NOVITA’ IN ESCLUSIVA / ISA DANIELI E LA DINASTIA TEATRALE DELL’800

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Copertina posteriore

ISA DANIELI, UNA STELLA SENZA TEMPO

Ha radici antiche la mia stirpe d’artista. Larghe e profonde. Anche se la chioma di quell’albero, non mi diede ombra e ristoro. Sono un suo frutto ma caddi lontano dai suoi rami.
Sono stata una figlia dell’amore e non della colpa. Almeno questo, dell’amore e non della colpa. Lo sapevano tutti tranne me, che ero la figlia di Renato Di Napoli e nipote di Ninuccio e Gennarino Di Napoli.
Il segreto si infranse in un pomeriggio, in teatro, per un dispetto quasi infantile. Una mia giovane collega mi chiese: “Come ti chiami?” Io sorpresa risposi: “Luisa”.
“ No! Per intero”, incalzò.
“Luisa Amatucci!”, le ribadii.
“Non è vero! Tu ti chiami Di Napoli!”
E scappò via.
Avevo diciassette anni o giù di lì. Ero turbata e quando arrivai a casa, ne chiesi ragione a mia madre. Quasi mi svenne davanti. Trasecolò!
Tutto quello sforzo di anni per mantenere il segreto, venne giù di colpo, come tutti i silenzi, gli ammiccamenti, le tenerezze, gli sguardi sornioni e curiosi a cui adesso riuscivo a dare risposta.
Per anni avevo chiamato zio, Ninuccio Di Napoli per affetto e simpatia e lui lo era per davvero! Non ero più figlia di un vigile urbano deceduto da cui avevo ereditato il cognome. Appartenevo ad una delle più antiche famiglie teatrali della tradizione napoletana.
Volli incontrare mio padre.
Ci vedemmo a Roma, in Via Nazionale, al bar davanti al Teatro Eliseo. L’abbraccio impacciato, fu preceduto dallo sguardo degli occhi corvini, incorniciati dai capelli ricci simili ai miei, da cui svettava lo stesso orecchio a sventola che avevo io. Un terremoto dell’anima che non posso spiegare ma che forse avrà casa e luogo su altre pagine. Renato, mio padre, ci lasciò l’anno dopo per un cancro terribile. Ma ironia della sorte, dalla nuova famiglia che si era creato, non è venuto fuori un Di Napoli attore. Probabilmente quel sangue o la linfa che spinge dal basso quella chioma dell’albero, mi hanno sostenuta lo stesso, anche a mia insaputa di quei primi anni.
“Il frutto non cade lontano dall’albero”, dice il proverbio. Io lo smentisco, se quel frutto ne sente il profumo. Io l’ho sentito. Forte e chiaro. Ringrazio Antonio Sciotti, per la sapienza, la dedizione con cui cura la memoria di un mondo che andrebbe smarrito e disperso. Perchè lui sa, che tra quella “polvere”, in certe colpevoli dimenticanze, c’è l’essenza viva del nostro presente e del nostro futuro.

Con riconoscenza, Luisa Amatucci,
di fu Maria Santoro in arte Rosa Moretti
e di fu Renato Di Napoli,
in arte Isa Danieli.

Description

IN ESCLUSIVA ABE IL LIBRO INEDITO DI ANTONIO SCIOTTI A CASA TUA

In pubblicazione il n.7 ALMANACCO DELLA CANZONE NAPOLETANA e DEL TEATRO dell’opera di Antonio Sciotti sulla storia della canzone napoletana dedicato a Isa Danieli, e ai tanti artisti di una famiglia secolare, quale quella dei Di Napoli, alle radici del Teatro Napoletano, che calca la scena da 200 anni!

Nelle vesti di spettatore ho sempre ammirato Isa Danieli e la sua straordinaria capacità interpretativa. Conservo con affetto il ricordo lontano di quando seduto nel buio di una sala cinematografica venni letteralmente rapito dall’imponenza sanguigna ed appassionata del personaggio di Carmela in Un complicato intrigo di donne vicoli e delitti della compianta regista Lina Wertmüller.
Una prova di grande attrice che si misurava anche con una voce intensa capace di restituire sonorità eccezionali nella struggente Quanto è bella Napoli, la drammatica ballata che lei interpretava nel film e della quale posseggo ancora l’antico vinile. Una carriera leggendaria che ho applaudito dai tempi dell’adolescenza e che ho continuato a seguire sempre con lo stesso entusiasmo.
Il suo eclettismo artistico non conosce tregue e se nel cinema e nella televisione è stata interprete di grande successo, nel teatro le sue travolgenti e carismatiche interpretazioni la consacrano nell’olimpo delle grandi attrici. Il desiderio di omaggiarla è cresciuto nel corso degli anni, ma non ho inteso farlo con una biografia che avrebbe ridotto la sua storia ad una narrazione personale. Ho preferito, piuttosto, renderle un duplice omaggio, raccontando di lei come magnifica interprete e, allo stesso tempo, rintracciando nella sua avvincente storia familiare la discendenza artistica che si è intrecciata con i grandi autori del teatro napoletano, da Petito ad Altavilla, da Marulli a Minichini, da Scarpetta a Di Giacomo, a Murolo, Chiurazzi, Viviani, De Filippo, Mangini, De Simone e Moscato. Un lungo percorso che inizia con l’alba dei primi Pulcinella dell’Ottocento e si conclude con Ruccello, uno degli ultimi commediografi partenopei.
La Danieli diventa il faro di antiche compagnie teatrali e suggella l’assunto che non ci può essere un presente senza conoscere il passato.
Antonio Sciotti

Indice
Famiglia Di Napoli – E. A. Mario
e Famiglia Di Napoli – Gargano

3. Artisti della Famiglia Di Napoli – Danieli:
Del Giudice Alfonso
4. Alfredo Di Napoli
5. Concetta Di Napoli
6. Emilia Di Napoli
7. Gennarino Di Napoli
8. Gennaro Di Napoli
9. Marianna Di Napoli
10. Marietta Del Giudice
11. Rosa Moretti
12. Nino Di Napoli
13. Raffaele Di Napoli (Papiluccio)
14. Raffaele Di Napoli
15. Renato Di Napoli
16. Isa Danieli Mostra meno

Ha radici antiche la mia stirpe d’artista. Larghe e profonde. Anche se la chioma di quell’albero, non mi diede ombra e ristoro. Sono un suo frutto ma caddi lontano dai suoi rami.
Sono stata una figlia dell’amore e non della colpa. Almeno questo, dell’amore e non della colpa. Lo sapevano tutti tranne me, che ero la figlia di Renato Di Napoli e nipote di Ninuccio e Gennarino Di Napoli.
Il segreto si infranse in un pomeriggio, in teatro, per un dispetto quasi infantile. Una mia giovane collega mi chiese: “Come ti chiami?” Io sorpresa risposi: “Luisa”.
“ No! Per intero”, incalzò.
“Luisa Amatucci!”, le ribadii.
“Non è vero! Tu ti chiami Di Napoli!”
E scappò via.
Avevo diciassette anni o giù di lì. Ero turbata e quando arrivai a casa, ne chiesi ragione a mia madre. Quasi mi svenne davanti. Trasecolò!
Tutto quello sforzo di anni per mantenere il segreto, venne giù di colpo, come tutti i silenzi, gli ammiccamenti, le tenerezze, gli sguardi sornioni e curiosi a cui adesso riuscivo a dare risposta.
Per anni avevo chiamato zio, Ninuccio Di Napoli per affetto e simpatia e lui lo era per davvero! Non ero più figlia di un vigile urbano deceduto da cui avevo ereditato il cognome. Appartenevo ad una delle più antiche famiglie teatrali della tradizione napoletana.
Volli incontrare mio padre.
Ci vedemmo a Roma, in Via Nazionale, al bar davanti al Teatro Eliseo. L’abbraccio impacciato, fu preceduto dallo sguardo degli occhi corvini, incorniciati dai capelli ricci simili ai miei, da cui svettava lo stesso orecchio a sventola che avevo io. Un terremoto dell’anima che non posso spiegare ma che forse avrà casa e luogo su altre pagine. Renato, mio padre, ci lasciò l’anno dopo per un cancro terribile. Ma ironia della sorte, dalla nuova famiglia che si era creato, non è venuto fuori un Di Napoli attore. Probabilmente quel sangue o la linfa che spinge dal basso quella chioma dell’albero, mi hanno sostenuta lo stesso, anche a mia insaputa di quei primi anni.
“Il frutto non cade lontano dall’albero”, dice il proverbio. Io lo smentisco, se quel frutto ne sente il profumo. Io l’ho sentito. Forte e chiaro. Ringrazio Antonio Sciotti, per la sapienza, la dedizione con cui cura la memoria di un mondo che andrebbe smarrito e disperso. Perchè lui sa, che tra quella “polvere”, in certe colpevoli dimenticanze, c’è l’essenza viva del nostro presente e del nostro futuro.

Con riconoscenza, Luisa Amatucci,
di fu Maria Santoro in arte Rosa Moretti
e di fu Renato Di Napoli,
in arte Isa Danieli.

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Editorial Review

IL LIBRO DA LEGGERE TUTTO D'UN FIATO

 

FAMIGLIA DI NAPOLI - DANIELI

Questa numerosa famiglia che ha generato, per oltre centocinquant’anni di storia, molti comici per i palcoscenici di tutta la Penisola, è una delle più importanti famiglie teatrali del teatro dialettale partenopeo. Hanno vissuto per l’arte almeno cinque generazioni. Alcuni di questi artisti sono stati molto popolari, altri meno, altri ancora hanno avuto soltanto una breve parentesi nel teatro. Ognuno di loro, però, è riuscito a lasciare una traccia indelebile nell’arte, diventando oggi protagonisti di affannose ricerche dei più quotati storici, specializzati nel teatro dell’Ottocento e del Novecento.
Questo studio nasce perchè molti elementi della famiglia Di Napoli non sono stati soltanto degli attori, più o meno famosi, di diverse stagioni teatrali, ma hanno abbracciato quasi tutti i ruoli dell’arte: molti di loro sono stati anche cantanti, coreografi, scenografi, costumisti, ballerini, mimi, direttori artistici, direttori di compagnia, registi, impresari, gestori di teatri e teatrini, commediografi, poeti, parolieri, musicisti. Alcuni di essi sono stati anche inventori di personaggi, all’epoca famosi, alternati alla maschera di Pulcinella, come Picchio Pellecchia (Gennaro Di Napoli), il guappo napolitano (Raffaele Di Napoli) o la popolana (Marietta Del Giudice).
In definitiva, la dinastia dei Di Napoli è una delle più importanti famiglie teatrali partenopee, con trascorsi artistici assai duraturi e continuativi, al pari di quelle dei Petito, Scarpetta, Di Maio e De Crescenzo.
Ogni generazione trova gloria e notorietà, e molti discendenti si incrociano con altre famiglie di artisti come nell’ultimo caso (dal punto di vista cronologico) di Nino Di Napoli che sposa Adele Moretti, attrice proveniente dalle famiglie Moretti e Petito.
La storia della famiglia teatrale Di Napoli inizia con Raffaele Di Napoli (Napoli, 6 settembre 1819 - 26 marzo 1879), famosa maschera di guappo nei teatri Sebeto e San Carlino, capostipite di questa stirpe di artisti che ha visto i suoi albori nei primi anni del diciannovesimo secolo, e la cui fine non è ancora avvenuta. Figlio del fruttivendolo Carmine (nato a Napoli nel 1787) e della casalinga Fortunata Minicone (nata a Napoli nel 1796), Raffaele Di Napoli è stato uno dei quattro pilastri dell’ultima compagnia di prosa del teatro San Carlino, quella nella quale ha ricoperto con strepitoso successo il ruolo di guappo napoletano. E’ considerato un precursore del promiscuo moderno per la sua recitazione naturalistica, subito ripresa dall’attore Vincenzo Bottone e, in seguito, da suo figlio Gennaro. Il suo vero nome era Raffaele Napoli che, pronunciato in dialetto, diventa Rafele ‘e Napule che, a sua volta, tradotto in italiano diventa Raffaele di Napoli. Così, per le strane alchimie di quel tempo, da una semplice pronuncia, muta definitivamente il cognome diventando Raffaele Di Napoli.
Inizialmente sarto, Raffaele Di Napoli, nella prima metà degli anni ‘30 dell’Ottocento, si dedica all’arte e, con i ruoli di buffo prepotente, camorrista e violento, debutta al teatro Sebeto con la Comica Compagnia Falanga diretta dal Pulcinella Francesco Stella, nella quale recita sua sorella Marianna. Specializzatosi, in seguito, soprattutto in ruoli di goffo guappo, a volte tonto, a volte ignorante, a volte benefattore, trova gran successo con la Compagnia Comica Nazionale diretta da Giuseppe Maria Luzj, quando va a sostituire l’attore Raffaele Santelia. Conferma il suo trionfo con la compagnia diretta dal Pulcinella Antonio Petito nei teatri San Carlino e Nuovo con la messa in scena della commedia Don Fausto c’’o Pulecenella, zetella maretata e vedova, la parodia del Faust di Goethe, dove mette in evidenza tutte le sue qualità e il suo talento, ricevendo molti apprezzamenti sia dalla critica che dal pubblico. Completa la sua carriera, sempre al San Carlino, nella compagnia del Pulcinella Davide Petito...