IL PRINCIPATO REGIO DI RE MANFREDI LO SVEVO: 1258. Meglio morir amati da Hohenstaufen che diseredati da Carlo d’Angiò

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Copertina posteriore

tante pagine su piccoli episodi sconosciuti, come l’erede nascosto: Enrico

 

Il cronista di Trani concluse le sue esternazioni con gli ultimi passi sulla vedova di Manfredi. «La Reina Alena cum ipso Munualdu et Amenrusio si ritirao dintro a lu Castellu fecretamenti, dove furo receputi cui multu amori de lu castellano. Ma saputosi quisto da certi frati che travestiti secundu se dicìa Papa Chimente avia mandati per lo Reami a fare sollevari la gente contru alu Re Manfridu si portaro de lu dicto castellanu per capacitarlo a fari presune la Reina cu’ li soi figli, perzoché avrìa facto multo piazire a lu sancto Patri et receputo premiu grandi da lu Re Carlu. Et tantu li seppeno predicari che a la fine a cossì fice lo traditure che serrao la povera Alena cu li soi figli et alzao lo ponte de lu Castellu».87
A dire del Cronista quando la Regina venne arrestata era incinta, perché a meno di un anno dalla morte del Re diede alla luce l’erede.
Così l’Anonimo Tranense: — A lu dì sei de lu dicto mise arrivao multa genti d’arme a cavallu de lu Re Carlu che andava in cerca de la Reina, et la pigliaro cu li foi quattru figli e tutto lu tesoru che avìa, et de nocte se li portaro ne si sappe dove…
A lu dì tre de maio de lu dictu anno mcclxii s’appe nova, che a li trenta de aprile la Reina Alena avea filiato ed avia factu no peccerillu, a lu quali lu Seniore Re Manfridu l’avia postu nomi Enricu come lu soi nonno et perzò nella nostra terra si ficeru multi festi et alluminare.88
A seguire sarà l’Anonimo Siciliano a chiudere la storia, perché «il Re Corali venne d’Alemagna con gran genti per vendicarsi delli due suoi fratelli morti; e come il prese il Re Charles e li leva la testa in Napoli, e senza contrasto resta Signor di Sicilia».89
Passa così a spiegare che «non passò lungo tempo, ch’il Ré Corali venne d’Alemagna con gran gente contra il Re Charles per vendicarsi dal Rè Manfré, e del Re Ens, ch’ erano stati morti nella battaglia; e cossi medesimamente combattesse a giorno segnalato con il Ré Charles: come a Dio piacesse, la sconfitta ritorna sopra il Re Corali, e le sue genti, e il Re Charles fu vencitore, e levò il campo, e restò vivo il Re Corali; e malamente gli stiede, che gli fu tolta la testa in Napoli; dove tutti li Principi del mondo, e l’altri genti gli donorono gran biasmo, però cossi lo fecci. E il Re Charles non avendo contrasto in sua terra da nessuno, nè verun uomo non sente più di vendicarsi, né farne vendetta; entro quel Re Pietro d’Aragona per onore della Regina sua moglie, e de’ suoi figli, si posse in cuore, per quelle morti, di vendicarsi. E di ciò, lasciarò ora di parlare, che presto ne parleremo, quando sarà luogo, e tempo. Ora tornerò a parlare del Signor Re Pietro d’Aragona».90
Seguendo la Cronichi di quistu Regno di Sicilia dall’anno 1018 al 1359, data alle stampa da un Anonimo Siciliano successivo al Montagner, termina così la storia riassumendola dai tempi dell’Imperatore Federico II che ebbe un figlio spurio, Manfredi, al quale «lassao lo Principato di Taranto cun tutti soi raxuni, secundo si contiene a lo suo testamento.

Description

manfredi e il ponte di BENEVENTO


La lettura degli eventi storici si dimostra di grande interesse in questi ultimi anni, ma resta, anche per l’insegnamento, una materia di difficile comprensione. Lo storico non solo è chiamato a un ruolo di mediazione e confronto con gli eventi riportati dai cronisti più o meno coevi, senza interpolazioni e manomissioni ottocentesche, ma deve vestire i panni di un moderno Holmes. Il ricercatore di oggi è un investigatore, chiamato a indagare tra le fonti, senza mai lasciarsi ingannare dalla semplicità di ciò che appare essere stato documentato prima del suo arrivo.
Il libro sul secondo Manfredi lo abbiamo titolato «Il Principato Regio di Manfredi lo Svevo», anche in omaggio a Barletta, ovvero alla Nova Barulo nata due anni dopo il sisma del 1088, e perciò detta Baruletta, che oggi sappiamo essere stata vicecapitale del Regno di Pavia di Re Corrado di Lorena dal 1092. Un libro di storia «verace» vuole essere anche questo: l’esercizio continuo della mente nella comprensione che la storiografia non può e non deve essere considerata immutata e stabile. L’abilità dello studioso sta nel farla diventare fluida, perché essa è in continua evoluzione, come la stessa immagine del sovrano svevo, spesso schiacciata dall’imponente figura del padre-imperatore.
E così, il secondo volume su Manfredi, curato dall’Autore su ricerche di giornalisti moderni, immersi nei fatti come cronisti di allora, trova finalmente il risalto meritato. La forza e la tenacia con cui il Principe Svevo si oppose alle forze della Chiesa, costretto a fronteggiarsi con ben tre papi, mostrano intelligenza e saggezza di un uomo quasi prerinascimentale, spesso piacevolmente perduto fra musici e strabotti, ma che sul piano politico-diplomatico seppe instaurare una proficua rete di alleanze, rafforzate altresì da sontuosi matrimoni.
Manfredi incarna la figura perfetta di sovrano moderno, pioniere e precursore dei reggenti illuministici, amante di filosofia, musica e di ogni forma d’arte. Egli è consapevole di quanto fosse importante l’opinione pubblica per un sovrano, carpita e rapita attraverso magnifici eventi e sfarzose feste, allorquando il politico diventa abile promotore della propria immagine, pur senza mai abbandonarsi a frivolezze e continuando con costanza a perseguire i suoi obbiettivi, divenendo una delle figure più potenti e carismatiche degli anni Duecento del primo Millennio. Sul luogo della sua morte, tanto discussa, vale la pena di aggiungere le parole che per lui ebbe un contemporaneo, Fra’ Salimbene de Adam da Parma (Parma, 9 ottobre 1221 – San Polo d’Enza, 1288), un religioso, storico e scrittore italiano dei frati minori francescani, seguace di Gioacchino da Fiore e autore di una cronica trascritta come Cronaca di fra Salimbene parmigiano dell’ordine dei Minori, data alle stampe da Carlo Cantarelli. A suo dire non va sottaciuta «la bellezza della città di Manfredonia che il Principe Manfredi chiamò col suo nome, della quale egli fu fondatore» E quindi, a trent’anni dalla fondazione, egli stesso ricordava che «questa città fu costruita in luogo di un’altra città che si chiamava Siponto, che era distante due miglia. E se il Principe fosse vissuto qualche anno in più, la città di Manfredonia sarebbe diventata una delle più belle del mondo. È infatti tutta murata in giro per quattro miglia, come dicono, ed ha un porto sicurissimo. È alla radice del monte Gargano. La strada principale è già abitata; sono già poste le fondamenta delle case nelle altre strade, che sono larghissime e danno bellezza alla città. Peraltro il principe Manfredi ebbe alcune buone qualità, delle quali ho parlato a sufficienza nel trattato su papa Gregorio X. Lo storico deve infatti essere persona imparziale e non dire di qualcuno tutto il male, tacendone il bene».
E’ Salimbene che spiana la strada al lettore.
L’Editore
introduzione.
il manfredi di salimbene e di villani

premessa storica.
dissertazioni sugli storici

— Re nel 1258 e sposo di Elena nel 1259
— Manfredi dice al Papa che il Regno è suo
— L’incoronazione a Palermo del 1258
— Nozze «d’oro» con la figlia del tiranno
— Elena descritta dall’Anonimo di Trani
— Lo sposalizio che fece infuriare il Papa

capitolo i.

manfredi re di principato e sicilia

— Napoli non è perduta, sta con gli Aragonesi
— I Napoletani affidati alla figlia e ai Catalani
— Alla fine del sogno c’è un Papa: Urbano IV

capitolo ii.

carlo d’angiò a senatore di roma

— Guelfi e Ghibellini, da Federici II a Carlo
— Il Papa chiama l’Angiò contro il Re
— Il ponte di «Scipre»
— I Guelfi consegnano Napoli a Carlo I
— Salerno sede del nuovo Principato angioino

capitolo iii.

la giovane vedova di manfredi

— La Regina Elena nel Palazzo lucerino
— La prigionia e l’erede nascosto: Enrico

APPENDICE DOCUMENTARIA.
Per un Codice Diplomatico:
Le Pergamene di Re Manfredi

NOTE

1. Salimbene da Parma-Carlo Cantarelli, Cronaca di fra Salimbene parmigiano dell’ordine dei Minori volgarizzata da Carlo Cantarelli sull’edizione unica del 1857; corredata di note e di un ampio indice per materie, Luigi Battei Editore, Parma1882. 2° vol.
2. Giovanni Villani, Nuova cronica,III, VI, 45, Come gli usciti ghibellini di Firenze mandaro in Puglia al re Manfredi per soccorso,Sansone, Firenze 1845; Giovanni Villani, Nuova cronica,III, VI, 1,Qui comincia il VII libro: come Federigo secondo fue consecrato e fatto imperadore, e le grandi novitadi che furono, Sansone, Firenze 1845.
3. Giovanni Villani, Nuova cronica,III, VII, 46, De la guerra che fu tra papa Allessandro e lo re Manfredi, Sansone, Firenze 1845.
4. Domenico Forges Davanzati, Dissertazioni sulla seconda moglie del re Manfredi e sui loro figlioli, nella stamperia di Filippo Raimondi, Napoli 1791.
5. Matteo Spinelli, Diurnali Ms A di Parigi in: Honoré Théodore Paul Joseph d’Albert de Luynes, Commentaire historique et chronologique sur Les Éphémérides intitulées Diurnali di Messer Matteo di Giovinazzo, Librarie de Firmin Didot frères, Paris 1839. Cfr. Bartholomaei de Neocastro, Historia Sicula, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XIII, 3, a cura di F. Paladino, ad Indicem; Nicolai de Jamsilla, Gesta Frederici Il imper. eiusque filiorum Conradi et Manfredi regum, in G. Del Re, Cronisti e scrittori sincroni napol., II, Napoli 1848, pagg.148, 415.
6. Ivi.
7. John N.D. Kelly, Grande Dizionario Illustrato Dei Papi, Oxford University Press, Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1992, pagg.494-95. «Quando Innocenzo IV morì a Napoli i cardinali desideravano tornare a Roma, ma il podestà li costrinse a procedere immediatamente a una elezione chiudendo le porte della città; allora essi si accordarono su Rinaldo, conte di Segni e nipote di Gregorio IX, da lui nominato cardinale diacono nel 1227 e cardinale vescovo di Ostia nel 1231.
Nato negli ultimi anni del XII secolo, gentile, irresoluto e mediocre, sotto Gregorio IX aveva ricevuto responsabilità relativamente poco importanti e sotto Innocenzo IV era rimasto in secondo piano, occupandosi dei problemi dell’ordine francescano del quale era cardinale protettore. La curia, parte del la quale disapprovava l’implacabile ostilità di Innocenzo IV verso gli Hohenstaufen, forse sperava che Rinaldo, avendo goduto in passato di eccezionali relazioni con l’imperatore Federico II (1220-1250), avrebbe adottato una linea più conciliante. Di fatto Alessandro era troppo debole per modificare la politica del suo predecessore, oppure non aveva l’intenzione di farlo. Il problema più urgente era costituito dalla Sicilia; la curia desiderava che fosse restituita alla santa sede ma essa era dominata dal figlio illegittimo di Federico II, Manfredi (1232 ca- 1266), questi infatti ne era reggente a nome di Corradino (+1268), il figlio minorenne di Corrado IV (+ 1254), l’erede di Federico.
Dopo infruttuosi negoziati Alessandro scomunicò Manfredi nel marzo del 1255».
5. Matteo Spinelli, Diurnali, cit.
9. Domenico Forges Davanzati, cit.
10. Ivi.
11. Muntaner, Cronache Catalane, cit.
12. Anonimo Tranense, cit.
13. Domenico Forges Davanzati, cit.
14. Ivi.
15. Ivi.
16. Matteo Spinelli, Diurnali, cit.
17. Ivi.
18. John N.D. Kelly, Grande Dizionario Illustrato Dei Papi, cit. E ancora: «Clemente pose la sua residenza prima a Perugia e poi a Viterbo, sempre a causa dell’ostilità dei Romani. Legalista, più timido di Urbano IV, attuò tuttavia le mire politiche del suo predecessore scacciando dall’Italia la dinastia degli Hohenstaufen e ponendo sul trono di Sicilia e Napoli il conte Carlo d’Angiò (1226-1285) al posto di Manfredi (1232 ca – 1266), figlio illegittimo dell’imperatore Federico II. Temendo che Manfredi occupasse Roma, il papa fece pressione su Carlo, che nel maggio del 1265 raggiunse la capitale e il 28 giugno ricevette l’investitura del regno meridionale da cinque cardinali incaricati dal papa.
Poi Clemente, dopo aver valutato bene la situazione, lo aiutò a ottenere in prestito dai banchieri toscani forti somme, garantite da una decima trentennale sulla chiesa francese, per finanziare la campagna siciliana che si era impegnato a intraprendere. In Francia era stata predicata una crociata contro Manfredi e un potente esercito francese si diresse verso la frontiera del regno. La battaglia decisiva fu combattuta a Benevento il 26 febbraio 1266 e terminò con la sconfitta e la morte di Manfredi. Così Carlo poté prendere possesso del suo nuovo regno».
19. Matteo Spinelli, Diurnali, cit.
20. Ivi.
21. Ivi.
22. Domenico Forges Davanzati, cit.
23. Ivi.
24. Muntaner, cit
25. Ivi.
26. Ivi.
27. Ivi
28. Descolt, Cronaca.
29. Ivi
30. Ivi
31. Ivi
32. Ivi
33. Muntaner, cit, Cap.XIII.
34. Ivi.
35. Descolt, allorquando nella Cronaca, Cap.51.Così lo storico: — Diu lo comte que, quant lo noble infant En Pere de Arago, fill del rey En Jaume de Arago, fo de edat de muller a pendre, si huvia hun rey en Cecilia qui havia nom Manfre, rey de Cecilia, e fon fill del emperador Frederich de Alamanya.
Aquest rey Manfre havia una filla de la primera muller, que havia tro á dotze anys. E feu parlar al noble infant En Pere d’Arago que la prengues per muller.
E ell, ab consell de son pare, lo noble rey d’Arago En Jaume, tramessos missatgers al rey Manfre ab duas naus; de los quals messatgers fo la hun Ferran Sanches, frare del dit infant En Pere, de Arago, mas era bort, e l’altre En Guillem de Torrelles, cavallers honrats.
E vengueren a la ciutat de Napols, e aqui parlaren ab lo rey Mafre.
E feu los gran honor. E tench se molt per pagat de la missatgeria que ells li aportaven.
Mas lo rey Manfre, com vench a Napols, no alberga pas dins la ciutat, ans se atenda de fora, prop la ciutat, ribera mar, e convida los missatgers aquel jorn a menjar ab ell tot aquell dia, ab tota llur companya, molt honradament; e foren servits a gran honor, axi com missatgers que eren de tant gran valor e de gran senyor. La cort fo molt gran e complida, e el rey dona molts grans dons á cavallers e a juglars. Quant la cort fon tenguda, los missatgers digueren al rey Manfre:
«Senyor, nos havem aci stat ab vos. E, la vostra merce havets nos molt gint acollits e honrats; e havem vos dit ço que nostre senyor, l’infant En Pere, nos mana. E vos, senyor, havets nos ho otorgat. Per queus pregam quens llivrets la donzella vostra filla, e nos amenarla em a nostre senyor l’infant En Pere.
– Senyors, dix lo rey, aço no es cosa que axi tost se puxa fer. Per que yo us prech que us sperets tro al Pastor; e aparellare galeres e naus ab que vaja molt honradament, axi com pertany a nostra altea.
-Senyor, digueren los missatgers, axi sia com a vos placia».
E sobre aço estigueren aqui tant tro que vench lo Pastor. El rey aparella moltes galeres e naus, e comana la donzella a hun comte que havia nom comte Bonifany, e a En Ferran Sanches; e meseren la en les galeres; e partiren se del Principat, e vengueren se a Monpeller.
E aqui fo lo rey d’Arago En Jaume ab gran cavalleria, e l’infant En Pere, e l’infant En Jaume, e llur germana dona Maria, qui era donzella e era de les pus belles dones del mon.
Les corts foren molt grans e riques. El noble infant En Pere pres la filla del rey Manfre per muller a la sgleya major de Monpeller, Nostra-Dona Senta Maria de les Taules.
E puix lo rey d’Arago En Jaume ana tro a Mon-Ferran, e aqui hac vistes ab lo rey de França; e referma les noces de la filla que ja era en França; e puix fo regina ab Felip, lo fill major del rey Lois de França.
El comte Bonifany torna s’en ab les galeres al rey Manfre molt alegrament, e la dona muller del noble infant En Pere ana s’en en Catalunya.
36. Matteo Spinelli
37. L’Anonimo Siciliano,
38. Ivi.
39. Ivi.
40. Ivi.
41. Spinelli
43. Anonimo Siciliano
44. Ivi.
45. Muntagner
46. Ivi.
47. Anonimo Siciliano.
48. Ivi
49. Muntagner, cap.33
50. Ivi.
51. Villani, Cap. V del Lib. VII.
52. Descolt, Cronaca, Cap.52.Com lo apostoli feu donacio al comte Carles del regne de Cecilia.
53. Ivi.
54. Muntagner, cap.34
55. Anonimo Siciliano
56. Ivi
57. Descolt.
58. Ivi
59. Descolt, Cronaca, Cap.53. Ecco l’originale: — Lo comte Carles se aparella en Prohença; e ajusta grans gents per anar contra la terra del rey Manfre.
E ell no era gens apparellat be de tresor, axi com mester li fora; mas que manllevava e baratava tot ço que podia…
— En aquella saho, N’Anrich de Castella, fill del rey En Ferrando de Castella era en Tunis, que son frare lo rey de Castella N’Amfos lo havia gitat de sa terra. E prenia soldada del rey de Tunis, e feya li gran honor.
Si que N’Anrich de Castella havia ajustat gran tresor, e havial trames en Genova. El comte Carlos trames li missatgers a Tunis, por ço com era son cosin germa: que li prestas aquell tresor que era en Genova seu, por ço com lo havia gran mester.
E N’Anrich dix li: que be li playa; que ço que ell hagues, que ho prengues, a sa honor e a son servir. Sobre aço los missatgers s’en tornaren al comte Carles, e portaren cartes a aquells qui tenien aquell tresor en Genova, quel livrassen al comte Carles, e tantost fon li llivrat.
E ab aquest tresor asoldada cavallers a Roma, por terra; e ell vench s’en por mar en galeres; si que, quant fo a la font de Roma, exi a terra ab molt gran ventura, por ço com era molt gran vent e molta mar.
60. Ivi.
61. Descolt, Cronaca, Cap.54.Com lo comte Carles trames a N’Anrich de Castella en Tunis que li prestas los seus tresors, e com los hi presta.
62. Muntagner.
63. Muntagner.
64. Descolt, Cronaca, Cap.55. Com lo comte Carles ab tota sa ost s’en vench al pont de Xipre.
65. Muntagner, Cap.35.
66. Ivi.
67. Descolt, Cronaca, Cap.56. Com lo rey Manfre tench consell ab sos barons.
§ — Lo rey Manfre sabe novelles quel comte Carles venia sobre sa terra, e trames missatgers als comtes e als barons de sa terra. E quant foren venguts demanals de consell.
68. «Barons, dix lo rey, lo comte Carles ve sobre ma terra, e vostra que es; e axi hi havets bona part com yo.
Per que volria, si vosaltres ho volets m’hi consellats: o que stablissem lo pont de Xipre e les altres entrades de cavallers e de servents, per tal que no poguessen entrar en nostra terra los nostres enemichs, ne fer negun dapnatge; e cascu de vosaltres se apparellas ab son poder, al pus tost que puxats; e siam aparellats breument per anar contra nostres enemichs e defensar nostra terra».
Respos lo comte Galvay: «Senyor, ço que vos havets dit es molt bo: que tuyt nos aparellem e siam cascuns ajustats per anar contra nostres enemichs; mas gran volpeatge sera e gran minua, si nos vedam l’entrar al comte Carles en nostra terra; e semblaria que nos no haguessem poder de combatre ab ell».
E cascu dels altres barons, que ja havien parlada la traicio, donaren aquell consell mateix; e digueren que mes valria quels lexassen entrar.
E cascu fos demanit per lo rey ab quants cavallers seria. E cascu feu resposta molt gran e bella.
E quant vench als ops que foren ajustats, no n’i hac negu que tos ab lo terç de aquells que havien dits, ans ne falliren dels comtes e dels barons qui s’escusaven per falses scusacions, axi com aquells que havien en cor de trair lur senyor e livrar a mort.
69. Descolt, Cronaca, Cap.57. Com lo rey Manfre e lo comte Carles estaven cascuns aparellats per fer la batalla. § — Quant vench hun jorn que lo comte Carles fo passat e entrat al regne de Cecilia ab sa cavalleria, e foren armats de totes armes, els cavallers aparellats de combatre, el rey Manfre fo aparellat ab sa cavalleria assats prop de la ost dels Francesos; e foren cinch milia a cavall, entre cavallers e soldaders.
El rey Manfre fo a la mijana schala; e el comte Jorda fo en la primera scala; e el comte Bartholomeu en la segona; el comte Galvay en la quarta schala; e lo comte camarlench en la reguarda.
70. Descolt, Cronaca, Cap.58. Com lo rey Manfre fou vencut e desbaratat per lo comte Carles.
71. — Sobre aço les osts de abdues parts se ajustaren. El comte Jorda, qui havia la davantera, ana a ferir en la primera schala dels Picarts e rompe la, e desbaratala tro a la segona schala dels Prohençals; e puix apres feri lo comte Bartholomeu ardidament, si que y hac molt cavaller abatut de son cavall, e morts e nafrats de la huna part e de la altra.
Mentre la batalla era molt fort, lo comte Galvay els altres qui eren de tras en la reguarda començaren a desenregar en fogir.
Quant lo rey Manfre veu quels seus cavallers li fogien e que de tot en tot era trayt, punyi son cavall dels sperons, tot armat com era, e mes se l’escut d’avant e la llança, e ana a ferir en la pressa dels Francesos, e dix que mes amava morir rey que morir deseretat.
E aqui lo rey Manfre mori, ab la major pressa de sa gent, per ço com los traydors li falliren; per que puix ne hagueren mal guardo.
Quant la batalla fon fenida, e el camp hagueren levat los Francesos, aquells qui foren romasos vius, lo comte Carles feu cercar tots los morts per cercar lo rey Manfre e per comtar los morts.
E trobaren lo rey Manfre mort ab sis milia cavallers morts de ab dues parts.
El rey Carles feu soterrar lo rey Manfre ab gran honor, e puix ana avant, e entra en lo regne sens contrast; e pres gran res de comtes e de barons qui eren stats traydors al rey Manfre e cuydaven ne haver bon guardo d’ell; e ell feu los morir tots.
E puix ana per la terra, e justicia e occis molt cruelment e sens merce la major partida de les gents de Cecilia, e de tota l’altra gent, de la terra; e apres robals e tolch los tot quant havien e feu los molts de mals; e mes los en gran servitut de ribauts e de avols gents quils tenien vilment e sota lurs peus.
E axi aquest rey Carles era molt desamat de Cecilians e de Puyleses, mas no u gosaven fer aparer.
72. Ivi.
73. Ivi.
74. Descolt, Cronaca, Cap.59. Com Corali nebot del emperador e del rey Manfre, vench sobre lo rey Carles.
§ — Sobre aço lo comu de Pisa e d’altres barons del regne de Cecilia trameteren missatge a Corali qui era nebot del rey Manfre, qui era en Alamanya: que vingues, e que ells li farien la messio de ço que mester hagues, e li ajudarien ab tot llur poder per terra e per mar a cobrar lo regne de Cecilia.
Quant Corali hac hagut lo missatge, aparellas ab lo fill del duch d’Estalrich ab cincens cavallers alamanys, e vench per Lombardia tro en la ribera de Genova, a hun port que ha nom Vay prop de Saona, e aqui ana s’en per mar tro en Pisa.
Ara lexarem a parlar de Corali e parlarem de Anrich de Castella.
75. Descolt, Cronaca, Cap.60. Quant N’Anrich de Castella desafia lo rey Carles e s’en ana a Roma.
§ — Quant N’Anrich de Castella sabe que Carles hac conquesta la terra de Cecilia e de Pulla, pres comiat del rey de Tunis e ana s’en a Carles, per ço com fe quel fahes senyor de una partida de sa terra que hac conquesta ab lo seu tresor.
E quant Carles viu N’Anrich de Castella, feu li molt bell semblant e acollil molt gint, no per tal quel volgue veher james en la terra, mas per ço que james no li tornas ço que havia manllevat.
E quant vench a cap de hun gran temps que N’Anrich hac stat en la cort del rey Carles, e viu que Carles no li donava negun recapte, parla ab Carles e dix li:
«Senyor, be es ver que yo havia en la ciutat de Genova aytant tresor, lo qual yom havia guanyat ab lo rey de Tunis; e vos trametes me a dir per vostres cartes e per vostres missatgers: que, per amistat e per parentesch vostre, per ço com gran mester vos era, per raho de venir sobre lo rey Manfre, e que si vos sobravets lo rey Manfre nel venciets e conqueriets la terra, que m’en dariets tal partida que a mi seria honor de pendre e a vos de donar, e yo que us prestas aquell tresor meu.
E yo, per tal com vos tinch per honrat cosi, e per ço com son pagat de la vostra honor e del vostre be, fiuvos en plaer; e fiu manament aquells quil tenien quel vos dellivrassen a vostra volentat.
Per que, yous prech quem donets de la terra que havets conquesta ab lo meu tresor, tanta que yo puxa viure honradament, o quem retats lo tresor que yo us he prestat.
— Sire Anrich, dix Carles, yo no son ara aparellat que us reta ara vostre tresor, ne yo no he pas en cor que us do hun palm de terra ne pus; mas com yo ho avre be aparellat, yo us retre vostre tresor; e darvoshe messio a vos e a vostre companya, mentre que siats en ma cort.
— Senyor, dix N’Anrich, yo no vull vostra messio.
E gens no pensava que axi vos capdelasseu de mi, ne que aytal guardo m’en retesets, segons la carta que vos me trametes per vostres missatgers.
E puix axi es, retets me ço que us he prestat e partirme de vos, que no us vull pus seguir.
—Per ma fe! ço dix Carles, vos podets anar lla hon vos vullats, mas del tresor yo ara no us en retre gents».
Ab tant N’Anrich se parti devant Carles molt yrat e despagat, e desexis d’ell e de sa amor e de su companya; e desafia lo, e cavalca, e ana s’en a Roma.
E aqui fo molt be vengut per los richs-homens de Roma e per tot lo poble, e majorment per la partida que era contra Carles.
76. R.Martignetti, Memorie dal Sannio, ABE 2020, pagg. 38-39. Cfr. Giovanni Battista Rampoldi, Corografia dell’Italia, vol.III, ed. Fontana, Milano 1833.
77. Spinelli, cit.
78. Ivi.
79. Ivi.
80. Domenico Forges Davanzati, Dissertazioni, cit.
81. Anonimo Cronista di Trani, cit.
82. Ivi.
83. Ivi.
84. Domenico Forges Davanzati, Dissertazioni, cit.
86. Ivi.
87. Anonimo Cronista di Trani, cit.
88. Ivi
89. Anonimo Siciliano, Cronichi di quistu Regno di Sicilia dall’anno 1018 al 1359. pagg.171-180.
90. Ivi.
91. Ivi
92. Ivi.

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