Description
UNA RICERCA INFINITA PER SCOPRIRE L’ANTICA FORENTUM
SOMMARIO
Introduzione pag. 8
1. Cenni sulla storia antica del Vulture-Alto Bradano
1.1 La Preistoria: Paleolitico e Neolitico 13
1.2 Gli aspetti culturali nel periodo protostorico 21
1.3 L’età del Bronzo 25
1.4 Gli Enotri e i Dauni 27
1.5 L’egemonia lucano-sannita 29
1.6 Avvenimenti significativi in Lucania dalla conquista romana 34
alle invasioni barbariche
1.7 Fra la caduta dell’impero romano e il Medioevo 38
2. Storia della ricerca archeologica nel Vulture-Alto Bradano
2.1 Dal reimpiego al Regno Borbonico 40
2.2 La ricerca archeologica durante il Regno d’Italia 41
3. Forentum-Lavello: un falso storico
3.1 Forentum: le fonti letterarie 46
3.2 “Forentum ritrovata”: un errore interpretativo 47
4. La documentazione epigrafica nel territorio di Forenza
4.1 Ara fueraria: Marcus Asculeius Restitutus 54
4.2 Stele funeraria: Pastor et Martialis 56
4.3 Ara funeraria: Appuleia Modesta Iusta 57
4.4 Ara funeraria: Herenius December 59
5. Siti archeologici nel territorio di Forenza 61
6. L’individuazione di Forentum nel territorio di Forenza 86
Ringraziamenti 92
Bibliografia 94
Impostare una ricerca archeologica sul territorio di Forenza (Pz) è risultato da sempre un’operazione urgente e prioritaria per comprendere e delineare i tratti essenziali delle società storiche che si sono evolute in rapporto ad un ambiente che, da tempi remotissimi, disponeva di tutte le premesse per favorire uno sviluppo socio-economico competitivo delle società protostoriche dell’Italia. Basterebbe questa semplice premessa per comprendere quanto sia gravosa l’assenza della ricerca archeologica in un ambito territoriale che ha in sé grandi possibilità di restituire quei dati qualitativamente utili alla ricostruzione storica.
Sembra subire un torto più grande la storia di Forenza, quando, nella metà degli anni Ottanta, venne “battezzata” la Forentum-Lavello, in un celebre convegno, tenutosi a Lavello e presieduto dall’allora Soprintendente alla Archeologia della Basilicata Angelo Bottini. In effetti questo avvenimento ha smosso alcune coscienze di certi studiosi locali e ha contribuito a riaccendere l’interesse per l’indagine storica nel territorio forenzese; di fronte due mondi e due saperi a contendersi la palma assoluta dell’attendibilità scientifica, quello storico-archeologica e quello storico-letteraria. Questa dicotomia sembra essere il riflesso di un’epoca: l’indagine storica soffriva ancora la distanza esistente tra i differenti campi del sapere, mancava la collaborazione e il lavoro d’équipe.
Nelle acquisizioni storiche, se le fonti letterarie vanno riconfermate dai dati archeologici, bisogna aggiungere che miserrima appare quell’archeologia, che da una parte si proclama banditrice di scientificità, mentre, dall’altra, antepone il dato interpretativo all’epistemologia; e la Soprintendenza Archeologica della Basilicata di questa colpa si è macchiata: aver tentato in modo estenuante, attraverso decenni di pubblicazioni, di utilizzare un dato erroneo, derivato da un’imprecisa lettura dell’ormai noto testo epigrafico pubblicato da M. Torelli nel 1969 , per ricavarne un dato della geografia storica, ancor oggi per niente chiarito: l’individuazione di Forentum nel territorio di Lavello. Il peso del confronto che questo dato epigrafico deve reggere nei confronti di una ricca letteratura, orientata ad ubicare Forentum nel territorio di Forenza, è insostenibile.
Questo lavoro pertanto non è tanto finalizzato specificatamente a localizzare la Forentum antica nell’area in cui ricade l’attuale comune di Forenza, quanto dare un primo passo per realizzare strategie d’indagine che questo territorio attende.
Per impostare la ricerca seguente nel comune di Forenza, mi è apparso d’obbligo introdurre una breve trattazione della storia antica del comprensorio del Vulture-Alto Bradano, allo scopo di delineare i caratteri comuni e peculiari delle società storiche che hanno condiviso il medesimo territorio e che hanno riprodotto il medesimo apparato ideologico attraverso i sistemi di auto-rappresentazione in loro possesso.
L’immagine di queste società sono desumibili attraverso i corredi funerari. Troppo scarse sono ancora le conoscenze in nostro possesso sugli abitati. Fare interagire le diverse discipline che possano contribuire alla ricostruzione storica, ci metterebbero di fronte a nuove discussioni e a nuove problematiche, svelandoci molte volte nuove strade che conducono spesso a risultati inaspettati; si pensi ai dati dell’antropologia fisica che la Cipolloni Sampò ha spesso messo in relazione con i dati archeologici della cultura materiale, raggiungendo risultati ammirevoli per la ricostruzione delle società passate.
La metodologia seguita in questo studio è costituita essenzialmente da un inquadramento storico culturale di un territorio abbastanza vasto, in questo caso dell’intero comprensorio del Vulture-Alto Bradano. Le società che vivevano in questo comprensorio della Basilicata erano caratterizzati da tratti peculiari comuni e che oggi identificheremmo come culture a carattere sub-regionale. I contatti tra le comunità indigene con quelle allogene, provenienti dalle isole dell’Egeo e che attraversavano le valli fluviali della Basilicata, hanno comportato uno sviluppo socio-culturale innovativo tutto concentrato in un arco cronologico abbastanza circoscritto. Il nuovo aspetto culturale prodotto da queste società trasformate è caratterizzato, in una prima fase, dall’imitazione dei modelli greco-orientali e, in una seconda fase, dal superamento che ha prodotto facies culturali molto originali e, potremmo dire, locali.
Altro momento fondamentale di questo studio riguarda la raccolta delle notizie dei rinvenimenti archeologici più significativi nell’area del Vulture e in quella del Bradano: una breve storia della ricerca archeologica in questo comprensorio. Lo scopo di questa rapida disamina è quello di esporre le tendenze dell’indagine sul campo. In un primo momento, che potremmo collocare in epoca borbonica, emerge una tendenza della ricerca a rinvenire reperti e siti in maniera quasi del tutto casuale; non a caso ci troviamo in una fase pionieristica dell’archeologia, che si trova spesso a confrontarsi con la necessità da parte delle istituzioni di realizzare un censimento atto a quantificare e a gestire il patrimonio dei reperti e dei siti. Senza dubbio la figura più importante nel periodo pre-unitario è quella di A. Lombardi che, con ammirevoli risultati, compie delle ricerche storico-archeologiche in Basilicata . La ricostruzione della storia antica della Lucania del Lombardi resterà a lungo insuperata. Durante i primi anni del Regno d’Italia il censimento dei beni archeologici e architettonici viene iniziato, sotto l’impulso della “Commissione Conservatrive dei monumenti e oggetti d’arte e di antichità” per il Vulture-Alto Bradano, da G. Fortunato e, in un secondo tempo, da M. Lacava e da V. Di Cicco, a cavallo tra XIX e XX secolo. Il periodo tra le due guerre mondiali segna un arresto nella ricerca, se si escludono le indagini condotte dal Mons. Rocco Briscese , prima, e da G. Pesce , poi, nel territorio di Venosa. Le difficoltà dell’organizzazione dell’indagine sul campo è dovuto dal fatto che l’archeologia lucana è gestita dalla “Regia Soprintendenza del Bruzio e della Lucania” con sede a Reggio Calabria. L’enorme distanza tra il territorio lucano e la sede centrale della soprintendenza lascia intuire già di per sé le enormi difficoltà logistiche del patrimonio archeologico soprattutto nel potentino.
La data significativa che segna il riscatto, possiamo dire, dell’archeologia lucana è il 1964, anno in cui viene istituita la Soprintendenza Archeologica della Basilicata. In realtà già negli anni Cinquanta si era registrata una ripresa della ricerca con le campagne fortunate del Ranaldi , con le scoperte legate al territorio gravitante l’importantissimo centro indigeno di Serra del Vaglio, fino a comprendere territori ricadenti nella zona dell’alto corso del fiume Bradano, come Monte Toretta di Pietragalla e Tuoppo dei Sassi .
La giovane Soprintendenza lucana avvierà ricerche avanzate nel centro abitato di Banzi che andranno ad aggiungere nuovi dati a quelli emersi dagli scavi di alcune tombe effettuate da G. Pesce qualche decennio prima. Bisogna aggiungere le fortunate campagne di scavo condotte nel territorio di Lavello negli anni Settanta e Ottanta e che sono proseguite fino ai nostri giorni.
In quest’ultimo quarantennio col nuovo corso delle ricerche condotte dalla Soprintendenza archeologica della Basilicata, il territorio di Forenza ne resta comunque escluso, pertanto il seguente lavoro si presta ad essere più una ricerca tesa a raccogliere i dati e i siti documentati e dati desumibili dalle fonti antiche, affinché prepari il terreno per ricerche future da effettuare sul campo. La terza parte di questa ricerca, infatti, si concentra esclusivamente sulla raccolta di materiale edito come le epigrafi e la lettura delle immagini restituite dalle ortofotocarte e dai satelliti di quelle aeree che già una certa letteratura Ottocentesca indicava come siti archeologici, anche in merito al dibattito sulla localizzazione stessa del sito romano di Forentum. Proprio in una di queste aree, ricadenti nelle zone di valle a settentrione e ad oriente rispetto al centro abitato di Forenza, andrebbe localizzato il sito antico di Forentum. In località Filicara, presso la Masseria Attubato lungo evidentemente un antico tracciato viario, è stata rinvenuta negli anni ‘90 una lapide funeraria che attesta la carica municipale in loco, pertanto si tratta di un indizio sull’esistenza di una comunità municipale.
L’augurio è che questo lavoro possa essere preso in considerazione dalla comunità scientifica nell’ambito della progettazione di ricerche sul campo nell’immediato futuro.
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