YOLANDA DE BRIENNE. Iolanda di Andria dei Re di Gerusalemme

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LA REGINA DI GERUSALEMME SI TRASFERISCE IN PUGLIA

Isabella e Federico furono già sposi per procura, con atto redatto in San Giovanni d’Acri da Giacomo vescovo di Patti, nell’agosto del 1225, dopo che Enrico di Malta fu a capo della flotta imperiale partita dal Porto di Brindisi per la Siria.50
Le venti galee avrebbero riaccompagnato in Puglia la giovanissima Jolanda e la sua infinita corte e le ricchezze necessarie a costruire il giusto ambiente. Nella spedizione guidata da Enrico conte di Malta, c’erano Lando di Anagni, vescovo di Reggio Calabria, Richiero vescovo di Melfi, tutti dell’ambasceria, ma con Giacomo vescovo di Patti (futuro arcivescovo di Capua), quale procuratore dell’imperatore. Giunti in Siria, fecero sosta a San Giovanni d’Acri, dove Isabella li raggiunse nella chiesa di S.Croce dove l’attendeva il vescovo Giacomo che la sposò in nome di Federico II, ponendole l’anello nunziale, fra lo stupore della gente al comandamento papale, come racconta l’Estoire d’Eracles, per il fatto che un Re sposasse una donna forestiera così lontana.
Insomma quei tempi sembravano più lunghi, Federico subito li accorciò, come nel suo modo di essere. E così, mentre, nel corso di una cerimonia allestita ad hoc, mentre l’Imperatore riebbe l’anello nuziale dalle mani di Rainaldo, arcivescovo di Capua, la moglie, trovato marito, partiva per essere incoronata a Tiro.
Iolanda, infatti, che dalla morte della madre era ancora sotto la reggenza di suo padre Giovanni, fu così incoronata nella città di Tiro da Rodolfo di Mérencourt, patriarca latino di Gerusalemme, in presenza di tutti i nobili d’oltremare.
I festeggiamenti solenni, come da cerimoniale, durarono quindici giorni e fu tempo per la Regina di salpare alla volta dell’Italia, con al seguito Simone di Maugastel, arcivescovo di Tiro, e il cugino Baliano, signore di Sidone, non senza una sosta a Cipro, per fare visita alla zia, la Regina Alice. Stando alle Gestes des Chiprois, la nipote le disse tristi parole d’addio per il fatto di lasciare quella sua terra che mai più avrebbe rivisto.
Presto Isabella sarebbe stata accolta nel suo nuovo castello che l’amato marito le stava preparando.
La reggia della vicaria capitale, il Principato del Regno gerosolomitano, infatti, non poteva essere Ferentino, né Canosa, antica vicaria di Costantinopoli, né l’urbe Barulo fondata da Ruggero Borsa e ex sede del Principato armeno dei Salernitani di Uria e detto Neapulia (S.Matteo), perché, in caso di permuta, vendita, conquista, eredità del titolo, ogni regno doveva possedere l’urbe del suo principato in un luogo ben preciso.
Sappiamo che l’antica Neapolis di Gerusalemme nacque nel luogo dove al ritorno alla prima crociata si fermò il Principe Tancredi Marchisio a fondare la cattedrale di S.Eframo, eseguendo gli ordini dei Re di Gerusalemme, nell’urbe nata in territorio di Trani, plausibilmente ai piedi del Monte S.Angelo del Gargano, dove un tempo svettava la Villa dei Franchi, accosta al castello degli Ariani, cavalieri di Carlo Magno, sito sul finire della Via Francigena che costeggiava l’antico fiume Candelaro e poneva termine fra Siponto e Canne.
E’ lì che lo sposo avrebbe costruito la reggia per la sua Regina di Gerusalemme.
Stava per nascere Nova, la futura Manfredonia. E’ lì che voleva fondare la nuova città, fra i ruderi della Neapolis del Principato del Regno di Gerusalemme, per accogliere la sua Regina, ma che nel mentre avrebbe alloggiato nel Palazzo reale di Uria.

Description

La nascita di Corrado, erede dei due regni

«Essendosi finalmente determinato l’Imperatore conferirsi in Gerusalemme, anche per assistere ai suoi interessi su quel Regno, parte da Napoli, correndo l’anno 1228 con la moglie Jolanta, e perviene in questa città di Andria. La Imperatrice trovavasi incinta da sette in otto mesi; e per qualche molestia da lei sofferta nel viaggio, qui repentinamente sorpresa dai dolori del parto, rende al figlio la luce».
La notte fra il 25 e il 26 aprile del 1228 nacque un bellissimo bambino al quale fu posto nome Corrado, unico figlio maschio di questo matrimonio dopo la morte prematura di Margherita. Per Federico II era l’erede designato, benché il rapporto con la sua Reginella sia stato molto contrastato e segnato dall’allontanamento volontario da quella che in realtà era poco più di una bambina, diventando madre per la seconda volta a 17 anni.
Ma Isabella seppe svolgere il suo ruolo di sposa prescelta e diede al mondo l’agognato erede, dopo la morte della prima creatura.
Gli fu posto il nome di Corrado perché sarebbe stato il successore del Regno d’Italia, nonché il titolare del reame di Gerusalemme, rifacendosi i titoli sia a Corrado Re d’Italia che a Corrado Alamarico. Nè mancherà il padre Federico di assumere egli stesso questo titolo nel 1229, in occasione della sesta crociata.
Corrado vivrà in curia per 7 anni, prima di lasciare l’Italia, mentre la madre non giungerà che a pochi giorni dal parto. «alla presenza di molti notabili del Regno, che erano stati convocati dall’imperatore per partecipare a una curia generale a Barletta. Il suo corpo venne sepolto nella cattedrale di Andria».
Purtroppo, proprio per la conseguenza del parto di Corrado. Non erano trascorsi che meno di dieci giorni, allorquando la giovane Regina spirò. Erano presenti alcuni familiari, la corte, già a Barletta per partecipare alla Curia generale indetta dall’Imperatore. Ne seguirono gli strazianti funerali di quel corpo così gracile che venne tumulato nella cattedrale. Andria sarà una città a cui Corrado sarà sempre legato, destinata a confermarsi nella storia vicaria del reame che diede i natali al nuovo Re.
«Federico restò molto penetrato da questo colpo acerbo; e tutta risentì l’amarezza dell’infortunio. Intanto percorrendo per queste strade il grido festoso della popolazione andriese all’arrivo di questa coppia imperiale, ad un tratto si arresta, e di quello invece scappa la voce del dolore. Tutti quesgli apparati, che ripetevano l’eco della letizia, si videro all’istante scambiati in luttuose gramaglie. Il gemito dei cittadini si afforza; e tutta la città è nella mestizia. L’Imperatore in posizione sì trista dividendo il suo cuore alle lagrime, ed alle tenerezze per figlio, ordinò che la fredda spoglia dell’oggetto dei suoi amori ricevesse tomba onorata nella Chiesa maggiore di essa Città; e tutto venne pomposamente eseguito. Egli ricevé caro questo tributo di lagrime degli andriesi, per altro non ingiustamente versate sull’avvezzito fiore di una giovane Imperatrice. Il comun lutto venne in parte rattemperato dalla presenza del neonato; il quale fu qui battezzato, e prese nel sagro fonte il nome di Corrado; che poi, come vedremo, successe ai domini del padre.
Correva allora la stagion ridente di primavera; poiché l’arrivo fu nel mese di marzo. Volendo l’afflitto Imperatore divagarsi, portossi a soggiornare nel Castello del Monte; e quivi per qualche tempo si divertì con la ciaccia. Ma giunto il mese di agosto, egli si condusse in Barletta, e lì convocò un solenne parlamento; e provvedendo alla successione del Regno, e dell’Impero, nel caso che fosse morto nella guerra, che andava ad intraprendere nella Soria a pro della Religione, insituì suo erede, e successore Arrigo come primogenito natogli da Costanza; in in sua mancanza il secondogenito Corrado, natogli in Andria dalla defunta Jolanta».
Federico II ora aveva altro a cui pensare, se non di adagiare la corona di Gerusalemme sul capo.
Il 29 settembre l’Imperatore fu scomunicato. «Federico scosso dal fulmine cerca giustiifcarsi, inviandogli in Roma in sua difesa gli arcivescovi di Reggio, di Bari, e Rinaldo Duca di Spoleto col conte Arrigo di Malta: ma fermo il pontefice nella sua determinazione gli risponde col ripetergli la scomunica nel giorno 11 novembre. Caduto allora egli in forte corruccio con la S.Sede, chiuse toalmente le orecchie alle sue voci; e ad onta che la censura gli venisse replicata la terza volta, ostinandosi nelle sue contumelie, si vide per conseguenza quel tristo quadro in questo emisfero, che con punti di compassione marchiano le istorie. Rimetto il leggitore alla storia del Regno, se ama conoscere quel lugubre spettacolo cagionato dalle due fazioni guelfa e ghibellina. Taluni opinarono essere apparse nel 1240 originare da Guelfo e da Ghibelin fratelli Alemanni in occasione delle discordie di Gregorio col nosro Federico. Ma propriamente come vuole il Muratori, vennero questi nomi di opposti partiti dalle gare continue della casa dei Duchi, ed Imperatori di Svevia, discendenti per parte di donne dalla casa Ghibellina, con la casa degli Estensi di Germania, discendenti anche per via di donne dagli antichi Guelfi. Quindi Federico come figlio di Arrigo VI di sangue Ghibellino, perché della linea di Filippo Duca di Svevia, era di origine Ghibellina. Onde a loro esempio avvenne, che quei popoli dichiarati a favore della S.Sede appellavansi Guelfi, e quelli a favore dell’Imperatore Ghibellini».73
Dopo avere così disposte le cose, conferitosi in Brindisi, di lì s’imbarcò per la Palestina nel giorno 11 agosto dello stesso anno 1229. Si dice che appena mise piede in Terrasanta si autoproclamò sovrano per via del titolo che apparteneva alla giovane erede. Isabella era sua moglie e lui diventava Re di Gerusalemme.
L’imperatore partì per l’Oriente per ripristinare i suoi diritti di sovrano del Regno di Cipro, ancor prima che gli fosse riconosciuto il titolo di Re di Gerusalemme in Siria. Ma è possibile che sia giunto a Gerusalemme come reggente per la minorità del figlio Corrado, la cui madre, erede del Regno, era appena morta.
Il suo status di imperatore così come i suoi diritti alla corona di Gerusalemme non necessitavano un ricorso alle corti di giustizia latine. Per Filippo da Novara, i signori di Siria, gli resero omaggio appena giunto ad Acri, senza richiedere una riunione della corte. A suo dire le leggi dell’Impero fissavano l’età di 25 anni anche per Cipro, in virtù della sovranità riconosciuta all’Imperatore e il re non poteva essere incoronato senza l’autorizzazione di Amaury de Lusignan, tantomeno l’incoronazione poteva avvenire per delega di uno dei suoi rappresentanti. Ma Filippo di Novara lascia nell’ombra l’età dell’Incoronazione di Gerusalemme, perché una regola fissa non sembra essere esistita. Baldovino III, per esempio, dopo la reggenza di sua madre, fu incoronato a 21 anni.
Il Libro al Re menziona l’età minima di 12 anni per l’incoronazione, mentre per la maggiore età era intorno ai 15 anni.
«Federico II, giunto l’anno 1229 in Palestina, entrò in Gerusalemme, e ne prese possesso il 17 marzo in virtù di un trattato fatto con Meledino, o Malek-Kamel, sultano di Egitto. Ma nel maggio susseguente egli se ne tornò in Europa, lasciando a governatore del paese Riccardo Felingher, di lui maresciallo. Questa fu una sciagura per la Palestina, giusta Sanuto, che accagiona quest’ ufficiale di aver seminata la discordia tra i baroni e colmata la misura di quel male che il suo padrone aveva cominciato a fare a Terra-Santa».
Per la pace in Oriente risolse la questione senza necessità della sesta crociata parlando direttamente col sultano d’Egitto Malik al Kamil, mandando su tutte le furie il pontefice. Tornato in Puglia avrebbe abbandonato l’idea del Regno di Andria, per continuare a scippare terre all’ex Marchesato. Fu quando fece crollare l’ultimo muro di Urbe S.Maria a San Giovanni in Lamis che potrà far nascere finalmente l’agognata capitale di Civitate Fiorentina.
Prima però risolse un conto rimasto in sospeso con l’ex suocero. Papa Gregorio IX chiamò Giovanni e lo invitò a capeggiare l’esercito delle truppe pontificie per disturbare la quiete nel Principato di Puglia, arrivando a occupare le terre dell’Imperatore già in sua assenza, dopo aver fomentato la maggior parte dei suoi baroni.
Federico II, rientrato in tutta fretta da Gerusalemme, ricostituì le sue legioni in tempi ristretti e, ripartendo da Capua, disperse le milizie pontificie, costringendo Giovanni nel continuare quella folle impresa che lui stesso aveva generato.
La carriera di Re Giovanni era finita. Non restò che rivolgersi alla schiera del partito costantinoplitano che mal aveva digerito la sudditanza a Gerusalemme.
Ecco perché, chiamato dai baroni dell’impero latino di Costantinopoli, per offrirgli la corona di reggente in cambio della mano della sua seconda figlia per Baldovino di Courtenay, al quale avrebbe promesso anche la successione, corse senza esitazione.
Entrato in Costantinopoli e stabilitosi nel Palazzo reale dal 1235, Giovanni, benché gli fosero rimaste poche truppe, riuscì a respingere i nemici che assediavano quella metropoli, a cominciare da Giovanni III Vatatze, imperatore di Nicea, e Ivan Asen II di Bulgaria.
In quegli anni, oltre l’impero latino, c’erano anche quelli di Nicea e di Bulgaria, il despotato d’Epiro e l’impero di Trebisonda.
Fu la sua ultima prodezza d’armi, per la quale i cronisti latini lo paragonarono a Ettore, Orlando e ai Maccabei, raggiungendo gli ottant’anni, prima di morire in gloria, ma senza più il lusso che aveva ereditato. Giovanni di Brienne morirà il 23 marzo 1237.
Quando tornò, ostacolato da tutti, riuscì a sbarcare fra gli onori della sola Andria che gli inviò 5 giovanni intellettuali e partì alla occupazione della Benevento papalina, perché Andria fedele, affezionata fino al midollo delle ossa, sempre pronta per alzarsi e vivere felice, senza più alcun peso, perché disse Federico II:

Andria fidelis, nostris affixa medullis abist,
quod Federicus sit tui muneris iners.
Andria vale felix omnisque gravamis expers.

E’ questa la frase incisa sull’arco della Porta di S.Andrea che la tradizione porta all’anno 1230. Conoscendo egli bene la storia della prima fondazione dell’urbe attribuita alla stella di Diomede generando Andria come una sorella, impartì ai beneventani la lezione e, ponendo loro al confronto la fedeltà degli andriesi, richiamò all’ubbidienza tutte le altre città, più coll’arte e con l’ingegno che con le armi.
«Partitosi adunque lo’mperatore tutto gioioso, lasciando loro pieni di gratie, & privileggi, andava rinfacciando alle altre Città, ch’al suo Imperio si mostravano ritrose, & commendando la gratitudine de gli Andriesi; & così diede volta a Benevento Città di Terra di lavoro, & per inganni, & per forza la prese, & sacheggiandola fè disfare tutte le muraglie, che la circondavano, & ivi nomava à lode la volontaria offerta de gli Andriesi con questi due Distichi, dicendo:

Andria tua Soror multo te prudentius egit
Quæ venit ad nos cum nostra Poemata legit:
Propterea incolumis permansit, inultaque Nobis
Quod ubi non erit multis implicita globis.78rifarsi una vita…

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https://it.wikipedia.org/wiki/Jolanda_di_Brienne#/media/File:Andria-Dom-Krypte-Gr%C3%A4ber.jpg

 

 

indice

Yolanda de brienne
Iolanda di Andria dei Re di Gerusalemme

premessa storica

marchesato DELLE «TRE CARICHE» dei brienne:
PRINCIPI D’AURETO, DUX APULIA E CONTI A LECCE

1. I Brienne di Gautier, giustizieri di Puglia per il Papa
2. Gualtiero III marchese: Principe, Duca e Conte
3. Il Duca - Principe Gualtieri Brienne ucciso a Sarno
4. Lecce sveva a Roberto Visconte a nome della Trinità
5. L’eredità dei Brienne è di Albiria sposa di Sanseverino
6. Il Re eleva i Sanseverino a Conti di Lecce nel 1213
7. Il ritorno di Costanza voluto dai Templari
8. Il Castello Ydronti di Torre del Mare
9. Il patronato delle confraternite: le preture
10. Ai Sanseverino il potere che fu degli Altavilla
11. Lecce a capo della Contea per minorità si Federico II
12. Urbe Neapolis S.Giovanni a Taurano/Lurano
13. Caureto/Laureto a Siponto, Lurano a M.S.Angelo
14. Siponto e M.S.Angelo con S.Gio Lamis: Marchesato
15. Marchesato è a Yriano nell’urbe delle Tricariche
16. Le due vicarie di Lurano e Loreto con Urberiano
18. Il mistero di Andria, la città del faro di Lucera

1.
erede DeI BRIENNE DEL LUSSEMBURGO
— Maria Monferrato Regina Jerusalem: la madre
— Giovanni de Brienne del Lussemburgo: il padre

2.
nata regina come la nonna isabella I
— Yolanda, sangue dei Brienne e di Re Corrado
— Per Re Giovanni è lui il marito della figlia

3.
MATRIMONIO CON LO STUPOR MUNDI

— Federico II stravolge i piani: sarò io lo sposo
— Federico II scippa subito i beni ai templari
— Lo Stupor vuole la vicaria armena di S.Matteo

4.
LA REGINA AI FERRI, IL RE DEMANALIZZA

— Sposalizio per procura in S.Giovanni d’Acri
— Iolanda incoronata Regina a Tiro
— L’Imperatore rifonda la vicaria: nasce Nova
— Sbarco a Brindisi e subito lo sposalizio
— Il marito profana il talamo con la cugina
— La sposa segregata, a tratti in gita fuori porta
— L’Imperatore scippa terre e corona a Isabella
— Sequestro dei feudi ai templari di Barletta
— Tutto e tutti con Andria, la reggia della Domus

5.
nasce corrado e il sogno svanisce

— L’accoglienza in Andria, città del Papa
— La nascita di Corrado, erede dei due regni
— I funerali di stato il ritiro a Casteldemonte
— La scomunica: è guerra fra guelfi e ghibellini
— Federico sta coi saraceni: è guerra col suocero
— Andria capitale designata di Re Corrado
— Caduta del Regno: la deposizione nel 1248

Note Bibliografiche

Jannelli ricordava a Giannone che che lui «stesso, signor Canonico, non ci venite a notare, fra altri pochi versi, un Tancredi Conte di Lecce giustiziere della Puglia e di Terra di Lavoro nei tempi del Re Guglielmo II? Non fu quindi Federico 2° che ebbe fondata anco la Corte del Giustiziere; uffizio, vi facciam sapere, che riconosce la sua origine da Re Ruggiero, il quale, nel 1141, in Regno suo, perfectae pacis tranquillitate potitus, pro conservanda pace, Camerarios, et Justitiarios, per totam Terram (cioè per tutto il suo reame) instituit come scrive Romualdo salernitano. Troviamo infatti, ancora sotto il Regno de’ Normanni, un Erbia di Bolita o de Apolita, Regius Justitiarius Apuliae, et Terrae Laboris, nel 1155; parimente un Andrea di Roccaromana nel 1167; ed un Roberto [Sanseverino], Conte di Caserta, Gran Contestabile e Gran Giustiziere di Puglia e Terra di Lavoro, nel 1171... Conte di Lecce, che si trova istessamente, come i suoi predecessori, rivestito del doppio uffizio di Gran Contestabile e di Maestro Giustiziere di Puglia e Terra di Lavoro negli anni 1177 - 1184... Nel 1208 un Pietro Conte di Celano, Magister Justitiarius Apuliae ac Terrae Laboris... Dominus Rogerius, Dei et Regis gratia egregius Comes Theatinus (di Chieti), Capitanus, et Magister Apuliae, ac Terrae Laboris. ... Tommaso d'Aquino, Conte di Acerra, creato da esso Federico nel 1221 Magnus Justitiarius Apuliae, et Terrae Laboris. Staccata poi la Puglia da Terra di Lavoro, vi venne in cambio riunito il Contado di Molise. Così nel giugno del 1237 s'incontra un Guglielmo di Sanframondo Iustitiarius Terrae Laboris, et Comitatus Molisii; e, dopo lui, un Riccardo di Montenegro, dal settembre 1239 al febbraio 1242, sostituito da questo tempo da un Gisulfo de Mannia.
2. Sitografia: https://www.wandruszka-genealogie.eu/Antonio/Antonio_Upload/Brienne.pdf. Voce: de BRIENNE. Nikolai Wandruszka: Un viaggio nel passato europeo – gli antenati del Marchese Antonio Amorini Bolognini (1767-1845) e sua moglie, la Contessa Marianna Ranuzzi (1771-1848). 7.1.2010
3. Fernand de Sassenay, Les Brienne de Lecce et d'Athènes, Hachette & C., Parigi 1869.
4. Girolamo Marciano, Descrizione, origini e successi della provincia d'Otranto, Stamperia dell’Iride, Napoli 1855. Cfr. Norbert Kamp, Gualtieri di Brienne, in: Dizionario biografico degli italiani, vol. 14, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1972.
5. Sitografia: https://it.wikipedia.org/wiki/Gualtieri _III_di_Brienne.
6. Girolamo Marciano, Descrizione, origini e successi della provincia d'Otranto, Stamperia dell’Iride, Napoli 1855. Cfr. Norbert Kamp, Gualtieri di Brienne, in: Dizionario biografico degli italiani, vol. 14, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1972. Così lo storico Marciano che lesse il Ferrari: - Inteso l'Imperatore Errico la morte di Tancredi, pretendendo che il regno appartenesse a lui, come di sopra si è detto, ritornò da Germania nell'anno 1195, e con potente esercito entrò nel regno di Napoli; ed avendolo trovato tutto pieno di discordie civili, senza molta resistenza se ne insignorì, riavendo anche insieme l'Imperatrice Costanza sua moglie.
Per la qual cosa Sibilla, moglie già di Tancredi, ben considerando non potergli contrastare insieme con Guglielmo suo figlio e le tre figlie femmine, accompagnata dall'arcivescovo di Salerno, si ridusse in un fortissimo castello, dal quale poi si accordò con Errico, con condizione che Guglielmo, e dopo lui i suoi eredi possedessero il Contado di Lecce in terra d'Otranto, ed il Principato di Taranto.
Si credeva che dovesse quest'accordo puntualmente osservarsi; ma Errico dopochè li ebbe nelle sue mani, cioè la madre e i figli, maschio e femmine, li mando con altri principali nobili signori in Germania, dove poi fece castrare Guglielmo, affinchè non potesse generare figliuoli, e con bacini infocati levargli la vista. Fra questo essendo morto Errico, e la moglie Costanza avendo partorito un figlio maschio pubblicamente pel mezzo della piazza della città di Jesi, Sibilla moglie del re Tancredi essendo colle figliuole in Germania, come si è detto, e ritrovandosi vieppiù libera del figliuolo Guglielmo (che si stava rinchiuso condannato in perpetua carcere ) con bel modo si függi colle figliuole, e si condusse dopo un lungo viaggio a Roma; dove, presentatasi davanti al Pontefice, sostenne che con ragione si dovea il regno di Napoli e di Sicilia alla maggior figliuola per successione di Tancredi e di Guglielmo suo figlio, e per tal causa che dovesse trovarle un buon marito e favorirla per la ricuperazione de' suoi regni. Il Pontefice non volendo di ciò intrigarsi dimostrando la sua impotenza, la persuase di andare in Francia, ove forse troverebbe appresso quel re qualche aiuto. Andd Sibilla al Re Filippo, e maritò la maggior figliuola con Gualtiero, figliuolo del Conte Girolamo di Brenna, e fratello di Giovanni che fu re di Gerusalemme, cavaliero valoroso mollo nobile e di gran cuore, ma pero molto povero; ed avate del re Filippo ventimila libbre di parigine per prevalersene ne' bisogni di guerra , si ritorno in Italia insieme con Gualtiero, e con soli sessanta cavalieri, e circa quaranta altri uomini e serventi a cavallo.
Arrivati in Roma, si presentarono davanti al Papa, il quale scrivendo a tutti i Principi e Baroni del regno di Napoli e di Sicilia, commise loro sotto pena di scommunica che accettassero Gualtiero per loro re e per legitti. mo signore. Così dunque postosi Gualtiero in viaggio, andò sino a Capua senza contrasto alcuno; ma trovandosi in quella città, vi fu dentro assediato. Pur come valoroso guerriero uscendo fuori a quel tempo che non si aspettavano i suoi nemici, non solamente li ruppe colla morte di molti, ma ne prese anche un buon numero, e tra questi i Conti di Caserta e di Celano, di Aquino, della Cerra, di S. Severino ed altri. Colla quale vittoria molti del regno si volsero a favor suo, ed egli per fondar meglio le sue ragioni marild una sua figliuola per nome Margherita a Bernardo figliuolo del Conte Pietro di Celano , ed una sorella di sua moglie detta Madonia al Conte Giovanni di Tricarico, e la terza nominata Costanza fu poi moglie di Pietro Ziani Doge di Venezia. Passò poi all'assedio di Sarno, dove si era rifugiato Leopoldo d'Austria , già da Errico ivi lasciato al governo di Terra di Lavoro. Ma costui, uomo animosissimo, non veggendo come poter fare per durar molto l'assedio, si dispose di tentar la sua fortuna. E così una mattina in sull' aurora uscendo con impeto in campo, percosse talmente i nemici ancor sonnolenti, che uccidendone un gran numero giunse sino al padiglione di Gualtiero, che ancora stava in letto. Svegliatosi egli al rumore, cercd per armarsi; ma in quel mentre ch'erasi posta per vestirsi la lorica sul capo, tronche le funi del suo padiglione, e questo per le tagliale funi cadendo, vi s'inviluppo sì fortemente, che senza potersi disciogliere , fu con molte ferite finalmente preso, e tutti i suoi sbarattati. Fu condotto Gualtiero dentro Sarno, e con buona guardia riposto in una camera molto onorata insieme con un suo cameriero per servirlo, il quale con lui era stato preso, nominato Rinaldo da Siena.
Vi mandò pure Leopoldo molti medici, accid fosse egli con ogni diligenza curato: ed in vero in pochi giorni cra già libero dal pericolo di morle, quando Leopoldo appresentatoglisi avanti gli promise farlo libero e rilasciargli quel Regno, volendo in controcambio a lui confermare i suoi stati, per li quali tuttavia se gli offeriva feudatario perpetuo. Alla qual cosa rispondendo Gualtiero più orgogliosamente di quanto gli conveniva, e dicendo da uomo si vile non voler ricevere un tal servizio, sdegnato Leopoldo, incominciò ad ingiuriarlo, promettendo vendicarsi di sì fatte parole. Dal che Guglielmo venne allora in tanta furia che da se stesso squarciatisi i panni d'intorno, e levandosi le legature e le fasce con cui erano legate le ferite, non volendo nè anche più mangiare e bere, disperato il quarto giorno se ne mori. E per tal causa venne a restar Leopoldo totale amministratore, e quasi signore del Regno di Napoli insino a tanto che Federico figliuolo del detto Errico e di Costanza fatto grande entrasse nel governo del Regno istesso.
7. Girolamo Marciano, IV, 24, 96.
8. C.R. Bruhl, Rogerii II. Regis diplomata latina. In: Il borgo medioevale di Monteserico; da: N.Masini, Tarsia; cfr. sito: http://www.archeopolis.it/Pubblica/genzano/storia/index.htm?borgo_monteserico.htm&1. Cfr. P.Tropeano, CDV, Codice Diplomatico Verginiano, pagg.135-137, Vol 12, Edizione Padri Verginiani, 1999. Ne avevano già dato notizia il Mongelli in Vol.VII; il Fortunato in Badie Feudi e Baroni, a cura di Pedio, III, pag.185; Iannuzzi nel Regesto; Colamarco, Le carte di S.Maria degli Armeni, alla cui edizione si riferisce la trascrizione riportata nel CDV.