IL GENERALE CHE NON VOLEVA L’INQUISIZIONE
Contento il Re di Spagna della guerra finita presto, ordinò a Consalvo di mandare a casa capitani e fanti, ringraziando Iddio in tutte le chiese dell’Andalusia.
La qual cosa, tornato a casa, permise a Consalvo di inviargli lettere di raccomandazione per i suoi uomini migliori. Tre giorni dopo donò loro denari, broccati d’oro o d’argento lavorato, panni scarlatti e drappi di seta d’ogni qualità, colori per fare vestimenti, padiglioni, letti da campo rivenduti dai mercanti alle fiere di Cordova, Siviglia, Medina, Valenza e Granata, per un valore di 100.000 ducati d’oro al punto che si disse che il Re, per punirlo, lo voleva far fallire.
Fatto papa Leone X, Francesi e Inglesi sembravano riappacificarsi, quando Luigi sposò la sorella di Enrico. Ma il Re morì proprio durante le nozze e fu dichiarato Re di Francia il genero Francesco, marito della figlia. Come si discuteva della gloria dei castigliani, così si parlava dei fatti d’Europa e “delle crudeli nationi del mondo nuovo, e de’ spietati popoli antropophagi, poi che l’armate del re Ferrando navigato l’Oceano verso occidente avevano ritrovato quasi un’altro mondo, onde si cavava tanta quantità d’oro di perle, e di gioie, che bastavano ad arricchire in Hispagna, le facultà publiche e private”.127
Si disse che Consalvo, poco prima di morire, stesse trattando la cacciata del Re dai territori di Castiglia, facendolo arrestare verso i territori terraconesi. Sarebbe stato proprio lui a richiamare la figlia Giovanna, imprigionata in un castello come pazza, progettando di mettere sul trono delle Spagne il quindicenne Carlo figlio del fu Filippo di Fiandra (che ben ricordava i nomi degli amici del padre).
Anzi fu proprio Consalvo a trarre dalla prigione della Rocca di Xativa, il giovane Ferrando Duca di Calabria figlio di Federico I di Napoli, al quale pure aveva giurato fedeltà. Si disse che era divenuta sua intenzione rendergli il Regno paterno in cambio della mano della figlia e a condizione che riconoscesse Carlo di Fiandra a nuovo sovrano di tutti i territori spagnoli.
Ma Consalvo morì e Napoli continuò a stare nelle mani del Vicerè Cardona e del Cattolico, i quali, calmatesi le acque, ricominciarono la guerriglia con i Veneziani, alleati dei Francesi, colpendo gli ebrei, loro veri finanziatori.128
Consalvo morì il 2 dicembre 1515, a 62 anni, e sepolto in San Francesco di Granata con più di 100 stendardi, «dove con giusti onori d’essequie gli fecero il mortorio Don Ignico di Mendozza, Conte di Tindiglia e Governatore di Granata, e gli altri baroni della famiglia di Cordova». Il re mandò una umilissima lettera, quaranta giorni prima che anch’egli morisse in terra di Madrigale. Il Re Francesco di Francia era già su Milano e a Bologna al fianco dei Veneziani.
Gli ebrei continuavano infatti a stipulare contratti con mercanti di San Marco e anche a prestare danaro ai Signori del Regno di Napoli a tassi elevatissimi. Un buon inizio per riprendere la vecchia idea della Santa Inquisizione, mentre gli ebrei non smettevano affatto di fare affari provocando le ire delle “vittime”. L’abate di San Leone di Bitonto si recò perfino dal Pontefice per protestare circa una tassa vessatoria sugli affari, rivelandosi fervida l’attività ebraica.129
A Trani, il 24 gennaio 1515, l’ordine perentorio per evitare sequestro e molestie per i cristiani neofiti fu del loro allontanamento entro 20 giorni. Ma l’anno dopo si concedevano ad un certo Ramides 20 ducati d’oro per le fosse granarie nuovamente nelle mani di cristiani novelli.130
E mentre a Napoli il Vicerè perdeva tempo contro gli Ebrei, così come accaduto a Consalvo con Isabella di Spagna, un cavaliere di Francia era entrato sia nelle grazie della Regina (la cugina) che in quelle dell’amante del re (la sorella), la Contessa di Chateau-Briant: Odetto de Foix detto Lautrec.
Note Bibliografiche
1. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.14 in poi.
2. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.14 in poi.
3. Marco Guazzo, Historie, cit. , pagg.229-230. Adele Scandone, Giovanna III, luogotenente generale di Re Alfonso II, cit.
4. Silvestro Guarino d’Aversa, Diario. Fatto per Silvestro Guarino d’Aversa, delle cose a suo tempo accadute nel Regno di Napoli, e particolarmente nella detta Città d’Aversa dall’anno 1492, infino all’anno 1507. In: Raccolta di varie Croniche, pagg.224-225.
5. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.14 in poi.
6. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pag.231.
7. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.14 in poi.
8. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pagg.218-223; pagg.231-232.
9. Malipiero, Annali Veneti, cit. Cfr. Adele Scandone, Giovanna III, luogotenente generale di Re Alfonso II, in: Archivio Storico delle Province Napoletane, III, pag.136 e segg.
10. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pagg.231-232.
11. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
12. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
13. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.18 in poi.
14. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pagg.231-232.
15. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.18 in poi.
16. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pagg.233-237.
17. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.18 in poi.
18. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.18 in poi.
19. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pagg.233-237.
20. Silvestro Guarino d’Aversa, Diario. Fatto per Silvestro Guarino d’Aversa, delle cose a suo tempo accadute nel Regno di Napoli, e particolarmente nella detta Città d’Aversa dall’anno 1492, infino all’anno 1507. In: Raccolta di varie Croniche, pag.223.
21. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.18 in poi.
22. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pagg.233-237.
23. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.14 in poi.
24. Marco Guazzo, Historie di Messer Marco Guazzo ove se contengono la venuta, e partita d’Italia di Carlo Ottavo Re di Franza, e come acquistò, e lasciò il regno di Napoli, e tutte le cose in quei tempi in mare, e in terra successe, con le ragioni qual dicono francesi haver la corona di Franza nel regno di Napoli, e nel ducato di milano. Opera nuova, nuovamente e non più stampata, con gratia, e privilegio del Senato Veneto. In Venetia all’insegna di S.Bernardino, 1547, pagg.237-239.
25. Silvestro Guarino d’Aversa, Diario. Fatto per Silvestro Guarino d’Aversa, delle cose a suo tempo accadute nel Regno di Napoli, e particolarmente nella detta Città d’Aversa dall’anno 1492, infino all’anno 1507. In: Raccolta…, cit., pagg.223-224.
26. Cantalicio, in Raccolta, Le Istorie di Monsignor Cantalicio, Libro I, pagg.10-11. Cfr. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.18 in poi.
27. Re Carlo scriveva al suo vicario del Principato essendo vacante la cappellania a lui spettante sulla chiesa di San Salvatore. Seguì Matteo Platamone, autore di un commento sul Carme di Pietro da Eboli, reggente di scuola medica salernitana in Napoli nel 1300.
28. Nel 1567 è detto Santo Salvatore della Doana vecchia, quando si ordina al beneficiato Giulio Villano di ripararlo in quanto gia sta in atto de andare tutta a ruina et da vicini ne è stata fatta istanza che se ripari, per il pericolo che vi è di cascare et cascando rovinare gli edifici contigui. Nel 1616 il vescovo ordina di non celebrare più messa e di profanare la Cappella di San Salvatore de Dogana, nel territorio Parrocchiale dei Santi Dodici Apostoli, semplice beneficio di patronato Regio. Quello dei 12 S.Apostoli e di altre alla Marina, ex Commenda maltese di Capua, era uno dei quartieri più antichi di Salerno. Era raggruppato intorno alla Chiesa parrocchiale detta dei Dodici Santi Apostoli oppure, più semplicemente, come viene accennata nel Catasto settecentesco, solo Chiesa dei Santi Apostoli, quando la stessa parrocchia aveva perso vigore, contando solo due case di benestanti proprio fuori la chiesa.
29. I piani erano quasi chiari: Consalvo sarebbe passato col governo delle genti in Sicilia e, andando contro i Turchi a Cefalonia, si sarebbe congiunto con l’armata in Puglia visto che il fratello Don Alfonso, era già a Zante, mentre s’apparecchiavano le armi per l’autunno contro il Sultano e la sua armata turchesca.
30. E ancora in Grecia Consalvo si distinse durante la carestia, quando ordinò alle donne, le quali “non sapevano” come separare la farina dalla crusca, di levarsi i veli sottili dal capo e fabbricò “picciol forni nella riva per cuocere il pane; mentre che gli altri cocevano ne’ paiuoli il fromento pesto col lardo benchè nimico a’ corpi”.
Assoldati gli Svizzeri a Milano e una grossa armata a Genova i Francesi aspettavano solo la primavera per muovere guerra, mentre Consalvo tornava carico di doni veneziani, fra “vasi d’oro e d’argento intagliati, panni paonazzi di lana, e cremisi di seta, e molti broccali d’oro” (oltre a 10.000 ducati d’oro e dieci cavalli turchi), accolto a Messina come un re dagli ambasciatori giunti da tutta l’isola. Ancora più contento fu Re Federico, il quale, sperando in un aiuto, gli spedì spesso ambasciate.
L’apprestarsi dei Francesi, legatisi a Veneziani e Fiorentini, per la congiura del Papa e di suo figlio, poteva ritorcersi anche sulla Sicilia con un imminente assalto, ignorando la congiura del cugino con Luigi XII.
31. Consalvo era consapevole, ma avrebbe ubbidito solo alla Corona di Castiglia, affinchè “non paresse che egli mancasse di fede al Re suo Signore, il cui animo per certe offese alienato Federigo s’haveva concitato contra”, convinto che Ferdinando Il Cattolico, nella sua vita, aveva trattato con Re Luigi la pace solo in cambio dell’annuo tributo, avendo difeso con le ricchezze della Sicilia il Regno di Napoli conquistato a suo tempo dallo zio Alfonso. Dalle quattro ex province angioine erano nate le due sottoprovince di Basilicata e di Terre di Bari), rette dalle Cortes provinciali dei Vicerè Catalani d’Aragona e non più dagli originari Mastri Portulani. In passato si erano cioè avuti un Vicerè per l’Abruzzo (vedi Bartolomeo III di Capua), un Vicerè in Terra di Lavoro e Molise, un Vicerè in Terra d’Otranto, un Vicerè per le Calabrie esistente da tempo immemore. Si racconta che Re Alfonso d’Aragona avesse scippato il Regno agli Angioini proprio ad un capitano, Antonio Ventimiglia Conte e Centeglia “creato suo Vicerè nelle Calabrie” per aver condotto all’obbedienza la città di Cosenza, i Casali e Grimaldo.
32. A.Della Monica, Memoria istorica…, cit., pag.605 e segg. “Fatto questo secreto concerto, il Francese fù il primo ad entrar nel Regno con esercito di mille lancie, diece mila cavalli, e con buon numero d’artigliarie, come dice il Guicciardino. La prima città, che combatterono fù Capua, della quale impadronendosene à forza d’armi con grandissima crudeltà la sacchegiorono, usando mille dishonestà, e violenze, il che diede tanto spavento alle Terre convicine, che quasi tutte alzaro le bandiere di Francia. Il misero Rè Federico riscorse per agiuto, come diansi haveva fatto, all’istesso Rè Cattolico suo parente, il quale dissimulando, mandò di nuovo Consalvo di Cordova chiamato il gran Capitano, ma con l’intento contrario, che se la prima volta andò per discacciare dal Regno i Francesi in favor degli Aragonesi, questa seconda volta vi mandò à discacciar gl’Aragonesi in favor de’ Francesi”.
33. Gli aiuti di Consalvo a Gaeta non arrivavano mai, sebbene il Re continuasse a donargli i castelli calabresi che chiedeva in cambio, nella speranza di poter presto avere un forte esercito per respingere i Francesi ed evitare l’assedio accaduto al nipote ai tempi di Carlo. Federico si fermò quindi a San Germano, attendendo inutilmente i fratelli Colonna, mentre Spagnoli e Francesi mettevano le mani sul trono di Napoli sbarcando sulle coste e celando, gli uni agli altri, la volontà di volersi appropriare delle conquiste altrui. Fu così che Luigi XII si impossessò della “sua” metà del Regno di Napoli (1501-1503) senza neppure dichiarare guerra ai Catalani Aragonesi, quanto ai baroni più testardi. Consalvo, dal canto suo, si era portato da Messina a Reggio per prendere la Calabria e aveva mandato a dire a Federico che rompeva i patti di sudditanza, rinunciando all’Abruzzo e Monte S.Angelo che gli aveva donato. Federico, ancora più signorilmente, rispose che gli rinnovava l’atto. Questo significava che i Francesi avrebbero dovuto togliere l’Abruzzo a Consalvo, il quale, restituiva ai Sanseverino e a Bernardino Principe di Bisignano i loro castelli. I Francesi attaccarono dal Garigliano con 15.000 uomini al comando di Robert Stuart signore d’Aubigny, affiancato dall’allora Cardinale e Legato Pontificio Cesare Borgia e Galeazzo Sanseverino Conte di Caiazzo, sempre con Napoli, la Terra di Lavoro, il Ducato di Benevento e l’Abruzzo sulla carta; mappa che invece assegnava al Cattolico la Calabria, la Basilicata, la Puglia e Terra d’Otranto. Per giungere su Capua, nell’estate del 1501, occuparono il Castello di Calvi, ma si ritrovarono proprio il figlio del fu Conte di Mignano, ch’essi avevano ucciso nel precedente assedio, a difendere la città. Fu infatti Ettore Ferramosca, posto a difesa del castello, a mostrare il suo valore, mettendo in fuga il nemico, sebbene ciò non servì a salvare la città. Infatti, caduta la difesa di Capua, e uccisi i Conti di Palena e di Marciano, vennero catturati sia il comandante Fabrizio Colonna e Ugo Cardona, che Guido ed Ettore Ferramosca, capitano di ventura piccolo di corpo, ma di animo grande e forza meravigliosa, tipico esempio di coraggio personale e di valoroso soldato, fu tradito da Cesare Borgia. Con i loro soldi, per la gioia di Consalvo, l’intera famiglia dei Colonnesi era dalla sua parte, quando seppe che, pagato il riscatto per la prigione, Fabrizio e Prospero si erano allineati alle idee del fratello Cardinale Giovanni, già da tempo in Sicilia, vittima anch’egli della cacciata da Roma operata da Borgia. Ora erano tutti nemici dichiarati del Papa.
34. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, Venetia 1566 (anni 1500-1560), pag.16v e pagg.26-29.
35. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, Venetia 1566 (anni 1500-1560), pag.16v e pagg.26-29.
36. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552. Per la cronologia storica sono stati altresì utilizzati elementi provenienti da fonti francesi e napoletane, come da note.
37. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220. Questo accadde perchè quando entrarono gli eserciti in Puglia si prospettò la nuova difficoltà solo sul campo fra baroni che alzavano bandiera francese e altri che inneggiavano agli spagnoli sostenendo, gli uni e gli altri, di appartenere alla medesima provincia. Pertanto, non avendo copia dell’accordo deciso fra i due Re, per non pregiudicare nessuna delle parti, decisero di seguire un ordine, che fu quello di far alzare bandiera spagnola anche a quei castelli che avevano pensato di alzare bandiera francese, senza avanzare pretese da nessuna delle parti. Questo sebbene, secondo gli Spagnoli, ricadessero fra le loro quattro province e che quindi dovessero abbassarla. Fu quindi creata una specie di zona franca nella zona di confine, chiamata provincia di Capitanata, i cui i castelli avrebbero alzato ambedue le bandiere, nonostante che il luogotenente generale di Francia, Luigi Palau, cercò di dimostrare che per diverse ragioni la Capitanata era la verdadera Puglia. Ad ogni modo pretese che si considerasse provincia separata e che era meglio accordarsi affinché le cose di quello stato provinciale si sarebbero governate da commissari di ambedue i Re, dividendo in parti uguali le rendite. Il problema è che i Francesi mostravano interessi economici per ragione di riscossione della Dogana dei ganado, volgarmente detta delle Pecore, che si faceva in Capitanata. Per questo motivo si decise di dare al Re di Francia (per mano di un di lui commissario), allo scadere del primo anno, la metà delle entrate dell’annualità detta Dogana delle Pecore spettante al Re Cattolico (per mano di un proprio commissario) che si sarebbe riscossa nella Capitanata che a questo punto andava staccata dalla Puglia lasciandovi solo Otranto e Bari. A questo punto Luigi Palau se ne andò dopo aver accettato e deciso per la nomina di due commisari in comune che facessero alzare le bandiere di entrambi i Re in quelle quattro province, sebbene l’intenzione dei francesi era comunque quella di occuparle tutte.
38.Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220. Cioé quella que se estiende desde el rio Fertoro, hasta el rio Aufido e che si chiamò Capitanata, desde el tiempo de los Griegos, y Normandos: y lo que antiguamente integrava la Calabria. Quindi Calabria restò tutta quella regione che includeva la marina di Baroli, Trana, Molfetta, Iuvenazo, y Monopoli, que era de la antigua, y verdadera Calabria, che poi fece capo al quella ciudad que llamaron Bario che ancora allora si chiamava Bari, il cui territorio dal mare continuava fino ai luoghi montagnosi che in origine furono abitati da Lucani, Apuli e mantenuti dai governatori del Imperio Griego Basilicata. In essa si includevano perfino Taranto e Brindisi, nell’area che poi prese nome de Hydrunto, che era il luogo principale della Terra di Otranto. L’antica Calabria stava quindi ben distinta, separata e lontano dall’attuale Calabria che per la maggior parte della sua estensione era abitata dai Bruzi. Quindi la Capitanata integrava la Calabria di Bari e la Calabria si chiamava Bruzio di Cosenza. Nella ripartizione che fecero i due Re non si tennero in considerazione i nomi antichi delle regioni (in parte ancora esistenti sotto gli angioini fino al terremoto del 1348), ma ci si riferì all’ultima divisione politica delle province sotto Federico I.
39. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220.
40. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220
41. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552. Per la cronologia storica sono stati altresì utilizzati elementi provenienti da fonti francesi e napoletane, come da note.
42. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
43 Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, Venetia 1566 (anni 1500-1560), pag.16v e pagg.26-29.
44. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.253-254.
45. AA.VV, Capitani di Ventura 1458-1503, ABE, Avellino 2006.Cfr. Paolo Giovio, La vita di Consalvo Ferrando di Cordova, Torrentino, Firenze 1552.
46.Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.253-254.
47. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, f.235 e segg.
48. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, p.50 r. e v.
49. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, p.50 r. e v., frontespizio. D’improvviso comincia a parlare anche di Semiramis uxor Nini fuit prima inventrix braca rum, cioé di Semiramide moglie di Nino, I Re di Babilonia al tempo di Abramo, che fu la prima inventrice dei pantaloni. Poi insiste con Sam fuit filius Noé qui postanam eccepit sacerdotium mutavit nome et dictus est Melchisedech, quel Sem sul Nilo, figlio di Noé, che divenne sacerdote Melchisede. Ed ancora si rifà alle imprecazioni: – Emendamus inutilius quo ingnorantia peccavimus si subito preoccupati dum mortis queramus spatium penitentie et invenire non possum.Poi lascia la penna di filosofo latino e abbraccia quella del poeta volgare e patriottico, quasi scimmiottando il Petrarca, anzi a lui assomigliando in questo sonetto inedito proveniente dal medesimo rogito dell’Archivio di Stato di Avellino. Al foglio 294v, siamo nel solito rogito arianese, in ultima pagina, il notaio Tartaro stavolta si diverte a riportare un sonetto che stavolta cita chiaramente, essendo tratto dal Salutario Francisci Petrarce de studio, ma, guarda caso, è ancora una invocazione patriottica, il Redrentus ad Laudem Italie, che è il sonetto trecentesco conosciuto come Ad Italiam. In altra pagina trascrive proprio un sonetto del Petrarca. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, Al f.294v. Il sonetto e una trascrizione tratta da Petrarca Francesco Petrarca, XXII, AD ITALIAM [III, 24]. E’ totalmente in latino: Salve, cara Deo tellus sanctissima, salve / tellus tuta bonis, tellus metuenda superbis, / tellus nobilibus multum generosior oris, / fertilior cuntis, terra formosior omni, / cincta mari gemino, famoso splendida monte, / armorum legumque eadem veneranda sacrarum… lui…paratis / Pyeridumque domus auroque opulenta virisque, / cuius ad eximios ars et natura favores / incubuere simul mundoque dedere magistram. / Ad te nunc cupide post tempora longa revertor / incola perpetuus: tu diversoria vite / grata dabis fesse, tu quantam pallida tandem / membra tegant prestabis humum. Te letus ab alto / Italiam video frondentis colle Gebenne. / Nubila post tergum remanent; ferit ora serenus / spiritus et blandis assurgens motibus aer / excipit. Agnosco patriam gaudensque saluto: / Salve, pulcra parens, terrarum gloria, salve.
50. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, p.50 r. e v., frontespizio. V. passo: “L’illustrissimo pranzò e partì da Rohano in lectica accompagnato da Massimiliano Sforza detto il Moro già duca di Milano”. In: Itinerario di monsignor reverendissimo et illustrissimo il cardinale de Aragona mio signor incominciato da la cita de Ferrara nel anno del Salvatore MDXVII del mese di maggio et descritto per me donno Antonio de Beatis canonico Melfictano con ogni possibile diligentia et fede. Maggio 1517.
Il sonetto è di grande importanza perché mostra come sia avvertita ad Ariano, ex dipendenza salernitana, la voglia di libertà, essendo il popolo ormai stanco delle continue guerre in cui era stato coinvolto, ma con la solita voglia di riscatto. Il sonetto però non pare inneggiare alla sola libertà del Regno, quanto a quella dell’intera Italia, proprio come nel Trecento e nel Qauttrocento. Da qui l’ipotesi avanzata che non fosse farina del suo sacco. Ad ogni modo è onorevole che questa trascrizione, autografa o copiata, si ritrovi comunque ad essere inedita e trascritta dal notaio di Ariano. Nella sostanza si sprona il Moro Duca di Milano ad abbracciare le armi per difendere l’Italia dall’invasore spagnolo, per farlo ravvedere rispetto all’idea di esiliare a suo tempo Re Alfonso d’Aragona sostenuto dagli Sforza, giudicando indegno Re Ludovico di Francia, sostenendo che presto si sarebbero pentiti tutti. Marco, il Re di Spagna, l’Imperatore: si non si avede ognun essir fallito perché in Italia è intrato un firo basilisco. Da qui l’esortazione ad aprire le porte per far entrare chi nuovamente è partito per liberare l’Italia (l’ex Duca di Milano Massimiliano Sforza, nel 1517 era detto Il Moro).
51. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, cit.
52. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, f.235 e segg.
53.Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, cit.
54. G. Coniglio, I vicerè spagnoli di Napoli, Napoli, Fiorentino 1967.
55. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.270-271.
56. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor P.Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, L.Torrentino, Fiorenza 1552.
57. Paolo Giovio-Ludovico Domenichi, La vita del signor Don Ferrando Davalo Marchese di Pescara, Giovanni de’ Rossi, Venezia 1557. Don Innico Davalos di Castiglia (figlio di Don Ferrando Davala e ultimo della casata di Don Rodrigo) aveva seguito Re Alfonso d’Aragona nella campagna che lo condusse a Napoli, che nella “battaglia navale all’isola di Ponzo fu preso dai Genovesi col Re istesso, & nella medesima nave. Costui fra gli altri paggi era il più caro c’havesse Alfonso per l’aspettation sua gratissima, & per lo concorso di tutte le virtù. Ne molto dapoi quando Filippo Visconte con honorata liberalità d’animo grande, liberò Alfonso, & datogli doni grandi lo lasciò andare ad acquistarsi il Regno di Napoli, ottenne dal Re, che Ignico fosse lasciato appresso di se in Milano; perciocché questo giovanotto co’ suoi singolar costumi, & con la bellezza di volto dilettava talmente, & havea preso l’animo del Duca Filippo; che fu de’ carissimi ch’egli avesse. Morto che fu Filippo ritornò agli Aragonesi”. Ottimo nelle lettere e nella disciplina militare, caro a tutti, Don Innico meritò di avere una d’Aquino come nobile e ricca moglie discendente da San Tommaso e, con la dote della moglie e la sua eredità di molti castelli, fu onorato da Re Ferrando del titolo di Gran Camerlengo “e di una grandissima casa nella quale si essercita il giudicio fettemuirale” e visse una vita reale, divenendo già vecchio quando fu compagno di guerra contro i Turchi al fianco di Alfonso II, lasciando eredi i figli giovinetti della sostanza materna e della virtù paterna: Alfonso, Rodrigo II e Innico II.
58. Paolo Giovio-Ludovico Domenichi, La vita del signor Don Ferrando Davalo Marchese di Pescara, Giovanni de’ Rossi, Venezia 1557. Si chiamò così “da Aterno terra della Puglia, & dal fiume chiaro per la morte del Grande Sforza, il quale oggi si chiama Pescara, fu padre di questo Ferrando”, cioé Ferrando Davalos era soprannominato dal padre Il Pescara, al quale sarebbe toccato “risollevare il nome della famiglia ormai scomparso per la perdita di tutti i capitani”, noto per aver anche sposato Vittoria Colonna.
Questo Marchese Alfonso Davalos, giovane di lettere e di guerre di famiglia seguace degli Aragonesi, volle misurare il suo valore nella guerra contro i Francesi che si tenne in Romagna, ma anche nella resistenza di Napoli, allorquando i Francesi al comando del loro “capitano Monsignor d’Alegri della rocca uscirono nel porto; e riempierono ogni cosa d’uccisioni, e di spavento”. Il Marchese Alfonso Davalos, “solo innanzi a tutti con incredibil virtù coperto con uno scudo da piedi, fermata la fuga de’ suoi, per le scale di dentro corte nel molo; e sprezzando ogni pericolo dell’artiglierie tributò talmente i Francesi, che ammazzarono molti, o nel fuggire precipitati in mare, e riavuta poi la Torre del Faro, il popolo napoletano in quel giorno lo chiamò Conservator della patria”.
59. Paolo Giovio-Ludovico Domenichi, La vita del signor Don Ferrando Davalo Marchese di Pescara, Giovanni de’ Rossi, Venezia 1557.
60. P. Giovio-L.Domenichi, cit.
61. P. Giovio-L.Domenichi, cit.
62. Il 28 aprile 1503, dopo aver alloggiato in Barletta per molti mesi, Cordova fu cacciato da 3000 alemanni e assaltato dal vicerè francese, virando verso Napoli che prese e vi entrò con grandi onori: a maggio aveva preso la Cettadella e il Castelnuovo, facendo bottino a napoletani e francesi da 20.000 ducati e traendo prigionieri 2.000 uomini. Inutile fu l’intervento navale delle galee che dovettero tornare a Gaeta. Michele Riccio scrisse che il Re aveva lasciato suo legato Ludovicus Nemosii dux Armigniaci comitum Gentilis, qui legatum regis personam, vicemque sustinebat. Hispani secundis rebus elati non ita multo post Urbe Neap. Arceque quam vulgo Novam, Lucullianamque, quam a forma vocant Ovi expugnatis, Regno potiuntur. A meno di Conversano, continua Coniger, il gran Capitano nel 1503 prese tutto il regno. V. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 235-255. Dalla metà del 1503 Apice e Ariano, già provincia di Principato Ultra e Capitanata, ora sono in territorio del Re di Spagna per la prima volta, cioé al 1° anno, come compare dagli atti notarili locali. Lo sono perché compare il Re Cattolico di Spagna, nello stesso protocollo (f.239), quando si specifica Regni Sicilie Ultra Faro sub Dominio optary Captholitum rex regis Urregna Ispania. E’ proprio l’anno 1503, Regnante Serenissimo et humilisimo et cattholicissimo domino nostro domini Ferdinando et Helisabet dei grazia rege e regina Ispania Sicilia Citra et Ultra Faro Hungaria in regno vero eus immj regni primo (Ibidem, f.239). Ma quando avvenne esattamente tutto ciò? La data esatta della conquista spagnola, avvenuta a macchia di leopardo, ci viene fornita dal notaio Mastelloni di Montefusco. E’ il 15 maggio 1503 quando il nome del Gran Capitano Ferdinando di Cordova compare sulla Montagna di Montefusco. Così l’atto: – Die quintodecimo, mensis maj, 6 indizione, in Terra Montis Fuscoli, Ferdinando di Corduba, Ducis Terre Novi e S.Angeli.
Il 15 maggio 1503, quindi, la Terra di Montefusco, che è anche chiamata Oppidum Montefuscoli, è nel possesso del Dux Ferdinando di Cordova, in nome del Re Cattolico, che però non pare possedere Napoli, perché l’intestazione proviene dal fatto che è Dux in Regno di Sicilia Citra Faro di Messina, col Re solo nel titolo di Re di Sicilia Citra, giungendo in quel momento l’esercito nel Principato Ultra, quindi al 1° anno del reame spagnolo.
Così: – Regnum Sicilie citra farum sub dominio et potestte Captholicorum Maiestatum regi et regina Ispaniae.
Anno a nativitate eiusdem Millesimo Quingentesimo Tertio regnantibus Serenisimis et iustissimis et captholicis dominis nostris dominus Ferdinando et Helizabete Dei gratia rege ac regina Ispaniea Siciliae Citra et ultra farum Ierusalemque regnorum vero huino regni anno primo feliciter amen. Ma cosa era successo quel 15 maggio? Il Dux Capitano Consalvo ufficializzava Montefusco sotto la maestà del Re Cattolico visto che in quel giorno, il Duca Luigi, viceré di Ludovico Re di Francia, andò via da Cerignola e il capitano revocò l’omaggio al Re di Francia in quel di Acerra, assoggettando i popoli della Campania. Il documento è quasi illegibile, abbiamo provato a trascriverlo. Così: – Die quintodecimo mensis maij sextae indictionis in Terra Montisfusculi exercitus ejusdem praefatarum Captholicarum Maiestatum Ferdinandi regis et Helisabettae reginae Hispaniae Siciliae Citra et Ultra farum ceterorumque regnorum sub ducte et auspicio Illustrissimi domini Don Ferdinandi De Cordova Ducis TerraNove et sancti Angeli ex magna potestate Catholicam Maiestatem oppidi Cerignole Illustrissimum Dominum Ludovicum ducem ut migravantibjt? atque Vice regem exercitusque ductorem in bellico certamine cum magna potestate exercitus cristianissimi Ludovici Regis Galliarum interemit reliquos orti infrigari poterit et eorum castra adquantum? ne havim? ? ?taur dirrupuit. Olim sub anno domini Millesimo uingentesimo Tertio ipso illustrissimo et cristianissimo Rege Ludovico regnante ex dierum? un….qbque? Neapoli et predictae sextae indictionis. Idem predictus Rey tertio? reddigit mox vero cum ad quindecim die maij ad Acerras pervenisset Capitani et omnes fere populi Campanie etiam si..ej? revocato homagio regi Francia cum dicto magnifico Capitano regni composuerunt (Ibidem, frammento).
Nel mentre anche il notaio arianese ha finito di scrivere il tomo degli atti notarili. Dopo qualche spazio, sempre nell’ultima pagina, segue un’epigrafe latina: PRAEMIA . SI . HERITIS . DONANT . CONDIGNA . SDPERNI / HIC . MERUIT . SUPERUM . POST . SUA . FATA . LOCUM. / DUM . VIXERIT . VIRTOTE . MICANS . BONUS . ATQUE . MODESTUS / SECRETUS . REGIS . CONSILIATOR . ERAT . / PUBBLICA . SEMPER . AMANS . ANTON1US . ISTE . VOCATUS / DE . PENNA . DICTUS . QUEM . TEGIT . ISTE . LAPIS. V. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, Al f.294v, ultimo foglio. Il sonetto e una trascrizione tratta da Petrarca Francesco Petrarca, XXII, AD ITALIAM [III, 24]. Ma è sempre al notaio Angelo Tartaro di Ariano, a far data dal 1503, Regnantibus Cattolico Magnatibus Ferdinando et Helisabett re et regina Yspanie et totus Hindie, duis oppure hujus Cicilie regni anno primo. Amen. V. ASAV, Busta 78 notai di Ariano, Tartaro Angelo, f.84, anno 1503 (dopo il 10 giugno e prima del 20 luglio). Idem negli atti a seguire, nel 1504, con la medesima intestazione che loda i Regnanti Cattolici Magistati Ferdinando dei grazia regi aragona, asturie, Sicilie. V. ASAV, Anno 1504, f.139v dopo dicembre e prima del 7 febbraio 1505.
63. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, cit.
64. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor P.Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, L.Torrentino, Fiorenza 1552.
65. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., V.Valgrisio, Venetia 1566 (anni 1500-1560), pag.38.
66. Arturo Bascetta, Giovanna La Pazza, cit.
67. Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Vol.3, pag.471. Agostino Nifo di Sessa mori circa il 1538 che già era stato a Salerno sotto Roberto prima di andare a Napoli, Roma e Pisa nel 1519.
68. Giovanni Antonio Summonte, Historia della Città, e Regno di Napoli, Vol.IV, Antonio Bulifon, Napoli 1675, pag.5 e segg.
69. Geronymo Curita, Historia del Rey Don Fernando el Catòlico: de las empresas y ligas de Italia, Vol.I, Officina de Domingo de Portonariis, Saragoza 1580. Così nel Libro VIII del I Volume: Venido el rey, mostraron gran descontentamiento: señaladamente el príncipe de Bisiñano por el Condado de Melito: y el príncipe de Salerno, por no se le haber restituido el oficio de Almirante, que pretendía ser de su casa: y no le haber otorgado el perdón de la rebelión que el príncipe Antonelo su padre, y él cometieron contra el rey don Fadrique. Que el rey de Portugal fue requerido, que se entremetiese en la gobernación de los reinos de Castilla.
70. Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Vol.3, pag.471. Agostino Nifo di Sessa mori circa il 1538 che già era stato a Salerno sotto Roberto prima di andare a Napoli, Roma e Pisa nel 1519.
71. In questo caso sarebbe una sorella di Don Alfonso d’Aragona duca di Villahermosa e sorellastra del Re. Geronymo Curita, Historia del Rey Don Fernando el Catòlico: de las empresas y ligas de Italia, Vol.I, Officina de Domingo de Portonariis, Saragoza 1580. Così nel Libro VIII del I Volume: Mediado el mes de diciembre, Roberto de Sanseverino Príncipe de Salerno: y dejó un hijo muy niño, que hubo en la Princesa Doña Marina de Aragón su mujer: hermana de don Alonso de Aragón duque de Villahermosa, que se llamó don Hernando.
72. Baldassarre Castiglione, Terzo libro del Cortegiano del Conte Baldasar Castiglione a Messer Alfonso Ariosto.
73. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.V.
74. Lucio Marineo Siculo, Cronica D´Aragon, eo Siculo, 1524.
75. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.V.
76. Baldassarre Castiglione, xxxv, Terzo libro del Cortegiano del Conte Baldasar Castiglione a Messer Alfonso Ariosto.
77. Rino di Stefano, Colombo, c’è chi lo vuole figlio di un Papa, da: Il Giornale, mercoledì 7 aprile 2004.
78. F.Colombo, Historie, I Vol., Venezia 1571
79. Bartolomeo de Las Casas, Historia de las Indias.
80. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.X.
81. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.X.
82. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.XI.
83. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
84. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
85. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.XII.
86. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.XII.
87. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.XII.
88. Giancarlo von Nacher Malvaioli, Cristoforo Colombo, Cap.XII.
89. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552. Cfr. Da www.cittadicapua.it
90. Ivi.
91. Ivi
92. Da: www.geocities.com, N.Garofalo, La Grande Napoli. Il 14 maggio del 1507, partiti per Madrid, relegò il Gran Capitano a Granada, dove morì il 2 dicembre del 1515.
93. G.Caniglia, M.Pagliarone, T.Martorella, Bomba e dintorni – Itinerari storico-naturalistici in provincia di Chieti, Marino Solfanelli Editore. L’investitura della Contea di Matera l’aveva avuta il 1 ottobre 1497 Re Ferdinando II, detto Ferrandino, figlio di Alfonso II e succeduto a Ferdinando I, l’investitura della Contea della Città regia di Matera. Tramontano, indebitato fino al collo, raggiungerà il suo scopo solo quando il Re andrà via col Vicerè, “convincendo” il nuovo luogotenente, arrivando a chiedere 24.000 ducati per saldare il debito che aveva con il catalano Paolo Tolosa. qualche anno dopo, stanchi delle gabelle, i materani lo uccisero in un agguato (1514) dietro il Palazzo. Fu denudato e colpito con le alabarde sottratte ai suoi stessi uomini con l’infamante accusa di aver ripristinato lo jus primae noctis.Per ripristinare l’ordine fu mandato a Matera il Commissario regio Giovanni Villani, il quale fece impiccare quattro giovani, altri si riscattarono per 2.000 ducati. Villani si trovò di fronte una situazione così ingarbugliata che trovò spunto per scrivere la famosa commedia “Il Conte di Matera”. L’amministrazione comunale fu accusata di aver promosso la sommossa e invitata ad un’ammenda di 10.000 ducati, annullata su richiesta del sindaco Berlingerio De Zaffaris, il quale, il 22 giugno del 1515, spedì il notaio Franciscum Groia dal Re Ferdinando d’Aragona ottenendo l’agognato indulto generale.
94. Da. www.lamonetapedia.it. Cfr. S.Loffredo, Storia della città di Barletta, Vol.II, Trani 1893, p. 520.
95. E.Danza, De Privilegis Baronum. Ferdinando Il Cattolico concesse la Terra di Montefusco (Av) e dei suoi casali a Consalvo in data 1 gennaio 1507. E a lui restò anche il capoluogo del Principato Ultra fino alla morte, portandolo in eredità alla figlia Elvira, indi al figlio Consalvo Fernandez de Cordova (1545) che la vendette al Marchese Carlantonio Caracciolo di Vico, indi al figlio Galeazzo che divenne protestante in Svizzera, dopo aver frequentato il focolaio eretico sviluppatosi a Napoli intorno al 1535 ad opera del riformatore spagnolo Juan Valdès che formò un circolo con molte dame d’alta nobiltà, qualche intellettuale e pochi umanisti: Giulia Gonzaga, i cappuccini Bernardino Ochino e Pietro Martire Vermigli. Carlantonio supplicò quindi Carlo V affinchè restituisse al nipote Colantonio le terre confiscate al padre Galeazzo, ricevendo risposta con apposti rescritto del 5 aprile 1546.
96. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
97. M.Borretti, Il Castello di Cosenza, a cura di: R.Borretti, Tipografia Editrice MIT, Cosenza 1983.
98. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
99. Ivi.
100. Ivi.
101. Ivi.
102. Baldessar Castiglione, Il secondo libro del Cortegiano del Conte Baldasar Castiglione a messer Alfonso Ariosto, lxxiv.
103. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
104. Ivi.
105. Antonio de Beatis, Giornale di Viaggio, 1517.
106. Antonio de Beatis, Itinerario di Monsignor reverendissimo et illustrissimo il cardinale de Aragona, mio signor, incominciato da la cita de Ferrara nel anno del Salvator MDXVII…., pubblicato a cura di L.Pastor, Die reise des Kardinals Luigi d’Aragona…, Frigurgo in Brisgovia 1905.
107. Gennaro Toscano, Rinascimento in Normandia: i Codici della Biblioteca Napoletana dei Re d’Aragona acquistati da georges d’Amboise, Conferenza tenuta presso il Dipartimento d’Italiano dell’Università di Caen, Equipe de Recherche des Départements d’Italien et d’Espagnol, Caen 23 maggio 1990.
108. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
109. Vittorio Gleijeses, La Storia di Napoli dalle origini ai nostri giorni, Società Editrice Napoletana, III edizione, Napoli 1978.
110. ASNA, sezione Reali dispacci, vol.I, inc.4.
111. L.Giustiniani, Nuova collezione delle prammatiche del Regno di Napoli, Vol.II, Napoli 1803.
112. Notar Giacomo, Cronaca di Napoli, Stamperia Reale, Napoli 1845. G. Cioffari e M. Schiralli, Il libro rosso della Università di Trani, Levante, Bari 1995. Vedasi il doc. N.26: “Item se supplica ad esso ill.mo es.or che li judei non possano astrengere li citadini et homini de quella et farli satisfare quello devono conseguire per li pigni hanno restituiti in li jorni proximi passati per spacio de cinque anni non obstante qualsevoglia promissione facta a dicti judei per li predicti, etiam medio juramento firmata: et questo circa la sorte ma che la usura li sia remessa. Placet ill.mo D.mo Pro Regi concedere dilationem eo modo et forma in debitis dictorum judeorum pro ut in precedenti capitulo continetur et quod interim durante dilatione non teneantur ad usuras”. Cfr. E. Pindinelli, Appunti e spunti sulla antica fontana di Gallipoli.
113. M.Sanudo, Diarii, III, Venezia 1902, pp. 886, 1439, 1474.
114. R. Cotroneo, Gli ebrei della giudecca di Reggio Calabria, in “Rivista storica calabrese”, XI, Sez. III, Novembre / Dicembre 1903.
115. D.Andreotti, Privilegi et capitoli della città dei Cosenza, II, Napoli 1869.
116. F.P.Volpe, Esposizione di talune iscrizioni esistenti in Matera e delle vicende degli ebrei nel nostro reame, Napoli 1844, p. 26.
117. Nuova collezione delle prammatiche del Regno di Napoli, IV. In Ferorelli: “Da poj la pubblicacione de la regia pragmatica et expulsione de li judei del presente Regno remasto in la cità de Napoli con mogliere figliuoli cognata et fameglia conguidatico et salvi conducto facto per lo ill.mo don Rajmundo de Cardona vicerè et lo cuntenente generale”, ottenne con salvacondotto del 30 giugno 1512 per “li multi servicii” prestati e che “de continuo presta a la Regia Corte et per certi altri respecti” di potere con tutti i parenti e famigliari “stare in la presente cità de Napoli et Regno senza incorrere in pena alcuna et gaudere li privilegii et prerogative che gaudavano li iudei de quisto Regno in tempo de li rettori de casa de Aragona et andar fora del Regno, tornare et stare”.
118. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
119. Ivi.
120. Da www.cittadicapua.it. Ettore Fieramosca morì nel gennaio del 1515 a Valladolid.
121. L.Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, Città di Castello 1892.
122. G. Summo, Gli ebrei in Puglia dall’XI al XVI secolo, Bari 1939. Appendice, Doc. N.27.
123. C.Colafemmina, P.Corsi, G.Di Benedetto (a cura di), La presenza ebraica in Puglia fonti documentarie e bibliografiche, Bari 1982. Archivio di Stato di Bari, Sezione A.S.Trani, Atti notarili, Notaio Carissimo de Adiutorio.
124. Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi, Histoire des Français, 1807.
125. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
126. www.fucecchionline.com
127. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
128. G. Summo, Gli ebrei in Puglia dall’XI al XVI secolo, Bari 1939. Scrisse: “Mel de Belloinfante sacerdote ebraico, Giuseppe de Eleazer, Angelo Ziego, Daniel Ziego, Sabajus di Angelo de Trani ebrei dichiarano nella curia episcopale di Bitonto pretendono dovere esigere e conseguire dagli ebrei di qualsivogliano terre e città e luoghi conferentisi alle Mundine di S. Leone di Bitonto una gabella di grana 18 per ogni oncia di loro negozii e cose mencantili di qualunque sorte e maniera con grave pregiudizio dei privilegi alla detta Badia di S. Leone di Bitonto che esso nel detto nome e proprie spese dovesse andare a Roma e supplicare il Pontefice che detti ebrei non potessero più essere vessati sulla detta gabella dalla detta Vescovile Curia e tale causa spedisse in forma di Breve. Promettono dare al detto abate D. 16 se farà liberare con una definitiva sentenza essi e tutti gli altri ebrei dalla gravezza di tale gabella”.
129. A.Bascetta, Giovanna IV, II parte, ABE Napoli 2023.
130. V. Vitale, Trani dagli Angioini agli Spagnoli, Vecchi, Bari 1912.
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