GRAND TOUR LUCANIA 2. Nei Journals of a landscape painter in southern Calabria del 1847

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Copertina posteriore

UN LIBRO, UN DIARIO, UNA GUIDA: LA BASILICATA IN 100 PAGINE

Il libro che ti accingi a leggere, cara Lettrice e caro Lettore, è diviso in due parti; questa, che ora leggi, è la seconda, con le note e l’indice analitico di entrambe. Esso riporta nella traduzione italiana le narrazioni di tre viaggiatori inglesi – H.Swinburne, Keppel Craven, Edward Lear – che descrivono la loro visita nella regione del monte Vulture con le sue città e i suoi paesi. Abbiamo voluto concentrare l’attenzione su questi tre personaggi, perché viaggiatori provenienti dalla stessa nazione (il Regno Unito), perché visitano gli stessi luoghi, perché effettuano i loro viaggi in un arco di tempo che va dalla fine del XVIII secolo alla metà del successivo, quando nel Regno di Napoli si verificarono importanti eventi (si pensi alla Rivoluzione del 1799, al Decennio Francese, alla Rivoluzione del 1820-21).
La Basilicata è stata visitata, nel XVIII e XIX secolo, da diversi viaggiatori stranieri, i quali nei loro diari hanno lasciato significative narrazioni di quello che avevano visto e delle persone che vi avevano incontrato. Narrazioni che, una volta pubblicate, avevano suscitato curiosità e interesse nei lettori di mezza Europa. Come scriveva, nel 1785, M.lle De Keralio nella sua prefazione alla traduzione francese del libro Voyages dans les Deux Siciles di H.Swinburne: «Poiché le opere di H.Swinburne godono da lungo tempo in Francia del favore del Pubblico, ho creduto che il suo Viaggio nelle Due Sicilie, apparso meno di un mese fa in Inghilterra [nel 1783], sarebbe, come gli altri scritti dello stesso Autore, capace di interessare i Lettori francesi in modo utile e piacevole, e così mi sono accinta a tradurlo nella nostra lingua».1
Ai nostri giorni, le opere di questi viaggiatori stranieri sono oggetto di studio e di accurate riflessioni. Un’interessante antologia è quella di G.Caserta,2 dove si possono leggere, in traduzione italiana, le relazioni di diversi viaggiatori di alcuni paesi europei, venuti nei secoli scorsi a visitare la regione. Impressioni, resoconti di viaggio che ci fanno “vedere” come gli stranieri percepivano le realtà, sociali e culturali, delle province interne del Regno di Napoli e ritrovare nelle loro annotazioni le cose buone da essi riscontrate. Perché, forse, troppo a lungo abbiamo trascurato, se non sottovalutato, quanto di positivo la nostra tradizione culturale ci ha tramandato. Uno sguardo attento sul nostro passato certamente ci induce a considerazioni, se non ottimistiche, sulla condizione odierna del Meridione, quanto meno a non abbandonarci a lamentazioni retoriche sulle passate arretratezze rispetto alle nazioni allora più avanzate nel campo economico e sociale.
Cosa che diventa indispensabile in questa nostra epoca, che riscopre le culture locali come antidoto alla globalizzazione, che non conosce confini e condiziona la vita di tutti i giorni. I campi coltivati, i filari di viti nelle campagne ai piedi del monte Vulture erano per questi viaggiatori inglesi un segno tangibile dell’abile lavoro degli abitanti e del loro rispetto dell’ambiente. Che dire poi delle annotazioni di aspetti più squisitamente culturali che essi evidenziano in alcuni incontri con queste comunità, alcune di esse formate da cittadini provenienti dall’Albania.
La mancanza di celeri e facili comunicazioni, la mancanza di comodi luoghi di residenza, non scoraggiarono i visitatori inglesi a venire nella regione del Vulture, ed essi vennero ripagati dalla bellezza di cui sono ricche le catene dell’Appennino lucano. Si mostrarono coraggiosi nell’ affrontare i fastidi del viaggio, ma sapevano che giungendo nel paese si veniva gentilmente ospitati. Alla fine, restare contenti di esserci venuti. Nei nostri paesi dell’Appennino meridionale la storia antica si unisce alla medievale ed insieme formano un tutto omogeneo ed uno splendido paesaggio, in cui la vegetazione naturale, la bellezza dei siti è di gran lunga superiore all’opera dell’uomo.
Non aggiungiamo altro, perché siamo certi che la lettura di queste relazioni dei viaggiatori inglesi, chiara e scorrevole, susciterà in Voi interesse per la Basilicata, la sua storia e la sua civiltà.

Description

IL GRAND TOUR DELLA LUCANIA

Viaggiare è pratica antica quanto antico è il mondo. Ma il viaggio detto del Grand Tour è una caratteristica tutta moderna, dei secoli XVII-XVIII e prima parte del XIX: in particolare la visita degli inglesi in Italia. In quel tempo, infatti, «forestiero e inglese nella penisola sono quasi sinonimi, perché il numero dei viaggiatori inglesi supera di molto quelli di altre nazioni. La lingua inglese sulle grandi strade è come un motivo continuo». Così si esprimeva un autore francese nei primi decenni del secolo XIX (M.Valery, 1831) quando il Tour degli inglesi in Italia era una consolidata tradizione. Perché fare esperienza del Grand Tour era diventato per gli inglesi quasi una sorta di iniziazione culturale.3
Si è osservato che travel, viaggio, e travail, il travaglio del parto, hanno in inglese la stessa radice. Patimento e vita nuova, nella medesima esperienza. Questa commistione benefica e dannosa si pone anche nei due termini di hospes e hostis, l’ospite e il nemico» (U.Bernardi, 1997).4
Non va trascurata la differenza tra i termini “viaggio”, le cui origini risalgono ai pellegrini del ‘200 e ‘300, e “villeggiatura”, come impiego del tempo libero, che era praticata nelle ville degli antichi romani, o come gli sport campestri inglesi. Le villeggiature degli aristocratici europei ebbero la loro diffusione nel ‘500 e ‘600 (S.Gensini, a cura di, 2000).5
I giovani inglesi del Grand Tour viaggiavano con tutori i quali a loro volta si preoccupavano di allacciare contatti epistolari con le personalità, con amici e conoscenti delle città in cui si progettava di sostare più a lungo. Per gli artisti poi il Grand Tour era spesso un viaggio di lavoro, che doveva servire per produrre nuovi quadri o scrivere libri e diari.6
In Inghilterra il Grand Tour ha inizio alla fine del XVI secolo. Prima di allora, nel Medioevo, vi erano stati dei movimenti di massa di persone che dalla Gran Bretagna si recavano nell’Europa continentale, ma erano quasi esclusivamente dettati da motivi religiosi, su navi cariche di pellegrini dall’Inghilterra per la Spagna diretti al santuario di San Giacomo di Compostela. La Riforma pose fine a questi pellegrinaggi e bisognerà aspettare la fine delle guerre di religione in Francia (pace di Vervins, 2 maggio 1598, tra Francia e Spagna) perché per un inglese di religione protestante fosse di nuovo possibile viaggiare con una certa sicurezza attraverso l’Europa continentale in buona parte cattolica. Fu soltanto da allora che si riprese a viaggiare da parte di un grande numero di persone (M.Burgoyne, 2008).7
Bisogna considerare che gli elementi più importanti dell’educazione di un ragazzo inglese del tempo erano la lingua, la letteratura e la storia dell’antica Grecia e di Roma. Scopo del Grand Tour era consentire ai viaggiatori – che erano per lo più, ma non esclusivamente, uomini- di recarsi di persona in quei luoghi classici che avevano a lungo studiato. In pratica, ciò significava nella grande maggioranza dei casi una visita in Italia, essendo molto più difficoltoso intraprendere viaggi alla volta della Grecia. Il Grand Tour rappresentava il culmine della formazione arricchito dalla conoscenza dei luoghi dell’antichità classica. La civiltà era considerata un’eredità della Grecia e di Roma. Il giovane, che faceva ritorno in patria da un lungo e costoso viaggio in quei luoghi. doveva mostrare di averne assimilato le qualità socialmente desiderabili del conoscitore del mondo classico. Scrive nella sua prefazione H.Swinburne: «Non posso far pubblicare un Viaggio nelle Due Sicilie, senza presentare nello stesso tempo le ragioni che mi hanno spinto a farlo. Questo paese è stato così spesso descritto, che la novità non può essere una motivazione per questa nuova memoria. La nostra prima educazione ci ha fatto fare la conoscenza con questi climi, per così dire, classici. La storia e la poesia ci rendono la loro topografia familiare, e ogni persona istruita può indicare su una carta geografica dove sono le rovine della Magna Grecia e della Sicilia».8
Oltre all’arte e ai siti classici, vi erano molte altre cose da fare e da vedere, a cominciare dalle bellezze naturali e dai panorami. Fenomeni naturali imponenti, quali il Vesuvio e l’Etna, attraevano molti visitatori. Questi giovani discendenti di ricche e influenti famiglie inglesi dovevano anche vedere ed incontrare personaggi famosi. E la corte reale di Napoli era tra i principali centri europei della vita culturale e sociale dell’epoca. Vi era pure, per coloro che attraversavano la penisola in precarie condizioni di salute, la speranza che il cambio di clima, le acque termali e una diversa dieta potessero loro giovare.
Ultima, ma non trascurabile motivazione, c’era per tanti l’irresistibile tentazione di comportarsi più liberamente lontano da casa.
Non si devono sottovalutare le difficoltà e gli inconvenienti insiti in viaggi che coprivano distanze enormi per l’epoca. I viaggiatori del Grand Tour ci hanno lasciato libri pieni di lamentele sulle condizioni delle strade, sul cibo e sugli alloggi che incontravano lungo i loro percorsi. La moderna industria del turismo europeo –buone strade, ferrovie, aerei, hotels, ristoranti, carte di credito e quant’altro- erano di là da venire. L’Europa del XVIII secolo era un luogo potenzialmente pericoloso e molto scomodo in cui viaggiare. Il sistema viario era generalmente scadente dovunque; può sembrare strano, me le strade migliori erano in Francia e le peggiori in Germania.
Le locande, poi, dove i viaggiatori pernottavano non avevano niente a che vedere con i moderni hotel. I viaggiatori più importanti portavano i propri artisti al seguito per ritrarre i luoghi visitati, i cui dipinti e disegni sono poi diventati magnifici e costosi oggetti da collezione, oltre che un medico personale e talvolta un suonatore di strumenti musicali a corda e tastiera. A metà del XVIII secolo, il Grand Tour raggiunge il suo apice. E Napoli, oltre le altre famose città italiane, era una meta preferite dagli inglesi: non solo figli di aristocratici e giovani di ricche famiglie, ma anche esponenti della borghesia, personalità della letteratura e persone di mezza età accompagnate da mogli e famiglie.
In questi casi, lo scopo principale del viaggio era il divertimento, piuttosto che l’istruzione. La fine del XVIII secolo vide anche la fine di questa moda culturale. L’instabilità causata dalla Rivoluzione Francese rese difficile viaggiare in Francia e le successive guerre napoleoniche causarono disordine su una scala ancora maggiore.
Quando l’Europa si stabilizzò e fu di nuovo sicuro intraprendere viaggi, il mondo era cambiato; erano cambiati anche comportamenti e gusti. Con l’affermarsi del movimento romantico e l’inizio dell’epoca vittoriana, il gotico italiano soppiantò il rinascimento e il classicismo come modello di studio. Il Grand Tour, inteso come esperienza formativa di due o più anni dei giovani inglesi, era giunto al tramonto, lasciandoci, però, una copiosa produzione letteraria che ci offre eccellenti descrizioni di come si viveva e si viaggiava oltre due secoli fa.
Le province interne del Regno di Napoli, come la Basilicata, erano di rado toccate dai viaggiatori stranieri. E gl’inglesi che vennnero a visitare la zona del Vulture lo fecero perché volevano vedere la città di Orazio, Venosa, e quella degli antichi Normanni, Melfi. In genere buona parte dei viaggiatori inglesi superava appena Firenze; quelli, però, che giungevano a Napoli e nelle province del Regno avevano forti motivazioni culturali, pregi e qualità di persone distinte.

Recensioni

1 review for GRAND TOUR LUCANIA 2. Nei Journals of a landscape painter in southern Calabria del 1847

  1. Valutato 5 su 5

    Arturo Bascetta

    MA CHI SONO QUESTI FORESTIERI INGLESI?

    L’autore francese, M.Valery,9 descrive così il viaggiatore tipo che veniva dall’Inghilterra, e anche gli inconvenienti a cui andava incontro.
    «Appena siete in Italia, con il vostro aspetto di forestiere (straniero), troverete un atteggiamento presso gli abitanti molto diversificato: nelle classi alte, molta cortesia, ospitalità e giovialità; nel popolo, al contrario, lo straniero, malgrado le formule cerimoniose, non è che una preda, una sorta di bottino su cui buttarsi per trarre la propria parte secondo i mezzi: il ragazzino, mezzo nudo, corre appresso alla vettura gridando carità, ma quando sarà diventato uomo, potrebbe prendere la sua carabina e mendicare in maniera più nobile; il perfidus caupo non è meno furbacchione dei tempi di Orazio. Infine, vetturini, staffieri, postiglioni, camerieri, padroni di barche, sembrano tutti voler far restituire in dettaglio all’Italia i tributi che le invasioni straniera molto spesso le hanno fatto pagare, e non c’è nessuno che non agisca da cittadino in questo senso. Qualche autorità non disdegna affatto di entrare in questa sorte di lega; gli eterni e costosi visti di passaporto non sono che un’imposta indiretta sulla curiosità dei viaggiatori; in qualche città di secondo ordine, quali Ferrara, Reggio, Piacenza, i biglietti dello spettacolo, da qualche anno, per gli stranieri costano il doppio per decisione del municipio. Indipendentemente dal pagamento dei servizi, i camerieri di casa dove siete ospitati, il custode, il doganiere, il gendarme, tutti tendono la mano; quello che costa caro non è quello che comprate, ma quello che bisogna sempre dare come mancia; non c’è perfino poeta di locanda, autore di un sonetto per il vostro felice arrivo, in cui non ha mancato di far rallegrare per la millesima volta il Tevere e l’Arno, che non chieda la moneta. Bisogna che il forestiere si rassegni, che finisca di non sovrastimare; i suoi godimenti di viaggiatore ci perderebbero; la lotta non può essere uguale, tanto questa gente hanno il fiuto e l’esperienza del guadagno».
    L’inglese fuori del suo ambiente perde una parte delle sue qualità; la sua dignità diventa boria, il suo ragionamento sa di scherno e di intolleranza; la necessità di mettere da parte il proprio io, se così si può dire, è il primo dovere del viaggiatore, cosa per niente sentita da lui; egli porta la sua noia, la sua esigenza e la sua mania tra gente, le cui usanze e abitudini sono le più opposte; e la soverchia inglese [arroganza inglese] in particolare sconcerta la faciloneria italiana. È vero che questi numerosi viaggiatori (inglesi), attratti in Italia dal gusto per le arti e dal desiderio di istruirsi, sono molto diversi da quelli di altri paesi: il turista invece va per il gusto di andare; fa ciò che fa il suo vicino; è un imitatore che non si entusiasma, che non è portato da alcuna esigenza di conoscenza o di sentimento: l’istinto viaggiante è in lui solo curiosità, una voglia di aver visto dei paesi, un altro tipo di fantasia e di vanità.
    Egli rileva esattamente ciò che vede nel suo cammino, ma non ne trae ispirazione; le bellezze della natura, le meraviglie dell’arte, sono per lui solo un arido lessico; la sua conversazione è sterile, priva di immaginazione, e nei nostri vari incontri o percorrrenze in compagnia, sono stato colpito più di una volta dalla volgarità dei fatti e delle osservazioni che sull’inseparabile diario annotava.
    Questo tipo di viaggiatori offre inoltre di cogliere sfumature molto diverse: (quelli che si fermano) nel nord Italia, sono molto vari, e si compongono anche di mercanti, artigiani, molto stimabili senza dubbio, ma che non rispondono affatto all’idea che, secondo la loro mentalità, si dovrebbe avere di un vero gentlemen; buona parte, in genere, di questi viaggiatori inglesi non va oltre Firenze; i viaggiatori di Roma, e specialmente di Napoli, sono infinitamente più distinti, e tra loro ci sono uomini di valore vero e superiore.

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Editorial Review

il grand tour: il forestiere inglese

le locande
quando intraprendere il viaggio

in quel 1847
IL VIAGGIO DI EDWARD LEAR

- l’addio al goleto
- l’ingresso in basilicata
- nella melfi dei manassei
- dedicato al castello
- si parte per rionero
- lavello alla vista del m.vulture
- fra murge e voli di calendroni
- da minervino a monte milone
- il castello di venosa dei rapolla
- i grandi uomini di venosa
- da rapolla e barile al m.vulture
- s.michele e il lago di monticchio
- verso rionero
- a lagopesole dal principe pamfili
- da avigliano diretti a napoli
- su eboli per vietri di basilicata
- l’ultima sosta a paestum
note
- n.1
- n.2

biografia edward lear
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