Editorial Review
L’attentato del 7 febbraio 1386

...Secondo uno storico contemporaneo, dopo l'incoronazione, il padre di Re Ladislao, Carlo di Durazzo, andò a Buda, dove iniziò il suo governo, stabilendo pari giustizia per tutti. Ovviamente furono puniti coloro che avevano sequestrato illegalmente lo stato e le proprietà demaniali alla morte di Re Luigi. Esaminando i diplomi rilasciati a gennaio e all'inizio di febbraio 1386, Carlo coinvolse direttamente Elisabetta e Maria nel governo del Regno, sebbene mamma e figlia non potessero essere informate sugli affari dello stato. E il peggio avvenne proprio nella stanza reale della Regina Madre, tesoriere detentrice della cassa, risultata ideatrice del piano posto in essere per l’assassinio del Re ad opera di Forgách Balazs, maestro di pinze. Del resto, dal momento che il Re era stato precedentemente scomunicato dal Papa, secondo la legge contemporanea, la sua vita poteva essere presa da chiunque.
Così Thuróczi: — La regina Elisabetta, amareggiata per la prosperità degli altrui risultati, si tormentava con soffocante amarezza, bramando vendetta la dignità appena persa, cercò in segreto la rivendicazione del paese preso con l'inganno.83
Il tentativo di uccidere di Carlo, come previsto, fu pianificato per il 7 febbraio. I partecipanti saranno tutti identificati, stando alle cronache e al carteggio di Re Mària, sebbene nei documenti si menzioni la presenza di altri traditori senza nome. Le cronache del Gataro, la poetica veneta del Monaci, (su cui si baserà la Cronaca di Thuróczi scritta dopo il 1480), e l’editto della Regina Maria pubblicato il 28 febbraio, danno un quadro su quanto accaduto la sera del 7 febbraio.
Secondo Gataro, il Re faceva spesso visite alle cugine reali. La sera della sua fine arrivò verso le nove e poi entrò in una stanza per discutere con le due donne. Qui ebbe accesso l’esecutore materiale del delitto, Balázs Forgách, il quale, arrivando nella sala, colpì il Re alla testa con la massima forza che avesse, adoperando un coltellaccio tenuto nascosto sotto il mantello.
Il lungo pugnale squarciò completamente il cranio, fino all'occhio sinistro del Re, accasciatosi esamine, mentre l’assassino lasciava la stanza con tutta calma. Il crudele esecutore riuscì a fuggire dalla scena del crimine, approfittando della confusione venutasi a creare, mentre in molti accorrevano nella stanza, urlando di chiamare un dottore.
Secondo il Monaci Carlo III subì tre tagli: uno sul viso, che gli fece perdere l'occhio sinistro e due nella parte superiore del cranio. Stando al carteggio della regina Maria, il Re fu colpito con quel bilanciere più volte, ferendosi lo stesso assassino, oltre Naccarella nella intrapresa lotta per il disarmo che comunque vi sarebbe stata.
E Thuróczi: — Re Carlo, sebbene avesse subito una terribile ferita, non cadde, ma si alzò dallo sfortunato posto in cui sedeva e si avviò con passi lenti e fluttuanti, lasciando lunghe tracce di sangue sul pavimento.84
Secondo De Monaci, così gravemente ferito, fu rinchiuso in una stanza fino alla settima ora della notte, e poi, per volere della Regina Elisabetta, fu trattenuto prigioniero con quelli che rimasero al suo seguito......
Thuróczi aggiunge: — Alla fine, nel silenzio di quella notte, i complici della Regina e del palatino irruppero selvaggiamente nella camera da letto del sovrano ferito, tirandolo fuori dalla porta per trattenerlo prigioniero in un'alta torre......
Nonostante la gravità della situazione, Carlo non era quindi morto. Anzi, avendo ricevuto notizie così tremende e forse per averlo anche visto di persona, Nicola Garai, sicuro di rivederlo in forma, prese le armi e combatté contro i seguaci delle regine scesi per le strade di Budapest, mentre il voivodato István Lackfi e János Horváti dispiegarono i loro uomini armati al castello, assediarono e circondarono la città, restando in armi per tutta la notte.
Barbiano e Naccarella cercarono di resistere per tutta la notte, ma a causa della pressione dei realisti, furono spinti dietro la torre del castello, venendo costretti ad abbandonarla su ordine dello stesso Re, alquanto ripresosi dopo le prime cure mediche e portato a Visegrád.
Il nemico croato, vedendo la situazione disperata, era partito per Zagabria nella speranza di accendere lì la ribellione, il prima possibile.
Le condizioni del Re, invece, peggioravano. Si dice che i dottori gli diedero un farmaco che gli causò il gran dolore finale, vedendosi le sue forze diminuire a ripetizione.
Riconoscendo egli stesso la criticità delle sue condizioni, Carlo III fece testamento, nominando erede suo figlio Ladislao, da affidare alle cure del fedele Naccarella, insieme alla moglie e alla figlia. Si procedette quindi a farlo confessare il 24 febbraio, e il 27 successivo, secondo la cronaca siciliana, lasciò il rango dei vivi.
Secondo altre interpretazioni della fonte, non fu portato nel monastero di Visegrád, ma nel grande capitolo benedettino di Szentendre, dove restò in un luogo del monastero tenuto sconosciuto per un bel po’. Non fu sepolto subito e neppure con una cerimonia in chiesa a causa della scomunica papale, ma tumulato. Ci vollero cinque mesi per trovare tutti i principali attori della morte di Carlo della Pace, e punirli con la stessa moneta, mentre il Regno di Ungheria precipitava in uno stato di guerra civile per quasi 15 anni.
In seguito alla successiva richiesta del figlio Ladislao, si attese la decisione di Papa Bonifacio IX, che agì dopo cinque anni, e comunque non prima del 3 febbraio del 1391. Per la sepoltura finale nella chiesa del monastero benedettino ai piedi del Visegrád, il Papa incaricò l'arcivescovo János Kanizsai.
La triste notizia dell'assassinio di Carlo III giunse a Castel Nuovo la notte del 1 marzo, a festeggiamenti ancora in corso. A raggiungere la vedova fu l'ambasciatore fiorentino, ivi giunto per le celebrazioni.
Il giorno prima Re Mària aveva appena pubblicato un atto in cui si parlava della ricompensa al Forgách, per aver ucciso Re Carlo Durazzo, che perse la vita dalla regina che privò della sua corona........
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