Editorial Review
Il ruolo di Ferdinando Palasciano

Perchè il contributo specialissimo ed originale di Ferdinando Palasciano, con le sue esperienze dirette nei teatri bellici, non fu valorizzato adeguatamente, attraverso un invito ed una partecipazione fattiva alla Convenzione di Ginevra dove prese forma la Croce Rossa Internazionale? Il governo italiano, invitato da quello svizzero a nominare un delegato ufficiale in occasione della conferenza, fece il nome del dott. Baroffio e del capitano Cottrau, non prendendo neppure n considerazione la figura del Palasciano.E perchè, anche nelle fasi successive, il Regno d’Italia non riconobbe mai, con azioni e ruoli concreti, nel processo di sviluppo della Croce Rossa e del diritto internazionale umanitario, le enormi potenzialità ideali e propositive di Palasciano?
Per cercare di rispondere con obiettività a questa domanda, esaminiamo anzitutto la chiave di lettura, proposta da Francesco Garofano Venosta, e poi seguita da molti commentatori e ricercatori che si sono occupati, già negli ultimi decenni dell’Ottocento, di questo tema. Questo approccio esplicativo potremmo definirlo della “doppia immaturità”. Sia il regno borbonico, sia il nuovo Regno d’Italia, furono entrambi consapevoli, con ogni probabilità, del valore medico-scientifico e del contributo di Palasciano, e dell’altezza della sua personalità. Giocarono, però, fattori ostili al medico nell’uno come nell’altro caso: per i borboni, Palasciano era comunque un personaggio scomodo, condannato a morte, detenuto per disobbedienza, seppure per ragioni magari nobili, ma comunque protagonista inquieto di infedeltà al Re ed alle regole militari, salvatore di vite nemiche e sospetto di simpatia per i rivluzionari e la Carboneria, o con esponenti liberali.
Per i Savoia, diversamente, Palasciano era comunque un ex ufficiale borbonico, poi amico di Garibaldi, era sostenitore di tesi innovative e moderne, modellate su ideali umanitari e, in qualche misura, fondate su basi giusnaturalistiche.
Assai interessante appare un documento epistolare, custodito con amorevole cura e valorizzato dall’Associazione Palasciano di Capua.
E’ una lettera di Giuseppe Garibaldi, inviata a Palasciano:
Caprera Agosto 1863
Caro amico,
ho chiesto un altro milione di fucili agli Italiani. Sicuro del vostro consenso delego voi a raccogliere i fondi necessari.
Il danaro raccolto lo verserete nelle mani del Sig.Adriano Lemmi, nostro cassiere in Torino.
Vostro
G. Garibaldi
Onorev. Sign. Prof. Palasciano
Napoli
Si tratta di una fonte assai utile anche per auspicabili approfondimenti e per ricerche ulteriori: è tale la fiducia in Palasciano che Garibaldi, in un momento drammatico e di contrasto con moltissimi esponenti del Regno d’Italia, affida proprio a lui la raccolta di denaro per racogliere (un milione di fucili”. E ciò non può che avergli attirato, probabilmente, l’antipatia di larghi strati dell’ establishment sabaudo.
La sua militanza nella Sinistra nel Parlamento del Regno ed i suoi discorsi polemici ne confermavano poi il carattere difficile, lo stile orgoglioso e a tratti scontroso, l’impegno caparbio per campagne assai avanzate di igiene e profilassi pubblica, i toni durissimi di alcuni suoi interventi giornalistici sulla stampa dell’epoca.
Francesco Garofano Venosta, insigne storico della medicina e profondo conoscitore della figura del Palasciano, attribuisce pertanto all’incapacità dei Borbone prima, ed all’immaturità del Regno d’Italia le cause del mancato riconoscimento.
Su questo isolamento vale la pena di ricordare proprio le parole conclusive, di auspicio, rese su questo tema da parte di Garofano Venosta.
“La cronaca, la semplice cronaca della vita di Ferdinando Palasciano è più eloquente di ogni altra cosa. Ragguardare le date, raffigurare gli eventi, specie se posti al lume del periodo storico nel quale si svolsero, significa anche spiegarsi tanti motivi: la mollezza di un’epoca cadente (quella borbonica), l’inesperienza di un’Italia troppo giovane, la mancanza di uomini politici che potessero farsi valere in campo internazionale.
Tuttavia, colpa non ne facciamo a nessuno. La storia, questa giustiziera senza incertezze, questa dea implacabile ed inesorabile saprà, in uno con gli uomini di oggi, essere la giusta vindice di Ferdinando Palasciano”.
Un altro tentativo di spiegazione dell’esclusione di Palasciano dalla Convenzione di Ginevra è quello, sostenuto apertamente in più occasioni anche dalla vedova, di una sorta di cospirazione internazionale. La gelosia degli svizzeri, sul cui territorio era convocato l’organismo, e che esaltarono in modo smodato la pur straordinaria ed innegabile figura innovativa di Dunant, non ammetteva che qualcuno potesse vantare, in modo obiettivo e dimostrabile, di avere anticipato di una ventina d’anni le intuizioni relative al soccorso umanitario internazionale. Nè si poteva ammettere che la Croce Rossa avesse, per così dire, “due padri” uno dei quali, addirittura, italiano (l’Unità vera e propria arrivò dopo 6 anni, e molto sangue sparso, con la presa di Roma).
Vero è anche che i preparativi della Conferenza furono gestiti soprattutto dalle parti francesi e prussiane, e dal “Comitato dei Cinque” che, tra loro, non infrequentemente davano luogo a feroci litigi. Dunant, peraltro, in quel periodo dipendeva da Moynier, che Dunant scavalcò palesemente spedendo in tutta Europa la circolare di convocazione senza concordarlo con gli altri del Comitato. I trentuno partecipanti furono, quasi del tutto, desgnati direttamente dai reali delle 16 nazioni aderenti. Del resto, la Conferenza non portò buona sorte neppure a Dunant, poi osannato dalla storia come il solo ed unico “padre” della Croce Rossa: già l’anno successivo, occorre ricordarlo, dovette dare le dimissioni e tre anni dopo, colpito da scandali economici, fuggirà di notte da Ginevra, e non vi tornò mai più morendo diversi anni dopo, in condizioni di indigenza spaventose, ad Heiden con il solo aiuto della Croce rossa svizzera, che gli elargiva un sussidio mensile. La tesi di una debolezza politica italiana, e di una gestione, in qualche modo, “antitaliana” nella nascita della Croce Rossa, furono ribadite, in chiave però nazionalista ed ideologica, durante il periodo fascista, ma appaiono poco convincenti, e soprattutto non sorrette da prove effettive.
Il dato è che, comunque, l‘esclusività e l’unicità della primogenitura di Dunant, accompagnata sicuramente dalla fortuna europea del suo commovente libro su Solferino, di cui abbiamo ampiamente trattato nella prima parte del volume, determinò però una contestuale ed ingiusta scotomizzazione, davvero eccessiva, dei meriti di Palasciano, che potevano comunque essere, in qualche modo, riconosciuti, rammemorati ed analizzati da una pubblicistica che avrebbe dvuto essere ben più grata ed estesa. Senza nulla togliere ai grandi sforzi ed alla figura straordinaria di Henry Dunant, ciò poteva accompagnarsi, comunque, ad una ben maggiore e meritata attenzione per Ferdinando Palasciano.
Come concludere questo lavoro che, lo si ripete, deve servire soprattutto a introdurre e tracciare un percorso di rinvigorimento e di valorizzazione della ricerca e della memoria culturale nazionale nei confronti di una figura che ha onorato, per le sue idee e la sua concreta esperienza, il nostro Paese ed è stato, per troppo tempo, isolato con modi e atteggiamenti ingiusti, e contrari proprio a quel senso di umanità cui Palasciano ha ispirato, per una vita intera, le sue riflessioni e le sue proposte? A noi pare giusto riaffermarne il ruolo storico, di valore perpetuo, citando un brano della sua commemorazione funebre, svolta il 30 novembre 1891 al Senato del Regno da un altro autorevole politico campano, il senatore Pierantoni:
“Signori senatori! Permettete a me, figlio di adozione della Campania felice, i cui abitatori contavano tra loro i sommi Ferdinando Palasciano, di dire una memore parola di rimpianto per il collega, di cui sentiamo l’amara dipartita. Voglio parlare, perché qui non seggono senatori nati in quella regione. Questo patriottico dovere, che vincendo l’emozione io vo’ a compiere, è benanche raccomandato dalla santa ed immacolata religione dell’amicizia (Bene), che al defunto per lunghi anni mi strinse.
Ebbi la ventura di conoscere Ferdinando Palasciano, sorto da origine popolana, come uno dei più ardenti patrioti dell’anno 1860. Ferdinando Palasciano, come bene ha detto il nostro Presidente, si distinse sempre per opere di carità e di civile e nazionale progresso.Nessuno fu maggiore di lui nell’opera coraggiosa e indefessa di curare i numerosi feriti della memoranda e sanguinosa battaglia, ch’ebbe nome del Volturno, e che recò il trionfo dell’idea unitaria nazionale. Nessuno! Allo spettacolo desolante di giovani vite, che si spegnevano, olocausto per la redenzione nazionale, per l’insufficiente aiuto del corpo sanitario presso gli eserciti combattenti, Palasciano sentì nel petto la nuova idea, nunzia di una grande umanissima riforma, la neutralità sul campo di guerra del corpo sanitario, delle ambulanze e delle suppellettili medico-chirurgiche.
Col Palasciano altri illustri chirurghi stranieri, che pure avevano esposta la loro vita sui campi di guerra a salvezza dei feriti, divulgarono con elaborate memorie le proposte, che diressero la Conferenza internazionale adunata in Ginevra per redigere la convenzione, che prese nome dalla Croce rossa nella storia moderna.”
Essendo giunti alla conclusione di questo modesto ed iniziale lavoro di ricerca, ci piace poter completare questo omaggio al grande medico campano con una felicissima scoperta: l’ incipit della voce relativa alla Croce Rossa internazionale, sfogliando l’Enciclopedia Larousse, che così recita:
“L’origine dell’istituzione si fa risalire a Ferdinando Palasciano”...
Indice del testo
Cap. I
il diritto umanitario:
origini e sviluppo
Henry Dunant e la Croce Rossa Internazionale
Cap. II
La CROCE ROSSA ITALIANA
Il glorioso percorso storico
Gli sviluppi organizzativi recenti
Cap. III
FERDINANDO PALASCIANO
Il precursore
Profili storico-biografici
Il pensiero
Il ruolo di Ferdinando Palasciano - Considerazioni Finali
Appendice
Titolo I - Statuto C.R.I. - Disposizioni Generali
Titolo II - Obiettivi Generali e Compiti Specifici
Titolo III - Soci
Documentazioni Fotografiche
Note Bibliografiche
Le realtà ortodosse in Italia
Recensioni
Non ci sono ancora recensioni.
Only logged in customers who have purchased this product may leave a review.