Editorial Review
COMMENTI, STORIELLE, DIALOGHI.... IL TRECENTO E IL QUATTROCENTO NAPOLETANO COME NON MAI
Si è pensato, d’accordo con l’editore, di suddividere la “traduzione” in italiano corrente del manoscritto del De Rosa in più volumi. Al primo volume pubblicato nel mese di gennaio di quest’anno, fa seguito questo secondo e quanto prima sarà dato alle stampe anche il terzo. Un libro “snello” si presta meglio ad essere letto tutto d’un fiato, e accresce la curiosità e l’interesse del lettore per una storia così varia e così ricca di eventi e di personaggi. Questo secondo volume continua la suddivisione in capitoli, come nel primo, dando ad essi un titolo. Si ribadisce che nell’originale l’autore non ha fatto suddivisione in capitoli e paragrafi.
Nato a Pozzuoli nel 1385, Loyse De Rosa ha trascorso la sua vita a contatto della corte di Napoli, quale maggiordomo di re e di regine. A metà del secolo XV decide di scrivere della sua esperienza, narrando fatti e personaggi che ha visto di persona o di cui ha ascoltato storie degne di fede. La sua narrazione si arresta all’anno 1475; e questo induce a credere che la sua morte sia avvenuta poco dopo quell’anno.
Possiamo definire la sua narrazione popolare? Se popolare sta ad indicare il racconto di fatti “meravigliosi”, questo non è sufficiente per dargli tale definizione. Prendiamo la vicenda della crociata, riportata nel primo volume.1
Il De Rosa descrive il comportamento del Sultano verso i Crociati arrivati per via terra in Palestina. Viene quasi “rivisto” il rapporto dei cristiani con i musulmani, dal momento che quella che doveva essere una guerra, si trasforma in una grande festa. Come non ricordare la Novella IX della decima giornata del Decameron, in cui Boccaccio descrive la cortesia del Saladino.
Non saprei dire se De Rosa avesse letto la novella boccacciana, scritta un secolo prima; conosceva, però, la Novella XXIII della raccolta di fine Duecento, che va sotto il nome di Novellino, in cui si racconta della prodezza e generosità del Saladino. In questa novella, i Cavalieri crociati vengono sconfitti da Saladino, e molti di essi fatti prigionieri. Quando un cavaliere francese suo prigioniero, per il quali nutriva molto affetto, gli chiese di poter ritornare in patria, il Saladino non solo lo lasciò libero di partire, ma fece chiamare il suo tesoriere e disse: «Dalli CC (duecento) marchi d’argento. Lo tesoriere li scriveva in escita». Nel racconto di De Rosa i crociati sconfitti ricevono dal Sultano, che li lascia andare liberi, delle somme di denaro, quale rimborso delle spese sostenute per arrivare in Terra Santa con i loro eserciti.” Chi avrebbe mai creduto che in queste novelle come nel racconto di De Rosa «ci fosse tanta ricchezza di contenuti e un messaggio così convinto e così ancora attuale di rispetto e di ammirazione, insieme al suggerimento di non rinunciare mai al dialogo interculturale e alla collaborazione, a livello dei popoli più ancora che degli stati».2
La Guerra dei Cent’Anni 3 si era conclusa da poco tempo, ma la vicenda tragica e gloriosa di Giovanna d’Arco era già ampiamente conosciuta in tutto il continente. E De Rosa dimostra non di averne una vaga conoscenza, ma di saperne bene il suo svolgimento. Le Ditié de Jeanne d’Arc di Christine de Pisan del 1429, costituisce una testimonianza notevole degli eventi che sconvolsero la Francia durante la Guerra dei Cent’anni. La poetessa francese (n. Venezia 1364 circa - m. forse Poissy 1429 circa) aveva dunque una cultura moderna che le valse a giusto titolo la qualifica di umanista.
«Al momento della presa di Parigi da parte dei Borgognoni, fuggì dalla città in rivolta e dal massacro per ritirarsi in un monastero - forse quello di Poissy, dove la figlia era monaca - per meditare con disperazione sulle disgrazie della sua patria di adozione. Riprese la parola un’ultima volta per celebrare con entusiasmo, alla fine del luglio 1429, in un Ditié à la Pucelle, le imprese di Giovanna d’Arco che era riuscita a liberare Orléans dall’assedio e a fare incoronare a Reims il Re Carlo VII. Nella pastora lorenese s’incarnano idealmente le due cause per le quali Christine aveva sempre combattuto: quella della femminilità e quella della Francia».4
Un altro riferimento del De Rosa potrebbe essere l’Anonimo, Mistère du siège d’Orlèans, metà del XV secolo, del genere dei Misteri. 5
Per il santuario della Madonna di Loreto, il nostro autore attinge molto probabilmente alla Cronaca di Pier Giorgio di Tolomei «detto il Teramano, Governatore della Santa Casa, che scrisse una Relazione verso il 1472; ed anche Giacomo Ricci, che pure scrisse un libro ancor prima, intorno al 1469»; ed è proprio l’Autore della Cronaca a scrivere che la storia dei due fratelli gli venne riferita da due abitanti del posto suoi contemporanei.6
Si riscontrano altri elementi nel testo del De Rosa che inducono a pensare che avesse una conoscenza di opere attinenti con la sua.
La citazione di Dante, Inferno, canto v (E quella a me: «Nessun maggior dolore/ che ricordarsi del tempo felice/ nella miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore») è una riprova della grande notorietà che aveva il Divino Poeta in Italia, tanto che suoi versi fungevano quasi da massime proverbiali. Loyse De Rosa dimostra di avere conoscenza della poesia di Dante, e non a caso, credo, abbia posto il verso del poeta all’inizio quasi della sua narrazione.
Il richiamo frequente al lettore-interlocutore, che sia o meno un suo familiare, ci riporta ai sermoni di cui il clero del suo tempo, come quello dei secoli precedenti, si serviva nelle omelie, dove abbastanza spesso i predicatori si rivolgevano direttamente agli ascoltatori: osserva che, osserva quanto.7
Quando il De Rosa descrive le virtù del re Alfonso d’Aragona, non a caso passato alla storia coll’appellativo di Magnanimo, segue questa successione «sapientissimo, clementissimo, generosissimo, cattolico cristiano», che non è casuale.
«Il 20 maggio 1443, nel convento di San Giovanni a Carbonara di Napoli, Angelo de Grassis, vescovo di Ariano [oggi Ariano Irpino] e poi di Reggio Calabria, pronunciò un’orazione panegirica in onore di Alfonso il Magnanimo, tràdita dalle cc. 1r-5v del ms. Ottoboniano Lat. 1438, custodito nella Biblioteca Apostolica Vaticana… E queste virtù, da Angelo de Grassis, vengono così catalogate specificamente, nel corso dei successivi capitoli: parsimonia, prudentia, humanitas, fortitudo e benignitas, liberalitas, castitas, iustitia, misericordia. Si tratta senz’altro di virtù che si ritrovano anche nei panegirici presi a modello, ma che il vescovo de Grassis seleziona tra le tante che lì erano elencate».
Viene da pensare che il De Rosa fosse stato presente alla cerimonia in cui il De Grassis tenne la sua orazione.8
Il riferimento ad Aristotele, “inventore” della chiromanzia, è una notizia che il De Rosa attinge dalla tradizione che attribuiva al filosofo una quantità esorbitante di trattati. Nel Medioevo erano in circolazione più di un centinaio di opere pseudo-aristoteliche. La maggioranza di queste riguarda temi di occultismo come alchimia, astrologia, chiromanzia e fisiognomia.
«Nell’Historia Animalium (j,15) lo Stagirita sostiene che gli individui longevi presentano una o due linee che corrono ininterrottamente attraverso la mano; in quelli dalla vita corta, invece, le due linee vi sono, ma non attraversano il palmo per intero. In seguito, numerosi autori utilizzano questo breve passo aristotelico per conferire prestigio alle proprie teorie chiromantiche. Plinio, ad esempio, nel libro undicesimo della Naturalis Historia attribuisce ad Aristotele l’idea che le linee spezzate nel palmo di una mano indichino una vita breve. Simili allusioni, sempre attribuite ad Aristotele, vi sono anche nei Problemata e nei Physiognomica».9
Il fatto che il De Rosa metta in relazione la chiromanzia con la durata della vita, sta ad indicare che aveva varie fonti disponibili, da cui attingere l’informazione.
Non era nelle intenzioni del nostro autore di scrivere un’opera sulla vera storia fatta autonomamente dagli uomini, perché, secondo la sua convinzione, ogni cosa che accade nel mondo è già stabilita ab origine da Dio. Allora è tutto inutile l’affannarsi degli uomini nella loro vita nel tentativo di modificare il destino stabilito? Si potrebbe esprimere questo concetto con una metafora presa dallo sport del pallone. Immaginiamo che uno spettatore assista ad una partita di calcio, conoscendo già il risultato finale; ma i calciatori in campo, che non lo sanno, ce la mettono tutta per far vincere la loro squadra. Qualcosa del genere immagina il nostro autore con quel suo insistere nel raccontare episodi di re, nobili e gente comune, che sembravano destinati alla rovina, e si ritrovano invece in trono e nella prosperità.
E’ importante notare, per quanto riguarda la sintassi, il nostro autore fa uso frequentissimo del verbo “dire” per costruire un discorso diretto. Egli non utilizza il discorso indiretto; riporta le parole dette dai vari personaggi, sempre riferite nella forma diretta. E’ questa una caratteristica del linguaggio popolare.
In appendice, narrazioni a confronto: un brano tratto dalla storia di Sismondi dei primi anni del XIX secolo, in cui si narra la morte di Ser Gianni Caracciolo, con quello di analogo argomento scritto dal De Rosa nel XV secolo. Quali siano le differenze tra le due narrazioni, lo potrà verificare il lettore. Si può dire che De Rosa ha visto e vissuto gli avvenimenti che racconta; Sismondi , che è dagli stessi distante nel tempo, perché visse secoli dopo, li ricostruisce sulla base delle fonti storiografiche raccolte. Simonde de Sismondi, nato in Svizzera nel 1773 ed ivi morto nel 1842, è stato oltre che letterato ed economista uno storico.
La sua opera Storia delle repubbliche italiane nel Medioevo (prima edizione in lingua francese 1807-08) ebbe grande successo.10
Per la storia della morte del Caracciolo, Sismondi utilizza le fonti di Tristano Caracciolo, Pietro Giannone e dei Giornali Napoletani; non conosceva il racconto del De Rosa.
I capitoli di questo volume continuano la numerazione di quelli riportati nel primo. I riferimenti delle note sono, quasi tutti, al testo originale dell’opera...
Testo in volgare
Cronache dei tempi miei
di Loyse De Rosa
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo IV
APPENDICE I
Le Regine conosciute da Loyse De Rosa
APPENDICE II
I Re conosciuti da Loyse De Rosa
Note
Indice analitico
Abruzzo p. 42
Acerra p. 34
Albe p. 60,73
Alessandro Magno p. 54
Alfonso d’Aragona p. 11,24,29,33,38,46,51,55,62,69,125
Alife p. 34
Alonso (Alonzo) don p. 12,14,16,18
Altamura Antonio p. 6
Altamura p. 40
Altavilla p. 21,64
Amalfi p. 20,47
Apollonia p. 37
Apricena p. 67
Aragona, re di p. 47,51,62,69
Ariano, conte di p. 24,43,47
Artale di Sicilia p. 23
Artaluccio p. 24
Artuso Pappacoda
Atella p. 28
Atripalda p. 22
Avellino p. 28
Aversa p. 26,28,33,36,37,45,66
Babilonia [sultano di Babilonia] p. 56
Barcellona p. 38,39
Bari p. 45
Basilea p. 45
Benevento p. 24,25,30,31,74
Berlingieri Giovanni p. 31,64
Bianca, regina p. 38
Bibliothèque Nationale de France p. 6
Bisceglie p. 31
Boiano p. 52
Bonifacio Tommaciello [Bonifacio IX] p. 22,37,45
Borges, messere p. 24,25,26
Borgogna p. 46
Braca, il p. 61
Brancaccio, cardinale p. 35
Brienza p. 24,28,34
Brion p. 68
Caiazzo p. 34
Caldoro Antonio p. 23
Caldoro Jacopo p. 28
Callisto III (Alfonso Borgia) p. 24,49,51
Campagna p. 24,31,73
Capaccio p. 17
Capua p. 21,28
Caracciolo Goffredo p. 52
Caracciolo Ottino p. 66
Caracciolo SerGianni p. 32
Caracciolo Troiano p. 28
Carafa, famiglia p. 32
Carbone, cardinale p. 35
Carlo II p. 53
Carlo III d’Angiò-Durazzo p. 19,35,41,63
Carlo Martello p. 17,42
Carrara p. 61
Carretta Della, cardinale p. 51
Casaluce p. 36
Catalogna p. 26,46,51,62
Celle p. 19
Cesaro Fabrizio p. 62
Cesaro Iulio p. 44,62,64,65,66
Cicco de lo Burgo p. 42
Ciciniello Ioanne p. 32
Cincolino da Perugia p. 61
Cipro p. 25,49
Civita Vecchia p. 26
Cola d’Alfiere p. 51
Colonna Antuono p. 70
Colonna Giordano p. 70
Corato p. 44
Corigliano p. 34
Costantino p. 54
Costantinopoli p. 25,37,49
Costanza Chiaromonte p. 21
Costanza p. 45
Croce Benedetto p. 6
Crotone p. 47
D’Alfiere Bernardo p. 52
D’Alfiere Giovanni p. 52
D’Anna, cardinale p. 35
d’Artona Francesco p. 71
Damasco p. 56
Dante p. 12,16
Danubio p. 56
De Criscio Giuseppe p. 6
De Nichilo Mauro p. 5
Delolme François p. 6
Dionora, madama p. 42
Dominico de lo Furno p. 17
Eboli p. 31
Egitto sultano d’ p. 54
Egitto, duca d’ p. 18
Ercole d’este p. 23
Faicchio p. 19
Ferdinando I (Ferrante) p. 11,22,26,40,41,42,125
Foggia p. 19,67
Forlano, il p. 61
Formentin Vittorio p. 6
Francia p. 68
Frignano p. 31
Gaeta p. 11,17,18,19,20,21,33,37,41,46
Galilea p. 61
Galiota Giovanni p. 68
Gaspare di Sanseverino p. 17
Genova p. 47
Gerace p. 23,47
Gesmundo d’Este p. 23
Gesualdo p. 28
Giacomo II di Borbone-La Marche p. 69,122
Giaimetto p. 33
Giffoni p. 31
Giovanna I p. 19,63,65
Giovanna II d’Angiò p. 11, 18,22,24,28,31,32,33,41,46,52,59,121
Giovanni XXIII, Cossa, p. 18,43
Giovanni, don p. 12,13,14
Giovanni, duca p. 39,40,42
Gismondo, imperatore p. 49
Gran Turco p. 17,37,49
Greco Ludovico, Editore p. 6
Gregorio XII Angelo Correr p. 17
Iacopo re p. 11,12,18,19,31,53,63,65,67,68,70
Isabella Chiaramonte p. 11,122
Isabella, moglie di Re Renato p. 11,121
Ischia p. 28
Ladislao I d’Angiò-Durazzo p. 11,14,17,19,20,21,22,23,28, 29,31,33,34,37,41,43,51,59,63,123
Lecce p. 19
Leonessa famiglia p. 37
Lionello da Perugia p. 61
Lordy, messere p. 67
Luigi II d’Angiò p. 11,24,62,69,124
Luigi, santo p. 53
Maestro di S. Giacomo p. 47
Magliano p. 14,15
Malatesta da Cesena p. 61
Manfredi di Chiaromonte
Manfredi di Chiaromonte p.20,21
Manfredonia p. 30
Marca di Ancona p. 22, 24,73
Marche de La p. 30,31
Margherita, Regina p. 11,19,121
Maria di Cipro p.11,121
Maria di Taranto p. 11,19,121
Marigliano p. 31
Marittima p. 24,73
Martino V (Colonna) p. 18,59
Maselli Lorenzo p. 7
Mattina di Puglia p. 19
Melfi p. 28,40,47
Merchisedecche p. 13
Milano p. 49
Milano, duca di p. 42,47,55
Minutolo, cardinale p. 35
Monteleone p. 19
Monteodorisio p. 24,47,62
Monteverde p. 28
Mormile Annicchino p. 31,66
Mormile Antuone p. 31,32
Napoli p. 5,17,18,19,20,21,26,31,32,33, 35,37,38,40,42,44,66,69
Navarra, re di p. 47
Nocera de li Cristiane p. 37,41
Nola p. 20,22,47
Oddone p. 11
Origlia Giorello p. 34
Origlia Urbano p. 34
Origlia, famiglia p. 24
Orsino Giovanni Antonio p. 12,22
Orsino Paolo p. 60,61
Ottone di Brunswick-Grubenhagen p. 19,122
Pandolfello p. 29,31
Papacoda Artuso p. 33
Pavia p. 49
Perretta p. 42
Perugia p. 60,61
Piccinino Iacobo p. 42
Piccinino Nicolo p. 42,46
Pietro d’Aragona p. 39
Pignatiello Carlo p. 52
Portogallo, re di p. 47
Pozzuoli p. 5
Priore, il p. 32
Rampino da Padova p. 61
Ramundo, spagnolo p. 49
Ranaudo di Durazzo p. 22,52
Renato d’Angiò p. 11,19,45,124
Ripacandida p. 28
Roberto, re p. 53
Roma p. 12,23,24,29,37,43,49,73,74
Rosanova di Foggia p. 22,52
Rossano p. 17,47
Salerno editore, Roma p. 6
Salerno p. 19,20,22,29,40,47,60,63,66,73
Sancia, regina p. 53
Sanseverino famiglia p. 37,41,42
Sansevero p. 67
Santa Agata conte di p. 34,43
Santangelo conte di p. 28,43
Santo Fele p. 28
Sarno p. 14,18,20,22,47
Scafati p. 14
Sessa p. 17,47
Sforza (Muzio Attendolo) p. 30,31,62,63,64,67,68,72,73
Sicilia p. 38,46,51,62
Sigismondo p. 17
Silvestro, papa p. 55
Società Napoletana di Storia p. 6
Sorrento p. 33
Taranto p. 11,17,18,19,40,47,67,68
Tartaglia da Lavello p. 61
Terra Nova, conte di p. 43
Terracina p. 25,74
Tommasiello de Sanseverino p. 17
Toscana p. 24
Tristano de Claramont p. 12
Troia p. 61
Ungaro p. 41
Ungheria p. 11
Urbano VI (Bartolomeo Prignano) p. 35,45
Vasto p. 23
Velardo da Camerino p. 61
Venosa p. 17,28,41,42,47
Ventimiglia p. 47
Ventura di Oliveto p. 61
Villanuccio p. 14,41
Vindazzo Pietro p. 68
Vulcano, famiglia p. 32
Zazzera Sergio p. 6
Zurlo, famiglia p. 42
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