Note Bibliografiche
1. Carlo Denina, Delle Rivoluzioni d’Italia, Volume III, Dalla Tipografia della Minerva, Padova 1822, Libro XVII, Capo primo, pag.286.
2. Giacomo Della Morte, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, pubblicata a cura di Paolo Garzilli, dalla Stamperia Reale, Napoli 1845.
3. Pierre Bayle, Dictionnaire Historique et critique, Tomo XI, Desoer, Libraire, Rue Christine, Parigi 1820, pag.17. Tutti gli storici che dal 1500 al 1800, pochi in verità, che hanno scritto del Regno di Sicilia, sulla scia del primo, vale a dire il Costanzo, riportando che Giovanna fosse stata sorella a Ladislao, costruendone la vita di Regina di Napoli in modo romanzato, lasciandosi trascinare dai suoi facili costumi. C’è solo una voce che esce dal coro ed è pure precedente al Costanzo, ma non viene riportata da alcuno. Si tratta di Giovanni Sabadino degli Arienti, il quale, nel 1483, nel suo testo sulle donne dedicato Ginevra Sforza dei Bentivoglio, Gynevera de la clare donne, e pubblicato a soli 69 anni dagli avvenimenti, al capitolo 9, De Zoanna secunda Duchessa de Austria, scriveva che Giovanna seconda fu figliuola del Re Carolo « da la pace ». Questo si legge nella riedizione del 1888 ricopiata dal testo copiato fedelmente dall’originale nel 1794 nella Biblioteca di Bologna. V. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Presso Romagnoli-Dall’Acqua, Bologna 1888; cfr.: http://it.wikisource.org/wiki. In questa Opera nominata Gynevera de le Clare donne Composta per me Joanne Sabadino de li Arienti ad la illustre Madonna Gynevera Sphorza di Bentivogli, al capitolo 9, De Zoanna secunda Duchessa de Austria.
4. Guglielmo I (fu Leopoldo III fu Alberto II) detto l’Ambizioso (nato a Vienna nel 1370 e morto a Vienna il 15 luglio 1406), ma questi fu solo Duca di Carizia dal 1386 al 1406. In realtà l’unico Duca d’Austria del tempo, dal 1395 al 1404, fu Alberto IV d’Asburgo (fu Alberto III fu Alberto II) detto il Paziente o anche mirabilia mundi (nato a Vienna il 19 settembre 1377 e morto a Klosterneuburg 14 settembre 1404), figlio e successore di Alberto III d’Asburgo, il quale, in base al trattato di Hollenburg (sposata nel 1390 Giovanna Sofia di Baviera), dal 1395, accettò la coreggenza del cugino Guglielmo (figlio del fratello del padre). Nel 1398 intraprese un viaggio in terra santa e non tornò vivo. Ecco perchè, dal 1398 alla morte del 1404, Guglielmo si ritrovò ad essere reggente d’Austria, almeno fino a due anni prima della morte (1406). Da: http://it.wikipedia.org/wiki. Cfr. Antonio Just-Verdus, Rivista Dalmatica, anno XLII, serie IV fascicolo IV, ottobre – dicembre 1971, pag.23-34.
5. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Presso Romagnoli-Dall’Acqua, Bologna 1888. Cfr. Giacomo Della Morte, Cronica di Napoli di Notar Giacomo, pubblicata a cura di Paolo Garzilli, dalla Stamperia Reale, Napoli 1845.
6. Approfittò forse di una breve parentesi in cui papa Innocenzo VII depose Ladislao per poi nominarlo subito suo Gonfaloniere (1406) per la sua potenza. Perciò, il 23 aprile, Re Ladislao, avendo già annesso il Principato di Taranto al Regno, stavolta entrò in Taranto per assorbire in forma diretta l’eredità terriera del fu Raimondo Orsini morto nel 1406, sposandone la vedova Domina Principessa Maria il 23 aprile 1407: Anno 1407. Venit de Sicilia Navis onerata frumento cum litteris Domini Regis Ludovici, qui parat se venturum cum magna armata, et fuit factus capitaneus Civitatis Dominus Gabriel Bisignanus. De mense Aprilis Rex Ladislaus reversus cum toto exercitu in Civitate Tarenti, et creverunt multa mala in Civitate, quia venerunt tres Galeae armatae cum septem barchis, et septem navibus. In die Sabathi 23. tractatum fuit matrimonium inter ipsum Regem et Dominam Principissam, et fuerunt elevatae bandierae Regis, et intravit sub pallio Rex in hospitium Marini de Falconibus, et in Castro fuit matrimonium confirmatum per verba de praesenti, et desponsatio in Cappella Sancti Leonardi. Ma il Concilio di Pisa depose il successivo papa Gregorio facendo venire meno il Gonfaloniere del Vaticano, Re Ladislao (1409), costretto a portarselo dietro a Napoli, ma non mancò di occupare Roma e di dichiarasi Ladislao Re d’Italia. Una follia, anche perchè il Concilio di Pisa elesse un altro papa, Alessandro V, per sostituire gli altri tre che c’erano in giro. Ladislao Regio Castronovo civitatis Neapolis appare un domino soggetto al papa e non un Re: In nomine domini nostri lesu Christi, amen. Anno a nativitate ipsius millesimo quatrincentesimo septimo, regnante serenissimo domino nostro domino Ladizlao Hungarie, lerusalem etc. E’ la Ser. ma domina domna Maria de Enghieno, Hungarie, Jerusalem et Sicilie, Dalmatie, Croatie, Ramae, Servie, Calicie, Lodomerie, Comane, Bulgarieque Regina, Provincie et Forcalquerii ac Pedimontis comitissa, consors predicti domini nostri Regis Ladizlay ricordata in una pergamena che reca la data di Napoli, R. Castel Nuovo, 14 luglio 1407, anno 21° di Re Ladislao. In tale atto rivenuto dal Blandamura, la Principessa Maria, tutrice del figlio Giovanni Antonio, denunciava il tradimento del Magnifico Capitano Francesco Orsini, prima dichiaratosi fedele all’ex Re Luigi ed ora passato al servizio dello stesso marito Ladislao dopo 4 giorni dal contratto.
Segue il transunto dei suddetti « pacta et conventiones» da cui emerge che la Principessa, in data 1. marzo 1407, in nome suo e in quello baliatico e tutorio del figlio Giovanni Antonio, assumeva al suo servizio, per la conservazione del suo principato, il suddetto Orsini con la sua gente d’armi, in tutto 330 lancie e 900 cavalli, per la durata di sei mesi, e cioè dal 1. marzo al 31 agosto 1407, con l’obbligo di corrispondere ducati tredici, computata la di lui provigione, per lancia, e di non diminuire la condotta dei 900 cavalli. Questo perchè l’Orsini assumeva la ferma e condotta d’armi « ad conservationem de lo stato de la maiestate di re Loyse (Luigi II d’Angiò) et de li nostri signuri, facendo sempre et procurando tucto chello che sia avantagio, sedendolo in prestito nel Castello di Gallipoli.Trascritto il transunto di cui al Numero precedente, la R. Curia di Napoli, in data 14 luglio dello stesso anno 1407, sedendo pro tribunali, dichiarava che in tanto la regina Maria reputava utile cosa, anzi necessaria, nell’interesse suo e dei suoi eredi, si transuntassero i capitoli suddetti, in quanto che ella era venuta a conoscenza come Francesco Orsini subito, cioè a distanza di quattro giorni, « illico infra quatuor dies » , altri capitoli aveva contratti e firmati col Re Ladislao. Da: Rinascenza Salentina, articolo di Giuseppe Blandamura, L’autodifesa di Maria d’Enghien, Taranto, agosto 1938.
7. Il Regno Partenopeo in Napoli: Re Magnanimi e Magna Curia in Castel S.Elmo. La capitale del Regno di Sicilia era Napoli, dove Re Roberto si fece incoronare dal papa nella Reggia di Arx Nova Neapolis, cioè in Castelnuovo ivi costruito, a patto di proteggere l’ex trono bizantino del Regno di Puglia, che, dopo Lucera, aggregata dal pontefice alla Metropolìa di Benevento, era continuamente vacillante per la continua presenza di un Dux-dittatore a Venusia. A Napoli c’era altre due fortezze: Castel del Bue, cioè Castel Vove o dell’Ove, dove venivano rinchiusi i ribelli dell’ex trono pugliese che non si piegavano al potere del Re di Sicilia in Castelnuovo; Castelcapuano, dove un tempo venivano rinchiusi i ribelli dell’ex trono di Capua, ormai assoggettato come Principato. Il potere dei due ex troni, Capua e Benevento, era rappresentato in Napoli proprio dalle due fortezze-prigioni: Castel Capuana e Castell’Ove nelle mani di un solo dittatore-gonfaloniere riconosciuto dal papa a Re del grande feudo della Chiesa romana chiamato Regno di Sicilia.
A quei tempi il potere temporale dei pontefici cominciava ad essere sempre più pressante per Re Roberto, costretto a piegarsi alla volontà del papa di creare due regni diversi: uno in Napoli ed uno in Palermo. Oppure fu egli stesso a pensare di sottrarsi al potere di Roma per creare un diverso nuovo regno diretto, e non feudale, dove sedere e assicurare al figlio il futuro della Corona per sfuggire definitivamente all’investitura papale che avveniva dal 1096. Il Regno Partenopeo avrebbe avuto il suo punto nevralgico nel nuovo Palazzo da farsi sul luogo più alto di Napoli, la Collina di Sant’Erasmo. La costruzione di Castel Sant’Elmo (S.Ermo, S.Erasmo) si ebbe ai tempi di Roberto il Saggio, incoronato dal papa Re di Gerusamme con tutta la Sicilia, cioè dell’antico feudo della Chiesa, ossia del Regno di Ierusalem atque Siciliae Utriusque Regis, per sedervi il figlio Carlo II, principe ereditario, quale futuro sovrano del nuovo stato che voleva costituire chiamato Regno Partenopeo.
Re Roberto, monco dell’Isola Siciliana, già riconosciuta dal pontefice agli Aragonesi come feudo del Regno di Trinacria in Palermo, aveva scelto Napoli dopo aver abbandonato la distrutta Reggia di Panormitano, l’ex capitale degli Svevi di Manfredi, trasferendo il figlio Carlo II col titolo di Vicerè e Duca di Calabria in Salerno.
A riconoscere il Re di Napoli non sarebbe stato il papa, ma una Curia che lo avrebbe assistito nel governo del Regno eleggendo un Sovrano come Magnanimo, cioè come Grande eletto da otto Grandi del Regno. La costruzione ebbe inizio il 7 luglio del 1329, col via di Giovanni de Haya, reggente della Curia della Vicaria, per l’edificazione del Palatium in summitate montanee Sancti Erasmi prope Neapolim, pro habilitate persone nostre et aliarum personarum curiam nostram sequentium. Ma la Reggia di S.Elmo tardò a finire e non ebbe modo di sedervi nè Carlo II, morto prima, nè il padre Roberto, e neppure la prima nipote, Giovanna I, che non riunì affatto il Regno Partenopeo, perchè non venne riconosciuta, e continuò ad appellarsi Giovanna I del Regno di Sicilia, pur avendo venduto l’Isola di Sicilia agli Aragonesi che la tenevano per conto del papa come Regno autonomo di Trinacria.
Lo scisma del 1377 portò al dissolvimento del sogno di riunire il Regno Neapolitano di Partenope, un regno mai nato, rispolverato da Re Ladislao, quando fu cacciato dal trono di Castelnuovo nel 1410.
8. Luigi II era ancora vivo, morirà il 29 aprile 1417, ma già si preparavano i figli: Luigi III (1403-1463), Maria Regina di Francia moglie di Re Carlo VII, Renato d’Angiò, Carlo IV (1414-1472).
9. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Presso Romagnoli-Dall’Acqua, Bologna 1888, pag.91.
10. Inoltre, sul finire del capitolo, ricoderà che alla morte di Giovanna Seconda, successe Ixabella Regina fu de prole illustre, et consorte del Re Rainero Andegavense Anzoina, fratello di Re Luigi II di Sicilia, per calmare i baroni fin troppo turbati prima per la morte di Re Luigi e poi della Regina Giovanna II. V. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Bologna 1888; cfr.: http://it.wikisource.org/wiki, pagg.92-93. Aggiungendo che se debbo duncha cum atentione intendere, che essendo orbato el Regno de Neapoli di reali principi per la morte del Re Aloise et de la Regina Joanna secunda, li baroni del Regno tuti concordi mandarono per il Re Rainero già fratello del Re Aloise secundo, che se diceva juridicamente succedere in la heredità del Regno.
11. Ipse tamen mox obiit rex Ladislaus, eujus soror Johanna succassit, quae nupsit Ferdinando regi Arragoniae- – Sussessit Alovisius, regis Ludovici filius, in regno Ceciliae, non obstante quod Johanna sit coronata. Ladislaus hoc anno M° CCCC XIII obiit, et Johanna soror ejus ei successit. E senza problemi adotto per successore a Luigi figlio di Luigi Re d’Ungheria adottò, poi cambiò per Luigi II Duca Andegavio, infine tertio vero regem Alfonsum Arragoniae. V. D’Andrien de But, Chronique relatives a l’Historie de la Belgique, F.Haiez, Bruxelles 1870.
12. Potrebbe essere stato detto così perchè forse perchè confuso col parente Ladislao II detto Jagellone che dal 1386 fu Re di Polonia sposando Edvige figlia di Luigi I Re d’Ungheria, cugina di Giovanna II e di Ladislao. Eppoi c’è l’Imperatore Venceslao del Lussembrgo, Re di Roma dal 1376 destituito nel 1400, dopo aver riconosciuto i Visconti a Duchi di Milano e di Lombardia, a cui sarebbe successo Roberto di Germania contrario ai Visconti, dal 1400 al 1410, seguito da Sigismondo che si dichiarò anch’egli Re d’Ungheria, come Ladislao, dal 1387 e Re dei Romani dal 1410 cambiando l’aquilotto con un’aquila a due teste. Ma già Venceslao aveva messo al centro dell’aquilotto lo stemma coi leoni di Germania del Palatinato.
13. Iste Lancelotus (rex Neapolis) era filius Karoli Dirachiensis, de regio semine Andegavienese. Ladislao quem Lanceloti nomine spriptores imposuerunt, ut scriit Leonardus Aretinusin cronicis suis. V. D’Andrien de But, Chronique relatives a l’Historie de la Belgique, F.Haiez, Bruxelles 1870.
14. Lodovico Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, sive de scriptoribus provinciae Umbriae alphabetico ordine digesta. Foligno 1658, pag.136-137. Nel 1500 circa fu redatta una cronaca spoletana, pubblicata un secolo dopo in Foligno, nel 1658, ad opera di Lodovico Jacobilli che va sotto il titolo di Bibliotheca Umbriae, sive de scriptoribus provinciae Umbriae alphabetico ordine di gesta. In essa si fa riferimento ad avvenimenti accaduti anche due secoli prima, quando Re Ladislao viene chiamato Lancilau Re di Puglia. E’ Re Lancilau, che si dice figliuolu del Re Carlo della pace, entrato in Roma il 22 aprile 1408 (e vi tornò l’anno dopo, nel 1409, quando fu su Viterbo e Siena), scontrandosi con i Fiorentini e i Pisani, ed altre Signorie, riunite in Lega contro di lui, appoggiati da cardinali e vescovi fatti riunire a Pisa per processare sia papa Gregorio, favorevole a Ladislao, che stava a Rimini, sia l’antipapa che stava in Francia.
15. Lodovico Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, sive de scriptoribus provinciae Umbriae alphabetico ordine digesta. Foligno 1658, pag.136-137. Ivi. 1414. Addì 16 de lugliu vinniru a fare una grande scaramuccia alla porta de San Gregoriu de Spuliti et delli nostri foru feriti 5 et più delli loro, et guastaru lu conduttu in due locora, et trassiru la bombarda ben 6 volte et sempre lu campu fermu stette a Busanu. Et addì 23 de lugliu se levaru del campu de basanu et infocaru le attenne et andaru inter beroide et azanu a metere et a battere et ancho a mozar piergure. Et perchè è bene che tal materia se entenda et come se vene intendendo meglio la verità lo posso scrivere: Et pertanto perchè lu Re multu tempu bussò per avere lu dictu Paulu Ursinu, quanno lu se redusse ad sua obedientia li promise ciò che volze per interpositione de certi grandi caporali, et poi Paulu Ursinu gieu allu Re in quel de Tode et lu Re li fece gran carezze et lu figliuolu bastardo de Paulu per staggiu lu mandò a Napoli, et multi dì ando Paulu col dictu Re; et poi lu Re senne andò a Perosia come è dictu qui denanti et credo che fosse circha a mezu iungiu, et allotta comenzò lu Re a far venire una lettera qual se diciva essere fictitia et mustrava che Paulu l’avesse facta fare al suo cancellieri, la quale era contra la magestà de Re et examinatu lu cancellieri de Paulu sell’avia fatta ipsu, disse de sì de commannamintu de Paulu, et fatta la dicta confessione lu dictu cancellieri se lequò et fo dictu che li era fattu dire per menaccie et allotta lu dictu Paulu fo legatu et non fo lassatu, et seguetò in qualunque locu andò lu Re cusì prisione per finchè se ne andò Re verso Napoli, et la sua andata se diciva che fo quasi adì 8 de luglio vel circha, et dicivase che lu menava a far murire a Napoli.
16. Lodovico Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, sive de scriptoribus provinciae Umbriae alphabetico ordine digesta. Foligno 1658, pag.137-142. Così: 1415. Paulu Ursinu arvenne verso Roma et nelle parti de Nargne liberatu dalla prisiunia che havia avuta nella corte de Re Lancilau et della Reina de Puglia et veniva arravenno lu statu in Roma et delle terre suoe con grande honore et utile secundo se diciva.
17. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
18. Il cronista continua dicendo che in quell’anno, 1417, la Regina Johanna Nova, la quale era moglie del Re Jacomo e che, nel 1417, questo Re suo marito era tenutu en prisione dalla dicta Regina per discordia che intra loro era et anco perchè li baruni dellu Reame non volivanu signore ultramontanu come illu era. Ivi, 1417. E così continua: Et artornando alla materia la decta Regina havia multa gente et era caporale Sforza da Cotognola, et multi altri capitani et mustraro et habbiru tanta forza che lu dictu Bracciu se ne venne et usciu fuor de Roma ad volta rotta con ben iij cento cavalli et venne a Nargni che se teniva per lui; el quel Bracciu teniva Roma et stava ipsu in sancto Pietru nella camera del papa ad pienu dominu, et poi li venne tanta gente contra lui che gli parse la meglio fuggire et Tartaglia capitaniu una con lui, se diciva che fo assediatu in sancto Pietru et dicevasi che li Romani non li stettero fermi; anco se diciva che lu havianu traditu, scriverò poi come seguiero le nuvelle vere. V. Lodovico Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, sive de scriptoribus provinciae Umbriae alphabetico ordine digesta. Foligno 1658, pag.137-142.
19. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Presso Romagnoli-Dall’Acqua, Bologna 1888; cfr.: http://it.wikisource.org/wiki. Tutti sostengono, errando che Giovanna II fu sorella a Ladislao. Tutti, tranne Giovanni Sabadino degli Arienti, il quale, scrisse che Giovanna seconda Duchessa d’Austria fu figliuola del Re Carolo da la Pace, senza mai dire che fu sorella di Ladislao, ma solo lasciando intendere che successe poi al trono che era stato non di questo Ladislao, ma del capostipite Ladislao: già de Lagislao del Re Ruberto Re de Neapoli et de Sicilia. Precisando però, che morto il ducha suo marito, et non havendo figliuoli, se ne tornò a Neapoli dal Re Aloise suo fratello, el quale poi morendo senza figliuoli, ella come magnanima tolse il Regno, et senza contradizione se fece Regina. Ivi, pag.245. Aloise II è citato a pag.84. Il ritiro di Luigi è a pagg.88-90. Che Giovanna visse 24 anni di Regno è a pag.91.
20. Notargiacomo, cit.
21. A. Pelliccia, Raccolta di varie croniche, diarj, et altri opuscoli così italiani come latini appartenenti alla storia del regno di Napoli. Tomo V, Napoli 1782, pag.111-125. Anno 1381. Carolus III. filius quondam Ludovici de Duratio nonus rex cum maximo bello de castro S. Erasmi de Neapoli potenter descendit, et debellavit Dominum Othonem Ducem Bransuich Theutonicum, Principem Tarenti ipsius Dominae Reginae maritum, et totam eius gentem, et Dominam ipsam obsedit in castro novo. Neapoli ubi obsessam tenuit per plures menses, et nequiter mori fecit.
22. Notargiacomo, cit.
23. Lodovico Jacobilli, Bibliotheca Umbriae, sive de scriptoribus provinciae Umbriae alphabetico ordine digesta. Foligno 1658, pag.137-142. Anno 1412. Die 16. Julii mortuus fuit Dominus Ligorius de Orilia Comes Acerrarum et Regni Siciliae Prothonotarius, et mortua fuit Domina Margareta de Duratio in Civitate Salerni, et factae exequiae in Sancto Laurentio Neapoli Eodem anno facta pax inter Regem Ladislaum et Joannem Papam XXII.
Anno 1413. Rex Ladislaus cum magno exercitu et triumpho intravit Romam cum titulo Imperatoris et expulit de Roma Papam Joannem.
Anno 1414. Fuit positus in carcere Paulus de Ursinis cum aliis in Civitate Perusii per Regem Ladislaum.
Rex Ladislaus vixit in Statu suo annis 28. et mortuus fuit in Civitate Neapolis anno 1414. die lunae 6. mensis Augusti anno aetatis suae xxxx.
24. Anselme, Histoire Gégeral de la Maison de la France, pag.359. In: Pierre Bayle, Dictionnaire Historique et critique, Tomo XI, Desoer, Libraire, Rue Christine, Parigi 1820, pag.19.
25. Alesio de Sariis, dell’Istoria del Regno di Napoli, Tomo II, Presso Vincenzo Orsino, Napoli 1791, pag.284.
26. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
27. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XXIII, Di Lodovico II e degli onori della regina Giovanna. Così Fabi: Da Lodovico II s’acquistò solamente singolar grazia e benevolenza, quando egli, essendo rotto Ladislao in una memorabil battaglia a Fregelle, non seppe usar la vittoria, avendogli interrotto il corso delle felicità sue, i pessimi artificj di Paolo Orsino. Passò finalmente, cacciato dal medesimo Paolo, con grandi e spesse ingiurie, a Ladislao. Dove da questo re, che con animo grande aspirava all’imperio di tutta Italia, gli furono donate quattro castella nell’Abruzzo; avendo il medesimo fatto prima Francesco suo figliuolo conte della città di Tricarico, il quale, fanciullo di tredici anni, era venuto da Ferrara a Napoli, per essere ostaggio della fede del padre. Ma poi che Ladislao fu tolto via da immatura morte, s’accostò egli alla regina Giovanna sua sorella; e per varj successi fu travagliato da onde grandi della fortuna: perciocchè egli ora era in grandissima grazia ed ora affogava oppresso da gravissima invidia. E veramente è cosa incredibile a dirsi, quante mutazioni facesse l’animo della regina, quando ella disordinatissimamente serviva ai disonesti amori.
28. Prima parte del Compendio dell’Istoria del Regno di Napoli, di M.Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Colle Annotazioni, e Supplementi di Tommaso Costo. In: G.Gravier, Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’Istoria Generale del Regno di Napoli, Tomo XVII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1770, pagg.305-306.
29. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
30. Prima parte del Compendio dell’Istoria del Regno di Napoli, di M.Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Colle Annotazioni, e Supplementi di Tommaso Costo. In: G.Gravier, Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’Istoria Generale del Regno di Napoli, Tomo XVII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1770, pagg.305-306.
31. Amaury Duval, Mémoires, Tome Premier, Chez Chasseriau et Hécart, Parigi 1819, pagg.227-231.
32 Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Bologna 1468; cfr.: http://it.wikisource.org/wiki. In questa Opera nominata Gynevera de le Clare donne Composta per me Joanne Sabadino de li Arienti ad la illustre Madonna Gynevera Sphorza di Bentivogli, al paragrafo 9, De Zoanna secunda Duchessa de Austria.
33. Scriveva Paolo Giovio vescovo di Nocera: – Fuit Coleo corporis statura erecta atque habili,adeoque formosus et agilis,ut regina Joanna ingenio procaci mulier, avidaque virorum fortium, Coleoni amore caperetur… Giovio, Elogiorum Virorum bellica virtute illustrium, libro III, pag.237, Anecdotes de Florence, pag.35.
34. Cfr. Pierre Bayle, Dictionnaire Historique et critique, Tomo XI, Desoer, Libraire, Rue Christine, Parigi 1820, pag.25.
35. 88. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pag.2. Cfr. Giacomo Della Morte, Cronica, cit.
36. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.93.
37. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
38. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
39. Amaury Duval, Mémoires, Tome Premier, Chez Chasseriau et Hécart, Parigi 1819, pagg.230-233.
40. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769. Angelo Di Costanzo nacque circa nel 1507 e morì nel 1591.
41. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442. Crivelli dice che Orso era stato fatto incarcerare da Ladislao, mentre le cronache vogliono che l’ordine partì da Giovanna, per salvarlo dalla decapitazione chiesta espressamente dal Re sul punto di morire, sebbene gli fu detto che fosse stato decapitato.
42. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.99.
43. Alesio de Sariis, dell’Istoria del Regno di Napoli, Tomo II, Presso Vincenzo Orsino, Napoli 1791.
44. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.2-7.
45. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.99.
46. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.7-8.
47. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
48. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XXXVII, Come fu preso a tradimento: Ora essendo egli oppresso dalla malignità e poco viril sorte d’insidie di Pandolfo Alopo, e posto in prigione nel Castelnuovo di Napoli, per quattro mesi continui, altra nuova non aspettò, se non di dovere esser morto per le mani del boja. Perciocchè di questo solo giudicava che si dovesse temere da uomini ribaldi ed effeminati, nei quali per la loro ignobil paura suole essere la crudeltà. Conciossia cosa chè eglino per vizio di natura son usati, o di non prendere gli uomini forti e illustri, e specialmente innocenti, o per avventura quando essi li hanno presi siccome quelli che con l’ingiuria hanno alterato gli animi loro, di non lasciarli così senza cagione. Era l’Alopo di nobilissimo sangue, ma per splendore di bellezza, e per piacevolezza di costumi molto più chiaro, con le quali cose, sprezzato l’onore, aveva fatto impazzire la Regina del suo amore. Perciocchè ella siccome quella che già gran tempo era vedova, mortole il marito, il quale era di casa d’Austria, duca di baviera, e privata poi del Re Ladislao suo fratello troppo scopertamente e liberamente, come la stimolava la lussuria, attendeva agli amori; di modo che i Napoletani secondo il costume de’ Greci, prontissimi all’adulazione, con reali onori riverivano l’Alopo, il quale era camerlingodel regno, come consorte dell’Imperio e arbitro di tutte le cose. Costui diffidandosi del primo luogo della grazia, il quale tanto è più sdruccioloso, quanto più s’accosta alla cima, aveva cominciato aver sospetto di Sforza come di rivale, perciocchè la regina, poichè s’eran poste da parte le consulte delle cose importanti, molto famigliarmente e amorevolmente scherzava con Sforza. Perciocchè tanta era la dignità della statura in questo uomo e la bellezza dell’aspetto, e lo ardir militare nel parlare, che facilmente pareva ch’egli potesse occupar l’animo della regina, ch’era sempre inclinato da natura alle lascive e agli amori: tanto che da questo costui, il quale era sì grande per la gloria sua e per le forza della milizia confermato dallo strettissimo nodo della grazia, s’usurpasse il nome, e di eccellente capitano, e alla fine di re. Onde per tradimento e invidia di Pandolfo, fu caricato Sforza di nuova sorte di calunnia, essendo stati subornati alcuni i quali dicevano, come egli andava attorno una certa fama, che Sforza era stato eletto innanzi a tutti gli altri per marito della regina, e ch’essendo oggimai mature le nozze, sarebbe stato chiamato Re fra pochi giorni. A questo modo non avendo sospetto d’alcuna cosa tale Sforza, fu menato di sala in camera, e di là poi messo in prigione. ma mentre che la regina senza ordinargli altro male si stava, nè però feceva contrasto all’insolente atto dell’amator suo, avvenne appunto che nessuno fra tanti capitani, come aveva sperato l’Alopo, non si ribellò da Sforza, ma tutti gli Sforzeschi, essendo capo loro Lorenzo, si misero insieme alla città di Conza, con animo di voler passare con armi nemiche fino a Napoli, per vendicare l’ingiurie fatte al loro capitano. Molto opportunamente ancora in quel medesimo tempo venne la nuova, che Giulio Cesare di casa capuana s’era fatto signor di Capua, onde egli aveva origine, e che Cristoforo Gaetano s’era ribellato dalla regina, e che Jacopo Candola, il quale era capitan valoroso di guerra, aveva indotto gli Aquilani a ribellione. Perchè l’Alopo mosso dalla necessità di queste cose, non v’essendo alcuno, il qualenè meglio, nè più tosto di Sforza, potesse difendere la regina, castigare i ribelli, nè perseguitarli con l’arme, Sforza con molto onore di parole fu tratto di prigione: perch’egli dato gli ostaggi, e ricevuto di molti denari, subito prese la cura di maneggiare quella guerra, con questa condizione, ch’egli togliesse per moglie la Catella sorella dell’Alopo, col quale parentado testimoniasse d’esser con sincera fede tornato in grazia coll’Alopo. Capo degli ostaggi fu Francesco suo figliuolo, il quale dappoi di valor d’animo e di felicità delle cose da lui fatte avanzò tutti i capitani di quel tempo.
49. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
50. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769. Angelo Di Costanzo nacque circa nel 1507 e morì nel 1591.
51. Notargiacomo, cit.
52. Notargiacomo, cit.
53. Pompeo Litta, Famiglie celebri d’Italia.
54. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
55. Av.Vv, S.Maria C.V. nel 1754, ABE, n.3 I Catasti Onciari del regno di Napoli, Avellino 2003.
56. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.8-11.
57. Compendio de le Historie del Regno di Napoli, composto da Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Michele Tramezzino, Venezia 1543, pagg.165-169.
58. G.B. De Cristoforis, Sergianni Caracciolo. Dramma storico, Tipografia Vignozzi, Livorno 1830. Egli scrive che la sorella di Ladislao che prese nome di Giovanna II, già vedova senza prole del Duca d’Austria. Il fratello Re Ladislao aveva acconsentito a farla risposare con Giacomo di Borbone, Conte della Marca, che ora lei voleva, ma non come Re, offrendo in cambio il semplice titolo di Governatore generale. Ma Giacomo, fresco sposo della principessa e ancora vivente Ladislao, già si faceva chiamare Re, sia da Giulio Cesare de Capua che da altri baroni, esercitando la sua autorità, specialmente quando condannò alla decapitazione i suoi stessi amici, favoritissimi della Regina, come il Conte Pandolfello e Cesare de Capua, che si era detto pronto ad ucciderlo pur di salvarla dalle grinfie del marito.
59. Domenico Spanò Bolani, Storia di Reggio Calabria, Volume I, Stamperie e Cartiere del Fibreno, Firenze 1796, pag.211-212.
60. Compendio de le Historie del Regno di Napoli, composto da Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Michele Tramezzino, Venezia 1543, pagg.165-169.
61. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442. Cfr. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.8-11.
62. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Bologna 1468; cfr.: http://it.wikisource.org/wiki. In questa Opera nominata Gynevera de le Clare donne Composta per me Joanne Sabadino de li Arienti ad la illustre Madonna Gynevera Sphorza di Bentivogli, al paragrafo 9, De Zoanna secunda Duchessa de Austria.
63. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.99.
64. Da: http://www.nobili-napoletani.it/Alessandro.htm. Cfr. Regesti Angioini.
65. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.99.
66. Pare di leggere con Crivelli che la Regina avesse 47 anni, in tal caso, non potendo essere nel 1420 (anno in cui sicuramente Giovanni non avrebbe i suoi confermati 18 anni del 1415), Giovanna sarebbe nata nel 1378; ma il de Sariis la vuole morta a 65 anni, e quindi la fa nascere nel 1370: in tal caso, all’epoca della proposta matrimoniale, di anni ne avrebbe avuti 45, ma conferma con gli altri che regnò 20 anni e 6 mesi (dall’inizio del regno del 6 agosto 1614 all’accredita morte del 2 febbraio 1435= anni 20 e 6 mesi). In ogni caso sembra più accreditata la nascita avvenuta a Zara, il 25 giugno 1373, e quindi si preferisce riportare le 42 primavere in vista del matrimonio. V. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
67. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.11-12.
68. Amaury Duval, Mémoires, Tome Premier, Chez Chasseriau et Hécart, Parigi 1819, pagg.230-233.
69. Da: http://en.mobile.wikipedia.org
70. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769. Angelo Di Costanzo nacque circa nel 1507 e morì nel 1591.
71. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.17-18.
72. Ivi.
73. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.18-19.
74. Ivi.
75. Ivi.
76. Ivi.
77. Ivi.
78. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769. Angelo Di Costanzo nacque circa nel 1507 e morì nel 1591.
79. Pietro Giannone, Istoria Civile del Regno di Napoli, Tomo III, Presso Giambattista Pasquali, Napoli 1766, Libro XXIV, pagg.234-273.
80. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pagg.100-101.
81. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
82. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
83. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
84. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
85. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de la clare donne, Bologna 1483; cfr. riedizione a cura di: C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Bologna 1468; cfr.: http://it.wikisource.org/wiki. In questa Opera nominata Gynevera de le Clare donne Composta per me Joanne Sabadino de li Arienti ad la illustre Madonna Gynevera Sphorza di Bentivogli, al paragrafo 9, De Zoanna secunda Duchessa de Austria.
86. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
87. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
88. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
89. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XXXVIII, In che modo fu preso a Benevento.
90. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
91. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
92. Ciccolino da Perugia era un veterano al servizio di Ladislao nel 1409. Il primo luglio 1409 le truppe del re di Napoli capitanate dai mercenari Martino da Faenza, Ciccolino da Perugia ed Angelo da Lavello detto il Tartaglia si accamparono sul fiume Fiastra tra S.Ginesio e Sant’Angelo; nello stesso giorno il Migliorati giunse a S.Angelo e costrinse i nemici a retrocedere per poi sconfiggerli il giorno seguente in una battaglia nei pressi di Loro. Il resto dell’esercito di re Ladislao, che si era accampato in territorio di Montecosaro, mosse alla volta del paese sotto la guida di Berardo di Rodolfo di Varano. Il 3 agosto i soldati del Varano penetrarono nel castello di Loro con l’aiuto di Fra Cecco dei Conventuali di S.Francesco. Duecento fanti al grido di Viva lo re fecero irruzione nella chiesa di S.Francesco scontrandosi contro la fiera resistenza dei loresi, che rimasero fedeli al Migliorati. Grazie all’intervento di uomini inviati da Ruggero di Montegiorgio i soldati del Varano furono espulsi dal castello e 14 di essi morirono. Tra il 13 ed il 14 agosto le truppe di re Ladislao, stanziate a Montecosaro, si accamparono tutt’intorno al castello lorese cingendolo d’assedio. Da: www.loropiceno.org
V. anche: http://www.arceviaweb.it/arcevia/avacelli/avacelli_storia.html. Così è detto: Il contingente arceviese comandato da Matteo di Giovanni Angelucci fu sopraffatto dagli assalitori guidati da Ciccolino da Perugia. Il castello fu liberato da Braccio da Montone dopo che, rotto l’assedio del Migliorati, fu proclamato signore di Rocca Contrada. Dopo la morte di Braccio, avvenuta nel 1424, Rocca Contrada tornò sotto il dominio della Chiesa ed il governatore della Marca, Pietro Colonna, ne prendeva possesso il 13 ottobre dell’anno dopo essere passato per Avacelli e Magnadorsa.
93. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
94. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XXXVIII, In che modo fu preso a Benevento.
95. Prima parte del Compendio dell’Istoria del Regno di Napoli, di M.Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Colle Annotazioni, e Supplementi di Tommaso Costo. In: G.Gravier, Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’Istoria Generale del Regno di Napoli, Tomo XVII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1770, pag.308.
96. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.100. Cfr. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
97. Scriveva Giambatista Ajello, Napoli e il luoghi celebri delle sue vicinanze, Napoli 1845. “Quest’acqua è stata recata in Napoli fin da rimotissimi tempi, e forse che solo essa provvedeva a’ bisogni degli abitatori. Certo è che i cunicoli sotterranei costrutti nel luogo ond’ella deriva, ciò in un piano detto della Bolla o Volla, quattro miglia e mezzo discosto dalla città, se non da greci, furon certo formati da’ romani; e una parte dell’acquidotto ch’è sotto Castelcapuano, ha le pareti di fabbrica reticolata di mattoni, ed ha la volta coperta di rottami di antichi marmi, fra’ quali son da notare un pezzo di cornicione corintio, e una statua di marmo bianco messa per traverso, di cui si può vedere la veste piegheggiata dal petto alle ginocchia, e un ginocchio scoperto”. E questo il percorso: “Quest’acqua dunque si raccoglie dal piano che abbiam detto della Bolla, il quale, inchinando dolcemente verso il suo mezzo, fa che l’acqua vi si accolga, e coli poscia o sgorghi in certe grotticelle che metton capo a quattro condotti o cunicoli da’nostri fontanieri addimandati bracci”. Per poi ricongiungersi: “Tutte le aque con tanta industria raccolte, vanno ad unirsi in una casa, che perciò è chiamata dell’Acqua ed appartiene al Comune, onde il sindaco di Napoli ne ha in custodia le chiavi”. Da dove finiva in due condutture: “Quivi l’acqua è divisa in due parti, ma inegualmente. La minor parte esce allo scoperto in un alveo, cui chiaman criminale, muove vari mulini di privati e dà origine al fiumicello Sebeto di oggidì. La maggiore poi, accresciutasi dell’acqua di un altro cunicolo detto il braccio nuovo e di tutte le altre che sorgon tra via, corre inverso Napoli per un canale sotterraneo, che quasi parallelo vien seguitando la via delle Puglie, e, dopo di aver dato moto a una piccola regia fabbrica di armi, a sette mulini e a due fontane pubbliche, provveduto a’bisogni del borgo Sant’Antonio abate e dello spedale di San Francesco, e servito a irrigazion di orti per concessione statane fatta a privati, entra finalmente in città poco discosto da Portacapuana”. E quindi: “Prima che vi entri, e propriamente sotto la chiesa di Sant’Anna a Capuana, si versa in parte in un acquidotto a destra, il quale, trapassando i fossi e le antiche mura della città da quel lato, reca l’acqua a tutta quella parte di essa che poco si discosta dalla strada Carbonara e da quella dell’Orticello, e da ultimo, riuscendo dal lato ov’è la porta san Gennaro, va a finir nella strada de’ Vergini ch’è di rincontro. Questo forse è l’acquidotto che diè modo agli aragonesi assedianti di entrare in Napoli nel 1442”. Comunque è “L’acquidotto principale, entrato in città, biforcasi di sotto alla strada Capuana, e poco poi, ricongiuntosi ov’ è l’ingesso de’ Tribunali, corre sotto al lato sinistro della grande strada ch’è di rincontro, discende per il vico detto de’ Zuroli, e percorre il manco lato della strada Forcella infino a quel gruppo di marmo ch’è nella piazza di Nilo. Quivi torcesi a stanca e per la strada del Salvatore perviene alla università degli studi, scende verso la strada di Mezzocannone, e passando di sotto alla piazza di San Giovan maggiore, a’Banchi nuovi, alla chiesetta di San Demerito, al convento di Santa Maria la Nuova e alla strada San Giuseppe, va a terminar nella strada Medina e propriamente allato alla chiesa della Pietà de’ Turchini… Dalle mura della città presso a Portacapuana infino alla strada di Mezzocannone, questo acquidotto, accordando le differenze, ha la larghezza di palmi tre e l’altezza di otto. Dappertutto, lasciando star quella parte che abbiam menzionato avanti e che è antichissima, ha il piano di fabbrica con lastrico, le pareti vestite d’intonaco di lapillo, e una volta semicilindrica pur di fabbrica o di sole pietre di taglio. Sembra che questa prima parte dell’acquidotto provvedesse a’ bisogni dell’antica Napoli, la qualè avea termine appunto preso alla strada Mezzocannone, e rispondeva a’presenti quartieri di Vicaria, San Lorenzo, Mercato, Pendino e Porto… Quanto al resto dell’acquidotto insino alla strada Mediana, che dovette esser fatto nelle progressive ampliazioni della città, esso ha la media larghezza di palmi uno e mezzo, e l’altezza media di sei; ha il piano e i lati di fabbrica intonacati di lapillo, ed è coperto di pietre tufacee, cui chiaman spaccatoni. Tale è il principal acquidotto dell’acqua della Bolla: ma infiniti sono i condotti e le tubulature che si diraman da’ suoi lati, come le viene nel corpo umano, per recar l’acqua alle circostanti parti della città: sicchè, comunque il principal acquidotto termini presso alla strada Median, le sue diramazioni aggiungon molto lontano e fino alla fontana della real Villa… Oltre a numerosissimi pozzi e a molte fontane di privati, siffatte moltiplici diramazioni recan l’acqua a venticinque fontane pubbliche, e dan moto a nove mulini, la cui acqua di scarico si va a perder nel mare”. “L’acqua della Bolla è migliore dell’altra, che diremo, Di Carmignano, eppur la gente, per la più parte, ha contraria opinione. Perviene in città sempre limpida e fresca, e poco scema nella state; ma contiene gran quantità di carbonato di calce, talchè avviene che, depositandosi per i condotti e le tubulature, formavi la stalattite calcarea ed è cagione di una frequente ostruzione di essi”.
98.V.http://www.conteanolana.it/uomini%20illustri%20libro%20R-Z/Sebeto%20(Fiume).htm. Così si legge: Il fiume Sebeto nasce dal Monte Somma, dalla Grotta detta “Delle Fontanelle del Cancellaro nel fondo della Preziosa”; le acque sorgive erano incanalate in parte nell’acquedotto della Bolla, mentre le restanti, scorrendo nelle campagne di Napoli, sboccavano dopo un corso lento e tortuoso nel mare di Napoli. Esso ora non è che poco più di un fiumiciattolo, quasi privo di acque, usato come canale di scarico di molte industrie; nei pressi della foce vi era un ponte detto “Pons Paldulis”, poi “Guizzardo”, ed infine della Maddalena. Il popolo lo chiama “Sciummitiello”. Cfr.: http://digilander.libero.it/iniziazioneantica/NAPOLIESOT/SEBETO.html.
99. V. A.Bascetta, Mugnano nel 1742, Abedizioni, Avellino 2004.
100. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769. Queste le parole di Giovanna riferite dal Costanzo. La frase riportata invece dal successivo Crivelli è già più italianizzata: – Ecco che ora a questo signore, cui ho dato potestà sopra la mia persona, dò potere reale; e chi sente affetto per me e per la mia casa, deve averlo e servirlo qual re. V.: Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
101. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
102. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769.
103. Alesio de Sariis, dell’Istoria del Regno di Napoli, Tomo II, Presso Vincenzo Orsino, Napoli 1791.
104. Notargiacomo, cit.
105. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pagg.22-26. V. nota.
106. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
107. Meserai, Histoire de France, Tomo II, pag.627. In: Pierre Bayle, Dictionnaire Historique et critique, Tomo XI, Desoer, Libraire, Rue Christine, Parigi 1820, pag.17.
108. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XXXIX, Come Jacopo di principe fu chiamato re e come Sforza salvossi.
109. Brantome, Vies des Dames Illustres, pagg.384-386. V. anche anno 1435, nr.3. In: Pierre Bayle, Dictionnaire Historique et critique, Tomo XI, Desoer, Libraire, Rue Christine, Parigi 1820, pagg.17-25.
110.Amaury Duval, Mémoires, Tome Premier, Chez Chasseriau et Hécart, Parigi 1819, pagg.233-234.
111. Pandolfo Collenuccio, Historia del Regno di Napoli, Libro V, fogli 92-93.
112.Varillas, Anecdotes de Florence, pag.35. In: Pierre Bayle, Dictionnaire Historique et critique, Tomo XI, Desoer, Libraire, Rue Christine, Parigi 1820, pag.25.
113. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.100.
114. Compendio de le Historie del Regno di Napoli, composto da Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Michele Tramezzino, Venezia 1543, pagg.165-169.
115. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XXXIX, Come Jacopo di principe fu chiamato re e come Sforza salvossi.
116. M. d’Egly, Histoire des rois des deux Siciles de la Maison de France, Tomo XIII, Parigi 1741. Cap. Jeanne II. ou Jeannelle, pag.26.
117. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.100.
118. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
119. M. Pandolfo Collenuccio, Del Compedio dell’Istoria del Regno di Napoli a cura di Tommaso Costa, Libro V. In: Giovanni Gravier, Raccolta. Di tutti i più rinomati Scrittori dell’Istoria Generale del Regno di Napoli. Principiando dal tempo che queste Provincie hanno preso forma di regno, Tomo XVII, Giovanni Gravier, Napoli 1770, pag.309.
120. Notargiacomo, cit.
121. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP.XLI, Del castigo ch’ebbe Giulio Cesare, e della felicità di Sforza.
122. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
123. Compendio de le Historie del Regno di Napoli, composto da Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Michele Tramezzino, Venezia 1543, pagg.165-169.
124. M. Pandolfo Collenuccio, Del Compedio dell’Istoria del Regno di Napoli a cura di Tommaso Costa, Libro V, pag.309. In: Giovanni Gravier, Raccolta. Di tutti i più rinomati Scrittori dell’Istoria Generale del Regno di Napoli. Principiando dal tempo che queste Provincie hanno preso forma di regno, Tomo XVII, Giovanni Gravier, Napoli 1770.
125. Notargiacomo, cit.
126. Trascorsi i primi mesi estivi al fianco dell’ex nemico Braccio da Montone, ritrovandocelo a Perugia nel giugno del 1416, Micheletto Attendolo torna, fra settembre e ottobre, nel Regno riparando a Pietrafitta e poi a Tricarico, dove si incontra con il fratello Lorenzo e Parente per trovare il modo di liberare Sforza. Da qui l’avvio dello scontro che terminerà solo con la liberazione di Giacomuzio Attendolo Sforza. V. http://www.condottieridiventura.it/condottieri.
127. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XXXIX, Come Jacopo di principe fu chiamato re e come Sforza salvossi.
128. Compendio de le Historie del Regno di Napoli, composto da Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Michele Tramezzino, Venezia 1543, pagg.165-169.
129. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XL, Con quai condizioni Sorza fuggisse la morte.
130. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XL, cit. Ibidem.
131. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XL, cit. Ibidem.
132. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XL, cit. Ibidem.
133. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
134. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
135. G.B. De Cristoforis, Sergianni Caracciolo. Dramma storico, Tipografia Vignozzi, Livorno 1830.
136. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli.
137. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP.XLI, Del castigo ch’ebbe Giulio Cesare, e della felicità di Sforza.
138. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli.
139. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli.
140. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli.
141. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli.
142. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366.
143. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366. Morroni e Bonito erano suffeudi di Apice. La chiese di Bonito erano dipendenze di Apice e quindi del vescovo di Ariano perchè la rettoria delle parrocchie di S.Stefano e della diruta San Nicola in Bonito era appartenuta fin del 1300 a Castro Apici e, nel 1400, ad Ariano. Idem per i feudi. Fin dal 1300 sia Bonito che Morroni appartenevano al Castro Apici. Nel Libro delle decime per gli anni 1308-1310, al foglio 212 n. 4728 del capitolo In castro Apicii si legge che “clerici castri Boneti solverunt tar. XII” e, al numero 4758, che “Clerici castri Morroni solverunt tar.XII”, cioè tanto i chierici di Bonito quanto quelli di Morroni, entrambi dipendenti da Apice, pagavano 12 tarì come decima dovuta alla S. Sede. La sede del Palazzo Vescovile sarà confermata in Ariano il 4 aprile 1488 con una bolla di Papa Innocenzo VIII il quale nomina rettore della chiesa Renzo De Rogerio, che subentra a Coluccio. La nomina era quindi papale a domostrazione che la chiesa era “libera collazione vescovile, cioè nè il clero, nè il barone hanno il diritto di presentare il loro candidato al Vescovo”. Infatti: “Paolo De Bracchiis, per grazia di Dio e della Sede apostolica vescovo di Ariano, al signor Renzo del castro di Bonito della diocesi di Ariano,salute eterna nel Signore. Essendosi resa vacante la chiesa rurale di Santo Stefano (ruralis ecclesia Sancti Stefani) per la morte del Signore Coluccio, ultimo ed immediato rettore, ed essendo stata a noi legittimamente devoluta (ad nos legitime devoluta), perchè a noi spetta per legge la collazione di essa (cuius collatio ad nos legitime pertinet), assegniamo questa chiesa con la terra detta “Ischitella” presso il fiume e tutte le altre terre che ad essa appartengono al predetto signor Renzo, con l’autorità ordinaria che gli spetta, con l’anello, ed ordiniamo ai coloni di dette terre di considerarlo come rettore legittimo”. Nella Visita Pastorale del 10 maggio 1517 nel territorio bonitese erano rimaste solo le chiese di S. Angelo e S. Stefano del rettore e arciprete Renzo De Rogerio, oltre le chiese di S. Nicola e S. Giovanni dirute e unite alla chiesa parrocchiale. Alcuni beni della parrocchia furono infatti “un pede de terra de tomola 9 sub vocabulo Sancti Stephani iuxta lo terretorio de Merrune da un lato Apice iuxta la terra de Bonito” e anche “un pede de terra a le Feletta di tomola quattro sub vocabulo sancti Nicholae circa le robe de la Corte”.
La prigione dovette essere quella di Morroni di Bonito, allora dipendenze feudali di Apice (Bn). V. AA.VV., Apice. Il Castello, i Feudi, le Chiese, Vol.34, Comune di Apice, ABE, Avellino 2007. Morroni e Bonito erano suffeudi di Apice. La chiese di Bonito erano dipendenze di Apice e quindi del vescovo di Ariano perchè la rettoria delle parrocchie di S.Stefano e della diruta San Nicola in Bonito era appartenuta fin del 1300 a Castro Apici e, nel 1400, ad Ariano. Idem per i feudi. Fin dal 1300 sia Bonito che Morroni appartenevano al Castro Apici. Nel Libro delle decime per gli anni 1308-1310, al foglio 212 n. 4728 del capitolo In castro Apicii si legge che “clerici castri Boneti solverunt tar. XII” e, al numero 4758, che “Clerici castri Morroni solverunt tar.XII”, cioè tanto i chierici di Bonito quanto quelli di Morroni, entrambi dipendenti da Apice, pagavano 12 tarì come decima dovuta alla S. Sede. La sede del Palazzo Vescovile sarà confermata in Ariano il 4 aprile 1488 con una bolla di Papa Innocenzo VIII il quale nomina rettore della chiesa Renzo De Rogerio, che subentra a Coluccio. La nomina era quindi papale a domostrazione che la chiesa era “libera collazione vescovile, cioè nè il clero, nè il barone hanno il diritto di presentare il loro candidato al Vescovo”. Infatti: “Paolo De Bracchiis, per grazia di Dio e della Sede apostolica vescovo di Ariano, al signor Renzo del castro di Bonito della diocesi di Ariano,salute eterna nel Signore. Essendosi resa vacante la chiesa rurale di Santo Stefano (ruralis ecclesia Sancti Stefani) per la morte del Signore Coluccio, ultimo ed immediato rettore, ed essendo stata a noi legittimamente devoluta (ad nos legitime devoluta), perchè a noi spetta per legge la collazione di essa (cuius collatio ad nos legitime pertinet), assegniamo questa chiesa con la terra detta “Ischitella” presso il fiume e tutte le altre terre che ad essa appartengono al predetto signor Renzo, con l’autorità ordinaria che gli spetta, con l’anello, ed ordiniamo ai coloni di dette terre di considerarlo come rettore legittimo”. Nella Visita Pastorale del 10 maggio 1517 nel territorio bonitese erano rimaste solo le chiese di S. Angelo e S. Stefano del rettore e arciprete Renzo De Rogerio, oltre le chiese di S. Nicola e S. Giovanni dirute e unite alla chiesa parrocchiale. Alcuni beni della parrocchia furono infatti “un pede de terra de tomola 9 sub vocabulo Sancti Stephani iuxta lo terretorio de Merrune da un lato Apice iuxta la terra de Bonito” e anche “un pede de terra a le Feletta di tomola quattro sub vocabulo sancti Nicholae circa le robe de la Corte”.
144.Amaury Duval, Mémoires, Tome Premier, Chez Chasseriau et Hécart, Parigi 1819, pagg.233-234.
145. Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia, Tomo IX, Parte I, presso gli Eredi Barbiellini Mercanti di Libri e Stampatori a Pasquino, Roma 1753, pag.107.
146. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
147. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP.XLI, cit. Ibidem.
148. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP.XLI, cit. Ibiden.
149. Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
150. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366.
151. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366.
152. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP.XLI, Del castigo ch’ebbe Giulio Cesare, e della felicità di Sforza.
153. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366.
154. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366.
155. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP.XLI, Del castigo ch’ebbe Giulio Cesare, e della felicità di Sforza.
156. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366.
157.Domenico Crivelli, Della prima e della seconda Giovanna regine di Napoli, Padova 1832. Cap: Giovanna seconda regina di Napoli. Anni da Gesù Cristo 1382-1442.
158. Ivi.
159. Compendio de le Historie del Regno di Napoli, composto da Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Michele Tramezzino, Venezia 1543, pagg.165-169.
160. Angelo di Costanzo, Istoria del Regno di Napoli, Libro XIII, Nella Stamperia di Giovanni Gravier, Napoli 1769, pag.366.
161. Compendio de le Historie del Regno di Napoli, composto da Pandolfo Collenuccio, Libro Quinto, Michele Tramezzino, Venezia 1543, pagg.165-169.
162. Alesio de Sariis, dell’Istoria del Regno di Napoli, Tomo II, Presso Vincenzo Orsino, Napoli 1791.
163. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP.XLI, Del castigo ch’ebbe Giulio Cesare, e della felicità di Sforza.
164. Ludovico Domenichi, Sforza Attendolo a cura di Massimo Fabi, CAP. XLII, Della regina, quando fu preso il re, liberata.
165. Regesti Angioni.
166. M. Pandolfo Collenuccio, Del Compedio dell’Istoria del Regno di Napoli a cura di Tommaso Costa, Libro V, pag.309. In: Giovanni Gravier, Raccolta. Di tutti i più rinomati Scrittori dell’Istoria Generale del Regno di Napoli. Principiando dal tempo che queste Provincie hanno preso forma di regno, Tomo XVII, Giovanni Gravier, Napoli 1770.
167. V.: http://it.wikisource.org/wiki/Gynevera_de_ le_clare_donne. Giovanni Sabadino degli Arienti, Gynevera de le clare donne, 1483. In questa Opera nominata Gynevera de le Clare donne Composta per me Joanne Sabadino de li Arienti ad la illustre Madonna Gynevera Sphorza di Bentivogli, al paragrafo 25, De Isabella de Aragonia regina de Neapoli, piena de religione, così scrive: Isabella, de’ Neapoletani serenissima regina, fu de tantra clarytà de sangue et de virtute, quanto de altra presso noi, in honore del nostro Gynevero, se possa cum divine laude celebrare, come narraremo. Se debbe dunque sapere che essendo restata herede del parthinopeo regno la regina Ioanna secunda del re Lecislao, et tolto per marito de Franza el re Iacobo, che prima se dicea duca de Nerbona, et da lui poi facto incarcerare il pricipe de Taranto, quale parea aspirasse ocupare il regno, poi per opera de Tristano, illustre cavaliero di prischi signori de Franza, de la casa de Chiaramonte, carissimo affine alevato del prefato re Iacobo, marito de la regina Ioanna, fu de le carcere liberato, che tal liberatione già mai se sperava. Questo alhora principe de Taranto, per non essere a tanto beneficio ingrato, dette in matrimonio una sua cara nepote, figlia del suo quondam fratello et de la consorte de quello Catherina de li Ursini, principi romani. Del quale matrimonio ne nacque ne li anni de la salute mille ccccxxquatro Isabella prenominata et due altre figliuole, quale altamente maritate morirono. Morta la regina Ioanna antedecta, il re Alphonso de Aragonia, già facto adoptivo figlio de essa regina, come habiamo ne le virtute de lei narrato, venne nel regno, chiamato da li signori de quello et da li primati de Neapoli per succedere nel regno, come adoptivo figliuolo: in lo quale, doppo molte guerre ultimamente restato re, et non havendo altro unico herede che Ferdinando, suo figliuolo, dubitò, come savio re, che doppo la morte sua non intervenisse qualche defectione nel stato, per essere il figliuolo Ferdinando, alhora duca de Calabria, di etate anni xvi; et per firmarlo cum forte spale ne la successione del regno, gli dette per moglie Isabella che era de anni xxii, cara nepote (come propria figliuola) del principe de Taranto, et figliuola già del predecto illustre cavaliero Tristano. Cun ciò fusse che, quando esso re Alphonso venne ad Neapoli, trovò el principe de Taranto, infra gli altri benivogli signori, molto suo affectionato; et così, regnante Alphonso, vixe sempre in grandissimo favore. Di che iudicò essere meglio uxorare il figliuolo nel regno, che fuori de quello altamente et cum più reputatione, come era de tore la figliuola del duca de Bergogna, quale di era cum degno partito offerta, et a tanta affinità da molti baroni del regno era confortato. Ma credo che ‘l cielo permetesse, che per il premio de le virtute de costei fusse del titolo de la regina dignificata, et che poi la sua anima infra le etheree et candide nymphe dominasse.
Questa Isabella fu formosissima, quanto mai regina se possa recordare. Alta de corpo, cum una grata macilentia, colorita biancheza; li suoi occhii tendevano un poco sul bianco; li capilli furono biondi et lungissimi. Infra certe venustà del suo corpo, mai fu veduta in donna mane più bianche, nè dete più longhi et ben proportionati, che a lei. Naturalmente il suo aspecto era regale in modo, che qualuncha incognito l’havesse veduta, o sola, overo in compagnia de altre donne, non per distinctione de vestimente, overo altri portamenti, ma solo per la maiestà de lo aspecto che era in lei , senza dubio l’haverebbe iudicata regina. Fu eloquente, hebbe dolce sonorità de voce, come bene organizata; fu humanissima et affabile, honestissima in opere et in parole, senza mormoratione de alcuna vanità. Le sue parole per diportarsi erano savie et benigne. Voluntieri vedeva gl’homini docti et costumati; le donne de bona fama et de virtute haveano gratia cum lei. In la corte sua non li piacea tenire gioveni nè homini de legiero sentimento, che quando aprisseno la bocha, el vento li menasse la lingua.Ma donde sentiva homini prudenti et de grande maturità, cum ogni industria et spesa se operava presso se tenerli; et similmente questa felice electione usava in le donne et damicelle,che tenea in camera sua, le quali sempre erano erudite da lei, in quanto a Dio et al mondo, al virtuoso vivere.
Li suoi piaceri et quilli delle sue damicelle furono sempre cum grande honestate et sobrietate, a ciò che Ceres et Bacho non facessero in la sua pudica corte Vene
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