Isabel de Castilla

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ISABELLA, COLOMBO E FERDINANDO: LA TRESCA DEL NUOVO MONDO

Un rapporto, quello fra la Regina e Colombo (napoletano o genovese che sia), più formale rispetto a quello con Consalvo, sebbene entrambi legati dal vile danaro: Consalvo era partito alla conquista del Regno di Napoli coi soldi del fratello; Colombo alla scoperta dei Nuovi Mondi, con quelli del Papa. Non sarebbe vero quindi che fondi non ne ebbe. Anzi, proprio come accaduto per Consalvo, non era tanto la spedizione in quanto tale o l’impresa a costare, quanto il salario per le truppe che, ad ogni battaglia, volevano essere pagate.
In ogni caso, per entrambi, raggiunto il massimo dello splendore, cioè trovati i soldi per tutti, saranno frenati.
Per convincere la Regina a farli partire, Consalvo dovette liberare Granata dai Mori a costo di scendere a compromesso e Colombo, dopo una prima spedizione fugace, dovette fare altrettanto con gli Indios.
Dice Nacher che si è scritto molto su questa coppia regnante. Sopratutto per conoscere chi dei due comandava realmente. Si è molto discusso anche su chi prendesse le decisioni più importanti, come ad esempio quella di autorizzare i viaggi di Colombo. “In ogni modo Fernando era il Re consorte, odiato dalla nobiltà castigliana, mentre Isabella, chiusa nella sua superbia, si dava le arie di essere lei il Re e la Regina, ma di fronte al popolo piaceva loro annunciare, sebbene formalmente, che la loro unione era perfetta tanto nel potere come nel comando, e ordinarono di collocare, nelle bandiere del Regno, gli stemmi con le torri di Castiglia alternandoli a quelli dei leoni d’Aragona, con il motto: Tanto importa, importa tanto Isabella come Fernando. Si definirono cattolici, ma entrambi avevano antenati ebrei e mori, come tutti in Spagna. “Isabella era gelosissima, energica, impulsiva, orgogliosa, lungimirante, fanatica religiosa e qualcuno le ha notato anche un’accentuazione isterica”.46
Marineo Siculo, cronista di corte, scrive che la regina vanitosa e che le piacevano gli onori e la fama. Di Ferdinando dice che era tipicamente catalano: pratico, semplice, negoziante, donnaiolo. Anzi, nonostante il severo controllo di Isabella, ebbe diversi figli bastardi, tra i quali Alonso d’Aragona, arcivescovo di Saragozza. Aggiunge che fu anche un politico perfido e volubile. E che aveva una memoria e un’intelligenza “da desiderare d’essere scrittore”, ideale che avrebbe perseguito se non fosse stato obbligato a darsi alle armi.47
Secondo il Guicciardini, tra il dire e il fare di tal principe vi era un baratro. Preparava continui piani con astuzia, premeditazione e malizia, come tutti i politici senza scrupoli. Sono noti i suoi ambigui rapporti con gli altri regnanti.
Disse il Re: – Il Re di Francia si lamenta che io l’ho ingannato due volte. Questo sciocco mente, infatti l’ho ingannato sedici volte, e forse di più.

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ISABELLA, REGINA DEI DUE MONDI CHE AMAVA I SUOI CAPITANI

Le simpatie di Consalvo verso la Regina crescevano ogni giorno di più durante le conquiste dei castelli. Un’amicizia stretta che il giovane dimostrò specie quando bruciarono le più segrete masserizie donnesche di lino nell’accampamento di Isabella. Consalvo non perse tempo e chiese alla moglie Donna Manrica, che era nella vicina Lora, di donarle il necessario ornamento e pannilini del suo corredo. Atto che permise alla Regina di ringraziarlo, dicendo che quell’incendio le era tornato molto utile, al punto che alcuni credettero che la Regina si fosse innamorata del Gran Capitano.
La vita di corte era pur sempre meglio della guerra. Scambi di occhiate furtive e baciamano, fra un accampamento e l’altro, rallegravano i giorni morti di tutti. Ciò presuppone anche sfarzo e spese che non sempre erano alla portata di chi, come Consalvo, si era affacciato da poco a Palazzo. Ecco perchè giocò d’astuzia, cullandosi piacevolmente della simpatia che per lui nutrivano i cortigiani.
Era in uso a Corte donare a chi si batteva per la Corona i proventi della riscossione di una tassa sui vassalli. Così accadde per Ignigo di Mendoza, che donò la casa e la rendita ricavata dalla gabella della seta. Consalvo divenne sempre più addentro ed istruito negli artifici della vita cortigiana. Uno svago che accompagnava piacevolmente alle virtù militari e, specie quando veniva il tempo del motteggiare e ognuno era preso dalla vaghezza delle sue parole.
Né mancò di mostrare il suo valore quando il veliero della Regina, di ritorno da un viaggio nelle Fiandre (dove la figlia Giovanna era andata in moglie a Filippo Il Bello), si arenò sulla costa a causa del mare grosso. La nave regia, nonostante gli sforzi dei cortigiani, non riusciva ad attraccare, sballottando Isabella a destra e a manca. A Consalvo, “parendogli vergogna ch’ella fosse maneggiata per le mani d’ignobili ministri, com’egli era un saio di broccato e di cremisi, senza dimora alcuna saltò in mare fino al petto, e abbracciato la Reina, e levatosela in spalla, gridando ognuno la portò alla riva” dilettandole l’animo. La Regina era molto affascinata da questi leggiadri uffici dicendo che Consalvo era nato per fare ogni cosa con valore e cortesia. Un alto gesto di galanteria che gli permise di raggiungere il Viceregno di Sicilia. E lui fu scelto, come Capitano valoroso in guerra, “favorito dalla Regina innanzi” nel guidare la spedizione diretta in Italia.
E’ da questo inconsulto bene che tutto ebbe inizio. Isabella la Cattolica: la bellezza, l’amore, il potere della donna più potente dei due mondi.

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Editorial Review

CATTOLICA, SULLA CARTA, FINO ALLA MORTE

 

Isabella I, Regina di Castiglia, dettò il suo testamento (con codicillo) in lingua madre il 12 ottobre 1504, e il 23 novembre, tre giorni prima di morire all’età di cinquantatre anni, firmò con autografo le sue ultime volontà in quel di Medina del Campo. Isabella dichiarava erede universale di tutti i suoi regni e di tutti i suoi beni la figlia primogenita, la principessa Giovanna I di Castiglia, arciduchessa d’Austria e duchessa di Borgogna. Comandava inoltre che se Giovanna fosse rimasta assente dai suoi regni o non avesse potuto più governarli, l’amministrazione di essi, sempre per suo conto, sarebbe passata al Re Fernando, suo padre, finché l’infante Carlo, erede di Filippo il Bello, non avesse compiuto vent’anni per governare i regni.41
«Sappiano — disse nelle sue ultime volontà— quanti vedessero questa carta, come io, Donna Isabella, per grazia di Dio, Regina di Castiglia, di León, de Aragona, de Sicilia, de Granada... essendo malata nel mio corpo della malattia che Dio volle darmi e sana e libera nella mia intelligenza... dispongo questa mia carta di testamento e ultima volontà volendo imitare il buon re Ezechia volendo disporre della mia casa come se poi dovessi lasciarla... E voglio e comando che il mio corpo sia sepolto nel monastero di San Francesco, che si trova nella Alhambra della città di Granada... dopo essere stata vestita con l’abito del beato poverello di Gesù Cristo san Francesco, in una sepoltura bassa che non abbia rilievo alcuno, salvo una pietra piana con parole scolpite in essa; ma voglio e comando che se il Re, mio signore, scegliesse sepoltura in qualsiasi altra chiesa o monastero di qualsiasi altra parte o luogo dei miei regni, il mio corpo sia trasportato lì e sepolto vicino al corpo di sua signoria perché la coppia che formiamo in vita spero per la misericordia di Dio la formino le nostre anime in Cielo».
Inoltre, in conformità con quanto dovesse e fosse obbligata di diritto, Isabel istituì sua erede universale di tutti i suoi regni, terre e signorie e di tutti i suoi beni l’illustrissima principessa donna Giovanna, arciduchessa d’Austria, duchessa di Borgogna, sua «cara e molto amata figlia primogenita, erede e successora legittima di detti miei regni, terre e signorie, la quale dopo che Dio mi portasse con sé prenda il titolo di regina». E qualora ella «non volesse o potesse governarli, seguendo gli accordi presi nelle Cortes di Toledo del 1502 e di Madrid e Alcalá de Henares del 1503 si stabilisce che in tali casi il Re», suo signore, «debba reggere, governare e amministrare i miei regni e signorie per conto della Principessa».
E così concluse: — Comando che quando detta principessa donna Giovanna, mia molto cara e amata figlia, muoia, le succeda in questi miei regni l’infante Carlo, mio nipote, suo figlio legittimo e di detto don Filippo, suo marito, e che sia re e signore dei miei regni.
Io la Regina.42