IL FEMMINICIDIO DI MARIA D’AVALOS 22.DONNE REALI EAN 9788872971604

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Quel caso che sconvolse l’Italia

Il delitto di Gesualdo, noto anche come Gesualdo da Venosa (Venosa, 8 marzo 1566 – Gesualdo, 8 settembre 1613), è uno degli episodi più intriganti della storia italiana.
Il compositore del XVI secolo è conosciuto non solo per la sua musica innovativa ma anche per il suo oscuro lato personale. Nel 1590, Gesualdo uccise sua moglie Maria d’Avalos e l’amante Fabrizio Carafa dopo averli scoperti in un presunto atto di adulterio.
Il delitto è avvolto da molte controversie e misteri, sia per le circostanze che lo circondano che per le motivazioni dietro l’omicidio.
Il Principe di Venosa non fu perseguitato legalmente per i suoi crimini, poiché l’omicidio coniugale era considerato accettabile in certi contesti aristocratici dell’epoca.
La sua storia e il suo delitto sono diventati però leggendari nel corso dei secoli, contribuendo a creare un’aura di mistero intorno alla figura del compositore. La sua musica, altrettanto intensa e espressiva, è spesso associata alla sua tormentata vita personale.
Gesualdo fu coinvolto in un processo. Tuttavia sembra che abbia goduto di una certa impunità a causa della sua posizione sociale elevata in quanto principe.
Il processo in sé potrebbe non essere stato così dettagliato o documentato come alcuni altri eventi storici, ma l’episodio ha contribuito alla fama di Gesualdo da Venosa come figura dai tratti oscuri e misteriosi.
La sua vita e le sue note continuano a intrigare gli studiosi e gli appassionati di musica classica. L’omicidio di sua moglie e del suo amante ha sicuramente influito sulla reputazione di Gesualdo da Venosa come principe e compositore. Ne seguì una vita piuttosto da recluso, concentrandosi sull’attività musicale e sulla costruzione del palazzo a Venosa.
Le sue opere madrigali, in particolare, sono state spesso descritte come espressione dei tormenti interiori, ma la fama postuma è stata plasmata non solo dalla sua musica innovativa, ma anche dalla vita personale controversa.
Il delitto ha contribuito sicuramente a creare un’aura di mistero e oscurità attorno al Principe, che ha suscitato l’interesse di numerosi studiosi e appassionati di musica nel corso dei secoli. La sua reputazione come compositore eccentrico e figura enigmatica è stata preservata attraverso gli anni, e oggi egli è spesso ricordato più per la sua vita tumultuosa.
Questa ulteriore fatica di Arturo Bascetta, studioso e editore, che ha al suo attivo un collana di testi sui crimini del 500, è un lavoro intenso, pregno di spunti di ricerca con approfondimenti del tutto originali.
La figura del Principe di Venosa, il contesto e l’ambiente del crimine, vengono narrati con un pathos che tiene incollato il lettore. Un delitto e un processo basato su documenti e manoscritti dell’epoca che squarciano l’alone di mistero su uno dei più famosi delitti d’onore della storia.
Nel corso dei secoli non è cambiato molto: le cronache dei nostri giorni evidenziano, purtroppo, quanto la violenza contro le donne legata a un presunto senso di difesa dell’onore sia ancora presente nel nostro Paese.

Donato Bellasalma*

*Avvocato, Presidente Associazione Forense «Roberto Maranta»

Description

IL PLURIOMICIDIO «MASCHILISTA»
NELLE CRONACHE DEL RINASCIMENTO

La collana sulle «Donne Reali» del Rinascimento si arricchisce con la ricostruzione del femminicidio di Maria D’Avalos, la più bella donna di Napoli.
E’ l’epilogo del giallo che turbò l’Italia, nell’epoca dei delitti d’onore, dove s’allungano le liste delle amanti uccise ora con l’acqua di rosa, ora dritto al petto. L’arma utilizzata, sia essa un fioretto, un pugnale o un archibugio poco conta, perché quel che è necessario è lavare l’onta delle corna, come nel caso di Carlo Gesualdo, assassino conclamato, reo confesso al pari dei suoi servi, ma da tutti assolto. Eppure questo principino di Venosa, di soli 24 enne, premeditò il femminicidio della giovane moglie in ogni particolare, dalle porte chiuse a chiave per intrappolare gli amanti, ai corpi dilaniati da mostrare in pubblico.
Certo è che la via sulla «misera morte» degli amanti D’Avalos—Carafa viene spianata da una miriade di indizi sulla bellissima Principessina di Venosa, corteggiata perfino da Giulio Gesualdo, zio acquisito e padrone di una miriade di feudi, da Gesualdo a Calitri, poi ereditati dal musico-assassino alla sua morte. Carlo infatti non possedeva che poco, essendo il genitore ancora padrone del Principato di Venosa. E fu proprio lo zio spione, amante solitario della bella moglie del nipotino, a spianargli la via della vendetta, confidando al consanguineo il posto di Chiaia dove gli amanti copulavano.
Carlo appare smarrito, benché spesso a riposo nel suo stesso palazzo, dove il corpo della moglie veniva di nascosto posseduto dal Duca d’Andria. Almeno fino a quando ebbe predisposta l’imboscata, in accordo con altri cavalieri e parenti, pronto a profanare la reputazione della nobile famiglia legata al Vaticano, e non solo per la figura dello zio del Cardinale Alfonso, finito anch’egli additato per istigazione alla tragedia.
La casata, l’amore focoso, le feste a Palazzo d’Andria e le serenate di Fabrizio sotto casa mentre Carlo dorme, fanno delle cronache e degli atti ufficiali dell’istruttoria, riportati in questo testo, una ricerca degna di tal nome che annulla l’amicizia fra le famiglie e punta sulla crudeltà della vendetta di un giovane che trascorreva le sue serate col prete musicista e la sua corte di armigeri, erari e servitori, pronti ora a battergli le mani per un madrigale, ora a uccidere al suo fianco.
Le serrature bloccate, la scusa di andare a caccia, l’amante a letto in camicia da donna, e le grida del padrone di casa sulle corna in Casa Gesualdo prima di compiere il vile atto: gli elementi di un femminicidio efferato che si trasforma in giallo napoletano ci sono tutti e offrono al lettore l’ora della fine: le pugnalate di propria mano di quello che non solo fu il vile mandante del duplice assassinio, ma divenne ne divenne l’esecutore materiale, per la necessità di accanirsi sui corpi senza vita.
Gli atti della «Informazione» tratti dalla Vicaria, il processo scritto sulla scena del crimine, i testimoni, i tre esecutori materiali, e l’assoluzione finale di tutti, col placet del Viceré, riassumono questa storia nel dolore di una madre, costretta a spegnere la sua gioia davanti alle atrocità commesse dal nipote assassino della fanciulla più bella di Napoli.
Quello di Maria D’Avalos fu un femminicidio in piena regola che Carlo Gesualdo avrebbe dovuto pagare con la massima pena di pluriassassino.

Sabato Cuttrera

— Il prolificare dei delitti d’onore
— Amanti all’acqua tofana: costumi leggiadri
— Spaccanapoli e Piombino scuotono l’Italia
— «Avvenimenti tragici e amorosi» e diversi
— La «Informazione» su una «misera morte»
— Il riassunto nel testo letto da Minieri Riccio
— La copia di Ascanio Corona diversa da Silvio

1.
la cronaca originale di corona
il manoscritto su MARIA D’AVALOS
— La Principessa di Venosa sposina di Carlo
— La spiata dello zio Giulio al nipote Carlo
— Gli amanti consapevoli di tradire
— L’imboscata di Principe, cavalieri e parenti

2.
LA storia ricostruita
sui fatti del processo

— Una famiglia nobile legata al Vaticano
— La figura del Cardinale Alfonso Gesualdo
— La casata del Principato di Venosa
— L’amore del Principe sposo di Maria

— Il Palazzo d’Andria del focoso amante
— Serenata sotto casa mentre Carlo dorme
— Carlo e Fabrizio amici, ma Laura sapeva
— Il giardino di Chiaia covo degli amanti
— Lo Zio spione amante rifiutato da Maria
— La famiglia Gesualdo vuole vendetta
— Il Principe premedita dalle serrature
— La scusa della caccia: 24 ore prima
— Fabrizio a letto e in camicia da donna
— Corna in Casa Gesualdo: levati e muori!
— L’ora della fine: le pugnalate del Principe
— La distruzione del nido d’amore
— La Sentenza e la discolpa del Cardinale

3.
LA RICOSTRUZIONE DEL PROCESSO:
cronaca DE «L’INFORMAZIONE»

— La «Informazione» tratta dalla Vicaria
— Il processo scritto sulla scena del crimine
— La cameriera che non ricorda: i testimoni
— I tre esecutori materiali, oltre i Principe
— Tutti assolti col placet del Viceré
— La storia ripresa dagli autori napoletani
— Il dolore di una madre

note bibliografiche


prologo

CRONACA di tre assassini,
un mandante e due delitti

La collana sui delitti del Cinquecento si arricchisce con la ricostruzione del doppio omicidio di Spaccanapoli, un altro giallo che turbò l’Italia dell’epoca, poi chiuso velocemente per ammissione dei colpevoli, tutti assolti dal Viceré.
L’epoca in cui assistiamo al prolificare dei delitti d’onore trabocca di amanti uccisi dall’acqua tofana, per via dei costumi leggiadri che imperversano non solo a Spaccanapoli e Piombino, luoghi dei primari omicidi, ma in tutti i posti che si rinvengono fra copie e originali di manoscritti diversi, da quelli dei Corona alle sentenze, ma anche negli studi di tanti storici.
Certo è che la via alla «Informazione» ufficiale sulla «misera morte» degli amanti D’Avalos—Carafa viene spianata da una miriade di indizi sulla bellissima Principessina di Venosa, corteggiata perfino da Giulio Gesualdo, zio del marito prossimo assassino, padrone di una miriade di feudi, da Gesualdo a Calitri, poi ereditati dal musico-assassino dopo la sua morte. Carlo infatti non possedeva che poco, essendo il genitore ancora padrone del Principato di Venosa. E fu proprio lo zio spione, amante solitario della bella moglie del nipotino, a spianare la via della vendetta, confinando al consanguineo il posto di Chiaia dove gli amanti copulavano.
Carlo appare smarrito, benché spesso a riposo nel suo stesso palazzo, dove il corpo della moglie veniva di nascosto posseduto con affetto dal Duca d’Andria. Almeno fino a quando ebbe predisposta l’imboscata, in accordo con altri cavalieri e parenti, pronto a profanare la reputazione della nobile famiglia nobile legata al Vaticano, e non solo per la figura dello zio del Cardinale Alfonso, finito anch’egli additato per istigazione alla tragedia.
La casata, l’amore focoso, il Palazzo d’Andria e le serenate di Fabrizio sotto casa mentre Carlo dorme, fanno delle cronache e degli atti ufficiali riportati in questo testo una ricerca degna di tal nome che annulla l’amicizia fra le famiglie e punta a spiegare la storica vendetta del giovane che trascorreva le sue serate col prete musicista e la sua corte di armigeri, erari e servitori, tutti pronti a uccidere per il padrone.
Le serrature bloccate, la scusa di andare a caccia, l’amante a letto e in camicia da donna, e poi le grida sulle corna in Casa Gesualdo: gli elementi del giallo napoletano sono tanti. Essi offrono al lettore l’ora della fine: le pugnalate del mandante sui corpi senza vita.
La «Informazione» tratta dalla Vicaria, il processo scritto sulla scena del crimine, i testimoni, i tre esecutori materiali, e l’assoluzione finale di tutti, col placet del Viceré, riassumono questa storia nel dolore di una madre, costretta a spegnere il lume sulle atrocità commesse dal nipote assassino e sulla leggiadra vita della fanciulla più bella di Napoli: sua figlia.

Sabato Cuttrera

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