Editorial Review
La figlia di Carlo di Valois, erede di Provenza e di Napoli
note bibliografiche
note bibliografiche INTRODUZIONE
10.Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 170 e segg.
11. Balla Enrico, Pereto, storia, tradizioni, ambiente, statuti, Roma 1986, pag. 98-99. In: http://www.pereto.info/terremoto_5dicembre1456.htm. Cfr.De Blasiis G. 1885Il terremoto del 1456Archivio storico prov. napoletano, anno X , Napoli. Cfr. GNGTS – Atti del 22° Convegno Nazionale / 05.04 / U. Fracassi, G. Valensise, E. Guidoboni e G. Ferrari dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma e dello SGA, Storia Geofisica Ambiente srl, Bologna. LA SORGENTE DEL TERREMOTO DEL 1456: NUOVE IPOTESI DAL RIESAME CONGIUNTO DI DATI STORICI E STRUTTURALI. Così scrivono: “Nell’ambito di un progetto di ricerca finanziato dal MIUR l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e la SGA hanno intrapreso un riesame della catastrofica sequenza sismica iniziata il 5 dicembre 1456. Per l’estensione della zona colpita e la severità dei danni questo terremoto è ancora oggi ritenuto il più forte terremoto della storia italiana. La ricerca si avvale di un’ampia reinterpretazione delle fonti storiche, di una nuova visone d’insieme dell’assetto profondo del settore crostale interessato dall’evento e di analogie con le caratteristiche di sorgente dei terremoti molisani del 31 ottobre-1 novembre 2002".
12.Gio.Bernardino Tafuri, Cronache del Coniger (con note di). In: Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura, Gio.Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò. Ristampat ed annotate da Michele Tafuri, Vol.II, dalla stamperia dell’Iride, Napoli 1851. Pagg.471 e segg.
13.Così nel Diario: - A dì 5 Decembre die Dominico ad hore 11 venne pe tutto lo Reame no tremolizzo grande, che nullo se ricorda averene nteso simile. Rovinao tutta terra de Abbruzzo, s’aprìo in paricchi lochi la terra alla Campagna di Napoli, de Benivento, Esernia, Adice, et Ascoli; parecchi Cittati, et terre se rovinaro adfatto. In Provincia de Terra d’Otranto facio grande damno ad Brindesi, Oria, Alessano, Castro, Mandurio, Nerito, et Lezze. M.Lucio Cardami, Diarii (con note di Tommaso Tafuri) in: Tommaso Tafuri, Diarii di L.Luio Cardami colla di oui vita, e note (composte da Tommaso Tafuri). In: Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura, Gio.Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò. Ristampat ed annotate da Michele Tafuri, Vol.II, dalla stamperia dell’Iride, Napoli 1851. Pagg.540 e segg.
14. Francesco Senatore, Cerimonie regie e cerimonie civiche a Capua (secoli xv-xvi), nota, “Da una lettera di A. da Trezzo a F. Sforza, Giugliano 13.VI.1458, ivi, vol. I, p. 651; lettera degli ambasciatori sforzeschi a F.Sforza, Capua 31.VII.1458, ivi, vol. II, p.73. Sulla pergamena di Altavilla del febbraio del ‘58 v. P. Tropeano, CDV, cit.
15. Francesco Senatore, Cerimonie regie e cerimonie civiche a Capua (secoli xv-xvi), nota, “Da una lettera di A. da Trezzo a F. Sforza, Giugliano 13.VI.1458, ivi, vol. I, p. 651; lettera degli ambasciatori sforzeschi a F.Sforza, Capua 31.VII.1458, ivi, vol. II, p.73
16. Tristano Caracciolo, Genealogia Caroli Primi regis Neapoli. Tristani Caraccioli. Opuscola historica, pag.145.
17. Roberto delle Donne, Regis servitium nostra mercatura. Culture e linguagi della fislalità nella Napoli aragonese, In: Linguaggi e pratiche del potere. Genova e il Regno di Napoli tra Medioevo ed età moderna, a cura di Giovanna Petti Balbi e Giovanni Vitolo. Centro interuniversitario per la storia delle città campane nel medioevo. Quaderni (4).Laveglia editore, Salerno 2007, dal sito internet: www.fedoa.unina.it/1125. Nota 28.
18.G.Battista Aiello, Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze, Napoli 1845, vol1. Nella tribuna saranno collocati i “sepolcri di Isabella di Chiaromonte moglie di Ferrante I d’Aragona e di Pietro d’Aragona fratello di re Alfonso, morto nell’assedio di Napoli del 1459 e qui poi trasportato da Castel nuovo e tumulato nel 1444. L’iscrizione è la seguente: OSSIBVS ET MEMORI AE ISABELLAE CLARIMONTIAE / NEAP. REGINAE FERDINANDI PRIMI CONIVGIS / ET PETRI ARAGONEI PRINCIPIS STRENVI / REGIS ALFONSI SENIORIS FRATER / QVI NI MORS EI ILLVSTREM V1TAE CVRSVM INTERRVPISSET / FRATERNAM GLORIAM FACILE ADAEQVASSET / OH FATVM! QVOT BONA PARVVLO SAXOCONDVNTVR. Quivi anche riposa la spoglia di Cristoforo di Costanzo gran siniscalco di Giovanna I, morto nel 1367; e qui Beatrice figliuola di Ferrante I e d’Isabella, rimasa vedova di Mattia re d’Ungheria, leggendovisi l’epigrafe: BEATRIX ARAGONEA PANNONIAE REGINA / FERDINANDI PRIMI NEAP. REGIS FILIA / DE SACRO HOC COLLEGIO OPT. MERITA / HIC SITA EST / HAEC RELIGIONE ET MVNIFICENTIA SE IPSAM VICIT.
19. S. Degli Arienti, op.cit.
20. S. Degli Arienti, op.cit.
21.Gio.Bernardino Tafuri, Cronache del Coniger (con note di). In: Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura, Gio.Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò. Ristampat ed annotate da Michele Tafuri, Vol.II, dalla stamperia dell’Iride, Napoli 1851. Pagg.471 e segg.
22. Da: https://www.nartea.com/guida-on-line/san-pietro-martire/
«Ritornati sul corso Umberto I lo si percorre verso piazza Bovio incontrando a sinistra nella piazza Ruggero Bonghi la facciata della chiesa di San Pietro Martire. Carlo II d’Angiò, volendo donare ai frati Predicatori domenicani, a cui già nel 1231 era stata affidata l’antica chiesa di San Michele a Morfisa, una nuova “basilica”, diede incarico di far costruire la Chiesa ed il Convento dedicati a San Pietro Martire, i cui lavori ebbero inizio nel 1294....».
Lodovico Domenichi, Historia di m. Lodouico Domenichi, di detti et fatti notabili di diuersi principi, et huomini privati moderni, Gabriel Giolito de Ferrari, Venezia 1556, pag.619.
33. Da: AsMi, Fondo Visconteo Sforzesco; Potenze estere (Napoli); A Autografi (Ippolita Sforza)].
34. Laura Malinverni, Ippolita, da: https://www.storiamedievale.net/pre-testi/ippolita.htm. In famiglia Ippolita diventa per tutti la Principessa.
35. Dal sito internet: www.culturasalentina.wordpress.com. Articolo di Fernando Guida, Isabella di Clermont, regina di Napoli.Per la lettera di cordoglio di Sforza v. BNF, Italien, 1590, 338, Francesco Sforza ad Antonio da Trezzo, Milano 10 agosto 1464.
46. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170.
47. Il 20 agosto 1482 Re Ferdinando nominò Niccolò Allegro a rettore di Benevento, città rimasta in Regno dal 1463, anno in cui, appoggiando le rivolte popolari, fu strappata alla Chiesa insieme a Salerno. Nell’atto compaiono molti civium e habitatorem beneventanorum che chiesero ed ottennero gli statuti comunali ad capitulandum. Valerio dalla Vipera, notajo e sindaco beneventano, fece pubblicare il privilegio. Ma quello fu l’ultimo anno di sovranità del Re, in quanto, il 21 agosto, vi fu la celebre vittoria dei papalini sul Duca Alfonso d’Aragona “presso S.Pieto in Formis, che perciò fu detto Campomorto, dalle genti inviategli contro del Papa, comandate da Girolamo Riario, e da Roberto Malatesta”. I beneventani e gli abitanti di Terracina furono assolti dal delitto di ribellione con bolla papale del 7 gennaio 1483. Il 25 gennaio il pontefice ne dichiarò governatore e castellano Corrado Marcellino, cittadino romano già vescovo di Terracina. Sotto Papa Eugenio Benevento chiederà la separazione del potere politico dalle mani dei Rettori papalini e questi separar separatim facere castellanum a Rettore, seu vicerettore. Stefano Borgia, Memorie istoriche della pontifica città di Benevento dal secolo VIII al Secolo XVIII, Parte III, Volume I, Roma 1769.
48. Civitate Tocco sede vescovile non va confusa con l’Oppido, cioè il Castrum Tocco dipendente direttamente dal papa di Avignone come Castrum Tocci, mentre la precedente Civitate distrutta dal terremoto del 1348 viene dichiarata suffraganea di Benevento. Già papa Stefano X l’avrebbe indicata come dipendenza di Montecassino nel 1058. E’ poi annoverata fra le città suffraganee dal Vipera (Chror. sub Uldarico, pag.90). E qui sarebe l’inghippo perché la vecchia Tocco descritta nel documento non è collocata nella Valle di Vitulano, nella Varvense che non è lo Stretto di Barba (la Varva nel 1800 risulta essere casale di Ceppaloni, ma già nel 1700 era frazione di Chianchetelle, ai piedi di Torrioni, sul finire del vallone San Martino di Terranova Fossaceca all’incontro col fiume Sabato e di fronte Pietrastornina).
Leggendo l’opera “Descrizione dei viaggi compiuti dal Santorino stesso fra 1485 e il 1487, in qualità di cancellarius et scriba del Patriarca di Aquileia (che era arcivescovo di Benevento) nei territori facenti parte dei suoi possedimenti” si capisce che qualcosa non quadra. Infatti, lo scrittore ecclesiastico Paolo Santonino, nel suo viaggio del 1456 descritto nel libro Itinerari dice: quae dicitur Tocco in Valle Varvense, malamente tradotta in Valle Vitulana, ad solum usque deducta defunctorum descriptum non recepi. Vitulano diviene Terra con tre parrocchiali, una delle quali è arcipretura, benchè l’arciprete risieda in Tacciano e dicesi arciprete di tutta la Valle di Vitulano che consta di 36 casali (stranezza del numero uguale ai 36 casali che la memoria popolare diceva possedere sicuramente Pietrastornina, antico feudo delle due torri, che è sita a monte dello Stretto di Barba). Anche Meomartini disse Tocco in Valle di Vitulano.
49. Filippo di Commines, Delle memorie di Filippo di Comines, Cavaliero, & Signore d’Argentone, intorno alle principali attioni di Lodovico Undicesimo, & Carlo Ottavo suo figliolo, amendue Re di Francia, Libri VIII, Bertani, in Venetia 1640 pag.223 r - 225 v.
50. Giovanni di Fiore, Della Calabria illustrata, vol.3, cit.
51. Monte, cit. Cfr. A.Bascetta, Quattrocento Napoletano, ABE, Napoli 2011.
52. Antonello Coniger, cit.
53. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pag.152.
54. Filippo di Commines, Delle memorie, cit.
65.Luigi Conforti, Napoli dal 1789 al 1796 con documenti inediti, R. tipi di de Angelis (oggi A.Bellisario e C.), Napoli 1887.
66. Luigi Conforti, Napoli dal 1789 al 1796 con documenti inediti, R. tipi di de Angelis (oggi A.Bellisario e C.), Napoli 1887. “La Biblioteca del Principe di Tarsia è superba: la sua scuderia è magnificamente dipinta e decorata, prova che l’intenzione del signore non era quella d’onorare le Muse. La Biblioteca del Principe di Tarsia era non solo ricca di opera, ma le pareti e gli scaffali, di fregi ed oro. Una sala fornita di molti strumenti matematici, un’altra di ritratti d’uomini dotti, nazionali e stranieri. Sulle porte, in caratteri d’oro, si leggeva il seguente distico di G. B. Vico: Heic Jovis e cerehro quae in coelo est nata Minerva / Digna Jove in terris aurea tecta colit. La Regina ha raccolto, da qualche anno a questa parte, una Biblioteca di opere tedesche per suo uso; Fuger, pittore di Vienna, l’ha dipinta con molto gusto. Erano, su per giù, queste le condizioni e la fisonomia sociale del Regno fino ai tempi di Carlo III, salvo, s’intende, quelle differenze proprie delle provincie cagionate dalla maggior o minor prevalenza del feudatario, del cattivo amministratore, e della maggiore minore lontananza dalla Capitale, ove era accentrato il potere il quale, per mancanza di sollecite comunicazioni, di frequenti scambi, non poteva infondere un’azione rapida e concorde in tutte le membra del Reame”).
67. R.Pane, Il Rinascimento nell’Italia meridionale, Napoli, 1977, vol. II, p.73; Francesco Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale, Volume 2, 1998.
68. Notargiacomo; cfr. Scandone.
69. Veronica Mele, La corte di Ippolita Sforza, Duchessa di Calabria, nelle corrispondenze diplomatiche tra Napoli e Milano. Una enclave lombarda alla corte aragonese di Napoli (1465-1488), pagg. 125-141, Mélanges de la Casa de Velázquez, 45-2, 2015.
70. Antonio Cicinello a Francesco Sforza, Napoli 19.II.1465, ASM, Sforzesco, Napoli, 214, cc. 204-206. In: Veronica Mele, La corte di Ippolita Sforza, cit.
71. «L’indiscrezione era stata raccolta da Giovanbattista Bentivoglio e riferita da Zaccaria Barbaro al governo di Venezia, Napoli 17.I.1472, Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli, ed. Corazzol, pp. 137-138».In: Veronica Mele, La corte di Ippolita Sforza, cit.
72. Faragalia, Codice diplomatico sulmonese. In: Scandone, cit., pag.122 e segg.
73. Pietro de Stefano, Descrittione dei luoghi sacri della città di Napoli, Napoli 1560. A cura di Stefano D’Ovidio ed Alessandra Rullo, cit.
74. Veronica Mele, La corte di Ippolita Sforza, Duchessa di Calabria, nelle corrispondenze diplomatiche tra Napoli e Milano. Una enclave lombarda alla corte aragonese di Napoli (1465-1488), pagg. 125-141, Mélanges de la Casa de Velázquez, 45-2, 2015.
75. Laura Malinverni, Ippolita, da: https://www.storiamedievale.net/pre-testi/ippolita.htm. Una “sotterranea” attività diplomatica?
76. Notargiacomo; cfr. Summonte. Cfr. Passaro, cit.
77. Archivio virtuale del monastero dei SS. Pietro e Sebastiano ASPS, 117. 1480 Il 29 ottobre 1481, Nicola de Petrutiis, reggente della Magna Curia Vicarii, incarica il capitano di Acerra di costringere Angelillo de Pistasa cittadino di Acerra a restituire, pena quattro once d'oro, entro due giorni una botte di vino sottratta da una casa sita nel casale di San Nicandro di proprietà dei SS. Pietro e Sebastiano.
78. Pergamente di Atella. Diffida del reggente della Magna Curia Vicarii a non violare una terra ed una masseria in Melito (Il monastero femminile domenicano dei SS. Pietro e Sebastiano di Napoli, doc. 526).
79. Arturo Bascetta, Avellino. L’altro volto del Rinascimento, ABE Napoli, Avellino 2016.
80. Tratto da Joanni Maurello, poeta dialettale calabrese, che narrò l’episodio nel Lamento per la morte di Don Enrico d’Aragona, epicedio di 296 versi diviso in quattro parti stampato a Cosenza nel 1478, il più antico documento in dialetto della Calabria Citeriore in cui l’autore mostra il dolore per la morte del suo signore. Il testo fu rinvenuto fra i rogiti della biblioteca vaticana dallo studioro Erasmo Percopo nel 1888 che lo considerò come scritto da un uomo di cultura “non del tutto volgare e popolano, o cantambanco o improvvisatore che dir si voglia”.
81. Stefano Borgia, Memorie istoriche della pontifica città di Benevento dal secolo VIII al Secolo XVIII, Parte III, Volume I, Roma 1769.
82. A.Bascetta, L’Irpinia dei Gonzaga, I, ABE Napoli 2016.
83. Filippo di Commines, Delle memorie di Filippo di Comines, Cavaliero, & Signore d’Argentone, intorno alle principali attioni di Lodovico Undicesimo, & Carlo Ottavo suo figliolo, amendue Re di Francia, Libri VIII, Bertani, in Venetia 1640 pag.223 r - 225 v.
84. Filippo di Commines, Delle memorie di Filippo di Comines, Cavaliero, & Signore d’Argentone, intorno alle principali attioni di Lodovico Undicesimo, & Carlo Ottavo suo figliolo, amendue Re di Francia, Libri VIII, Bertani, in Venetia 1640 pag.223 r - 225 v.
85. A. Mazzarella da Cerreto, in: Domenico Martuscelli, Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, Volume 3, Nicola Gervasi, 1846.
86. Filippo di Commines, Delle memorie di Filippo di Comines, Cavaliero, & Signore d’Argentone, intorno alle principali attioni di Lodovico Undicesimo, & Carlo Ottavo suo figliolo, amendue Re di Francia, Libri VIII, Bertani, in Venetia 1640 pag.223 r - 225 v.
87. Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza [di Nardò], Opere [cod.per. F27 conservato presso la Biblioteca Augusta] edito per la Biblioteca Salentina di Cultura dalle Edizioni Milella, Lecce 1977. Cfr. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Versi in oggetto 225-240.
92. Camillo Porzio, La congiura de’ Baroni del Regno di Napoli contra il Re Ferdinando I. In: F.Bertini (a cura di) La Congiura de’ Baroni del Regno di Napoli contra il Re Ferdinando I raccolta da Camillo Porzio, Tipografia di Francesco Bertini, Lucca 1816. Ristampa della ‘operetta’ rinvenuta dall’autore a Lucca, essendone state fatte in precedenza solo due ristampe, la prima nel 1565 in Roma, la seconda nel 1724 in Napoli a cura di Giovanni Andrea Benvenuto. Ma questa del Bertini, a suo dire, si troverà di quelle due antecedenti molto migliore.
93. Pacientia, cit. E ancora: - La matre primamente ebbe figliata n’altra figliola e po’ fece Isabella; e po’ in quella medesma giornata [210] ne fe’ un mascul, con gran duol de quella. Questo el fe’ morto: la prima fo allevata, campando certi giorni, e morì ancor ella, restando de li tre questa divina, dal ciel serbata ad esser Regina. [215] De iugno, a’ vintiquattro, in San Ioanne, de sebato questa figliola nacque ne’ mille quattrocento sessanta anni cinque, de Cristo nel presepio iacque; [220] nata questei, per aver affanni sì longo tempo como che a Dio piacque; per reposarse po’ in tranquilla pace, Regina incoronata, alma e verace. Pierre del Balzo detto Pirro, spesso italianizzato in Pietro, era Principe di Squillace, divenuto IV Duca di Andria alla morte del padre Francesco III Duca de Andri (primogenito ereditario del II Duca Guglielmo), quando si divise i beni col fratello Angilberto. Era nato poco dopo il matrimonio del 7 dicembre del 1443 da Francesco e dalla Duchessa Sancia (del fu cavalier Tristano dei Chiaromonte di Lecce), sorella della bellissima Isabella Regina di Napoli. Pirro divenne un uomo valoroso, che ben si distinse nelle armi, sempre al fianco del Re, lo zio acquisito Ferrante I d’Aragona. Aveva appena una quindicina d’anni quando questi salì al trono, vivendo il suo dolore nel 1465, alla morte della zia materna, la Regina Isabella, quando non aveva ancora venti anni. Doppio dolore perché Pirro, a sedici anni, aveva sposato (1459) la cugina della madre e della Regina, Maria Donata Orsini del Balzo (m.1487 ca.), figlia dello zio materno della sovrana.
La moglie Maria era infatti divenuta Duchessa ereditiera di Venosa e delle contee di Montescaglioso e di Caserta, alla morte del padre Gabriele (1453), rimasto senza eredi maschi (era fratello di Caterina, madre di Isabella dei Chiaromonte di Lecce). Subito dopo il matrimonio Pirro si trasferì nella città della moglie, mettendo mano al castello di Venosa e costruendo la nuova cattedrale, affidando l’amministrazione del feudo di Montescaglioso ad un suo procuratore, un certo De Cappellanio, patrizio venusino.
94. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 290 al 310, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
98. Cariteo, cit., V. Sannazzaro, versi 66-67
99.Cariteo, cit., versi 66-67100. A.Bascetta, Juana. Giovanna d’Aragona. Le Regine di Napoli, ABE, Avellino 2007. 2. Lettera riportata in Carlo de Frede, L’impresa di Napoli di Carlo VIII, Editore De Simone, Napoli 1982. Cfr. Baldassarre Castiglione, Terzo libro del Cortegiano del Conte Baldasar Castiglione a Messer Alfonso Ariosto. Vedasi il Cap. xxxvi. Eccone un passo: “Ritornando adunque in Italia, dico che ancor qui non ci mancano eccellentissime signore; che in Napoli avemo due singular regine; e poco fa pur in Napoli morí l’altra Regina d’Ongaría, tanto eccellente signora quanto voi sapete e bastante di far paragone allo invitto e glorioso Re Matia Corvino suo marito. Medesimamente la Duchessa Isabella d’Aragona, degna sorella del Re Ferrando di Napoli; la quale, come oro nel foco, cosí nelle procelle di fortuna ha mostrata la virtú e ‘l valor suo...”. Cfr. Raffaele Castagna, Isola d’Ischia - tremila voci titoli immagini, Edizioni de La Rassegna d’Ischia. Parlando della nobiltà che dimorò ad Ischia, scrive: A lungo dimorò donna Castellana di Cardona, madre delle bellissime Giovanna e Maria d’Aragona, e discendente di una nobilissima famiglia spagnola, venuta a Napoli al seguito di Alfonso il Magnanimo; sorella di Raimondo di Cardona, che sarà per tredici anni vicerè di Napoli, aveva sposato Ferdinando Duca di Montalto, figlio illegittimo di Ferrante il Vecchio. Un’altra Cardona era Diana, sorella di Alfonso d’Avalos e d’Aquino e madre di Ferrante d’Avalos. Seguiva il marito Fabrizio Colonna nel volontario esilio sul Castello aragonese Agnesina di Montefeltro, sorella di Guidobaldo Duca di Urbino e madre di Vittoria, la grande poetessa del Rinascimento italiano, la più fulgida figura che abbia mai calpestato il suolo d’Ischia (dalla pubblicazione per il ventennio della Festa di S. Alessandro, 2000). Cfr. Francesco Guicciardini, Storia d’Italia (1492-1534).
110. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.155 e segg. Cfr. Scandone, cit.
111. Corona, cit.; cfr. Minieri Riccio, cit.
112. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: cit.
113. Sabatino degli Arienti, Gynevera de le clare donne/31. De Hyppolita Sphorza, duchessa de Calabria.
117. Laura Malinverni, Ippolita, da: https://www.storiamedievale.net/pre-testi/ippolita.htm. Una “sotterranea” attività diplomatica? «Ciononostante, la figura di Ippolita Sforza rimane in ombra dal punto di vista storiografico: a tutt’oggi non esiste né una biografia a lei dedicata espressamente né studi approfonditi attorno alla sua figura».
118. Luigi Conforti, Napoli dal 1789 al 1796 con documenti inediti, R. tipi di de Angelis (oggi A.Bellisario e C.), Napoli 1887. “La Biblioteca del Principe di Tarsia è superba: la sua scuderia è magnificamente dipinta e decorata, prova che l’intenzione del signore non era quella d’onorare le Muse. La Biblioteca del Principe di Tarsia era non solo ricca di opera, ma le pareti e gli scaffali, di fregi ed oro. Una sala fornita di molti strumenti matematici, un’altra di ritratti d’uomini dotti, nazionali e stranieri. Sulle porte, in caratteri d’oro, si leggeva il seguente distico di G. B. Vico: Heic Jovis e cerehro quae in coelo est nata Minerva / Digna Jove in terris aurea tecta colit. La Regina ha raccolto, da qualche anno a questa parte, una Biblioteca di opere tedesche per suo uso; Fuger, pittore di Vienna, l’ha dipinta con molto gusto. Erano, su per giù, queste le condizioni e la fisonomia sociale del Regno fino ai tempi di Carlo III, salvo, s’intende, quelle differenze proprie delle provincie cagionate dalla maggior o minor prevalenza del feudatario, del cattivo amministratore, e della maggiore minore lontananza dalla Capitale, ove era accentrato il potere il quale, per mancanza di sollecite comunicazioni, di frequenti scambi, non poteva infondere un’azione rapida e concorde in tutte le membra del Reame”. Cfr. R.Pane, Il Rinascimento nell’Italia meridionale, Napoli, 1977, vol. II, 1998, ISBN 88-7989-429-3; p.38 e segg.
Sui giardini cit. lettera a Pietro di Borbone del 14 marzo 1495, tutto in: scuola secondaria di i grado “guido dorso”, Orti di Corte, Pacello da Mercogliano: i Giardini Reali e le Erbe del Partenio.M.Lena (docente), M.A.Carbone-A.Criscitiello (tutors), M. Goretti Oliviero (dirigente), Mercogliano 2010; Cfr. Luigi D’Aragona, Diario di viaggio del Cardinale Luigi D’Aragona, Napoli 1517. Cfr. Voce “Catello Mazzarotta”. Da Wikipedia, sito internet. Cfr. G.Mongelli, Storia di Mercogliano: dalle origini ai nostri giorni.
E’ citato nella nota per un’ordinanza regia già nel 1 gennaio 1497 riferita alle loro retribuzioni in lire «secondo la moda italiana»: a Dom Passello, jardinier, pour semblable cause L.375. Il nome è storpiato dagli scrittori ottocenteschi: De Montaiglon lo chiama Dom passollo Jardinier, Bosseboef scrisse che a dom Passello, jardinier, pour semblable cause, 375, aggiungendo che al maestro di casa, Jerosme Passerot, m° ouvrier de maçonnerie appunto, andarono 240 lire, premesso che anche il Pacchiariti, diventa Passerotto, Pacherot ou Passerot était un italien amené en France. Senza dire che Pacero e Pacello sono molto simili fra loro, a cui si aggiunsero Andrea Squazella e Andrea Solario.V. Anatole de Montaiglon, État des gages, des ouvriers italiens employés par Charles VIII, J.-B. Dumoulin, Paris 1852; cfr. Bosseboeuf, Louis Augustin, Palustre, Léon, La Tauraine, Amboise. Su Pacerot, v. Inventaire analytique des Archives communales d’Amboise, 1421-1789, Georget, Tours 1874.
119. Masuccio Salernitano, Il Novellino di Masuccio Salernitano.
120. Sabatino degli Arienti, Gynevera de le clare donne/31. De Hyppolita Sphorza, duchessa de Calabria.
121. Sabatino degli Arienti, Gynevera de le clare donne/31. De Hyppolita Sphorza, duchessa de Calabria.
122. Sabatino degli Arienti, Gynevera de le clare donne/31. De Hyppolita Sphorza, duchessa de Calabria.
123. Luigi Settembrini (a cura di), Il Novellino di Masuccio Salernitano, Napoli 1874, pag.1 e segg.
124. Luigi Settembrini (a cura di), Il Novellino di Masuccio Salernitano, Napoli 1874, pag.1 e segg.
125. Luigi Settembrini (a cura di), Il Novellino di Masuccio Salernitano, Napoli 1874, pag.1 e segg.
133. Baldassarre Castiglione, Terzo libro del Cortegiano del Conte Baldasar Castiglione a Messer Alfonso Ariosto. Vedasi il Cap. xxxvi. Eccone un passo: “Ritornando adunque in Italia, dico che ancor qui non ci mancano eccellentissime signore; che in Napoli avemo due singular regine; e poco fa pur in Napoli morí l’altra regina d’Ongaría, tanto eccellente signora quanto voi sapete e bastante di far paragone allo invitto e glorioso re Matia Corvino suo marito. Medesimamente la duchessa Isabella d’Aragona, degna sorella del re Ferrando di Napoli; la quale, come oro nel foco, cosí nelle procelle di fortuna ha mostrata la virtú e ‘l valor suo...”.
134.Raffaele Castagna, Isola d’Ischia - tremila voci titoli immagini, Edizioni de La Rassegna d’Ischia. Parlando della nobiltà che dimorò ad Ischia, scrive: A lungo dimorò donna Castellana di Cardona, madre delle bellissime Giovanna e Maria d’Aragona, e discendente di una nobilissima famiglia spagnola, venuta a Napoli al seguito di Alfonso il Magnanimo; sorella di Raimondo di Cardona, che sarà per tredici anni vicerè di Napoli, aveva sposato Ferdinando duca di Montalto, figlio illegittimo di Ferrante il Vecchio. Un’altra Cardona era Diana, sorella di Alfonso d’Avalos e d’Aquino e madre di Ferrante d’Avalos. Seguiva il marito Fabrizio Colonna nel volontario esilio sul Castello aragonese Agnesina di Montefeltro, sorella di Guidobaldo duca di Urbino e madre di Vittoria, la grande poetessa del Rinascimento italiano, la più fulgida figura che abbia mai calpestato il suolo d’Ischia (dalla pubblicazione per il ventennio della Festa di S. Alessandro, 2000).
135. Francesco Guicciardini, Storia d’Italia (1492-1534).
136. Masuccio Salernitano, cit.
137. Domenico Martuscelli, Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli, Vol.3, Gervasi, Napoli 1816
138.Francesco Ceva Grimaldi, Memorie storiche della città di Napoli, Stamperia e calcografia, Napoli 1857., pag.266.
150. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli.
151. Benedetto Croce, Storie e leggende napoletane, seconda edizione riveduta, Bari, Giuseppe Laterza e figli, tipografi editori librai, 1923.Pagg.166-196, cap.VI, Isabella del Balzo. Regina di Napoli. Pagg.166-170. Cfr. i versi dal 785 al 805, in: Mario Marti (a cura di), Rogeri de Pacienza, cit.
152. Passero, cit., pag.51.
153. Corona, cit.
154. Notar Giacomo, Cronica, in: Paolo Garzilli, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, cit., pagg.171 e segg.
155. Racconti di storia napoletana, ASP, 33. Cfr. Barone, cedole, ASP, X, 22.
156. BPAV, Miscellanea, B 717. Inserto: Diurnali di Giacomo Gallo e tre scritture pubbliche dell’anno 1495 con prefazione e note di Scipione Volpicella, Tipografia Largo Regina Coeli, n.2, Napoli 1846. Anno 1495, da pag.18 in poi.
157. Silvestro Guarino d’Aversa, Diario. Fatto per Silvestro Guarino d’Aversa, delle cose a suo tempo accadute nel Regno di Napoli, e particolarmente nella detta Città d’Aversa dall’anno 1492, infino all’anno 1507. In: Raccolta, pag.224. Cfr. G. Coniglio, I Viceré spagnoli di Napoli, Napoli 1967, pp. 7-16. Cfr. De Bartholomaeis, Lettere inedite di regine aragonesi, in Bollettino Lud., A.Antinori, Napoli 1889, fasc.I e II.
158.Cantalicio, in Raccolta, Le Istorie di Monsignor Cantalicio, Libro I, pagg.10-11.
159. Gallo, Diurnali, Il testamento di Alfonso II, pagg.31-35. Cfr. Il testamento di Alfonso II, pagg.31-35.28/29 febbraio 1497. Cfr. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
160. IL TESTAMENTO DI ALFONSO II. Alfonso si ricordò della Regina Giovanna anche nel testamento, la cui ultima versione fu terminata poco prima di abdicare in favore di Ferrante II, al quale raccomandava assoluto riguardo verso la sovrana degna di ogni rispetto familiare.
Ferrandino avrebbe fatto bene a non partisi dalli sani et amorevoli ricordi et consigli di quella, com’esso... sempre ave fatto... a detta Signora Reina sia mantenuto lo stato e tutte l’altre cose li foro promesse in tempo del suo maritaggio... et le siano confermate tutte donationi de gioie et altri mobili per la bona memoria del signor Re suo padre.
Le ultime volontà: — Ordina e commanda detto signor Re che lo predetto suo primogenito debba portare alla serenissima Signora Reina, madre colendissima di sua Maestà, reverentia et obedientia, come sua madre, et communicarle tutte l’occorrenze del regno et del stato.
Raccomandazioni valide anche per Giovannella IV con la sua dote di 400.000 ducati come la bona memoria del Re suo padre mostrò contentarsi di darele [notargiacomo]. Il Testamento, ordinatione, et ultima voluntà del serenissimo signore re Alfonso secondo Re di Sicilia, et di Jerusalem, parlava chiaro. Il Regno sarebbe rimasto a Ferrandino, oppure sarebbe andato a Federico solo in caso di morte senza eredi. Alfonso, ratificando la renuntia, e donatione del detto suo Regno fatta per sua Mestà all’Illustrissimo Don Ferrante Duca di Calabria suo figlio primogenito, et Vicario generale, lascia, ordina, et instituire lo detto suo primogenito herede, et successore.
Così l’atto: — Detto signor Re ordina, e dispone, che venendo à morte, quod absit, da questa vita detto Illustrissimo signor Don Ferrante suo primogenito senza figli, ò descendenti mascoli legittimi, et naturali, lo detto Regno ritorni all’Illustrissimo signor Federico Prencipe d’Altamura frate secondogenito legitimo, et naturale di sua maestà, et à suoi figli, e descendenti mascoli legitimi, et naturali, li quali mancando detto Regno de Sicilia, et Jerusalem ritorni, et rimanga alla Corona della serenissima casa d’Aragona, dalla quale sua maestà, et sua casa have havuto principio, et consecuto lo beneficio della successione del detto Regno, escluse in tal caso tutte le femine della casa di sua maestà tanto figliuole, quanto sorelle, et altre di qualsivoglia grado gionte, et esclusi li mascoli descendenti da quelle, quantunque secondo lo tenore dela investitura dette femine potessero, et dovessero in detto Regno succedere; acciò che detto Regno si conserve per ogni tempo in la famiglia, et Casa d’aragona, et non si venghi à trasferire in altra casa; et la presente ordinatione s’intenda per forma, che non si derroghi all’authorità della sede apostolica, né si produca alcuno pregiuditio alle ragioni del etto suo primogenito in detto regno, immo’, che detta esclusione di femine, et translatione del Regno alla Casa d’Aragona in li casi predetti si faccia interveniente lo consenso della prefata sede apostolica, dalla quale detto Regno se tiene in feudum. Declarando, che in tal caso à quella femina, la quale pretendesse successione in lo Regno, siano dati 200.000 docati per supplemento d’ogni paragio, oltra la dote, che havesse havuto, ò li competesse d’havere, se si trovasse non maritata, et similiter altre donne della Casa, quale si trovasse non maritata, ciascuna habbia la dote consueta in questo Regno, et li predetti 200.000 docati à quella, che li competesse successione al regno siano pagati con questo, che habbia a renunciare.
Il testamento prosegue con gli adempimenti religiosi.
Così le volontà di Alfonso II: — Detto signor Re ordina, et ricorda al prefato suo primogenito, che habbia sempre nanti l’occhi lo timore de Dio sopra tutte le cose del mondo, con lo quale la casa di sua maestà sempre hà prosperato, et così lo timore della gloriosa Vergine Maria, et di San Michele Arcangelo: Deindé iuxtà lo laudabile stilo, et consuetudine di sua maestà, et di tutta sua serenissima casa detto suo primogenito con somma cura, et diligentia attenda all’administratione della giustitia egualmente ad ogni persona, senza riguardo, ò eccettione alcuna, mescolando sempre la giustizia con la clementia, et equitate quanto l’honestà ricerca,e comporta. Et acciò che con maggior senecerità, et più rettamente la giustizia se possi administrare, voglia, et debbia esso personalmente quanto li serà possibile intendere, et essaminare le querele delli popoli, et delli sudditi, et non rimetterli ad altri; et sopra tutto se ricordi fare spesso visitare, et riconoscere li carcerati, et intendere le cause, et le determinationi de ciascuno, et facci, che non li manchi la giustitia iuxta con la clementia, come è detto.
Item ordina, et commanda detto signor Ré, che lo predetto suo primogenito in ogni tempo debbia exhibire, et portare la debita reverenza alla Santa Romana Ecclesia, et alla Sede Apostolica, et essere obsequioso, et obediente figliuolo alli Sommi Pontefici, praesentim al Santissimo in Christo padre Alessandro Sesto, et in tutte occurrenze comparere sempre, et assistere in favore, e defensione di quella fede, della quale è pervenuta, et è per pervenire la sua exaltatione, et vittoria, et habbia sempre in speciale protettione li nepoti di detto N.S. lo Papa collocati in questo Regno, maxime l’Illustre Principe de Squillace genero, et come figlio di sua Maestà, alli quali debbia mantenere lo stato, et trattarli come propri frati.
Alfonso passa poi al rispetto da tenersi nei confronti dei parenti stretti: Regina Giovanna III, Federico e Beatrice, vedova d’Ungheria.
Ecco: — Detto Signor Re ordina, et commanda detto signor re, che lo predetto suo primogenito debbia portare alla serenissima signora Reina madre colendissima di sua maestà reverentia, et obedientia, come sua madre, et communicarli tutte l’occurrenze del Regno, et del stato, et non partirse dalli savii, et amorevoli ricordi, et consigli di quella; come esso signor Re sempre have fatto; immò debbia compiacerli di tutte le cose di questo Regno, che li saranno possibile, recercando così la virtù di detta signora reina, et lo maternal amore, quale hà mostrato di continuo, et mostra ad essi signore Re, et Duca, et questo sua maestà comanda al detto suo figlio per quanto hà cara la sua benedittione; Et simelmente à detta signora Reina sia mantenuto lo stato, et tutte l’altre cose li foro promesse in tempo del suo maritaggio, et dopoi, secondo lo tenore delle sue cautele, et li siano confirmate tutte donationi li foro fatte de gioie, et altri mobili per la bona memoria del signor Re suo padre, et per sua maestà, le quali tutte li siano inviolabilmente osservate.
Item detto signor Re ordina, et commanda al predetto suo primogenito, che si voglia ben portare con l’Illustrissimo Principe d’Altamura (Federico) suo zio, e tenerlo come à padre, et mantenerli lo stato, dignitate, officii, preminentie, quale la bona memoria del signor Re loro padre, et sua maestà l’hanno dato, et concesso, et così debbia ascoltare li suoi ricordi come di padre, perché sua maestà sape, che detto prencipe lo ama come proprio figlio, et per questo esso voglia tenerlo ben contento, et compiacerli in ogni cosa possibile.
Item detto signor Re ordina, et ricorda al predetto suo primogenito, che habbia per recomandate le cose della serenissima signora Regina d’Ungheria (Beatrice vedova del primo re Mattia Corvino e maritata al secondo Ladislao dal quale fu ripudiata), et quella debbia aiutare, et favorire quanto si stenderà la sua possibilitate; Et in caso, che detta Reina bisognasse ritornare in le parte di quà, esso la debbia accogliere, et mantenere in questo Regno, et di quello, che ci sarà, faceli alcuna parte, con la quale possa honoratamente vivere, perché essa Reina s’è portata, et porta virtuosamente, et de maniera, che merita ogni buona dimostratione.154
Alfonso pretese rispetto dopo la sua morte tanto per Giovannella IV, quanto per il figlio naturale Don Alfonso, che verrebbe per fratellastro a Ferrandino, ordinando che lo prefato suo primogenito sia tenuto dare in dote all’Illustrissima Infanta Donna Joanna sorella di sua maestà docati 400.000, come la bona memoria del Re suo padre mostrò contentarsi di darcele, et che si travagli per ogni via possibile collocare detta Infanta à tutta sodisfattione della signora Reina sua madre, et debbia in ogni cosa trattarela come propria sorella.
Il testamento: — Lo predetto signor Ré ordina, et ricorda al detto suo primogenito, che attento lo caso dove si trova l’Illistrissima Duchessa de Milano (Isabella sposa di Giovangaleazzo Sforza Duca di Milano) figlia di sua Maestà, esso, come à buon frate, voglia aiutarla in quello che potrà senza scandali, attento lo loco, dove ella se trova, e continuando ella in li affanni, in li quali oggi se ritrova, et possendo ridurla in le parti de quà li debba dare da vivere con lo megliore, et più onorato modo che poterà, secondo à bona sore la se conviene.
Item ordina, et commanda detto signor Re, che all’Illustre don Alfonso (figlio naturale di Alfonso II e Trussia Gazzetla, fratello di Sancia principessa di Squillace) figlio di sua Maestà se debbia dare per lo predetto suo primogenito alcuno stato condecente in questo Regno, come si costuma dare alli suoi pari; acciò che possa convenientemente vivere, et habbia detto figliolo di continuo racomandato in sua protettione, et similmente habbia per recomandati l’altri del sangue, come l’Illustre, et Reverentissimo Cardinale d’Aragona (Luigi figlio primogenito di Errico marchese di Giraci figlio naturale di Ferrante I) et suo fratello (Carlo Marchese di Geraci per cessione del fratello Luigi), et Don Cesare (figlio naturale di Ferrante I), et lo figlio del signor Don Francesco frate di sua maestà (figlio di Ferrante I e Isabella Chiaromonte morto nel 1486 prima del matrimonio), alli quali debbia provedere come meglio parerà, secondo la conditione de ciascuno; et così ancora habbia in speciale commendatione l’illustre Donna Sancia Principessa de Squillace, figlia di sua maestà.155
Alfonso ordinò che si dovessero fare i processi per i ribelli, anche se Ferrandino li aveva appena liberati tutti, a patto di mantenere tutte le gratie, privilegii, stati, e donationi fatte, e concesse per lo detto quondam signor Ré suo padre, et per sua maestà; et à quello, che lo tempo non è bastato remunerarli, voglia esso riconoscerli, secondo la conditione, et servitii de ciascuno.
Così le ultime volontà: — Item vole, et ricorda detto signor ré, che delli presuni detenuti in Castellonovo, et del’Ovo, et di Gaeta, et in la Torre di San Vincenzo si debbiano riconoscere, et eseguire li processi di loro demeriti, et à ciascuno d’essi si debba ministrare giustitia, iustà la clementia, come di sopra è detto, non devenendo però à morte de nesciuno, salvo se trova causa se l’havesse meritata; et di quelli, quali se trovassero presi non per propria colpa, ma per interesse dello stato, ò per altra causa; cum primum le cose del Regno seranno in termine, che si possano senza timore di scandolo liberare, detto suo primogenito le debbia liberare, secondo la conditione del tempo comporterà; et de tutti detti presoni, sua maestà se rimette ad una lista sottoscritta di sua propria mano.
Item vole, ordina, et commanda detto signor Re, che à tutto le mogliere, figliuole, et altre Donne delli presoni, detto suo primogenito come li tempi lo comporteranno, et esso serà in facultà debbia provedere à ciascuna di quelle d’alimenti honoratamente, secondo la conditione de ciaschuna ricercarà, et usarli ogni humanità, et clementia convenientemente; et se alcuna di quelle fusse in necessità di dote, la debbia dotare convenientemente; aventi nanti all’occhi l’esemplo della bona memoria del signor Re padre di sua maestà, lo quale con tanta clemenza, et benignità fece collocare, et dotare tutte le figliuole del quondam Prencipe di Rossano tanto honoratamente, come se fussero state proprie figliole di sua maestà.
Le ultime volontà di Alfonso riguardarono i debiti e il rapporto da tenere vivo con le chiese fedeli.
Il testamento: — Lo predetto signor Re dice havere alcuni debiti particulari peculiari di sua maestà, delli quali vole se faccia quello, che se contiene in una lista, che resta in potere de Leonardo Cuomo, suo scrivano de ratione sottoscritta di mano de sua maestà, et sigillata del sigillo secreto; in la quale lista sua maestà have annotati tutti li debiti, che li sono ricordati, et non crede haverné altri. Pure quando alcuno mostrasse sufficiente cautela d’altro debito contratto per sua maestà in tempo, ch’era Duca, detto suo primogenito sia tenuto satisfare, et così vole, et commanda sua maestà. Dell’altri debiti, quali restano in la morte delli serenissimi Re suo padre, et suo avo de felice memoria contratti per bisogno del Regno, et dello stato, sua maestà ordina, et vole, che lo prefato suo primogenito lò più presto, che potrà, senza mancare alla necessitate dello stato debbia per lo miglior modo possibile satisfare ai creditori, secondo sua maestà haveva intentione, e aveva principato di fare.
Item detto signor Re ordina, et impone à detto suo primogenito, che habbia in singulare racomandatione li lochi, e Monasterii de Religiosi Osservanti di questo Regno, et in spetie quelli de Monte Oliveto, et di San Domenico de la Congregatione di Lombardia, li quali sua maestà l’havi fatti havere in detto Regno; alli quali tutti ordina, et vole siano mantenuti li lochi, quali sua maestà l’have fatti havere con sua intercessione.
Item vole, et commanda detto signor re, che lo prefato suo primogenito debbia osservare alli monaci, e monasterio di San Severino di Napoli dell’ordine di San Benedetto, la gratia à lor concessa per sua Maestà, per la costruttione, et edificatione dell’Ecclesia, cioè, ducati 16.000 hoc modo, videlicet, ducati 2000 per anno consignati 1000 sopra le tratte de Puglia, et 1000 altri sopra la gabella del scannaggio de Napoli, dedutto prima dalla rendita del detto scannaggio ducati 2000 per anno donati per prius per sua maestà alli farti de Monte Oliveto per subsidio, et substentatione del loco di Mola finché dura la pensione promessa al Cardinale de Santo Pietro ad vincula (Giuliano della Rovere futuro papa Giullio II), et quando detti renditi del scannaggio al modo predetto non bastasse alli predetti 1000 docati per anno di dare al detto monasterio di san Severino, se supplisca della rendità di detto scannaggio dell’anni, e tempi seguenti, finché venghi à conseguire tutta la summa della consignatione predetta.
Item vole, et commanda detto signor re, che alle monache della Madalena, che prima se diceva Santa Caterina di Formello, per maiore satisfattione della mente di sua maestà, licet non si senta di questo la conscientia gravata, lo predetto suo primogenite debbia pagare ducati 2000 convertendi in la reparatione, e fabrica di quello loco, ò in beni stabili, lo qual pagamento si debbia fare infrà anni doi, poiché le cose del regno saranno quietate.
Item lo detto signor re racorda al prefato suo primogenito, et li dona special carrico, che con lo tempo voglia fare alcuna condecente provisione in questo Regno à rafrenare l’infrascritti vitii nefandi, quali sono in detto regno moltiplicati, videlicet sopra li mali christiani declinanti in qualsivoglia specie de Iudaismo, à heresia, ò defetti contra la fede cattolica, sopra la blasfemia de Dio, e delli Santi, sopra le dodomie, et l’usare con monache, acciò che N.S. Dio s’inclini ad aiutare esso Duca, questo Regno, e tutta la Casa.
Item detto signor Re ricorda simelmente al predetto suo primogenito, che habbia bona avertenza al conferire delli beneficii, li quali debbia conferire con riguardo à persone degne, et de scientia, et che le meritano, et sopra tutto se conferiscano senza corrutione, ò denari.
Item vole, et commanda detto signor Re, che le confirmationi, quali s’haveranno da pigliare, et impetrare dal detto suo primogenito in questa sua nova successione, et assuntione al Regno, delli stati, feudi, et altri officii di questo Regno, debbiano spedirse gratis, et senza alcuna natura di pagamento
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