltrude nell’aprile dell’897. “L’inizio al 900 degli anni di Atenolfo -scrive Cilento – nel principato di Capua-Benevento trova conferma anche in un diploma conservato nel Registrum Petri diacono” (pag.48). Con Atenolfo parte l’associazione alla guida del governo con un figlio, un fratello, etc. Il contemporaneo di Atenolfo, Eugenio Vulgario, che visse tra l’887 e il 928, dedicando qualche verso lo intesta: “Dic, Capuane, quali sub principe sistas”. “Occorre precisare – scrive sempre Cilento – che con l’elevazione di Atenolfo a principe di Capua-Benevento non può dirsi nato il Principatus Capuae”, secondo la formula delle intitiolazioni degli atti tipo quelli di Salerno. “In essi la “superscriptio” si limita ad indicarli come “Longobardorum gentis principes, in quanto il “principalis honor” si riferisce alla persona e non a un particolare dominio (cifr Voigt, Poupardin, Bertolini e altri) – Cilento-. Cioè le espressioni “Capuae”, “Capuanae civitatis”, “Capuanorum” o “Capuanus” “princeps” sono delle fonti narrative anche di altro ambiente (Da: Cilento, Gregorio da Catino).
35. Dal figlio Romano Il Giovane (948-15 Marzo 963), al quale si era associato al trono, l’Impero passò nelle mani di Niceforo Foca, la morte bianca dei Saraceni (Tommaso Braccini, Cronologia Bizantina)
36. Storia dei papi, pag.343. Ottone scese in Longobardia nel gennaio del 962 e poi a Roma dove, il 2 febbraio 962, fu incoronato, con la regina Adelaide confermando le donazioni di Pipino e Carlomagno ed estendendo lo Stato Pontificio a 2/3 dell’Italia, sancendo, l’elezione del papa come soggetta all’autorità imperiale fin dal 936, quando l’eletto giurò fedeltà all’imperatore, supremo Signore dello Stato Pontificio, così come già stabiliva la costituzione dei Lotario dell’824.
Il papa tradiva il patto scappando e, nel 963, Ottone nominò a successore, il 6 dicembre 963, Leone VIII. Ottone partì e Giovanni tornò a Roma a febbraio. Ottone marcia su Roma, Leone viene convalidato e Giovanni XII scappa e muore in Campania il 14 maggio 964.
Messo da parte Leone i romani elessero anche senza il consenso di Ottone il diacono cardinale Benedetto a papa Benedetto V, al quale successe Giovanni XIII (1.10.965-6.9.972), cioè Romano figlio di Giovanni Episcopo.
Papa Giovanni XIII, per favorire i disegni politici (idem, pag.350) di Ottone elevò Capua e Benevento a sedi metropolitane, crebbe la tensione fra la chiesa d’occidente e quella d’oriente, spingendo il Patriarca di costantinopoli ad elevare a sede vescovile Otranto ed altre cinque sedi suffraganee per ostacolare l’influenza romana nelle province bizantine di Puglia e Calabria (idem). Giovanni fu poi sepolto nel 972 in San Paolo fuori le mura.
37. Bertolini, in Schipa, pag.37.
38. ASS, in Ughelli, Italia Sacra. Cfr. BAV, Vat.lat. 4939, ff. 116r-116v in: Bove, Partenio, pag.15. Cfr. Del Re, cit., pag.65. Sulla pergamena verginiana vedasi CDV, 1037. Cfr. Marra, I Conti.
39. Cfr. Erchemperto. L’assassinio avvenne per mano del generale Giovanni Zimisce, facendolo salire al trono e richiamando i vescovi che erano stati esiliati dal suo predecessore perchè avevano dichiarato martiri i soldati morti in guerra, ma allo stesso tempo toglie le rendite assegnate a chiese e monasteri, e si arroga il diritto di scegliere personalmente i vescovi. Deposto il Patriarca Basilio (970), la principessa Teofano è inviata in sposa all’imperatore Ottone II (972), quando Giovanni Zimisce conquista Damasco e muore di tifo il 4 Dicembre 975, lasciando il trono ai legittimi piccoli successori: Romano Il Giovane, Basilio e Costantino, ma ancora guidati da un rettore, l’eunuco Basilio, loro prozio. (Tommaso Braccini, Cronologia Bizantina).

40. Ecco qualche stralcio delle pergamene:
Anno 963
Il 3 settembre 936 (Doc.88, Vol.II, pag.44) si svolge la causa fra Rambaldo abate di S.Vincenzo e Maione che si contendevano il possesso di venti terre presso Teano: …nonadecima pecia est ad Torcinu in finibus Benafro, ubi ecclesia Sancte Agathe edificata ets, subiecta suprascripti sui monasteri, habente fines: ab una parte ipsu flumicellu, qui vocatur Torcinu; de alia parte Vallis, que est inter ipsum montem, ubi edificatum fiut castellum, quod vocatur Casi, et colle qui vocatu Fallascuse; de III parte Cacumine Montis, qui dicitur Maiore; de IIII parte Via Antiqua, que descendit da predicta valle, et pergit circa ipsum molimentum usque in predictum flumicellum…
Vicesima pecia ibique coniucta est, ubi est predicta ecclesia Sancte Agathe, habente fines: de una parte fine suprascripto flumicellu, et terra seu et predicto monte; de alia parte padule, de III parte Cacumine de predicto Monte Maiore, et quomodo pergit usque (colle) in Forcella, que vocatur (Colle) Corvuli, et quomodo descendit in suprascripta padule, et terra eiusdm monasteri.
Et dixerunt quod essent mensurat ad passus de mensura Landonis senioris castaldei. de his autem supranominatis terris causabat ipse Maio contra supradictum Raymbaldum venerabilem abbtem dicendo…

Anno 965
Un’altra conferma è dei principi di Capua nel 965. Di fiume Sangro ai piedi del monte Azze sul fiume Melfa che si congiunge al Mellarino al vertice del monte Balvola, sui cui cigli sono montem Alchanum, monte Marthe e monte Casale, in ortum riaginis detto Ravennola ai piedi di Monte Benafrano, super Urbe. Monte che revolve sul ciglio dov’è la terra di Arcora, dov’è la chiesa ereditata da Santa Maria Genitrice Dei, chiamata Olivetum, soggetta a San Vincenzo, come la chiesa nichilominus di Santa Cristina con le sue reliquie circondata dal fiume Vulturno. Dall’altra parte, “nam ex alia parte iterum inchoante a prima fine cum iam dicto fiuvio Sangro”, a Parum colle, c’è rivo di Foruli in fiume Bantra che decurre in altro fiume, quod Bulturnus vocatur. La conferma quindi al monastero di San Vincenzo in Monte Aceru, qui est super territorio Cummanense (tradotto in Cominense, Vol.II, pag.158).

Anno 983
Nel 983 Ottone II conferma a San Vincenzo i beni ricordati nella donazione di Ottone I del 962. Dalle parti di Samnie, il Monte nuncupatur di Azze sul fiume Sangro, che gira sul fiume Melfia che si congiunge al fiumicello Mellarino, dell’ex loco in Cacumine monte, a Barbola, fino al vertice del Monte Archano, Monte Marte, Monte Casale, nell’orto di Ravennole, super Benafranam Urbem. Dal vertice del monte revolve quindi ad Arcora dicitur, eredità della chiesa di Santa Maria ad Olivetum suddita di San Vincenzo Volturno, fra le terre del fiume Volturno, Arcora, colle Aparum, rivo Foruli, fiume Vantra.

Anno 983
Del 983 è il documento succesivo, il 144, in cui si recita il Sangrum del Monte Malum, Monte de Azze sul Melfam, il fiume Mellarino dove l’acqua di Bantra si congiunge al Volturno, il fiume Forulo sulla via Antiqua, e il rivo Gizzoli, la cella di Santa Maria in loco Olivetum con le sue pertinenze che sono le celle di: cella Sant’Agata (e Sancti Petri nel1059, doc.204, Cv.Vol.III, pag.94) di loco Turcino, cella San Pietri di Bairano, da quella di San Vincenzo in Civitate Neapoli a quella di Santa Colomba in Sora, a quelle di San Donatu in Cominu a San Pietri iuxa Civitatem Beneventana sul fiume Sabbati, Castaneto, Castro Pinianu (cella di Santa Maria in Castanieto che è in Castro Piniano, da doc.187 del 1038, Vol.III, pag.22), San Giovanni de Lucera (nel precetto dell’imperatore Corrado II, doc.187 del 1038 è chiamata San Giovanni “de Nucera”), Santa Maria in Quinque Milia, San Vincenzo de Telese, cella e mulino di San Giovanni de Lisine, Sant’Eleuterio in Fundiliano, Santa Maria de Loco Sano, San Vincenzo de Tocco con tutto ciò che comprendono, dai castelli alle valli. Eppoi la cella infra Salernitata Civitate costruita in onore di San Giorgio ed altre (Doc.143, vol.II, pag.243).
Nel 1014, è l’imperatore Enrico II, a confermare i beni già assegnati da Desiderio, Carlo, Ludovico e Lotario (doc.185, Vol.III, pag.10).

Anno 1014
In montem qui nominatur Tauri era a Benafro. Monte Tauro, monte Caballum, Montem Casale e Montem Malu congiunto al Monte Acze (o Azze) in fiume Melfia (o Melfa in doc.185 dell’anno1014), affacciavano sulla Valle della chiesa di Sant’Eleuterio e San Cosma e Damiano di Monte Arcanum e Monte Marte sull’orto di Ravennola. Dove il Melfia si congiungeva con il con il fiume Mellarinus ci si trovava sul ciglio di tutti questi monti, detti di Barbola, che affacciavano sull’Urbe, citandosi altri fiumi essendo l’orto di Ravennola sul fiume Vulturno (del monte Puplicos in monte Benafrana, sulla terra di Arcora con la chiesa ereditata da Santa Maria Genitrice Dei di Olivetum, la chiesa nichilominus di Santa Cristina, in doc.185) che si congiunge al Vantra (Vuantra in doc 185) che si congiunge al Foruli e al Gyzoli in Sangro.
Conferma che si rinnova risponverando le donazioni di Desiderio, Carlo Lodovico e Lotario nel 1014 fra cui Barbola, Monte Arcano, Monte Marte e Monte Casale, Orto della Riagine di Ravennola, Monte dell’Urbe Benafrana (CV, Vol.III, pag.10). E che si ripete nel 1038 in un atto di S.Vincenzo e scritto in “Actum Vetere Capua”, l’imperatore Corrado II conferma a S.Vincenzo il privilegio di Enrico II (n.185) fra cui la Cella S.Sossi [Vico Pantano presso Casal di Principe] nel suo bosco di Liburia dove si dice Pantanum, oltre la Cella di S.Agathe in loco Turcino e la cella di S.Petri in Vayrano (CV, Vol.III, pag.22-25).

Description

I BIZANTINI DI RAVENNA PADRONI DI BENEVENTO

L’originario litorale di un corno e un’isola sono l’Italia dell’Esperia. L’Urbe Latina, detta anche solo Urbe dagli scrittori latini, è confusa spesso dai con un’altra capitale, che è Urbe Roma, dagli stessi scrittori romani.
In un discorso così semplicistico in verità le difficoltà aumentano nella ricerca dei luoghi dell’antico Latum dell’Atense di Teate, ma Bascetta, in questa nuova collana sui luoghi originari dell’Italia prima dei Normanni, ci presenta un’Apulia inattesa, inaspettata. Senza arenarci abbandoniamo dunque momentaneamente Plinio per dedicarci a Servio, lo storico del poeta Virgilio. Servio, chiaro fin da subito, riapre egli stesso la questione del doppio Lazio: Latium duplex est. E questo ancora ai suoi tempi. Infatti, a suo stesso dire, si aveva un Latium a Tiberi, presso Fundi, e l’altro presso il Velturnu, definito Vecchio Latio, fra cave e monti, in origine abitate dai Casci (Osci), aggiungendo che il Latio dell’agro di Lauro dove fosse sbarcato di Enea fu quello abitato dai Latini.
E Bascetta, in questa collana aggiornata, ridisegna la geografia storica da zero, partendo dal Promontorio detto Iapygia, che scorre per l’Italia lunghissimo nel mare, per risalirlo e giungere subito all’Esperia, sul confine del L’Atense latino dell’Atinate, l’Universo di Enea scomparso, perché distrutto dalle fiamme eruttate dalla stella. L’Esperia era proprio un litorale, il futuro agro Troiano, quello inghiottito dalla lava che generò l’orto del male oro…

Sabato Cuttrera

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Editorial Review

<strong>IL MONTE CORA ERA IN PUGLIA</strong>

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La Valle di Soram non è affatto quella dell’attuale Sora in provincia di Frosinone, bensì il territorio fra Tufo e Prata, dov’erano Cominio e Crito che Livio pone sicuramente a 4 miglia da Benevento. E’ la Soram presso Falernum di cui ancora si parla nel 1200. Gli scrittori sincroni del periodo svevo, descrivendo i luoghi delle diete stabilite, come quella tenuta in Apulia, quella tenuta in Capitanata, quella tenuta a Gravina in Basilicata, affermano che se ne tenne anche una a Soram, riguardanti due grandi feudi circoscrizionali del Principato, affermando essi, che la dieta si tenne.
Dice Del Re che in Principatu, Terra-Laboris, et Comitatu Molisii usque Soram, apud Salernum, cioè Sora e il Comitato De Molisii, si tennero a Salerno, perchè più vicine a Salerno, fra gli altri luoghi delle diete. In più Riccardo da San Germano, discorrendo sempre della zona parla di un fluvium Capuae transiens senza per nulla accennare al suo nome e, perfino il presunto lago del Fucino (così tradotto da Del Re) è solo detto in lacu submersis. Anzi, parlando della promozione di Oderisio di Aversa monaco casinensis scrive che fu promosso da Papa Gregorio ad abbatem Sancti Vincentii, al quale Del Re, nella traduzione, aggiunge fra parentesi a Volturno. E Cominio e Crito liviane sono sempre site a 4 miglia da Benevento, come dice Livio, cioè la Valle di Crito e Amine, uno dei sette agri privati in cui fu diviso l’algro pubblico romano, è Pastene, il quartiere di Sant’Angelo a Cupolo, di fronte Arpaise. Il monte Coram dove ha il dominio Autperto e dove insiste la prima fondazione di San Vincenzo, è proprio lo stesso Monte Cora che ritroviamo come luogo di confine del guastaldato di Furcolo in Principato di Falerno, fra il casale Caramano e Villa Maiorana, sulla via Major, dopo il Casale del monastero di San Pietro Apostolo: - fine pede de Monte qui dicitur Cora et rebolbente per pede de eodem monte usque in loco qui nominatur Finita et ab inde trans ipsa strata Maiore directum per via illa qui descendit ad ipse Plancelle.9
Il monte ha mantenuto il nome fino al Basso Medioevo. Anche Pietro Piperno, nel suo “Il noce di Benevento” edito nel 1640, descrivendo i confini del territorio di Benevevento, parla del Monte Coro: - dalla parte occidentale e di Coro vaghissime pianure e deliziosi colli di San Vitale e Francavilla. E’ Francavilla, la Villa dei Franchi, cioè sempre di Villa Maiuri, Villa Magna, o Villa Maggiore che dir si voglia, si tratta. Lo stesso Piperno aggiunge: per la via che da Benevento tira in Puglia verso Coro.