GERMAINE DE FOIX. Germana dei Fusi di Guascogna

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Germana e Ferdinando Re delle 2 Sicilie


Le feste non offuscarono la mente del Re che, dopo due giorni, fece radunare i militari per la parata, visto che “intraro in Napoli multi fanti spagnoli et si ne fo facta la monstra davanti sua Maesta quali erano 3700 li quali li mandava ala montagnia et casali de Moutefusculo ad stanciare” nella provincia di Principato Ultra.
Gli episodi spiacevoli continuarono la notte del 29 dicembre quando prese fuoco la Chiesa di San Domenico e alcuni dissero che le salme tumulate di Re Alfonso I, Re Ferrando I e Re Ferrando II, “quali stavano sullevati in alto al lato delo altare mayore fossero abrusiati, dove la matina, venne in dicta ecclesia la serenissima Regina Beatrice de Aragonia de Ungaria Regina, dopo venne la Serenissima Regina matre, depo la Illustrissima Duchessa de Milano et ricordandonosse fecero uno grandissimo ululato”.54
A fare subito il pieno fu solo il Prorex, il quale aveva iniziato il 1507 ricevendo dai Sovrani, come regalo di capodanno, la Baronia di Montefusco.
Scrisse il Re: — Te o illustre Consalvo, e ai tuoi eredi e successori di ambo i sessi, discendenti in infinito dal tuo corpo, di nostra scienza e motu proprio diamo, concediamo, e assegniamo la Terra di Montefusco e casali, con le funzioni fiscali, tanto ordinarie che straordinarie, di detta Terra e di detti casali.55
Sabato 30 gennaio 1507 Ferdinando fece convocare il Parlamento Generale del Regno, nel refettorio del monastero di S.Lorenzo in Napoli, per il giuramento di fedeltà “dello ligio et homagio sedendo la predicta Maesta in la sedia sua regale et dal lato dextro sedeva lo Magnifico Salvatore Zurulo, electo per la dicta Cita de Napoli, proponendo el Parlamento lo Magnifico Messere Antonio Ianuario, in loco del Magnifico Michael Perez Dalmazan, secretaro de sua Maesta el quale havea la voce rauca quale finito lo predicto Messere Salvatore se levò in piede et ingenochiato remase”.56
Il Re incontrò baroni e sindaci delle Università comunali delle città regie per ricevere il donativo di 300.000 ducati da parte del Duca di Terranova che rispondeva in nome di tutto il Regno: i baroni diedero 50.000 ducati per la rata dell’adoha, mentre i sindaci delle Università demaniali (tranne Napoli perchè ne era esentata), consegnarono 11 carlini per ogni famiglia (focatico).
Il 19 febbraio Ferdinando tenne la prima udienza da Re delle Due Sicilie nella sala grande del Castello per ascoltare le suppliche dei sudditi, alla presenza dei funzionari ma senza la Regina (poteva riferire a Luigi XII).57
Il Re non mantenne i patti con i feudatari e molti baroni restarono delusi dalle nuove disposizioni. Nonostante i suoi servigi, anche Gian Carlo Tramontano di S.Nastaso fu penalizzato e perse Matera.58
Valorosi militi come Ettore Fieramosca e il fratello Guido, già scelti dai Capuani per giurargli fedeltà nella guida della città, furono destituiti.
Agli amministratori delle Università regie, dal canto loro, non andò meglio: solo la concessione di qualche privilegio o l’annullamento di pochi debiti, come accadde per Gallipoli e per Trani.59
A metà marzo il Re vietò a tutti di dare ospitalità ai Genovesi, scesi in guerra coi Francesi. Il 30 marzo mandò da Napoli in soccorso “de Franciosi contro de Genovisi a Savona, quactro galee armate et una fusta de Stephanino armata con 200 fanti sopra”.Il giorno dopo s’apprese la notizia che il Duca Valentino era scappato dal Castello di Cinciglia, in Castiglia, travestendosi da frate.60
Per più di un motivo, dunque, il Sovrano valutò di non concedere privilegi, negando perfino premi e Terre confermati da Consalvo ai baroni, come ricompensa per essersi mostrati a lui fedeli, lasciandoli quasi tutti nei feudi che, sebbene confiscati, non volero più restituire. Non solo. Il Re non volle concedere neppure le terre confiscate ai cavalieri che avevano patteggiato per l’avversario, come accadde per Bomba, venendo meno alla parola data per fare la pace con Luigi XII. Ferdinando riconobbe la restituzione e la libertà solo per chi, persi i feudi, era stato fatto prigioniero di guerra.61
Il Re cominciava a pensare di aver concesso troppe cose alla Francia. La guerra contro i Genovesi aveva fatto 4000 caduti, fra morti e feriti, al punto che lo Stato ligure fu preso il 29 aprile.62
Ferdinando e Germana ripartirono per Pozzuoli il 4 giugno 1607, ricevendo l’ultimo regalo in gioielli (del valore di 3.000 ducati) dal Cardinale di Napoli. Lasciarono il Regno nelle mani di Consalvo Ferrandis Duca di Terranova, pronto a prendersi la prima gatta da pelare con la cacciata dei Marrani che “fece grande danno alle Dohane et gabelle de Napoli”, seguita da quella di nuovi pirati, come il bellissimo Margaregio, fatto uccidere per evitare che gli fosse concessa la grazia all’ex Regina Giovanna.63
Lunedì 7 giugno, i nuovi Sovrani del Regno, fecero vela per Gaeta, ma per il gran temporale ritornarono “in Cayeta et essendo andato ad Scauli ad fareno collacione all’acqua fresca ali 14 decto de lunidi ad hore 19 fecero vela da Scauli et sequero loro viagio; dove ali 16 de luglio arrivaro in Tarragona alli 18 decto arrivaro in Valencia; et ali 21 de sectembro de martedi indi de Sancto Macthia venne nova al Signore Vicerè in Napoli como ali 28 de augusto de sabato la predicta Maesta era intrato in yspagna in una terra nominata Tortosa dove li era venuta incontra la serenissima Regina Ioanna sua figlia con li grandi de Spagna dove dicto Vicerè andò ad Sancta Maria del Carmino et fe cantare Te deum laudamus et ordinò che quella sera ne fosse facta luminaria per la Cità et cossì fo exeguito”.64
A dire di altri fu l’11 giugno 1507 che Ferdinando e Germana salparono da Napoli trascinandosi dietro Cordova. Vi riuscirono ingannandolo con la promessa di nominarlo Gran Maestro dei Cavalieri dell’Ordine di Compostella, riconoscibili dalla croce di spada di color rosso che portano al petto. Un incarico mai avuto in quanto, fra vitalizi, potere di creare nuovi soldati per combattere i Mori e comando sulla cavalleria, era paragonabile solo a quello del sovrano. Cordova aveva avuto il massimo. Ma non poteva diventare più potente del suo Re.65
Ferdinando andava via lasciando intatto solo i più alti privilegi, come la luogotenenza momentanea affidata alla sorella Giovanna d’Aragona (vedova di Re Ferrante, già Regina del Regno fino al 25 gennaio del 1494), confermandole il titolo di Viceregina nello stato feudale dotale, perchè quello di Vicerè di Napoli lo avrebbe presto ufficializzato al Duca di Ripacursia.
Il Re volle far credere che quei tre anni di guerra non avevano sconvolto l’assetto dello Stato (lasciato nelle mani dei parenti Aragonesi); in realtà abbandonava Napoli nelle mani di un diverso Vicerè, restandovi per pochi altri giorni.
Il Prorex uscente ne approfittò per invitare al tavolo del tesoriere tutti i creditori, “acciò che non vi rimanesse alcuno del più vile ordine degli artigiani, o dei pizzicagnoli, il quale si potesse dolere, che gli fosse pur ritenuto un picciolo”, così coi mercanti per il tramite dei suoi capitani dando ordine di pagare ogni debito, compresa la compagnia speciale sempre in pompa magna che aveva utilizzato specie durante il soggiorno del Re, mantenendo il soprannome conquistato di Gran Capitano, accompagnatolo all’imbarco dalle dame con le lacrime agli occhi.66
Lunedì 28 giugno 1507 avvenne La incontrata delle Cattoliche Maestate con lo Christianissimo Re, appresso Genova, come la chiama il cronista. “Arrivò in Genova la Cattolica Maesta con la Serenissima sua consorte dove montò ad una barchecta pizola fandoli compagnia doy altre barche lo Christianissimo Re Loyse ad eo che apena el Re et l’altro hebero tempo ala inprovisa de usare cerimonie reale solite per andarelo ad trovare in galea et cossi vennero insieme li predicti Ri sopra la galea et smontaro interra, ad Saona, dove el Re de Franza li mandò le chiave della Terra et del Castello et lla dicti Cattolico Re, et Regina se restaro quale era adornato de tappezaria como seli convenea andando ad mano dericta Re de Franza. Et lo Re de Franza restò ad habitare allo episcopato dove dicti Re et Regina mandaro ad rengraciare lo christianissimo Re delle chiave mandate al quale vi andò lo illustrissimo Signore Gran Capitanio al quale vedendolo s’elevò in piede et si lo abraziò et fe de multe carize, dove li predicti Christianissimo et Cattolico Re, per tre dì stectero in triumpho et in festa et parlavano insieme lo quale signore Gran Capitanio trovò che mangiava Re de Franza quando andò ad referire gracie ad sua Maesta delle chiave mandate levandose da tavola, dove a li 3 de luglio de venerdì alle 20 hore li predicti Cattolichi coniugi se partero da Saona et, ali 4, lo Christianissimo Re se devea partire per andare in Franza”.67

Description

Sangue regio di Francia e Navarra

Ebbe in donazione dallo zio Luigi XII di Francia la metà del Regno di Napoli, la portò in dote a Ferdinando il Cattolico e divenne Regina. Giunta in viaggio di nozze nel Sud, ricevette l’omaggio feudale dei baroni napoletani, gratificata da perle e gioielli, d’oro e d’argento. È Germana del Fuso di Guascogna, la Regina delle Due Sicilie. Alla morte del marito si risposò con il Duca di Calabria, figlio degli ex Sovrani Aragonesi, Isabella del Balzo e Federico di Napoli. Relegata nel Viceregno di Valencia, diffuse arte, cultura e costumi del primo Rinascimento incubato nella Metropoli partenopea. Germana de Foix, sorella di Gastone e cugina di Lautrec, già degna consorte sul trono d’Aragona e Napoli, nulla poté contro il destino dell’ex Capitale, finita nelle mani dei Vicerè spagnoli. Lasciò vedovo l’ultimo aragonese napoletano nella lontana Liria, dove si estinse la memorabile Casata originata da Re Alfonso, quel Magnanimo che valorizzò e federò in Province gli antichi Principati e Ducati: gli Stati della storia del Sud, tutto ciò che Spagnoli e Austriaci usurparono, depredarono e affondarono nel mare dell’oblìo.
Germana fu una fanciulla con una formazione dalla forte familiarità con il Rinascimento napoletano. A lei piacevano il lusso, il ballo, la buona cucina e soprattutto profumi e vestiti impreziositi da gioielli. Non per questo non prediligeva la conversazione e la spiritualità.
Crescere alla corte di Francia aveva significato assimilare un bagaglio culturale immenso, che si arricchiva ogni giorno di più, senza disdegnare l’amore per gli uomini di potere.12
Un piatto appetibile per un nobile, magari un Arciduca, ma il destino volle essere ancora più generoso con lei, entrata nelle grazie dello zio Re, proprio mentre cercava una parente che gli facesse stringere alleanza con gli Spagnoli e legittimasse il bottino napoletano.
In seguito al Trattato di pace di Granada dell’11 novembre 1500, infatti, nell’autunno del 1501, l’ex Regno di Napoli era stato diviso fra Spagnoli (Calabria e Puglia) e Francesi (Abruzzo e Terra di Lavoro) con una immaginaria linea di confine che non pose termine alla conquista. La guerriglia fra baroni filo-spagnoli e filo-francesi continuò nel 1502, seguita dalla Disfida di Barletta del 1503 e dall’ingresso a Napoli delle truppe spagnole, comandate dal Prorex Consalvo de Cordova, avvenuto il 14 maggio 1503. Da qui gli ultimi scontri che avevano visto i Francesi sconfitti sul Garigliano con la resa di Gaeta, nel gennaio del 1504, e il riconoscimento forzato di metà delle province napoletane a Luigi XII, avvenuto a Lione, il 31 marzo 1504.
Il 2 novembre 1504, con la morte della Regina Isabella, la Corona di Castiglia e il conquistato Regno di Napoli vacillarono fra le mani della figlia Giovanna la Pazza e quelle del padre vedovo. L’occasione fu propizia per far riaprire gli occhi al Re di Francia e proporre la giovane Germana, di cui si vociferava la sterilità, a nuova sposa del vedovo Ferdinando, per poi rimettere in discussione la paternità delle conquiste napoletane. Ma come fare? Germana era solo la Contessa di Foix e del Béarn, con giurisdizione sulle terre francesi di Nemours… Un piatto troppo povero per un Re spagnolo, se il destino non lo avesse all’improvviso privato delle Terre di Castiglia che, con la morte della Regina Isabella, grazie al testamento, venivano ereditate dalla figlia Giovanna la Pazza, fresca sposa di Filippo il Bello di Fiandra.
Ferdinando tornava ad essere solo Re d’Aragona, e pertanto si sentì presto minacciato dalle pretese vantate da Filippo, pronto a sbarcare in Spagna e non solo per tenere lontano il suocero dal governo della Castiglia.
Per evitare che il Bello guadagnasse terreno e vantasse diritti anche sull’Aragona, Ferdinando il Cattolico, rimasto vedovo, avrebbe dovuto risposarsi al più presto per dare al mondo un erede maschio che avesse la precedenza sull’eredità della figlia Giovanna.
L’occasione sembrò buona per stringere un’alleanza con la Francia che evitando di spingere i suoi regni verso l’Austria, potenziale nemico comune.
E a chi pensò, Re Luigi, se non alla nipote Germana? Bastò dichiararla erede delle Terre francesi conquistate nel Regno di Napoli (visto che l’altra metà spettava ai Regni di Castiglia e d’Aragona) e attendere la proposta dal Re vedovo.

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Editorial Review

Re per sposo, il Regno di Napoli per dote

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Isabella la Cattolica, fino al testamento, intese sempre separare il trono di Castiglia da quello d’Aragona. Da qui l’idea di Re Ferdinando di unificare le due Corone in una patria, nel nome di una sola monarchia assoluta, col fine di raggiungere un equilibrio europeo. Ferdinando capì che Filippo ci avrebbe messo poco a diventare erede di Castiglia e seguì due strade: con la prima fece rinchiudere Giovanna ma non rese libero il genero Filippo il Bello; con la seconda tolse ai Francesi la metà del Regno di Napoli facendosi riconoscere l’altra metà (che era un bene in comune con la Pazza). Meraviglia leggere che Isabella avesse designato l’abile marito a governatore della figlia, anzi “sulla malattia e i beni di Donna Juana”, in quanto non appare una clausola testamentale, bensì una postilla successiva fatta pervenire a Filippo: en un portacartas estaba una escritura en francés.18
Comunque sia, a prescindere dalla presunta follia di Giovanna, nelle volontà della defunta, non c’era il concetto di unità nazionale, il cui merito va tutto a Ferdinando. Ciò dimostra che la Spagna non era un solo stato, ma una federazione di monarchie in quanto i Re Cattolici non si erano mai dichiarati Re di Spagna, ma si appellavano con una “litanía di titoli con la quale si cercava di soddisfare le vanità regionali (come accaduto con gli Aragonesi nel Regno di Napoli). La libertà era compresa in modo diverso fra Castiglia ed Aragona”. L’unità era una prerogativa delle Corone, non dei popoli.19
Ferdinando si affrettò a stringere il trattato di Blois con il Re di Francia, annunciato il 22 settembre 1505, perchè sapeva che il Regno di Napoli era tanto di proprietà degli Spagnoli, quanto dei Castigliani. Per il Muratori nei “capitoli di quella pace si stabilì il di lui accasamento con Germana di Foix, figliuola di una sorella del Re di Francia che portò in dote ciò che restava in mano dei Francesi sul Regno di Napoli. Rinunziò il Re Ludovico alle altre sue pretensioni sopra quel Regno, obbligandosi Ferdinando di pagargli in dieci anni Settecentomila Ducati d’oro. Restarono con ciò liberi dalla prigionia i baroni del Regno che aveano militati a favore del Re Cattolico, e levato il confisco fatto contro chi avea seguitato il partito francese”.20
Quello di Blois fu un trattato esemplare che riconosceva la nascita della Spagna come nazione e va considerato nella complessità degli equilibri europei. Ferdinando si era sentito padrone del mondo fino alla morte della moglie e “non poteva senza turbamento fermare il pensiero sul passato, e neppure senza tremare considerar l’avvenire”. Non è escluso che si fosse anche innamorato e perciò era castigato “dai desiderii del proprio cuore”. Scriveva de Lorgues che “il vecchio Ferdinando aspirava all’amore, lorché non poteva neppure ispirare fiducia, e trovar amicizia. Affrontando l’opinione della Corte, il sentimento dei popoli, l’imagine sempre viva della Regina adorata, che l’onorò di un’affezione di cui non era degno, questo abile calcolatore unì ciecamente i destini della sua vecchiezza coi capricci di una principessa diciottenne, esigente e frivola, Germana di Foix; poco dopo ridotto a cercare nel lavoro un alleviamento ai cruci domestici”.21
L’astuto Monarca non aveva avuto che uno scopo: fondare la più potente monarchia d’Europa “affine d’immortalare il suo nome; ed ecco che vedeva lo scettro, presso a cadergli di mano, passare al figlio del suo nemico; a questo erangli riuscite le lunghe previsioni, i tanti sforzi, le malizie, le astuzie diplomatiche”.22
Luigi XII consegnò Napoli nelle mani di Ferdinando il Cattolico assumendosi la responsabilità di aver posto fine ad un grande Regno (divenuto provincia spagnola) e all’unità d’Italia. Il trattato fra i due sovrani d’Europa fu concluso a Blois, il 12 ottobre 1505, e ratificato dal Re di Spagna a Segovia il 16 dello stesso mese. “Con questo trattato quei due principi ambizioni, che erano stati per tanto tempo nemici, convennero di divenire in seguito” due anime in un solo corpo.
Sosteneva Guglielmo Roscoe — Tumquam duae animae in uno et eodem corpore, amici amicorum, et inimici inimicorum.23
La Pace di Blois declassò ufficialmente il trono partenopeo, entrato a far parte dei domìni spagnoli (1505-1707). In cambio la Francia si accontentò della restituzione, ai legittimi baroni filofrancesi, dei feudi sequestrati prima della guerra, ottenendo, oltre l’indennizzo, l’assegnazione dell’intero Ducato di Milano.24
Con il trattato di Blois, quindi, il Re concertó su nuevo matrimonio con Germana de Foix, el 12 de octubre de 1505, e dopo la ratifica del giorno 16, el 18 de marzo de 1506, se realizó el casamiento de Don Fernando.25
Ferdinando, nel suo testamento, giustificherà la scelta del secondo matrimonio con Germana per la pace di tutti.
Dirà il Re: — Per le cose di grande importanza che si offrirono e che stavano per succedere, per il dispiacere della morte della Serenissima Regina Donna Isabel nel Regno di Castiglia e negli altri nostri regni, per il bene, quiete e pace di tutti, fu conveniente fare il matrimonio con la Serenissima Regina Doña Germana, nostra molto cara e molto amata moglie.26
Del resto, la defunta, nel designare il marito a governatore, non gli aveva vietato di risposarsi. E’ quindi chiaro che Ferdinando si riaccasava, e con ragione, per timore di turbare gli equilibri europei.
Aggiunge Cavanilles: — Chi lo direbbe! Il vedovo della grande Isabella cercare un’altra moglie! I gioielli della Regina cattolica decorare forse un altro collo! Durante il lutto preparare galà nuziali ed a cinquantaquattro anni preparare un nuovo tálamo nuziale con una giovane di diciotto! Chi lo direbbe! 27
In vista delle nozze di primavera (1506), l’atto matrimoniale fu redatto il 19 ottobre 1505, quando la notizia, che provocò disgusto tanto a Castiglia quanto a Napoli, pervenne alla Corte di Filippo il Bello. Secondo le leggende l’Arciduca sarebbe diventato all’improvviso calvo e Giovanna completamente pazza. Da qui l’idea di raggiungere Castiglia con la moglie e Carlo di 5 anni, compresa Maria (nata il 17 settembre 1505).
Al banchetto nuziale si presentarono invece gli ambasciatori di Napoli, Troiano Mormile, Iacopo Pignatelli, Giovanni Tommaso de Gennaro e Alessandro de Costanzo, giunti con la nave di mastro Minoli. I primi due tornarono via terra, i secondi si ripresentarono nell’ex Capitale partenopea con i capitoli matrimoniali da consegnare al Prorex. Il matrimonio, secondo Notar Giacomo, fu consumato due giorni prima, lunedì 16 marzo, “dove li grandi de Spagna ne foro malissimi contenti per havere pigliata franciosa: ma la predicta Maesta per accomodare el negocio nil sibi cura fuit”. In tal caso Filippo e Giovanna sarebbero partiti due giorni dopo le nozze di Ferdinando.
Scrisse Notar Giacomo: — La Signora Regina era biancha, claudicans, grassa.28
Lunedì 20 aprile Pietro Navarro partì dal porto di Napoli con due legni carichi di doni per rendere l’omaggio feudale del Prorex Cordova ai nuovi regnanti. Si disse infatti che sulle navi vi fossero robba et denari del Gran Capitano e multa valuta, oltre a dei bei corseri et muli. Perciò passò voce che portassero lo presente allo Cattolico Re.29
Ferdinando si era visto obbligato all’alleanza con la Francia, annunciando il tipico matrimonio per ragion di stato, che avvenne il 18 marzo, proprio mentre partiva Filippo, sbarcato solo il 22 aprile, pochi giorni dopo la protesta levatasi il 19 aprile 1506.
Così la protesta: — Siamo costretti ad inviare al Re di Francia una nostra ambasciata perchè non possiamo in maniera alcuna evitare il pericolo di sporcarci... Non era nostra intenzione... accordare che il Re di Francia tenesse parte del nostro Regno di Napoli senza alcun diritto... Il Regno è tutto nostro e di nostra pertinenza... e dei nostri successori nei nostri regni e della Corona d’Aragona.30
Il 25 agosto 1506, al Poggio Reale di Napoli, presidio del Gran Capitano Consalvo de Cordova, si presentò una staffetta regia. Era Don Carlo d’Aragona, ivi giunto per organizzare i festeggiamenti in onore di Germana e Ferdinando. La coppia regnante era partita da Barcellona con venti galee, lasciando a terra solo il fidato Toledo. Il Re preferì la compagnia del prode Don Bernardo di Roias, Marchese di Denia, unitamente ai cavalieri di Spagna. Non vedeva l’ora di incontare il Gran Capitano, che aveva preso ufficialmente possesso della metropoli il 14 gennaio 1504.
In tutti questi anni il dittatore Cordova era divenuto: Governatore di Napoli (alla maniera francese), Luogotenente del Re (all’aragonese) e Prorex (alla castigliana). Per il popolo fu il più ricco feudatario; per la nobiltà, semplicemente un Vicerè senza trono.31
Invitato a pranzo Don Carlo d’Aragona, insieme a Don Antonio de Cardona, Cordova gli diede ospitalità ostentando la sua argenterìa e, la sera dopo, fece giungere agli assessori eletti della Città la notifica che i Sovrani sarebbero presto salpati alla volta di Gaeta e “ne fo facto anno reale, et si ne foro facte luminarie per tre sere per la Cità: dicendo dicto Signore Gran Capitanio como lui andava ad incontrare sua Cattolica Maestà”.32
Il Gran Capitano Consalvo de Cordova, nominatosi Prorex, già da luglio, aveva cominciato a chiamare a Napoli alcuni baroni per vedere se erano disponibili a cedere i loro stati feudali in osservanza del trattato con la Francia. In cambio “li havarria provisto de lo equivalente et che ogni uno stesse de bono animo”.33
Privilegiando solo pochi amici, Cordova, aveva in effetti negato le concessioni ai feudatari facendo ricadere la responsabilità sui tesorieri a cui non riconobbe, a causa dei conti di spesa delle guerre, le entrare iscritte nei libri dell’erario e del fisco.34
Intanto, davanti agli occhi di Germana e Ferdinando, in pochi giorni di navigazione, sfilarano le più belle città della riviera di Francia.