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DONNA SABELLA
Isabella era figlia di Bernardo conte di Capaccio e Grande Ammiraglio del Regno. Alla morte del padre, avvenuta nel 1512, aveva ereditato il feudo di Capaccio e Altavilla.
Nel 1516, con il consenso del re Ferdinando II, sposò Ferrante Sanseverino (1507- 1568), principe di Salerno, che non aveva ancora compiuto dieci anni. Era rimasto orfano in tenerissima età, ed era stato allevato da Bernardo, il padre di Isabella. I due fanciulli ebbero per precettore uno dei più insigni umanisti napoletani, Pomponio Gaurico, il quale per dodici anni insegnò loro le lettere latine e greche.
I giovani sposi fecero onore al maestro. Avevano gran gusto per le lettere, la musica, il teatro, e tennero corte magnifica. Le opere teatrali che rallegrarono i napoletani tra il 1535 e il 1547 furono rappresentate nel palazzo del principe, dove la scena era sempre aperta.
Con il matrimonio di Isabella Villamarino e Ferrante Sanseverino il governo napoletano aveva voluto riunire due dinastie: quella provenienti dalla discendenza angioina, francese, e quella di origine aragonese, catalana. Ferrante, uno dei grandi feudatari del regno, valoroso soldato fu anche poeta di stampo petrarchista e un ottimo e più che raffinato musicista. Una sua canzone che si cantava in tutta Italia cominciava con i versi: Ya passò el tempo que era enamorado/ ya passò mi gloria, ya passò mi ventura/ y ha llegado la ora de mi sepoltura… Durante un primo soggiorno presso la corte del re di Francia era stato molto apprezzato anche come cantore.
Isabella fu una delle donne più note della sua epoca, era celebrata non solo per la bellezza e la grazia del viso e della persona ma anche per la sua cultura. Paolo Manuzio che la aveva conosciuta in Avellino scrive di averla sentita recitare prose e versi da lei composti in latino e di essere rimasto colpito dalla qualità di quei lavori. Bernardo Tasso, che non eguagliò la fama del figlio ma fu un poeta di buon livello, era stato segretario di Ferrante Sanseverino e aveva dedicato il secondo libro dei suoi Amori proprio a Isabella.
Attorno a Isabella e a suo marito Ferrante, che sembra si sia in seguito convertito al calvinismo, si era sviluppata una intensa vita culturale animata da poeti, poetesse, musicisti scienziati e umanisti che alla principessa dedicarono opere e poesie. Fra questi Maria Edvige Pittarella, che faceva parte della Accademia degli Incogniti con il nome di Pandora Milonia, della quale non si conoscono le opere, e Laura Terracina che le dedicò un sonetto:
«A Tal villamarina, e a tal scoglio/ Eolo nulla val con sua procella/ Hor in quest’una parte et hor in quella/ L’ignuda barca mia lego e discioglio…
Arturo Bascetta –
L’AMORE SEGRETO PER CARLO V
Carlo V “visitò tutti gli stabilimenti, e chiese della capitale, e ne restò ben soddisfatto, ed il 1 gennaio 1536 assistette in s.Domenico Maggiore alle sacre cerimonie, ed ascoltò il sermone di Padre Ambrogio de Silvia, che gli raccomandò di abbattere gli eretici come fede. L’Imperatore pel tempo che fu in Napoli vi godette di quanto di bello offrì questa deliziosa città, e diede nello stesso tempo provvedimenti interessanti governativi, ed il dì 8 gennaio 1536 tenne un generale parlamento in s.Lorenzo ove conchiuse ventiquattro capitoli e grazie, per tutte le diverse urgenze del regno, ed in quello venne stabilito farglisi un donativo di ducati 500mila a carico del baronaggio ed Università del Regno. Il Carnevale lo passò divertentissimo per la Caccia dei Tori data a s.Giovanni a Carbonara, ed altri divertimenti di mascherate, che s’usavano in quel tempo; ed allora fu che la principessa di Salerno Donna Isabella Villamarino, gli chiese grazia pel figlio delConte di Serino Giovanni Battista Tofa, reo dell’omicidio, che non poteva avere la remissione dagli offesi”.
L’imperatore: — Yo me consultare con Cuevos.
Pochi giorni dopo l’Imperatore, nascosto il volto dietro una mascherina, si fece notare dalla Principessa di Salerno affacciata al balcone mentre reggeva un mazzetto di fiori.
Disse l’uomo mascherato: — Senora Principessa deame esto ramagliet!
E la Principessa: — Senor mascaro con Cuevos me consultare…
L’imperatore capì allora di doverle fare il favore richiestogli in precedenza e fece cenno che le avrebbe accordato ciò che desiderava. E Donna Isabella, presa dall’allegrezza, le menò il ramagliet que yo se lo agradesse.96
In quei giorni fu chiamato a corte anche il rimatore Di Pino, il quale, nel secondo canto del poemetto II Trionfo di Carlo Quinto, pubblicato pochi mesi dopo, meglio espresse le forme del corpo di questa donna che la natura sembrava aver vestito.
Così il cantore: — La bella invisibil beltà d’umana carne: e di tal misto ne istampò Isabella Villamarina. E teca può ben farne ogni vista mortal giudizio intiero, ch’ella è vera beltà qual vero è il vero.
Alcuni restavano increduli davanti a quella bellezza.
Mario di Leo così cantava: — Isabella Villamarina, al volger de’ begli occhi ancor discerno, in cui si scorge di beltà divina quanto aver se ne puo’ dal ciel superno. Quando sarà costei seco vicino, generoso Fernando di Salerno, tra voi fia gran contesa chi di voi avrà gloria maggior ne’ gesti suoi.97
Nè mancò di essere presente a corte il segretario del marito, Bernardo Tasso, il quale le dedicherà il secondo dei suoi libri, scrivendo: “ad Isabella Villamarina, moglie del Principe: famosa per le doti del corpo, e dell’animo, e mentovata con piene lodi da vari scrittori”.98
Il Viceré, intanto, era passato ad abitare in casa del Tesoriere Sancez presso s.Giovanni maggiore (poi Palazzo Filomarino), per lasciare libero il castello al suo sovrano non essendo stato ancora realizzato il Palazzo dei Viceré in via Toledo. Fu lì che diede un banchetto per gli imperiali invitando la figlia Donna Dionora de Toledo, Donna Lucrezia Scaglione ed altre nobili dame. In quell’occasione accadde però uno spiacevole episodio in quanto Don Antonio d’Aragona (nell’eccedere coi complimenti verso la figlia del Viceré), scatenò una lite facendo accorrere il cognato Marchese del Vasto: “l’alterco s’avanzò tanto che misero mano alle spade, e l’Imperatore personalmente arrestò qualche ulteriore sconcerto. Lo che fu causa della perpetua inimicizia tra il Marchese del Vasto e Don Pietro di Toledo”….