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SAN FRANCESCO ANDO’ A NAPOLI E FECE RIVIVERE I PESCI INVIATI DA RE FERRANTE
La vecchia Santa Creu del Palau. Il monastero di Chiara detto Santa Croce di Palazzo, quello dove la Regina Sancia entrò come suora e vi morì. Nel 1327 Re Roberto D’Angiò la unì alla reale Cappella di San Luigi (collocata sul luogo estremo di Piazza del Plebiscito, dove oggi si erge la Basilica di San Francesco di Paola, voluta dai francesi di Murat). In realtà la vecchia chiesa di S.Croce fu parte integrante di quella che divenne la dimora militare di Palazzo Salerno (ancora oggi sede del Comando Militare Meridionale che si affaccia lato mare, da Piazza Plebiscito su Molosiglio). Sancia vi fondò un convento nel quale si rinchiuse col nome di suor Chiara di Santa Croce e, proprio in questa chiesa, venne sepolta nel 1345.69
Sancia sarà poi sepolta proprio qui, nel nobile monastero di monache di San Francesco chiamato della Croce, che ella aveva fondato e lascerà fama di santa donna, come ricorda Scipione Mazzella. Sulla sua sepoltura di marmo che egli stesso leggeva nel 1594, posta nel celebre monasterium Sanctae Crucis oper manum suarum, sub ordinis, e obedientia este ingressa anno domini 1344, die 21 gennaio, 12 ind., in quo vitam beatam ducens secundum regulam beati Franciscui patris pauperum Christi, tandem vitae sua terminum feliciter consumavit anno domini 1345, die XXIIX iunij, 12 ind, sequenti verò die factis exeqiis tumulatur.70
S.Chiara nuova nell’orto della Croce di Castelnuovo. Il 19 marzo 1338 era toccato a Sancia, divenuta Regina di Sicilia, concedere licenzia di fondazione del monastero dell’Ordine di S.Chiara acquisendo come luogo proprio quello presso cui stava abitando, in Castrum Novum Neapolitano, instituendovi religiose provenienti da S.Chiara del distretto di Assisinate, ubi eadem sancta morata fuit. In verità la stessa terra dove fu costruito il monastero già apparteneva ad Assisi, cioè era di proprietà dei francescani.71
In questo luogo sarà trasferito il suo corpo. Vi furono quindi due luoghi simili vecchi e due luoghi simili nuovi. I due luoghi sul litorale vecchio erano uno chiamato Heapula col castello antico di Lucerino di Civitate Regina, di fronte a Torre Partenope; mentre i due luoghi erano a Napoli: alla Croce e a Castello Nuovo di Civitate Napoli. Da qui l’erezione di più monasteri di Santa Chiara che sembrano essere nel medesimo luogo, ma non lo sono, perché uno fu sull’isola di Dio partenopea arcidiocesi della diaconia di Torre S.Felice e uno di fronte, nell’arcidiaconia in Diocesi di Civitate Regina detta Lucerina. Gli altri due furono uno a s.Croce, orto di s.Francesco de Paola in diocesi di Napoli, l’altro a S.Croce a Castro Novo in Civitate, detta s.Chiara, arcidiocesi del nuovo Regno….
Il sant’uomo Fra’ Roberto, chiamato a corte dal Principe Carlo VIII, lasciò Paterno Calabro diretto a curare Re Luigi XI di Francia, gravemente ammalato.
Prima di mutare nome e diventare San Francesco di Paola, frate Roberto di Calabria, fu un eremita di gran fama, di buona e di santissima vita, e perciò da tutti chiamato il Santo huomo. In Francia era addirittura venerato dal Re, in honore del quale Carlo ottavo suo figliolo fece poi edificare un tempio nell’entrata del parco della Città di Tours in contracambio della Cappella ch’era nell’estremità del ponte vicino à sudetto parco. Partito per il lungo viaggio e giunto nel Vallo di Diano, l’eremita fece sosta a Polla e poi all’abbazia di S.Maria la Nova di Campagna, indi a Salerno. Il cronista dice che nel 1381 San Francesco, nel venire da Salerno, entrò a Napoli, designando il suo monastera, e Chiesa di S.Luigi, doue hora si vede pieno di religiose, e devote persone. Gli fu detto da alcuni «che vi si ritrovorno presenti, che in quel luoco non vistava bene, per esser deserto, e lontano dall’abitato, anzi di più nido di malfattori; come in effetto allora era. Ai quali egli pieno di spirito profetico, notificò, che quella parte allora così deserta, e vile in breve tempo doveva essere una delle principali contrade, e più belle della Città; e che sarebbe babitata da Principi, da valorosi signori; il che hoggi si vede chiaramente adempito».72
L’interesse del biografo, insomma, è proiettato alle fondazioni lungo il viaggio di Roberto e pochi sono i fatti di colore che racconta, se non quello del pranzo inviato dai reali, trasformandolo in miracolo, col ritorno in vita dei pesci arrostiti.
Così Regio: — Qui dunque dimorando accade, che il Re Ferdinando gli mandò alcuni pesci arrostiti per suo pasto, i quali alla presenza di molti furon posti dal santo in due piatti; e in uno istante si viddero vivi guizzare, come sogliono fare, quando nella rete son presi, con gran meraviglia del cuoco, che li condusse, e di coloro che è tal miracolo furono presenti.73
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