IL RACCONTO DELLA STORIA CHE SPAVENTAVA GRANDI E BAMBINI
premessa.
PIOMBINO E SPACCANAPOLI
I GIALLI CHE TURBARONO L’ITALIA
— Il prolificare dei delitti d’onore
— Amanti all’acqua tofana: costumi leggiadri
— Spaccanapoli e Piombino scuotono l’Italia
— «Avvenimenti tragici e amorosi» e diversi
— La «Informazione» su una «misera morte»
— Il riassunto nel testo letto da Minieri Riccio
— La copia di Ascanio Corona diversa da Silvio
1.
la cronaca originale di corona
il manoscritto su MARIA D’AVALOS
— La Principessa di Venosa sposina di Carlo
— La spiata dello zio Giulio al nipote Carlo
— Gli amanti consapevoli di tradire
— L’imboscata di Principe, cavalieri e parenti
2.
LA storia ricostruita
sui fatti del processo
— Una famiglia nobile legata al Vaticano
— La figura del Cardinale Alfonso Gesualdo
— La casata del Principato di Venosa
— L’amore del Principe sposo di Maria
— Il Palazzo d’Andria del focoso amante
— Serenata sotto casa mentre Carlo dorme
— Carlo e Fabrizio amici, ma Laura sapeva
— Il giardino di Chiaia covo degli amanti
— Lo Zio spione amante rifiutato da Maria
— La famiglia Gesualdo vuole vendetta
— Il Principe premedita dalle serrature
— La scusa della caccia: 24 ore prima
— Fabrizio a letto e in camicia da donna
— Corna in Casa Gesualdo: levati e muori!
— L’ora della fine: le pugnalate del Principe
— La distruzione del nido d’amore
— La Sentenza e la discolpa del Cardinale
3.
LA RICOSTRUZIONE DEL PROCESSO:
cronaca DE «L’INFORMAZIONE»
— La «Informazione» tratta dalla Vicaria
— Il processo scritto sulla scena del crimine
— La cameriera che non ricorda: i testimoni
— I tre esecutori materiali, oltre i Principe
— Tutti assolti col placet del Viceré
— La storia ripresa dagli autori napoletani
— Il dolore di una madre
note bibliografiche
1. A.Ademolo, Misteri dell’Acqua tofano, Tip. dell’Opinione, Roma 1881. Vi si legge la ricetta. Vedasi anche Salvatore Marino, L’Acqua Tofana, Palermo 1882.
2. Barbone, cit. Cfr. Le Grand D’Aussi, Hist. de la vie privée des Francois, T. III. pagg.198-199.
3.Ivi.
4. Ivi
5. Carlo Tito Dalbono, Storia di Beatrice Cenci e de’ suoi tempi, Gaetano Nobile, Napoli 1864.
6. Ivi, idem.
7. Ivi. «Probabilmente questa del Marini è una napoletanata bella e uona. Non si era più ai tempi in cui un libro costava tanto che per comprarlo bisognava vendere un podere, come accadde all’erudito Antonio Panormita».
8. Giuseppe Ninci, Storia Dell’Isola Dell’Elba, Portoferraio 1815. Cfr. Barbone: Dalle memorie manoscritte conservate nell’Archivio comunale di Piombino.
9. Ivi. Cfr. Francesco Inghirami, Storia della Toscana, in sette epoche distribuita, Volume 12, Tipografia Fiesolana, Firenze 1843.
10. Ivi.
11. Silvio et Ascanio Corona, Successi tragici et amorosi, MSS. in copia.
12. Silvio Corona, Successi diversi traggici, et amorosi occorsi in Napoli, et altrove a Napol[lita]ni, composti dà Silvio Corona, MSS in originale.
13. Camillo Minieri Riccio, Catalogo di MSS della Biblioteca di Camillo Minieri Riccio, vol. I e vol. II, presso Giuseppe Dura, Napoli 1868. Contenuti relativi al libro n.33
14. Carlo Tito Dalbono, Storia di Beatrice Cenci e de’ suoi tempi, Gaetano Nobile, Napoli 1864.
15. Ivi.
16. Ivi.
17. Ivi.
18. Camillo Minieri Riccio, Catalogo, cit.
19. Silvio Corona, cit.
20. Carlo Tito Dalbono, Storia di Beatrice Cenci e de’ suoi tempi, Gaetano Nobile, Napoli 1864.
21. Silvio Corona, cap. Successo di D.Fabrizio Carafa Duca d’Andria, e di D.Maria d’Avalos Principessa di Venosa, foll.331-356.
22. Carmine Modestino, Della dimora di Torquato Tasso in Napoli negli anni 1588, 1592, 1594, discorso II, Giuseppe Cataneo, Napoli 1863. Su questo Zio della casata Gesualdo, possessore di beni burgensatici in Calitri, Caggiano, Castelvetere, Frigento, Gesualdo, e altri paesi in provincia del Principato Ultra, scrive Modestino che «da un testamento del 1588 rogato da Giovanni Antonio Incarnato, Napoletano, giudice regio a contratto, rilevasi come D.Giulio Gesualdo compra taluni beni da un tal Fulvio Lanza, Capuano.
Da un altro istromento dei di 1 aprile 1592 emerge come D. Carlo Gesualdo comprò dal Cardinale Alfonso, non che da D.Giulio Gesualdo, suoi zii, parecchi beni burgensatici per la somma di ducati quattromila dugentotrentadue, siti in diversi paesi, dei quali la metà in ducati 2116 venne soddisfatta al Cardinale, e l’altra a D. Giulio, pel banco di Spinola, e tali beni erano pervenuti ai due venditori, comuni ed indivisi dall’ eredità del principe, avo di D.Carlo.
Tali beni burgensatici erano siti in Calitri, Caggiano, Castelvetere, Frigento, Gesualdo, ec. cc.
Finalmente da un’altra scrittura da noi osservata nel regio Archivio desumesi che D.Giulio venne a morte sotto il regno di Filippo III, mentre era in Napoli Vicerè D. Giovanni Alfonso Pimentel, conte di Benavente, ossia verso il 1603, e che lo stesso fe due testamenti nei quali contenevansi parecchie disposizioni in favore della S. Casa dell’ Annunziata, non che di D.Sveva Gesualdo, e di un tal D.Giovanni, suo figlio naturale, assegnando però tutta l’eredità a D.Carlo suo nipote. Quindi surse viva contestazione tra D. Carlo Gesualdo e detta Casa dell’Annunziata; ma finalmente le due parti vennero ad una transazione, pagando il D.Carlo all’ Annunziata ducati tredicimila con ampia rinunzia per parte della medesima in favore di esso D.Carlo di tutti i diritti che le spettavano sulla roba ed eredità del quondam D.Giulio.
L’assenso regio circa tal convenzione e passaggio dei beni del D.Giulio ad esso D.Carlo venne, giusta il solito, conceduto dal detto Vicerè addi 18 aprile 1605. (Quintern. XXXV, fol. 44). Camillo Borrelli dice che fu uomo assai ragguardevole per la perizia nelle armi, per la maturità dei consigli, e per la robustezza dell’ animo e del corpo».
23. Silvio Corona, cit.
24. Carmine Modestino, cit. Cfr. Ascanio e Silvio Corona, Successi diversi, tragici ed amorosi, MSS presso la Biblioteca Brancacciana, Napoli.
25. Carlo Tito Dalbono, Storia di Beatrice Cenci e de’ suoi tempi, Gaetano Nobile, Napoli 1864.
26. Ivi.
27. Ivi.
28. Ivi.
29. Ivi.
30. Ivi.
31. Ivi.
32. Ivi.
33. Ivi. E continua: «Vi risponderebbero che ne’ giorni della repubblica, soito Gennaro Annese e dopo il fatto che narriamo, servirono per usi Doganali (V. Diario di Francesco Capecelatro, an. 1647-1650, Napoli presso il cav. Nobile) per concioni popolaresche; vi direbbero che in tempi infausti servirono di asilo a’soldati più spoetizzanti del mondo civile, i gendarmi! Parlate a quelle mura della loro origine, de’rimoti tempi del patriziato e vi risponderanno con le rime della nostra cara estinta, Laura Terracina:
In cocenti sospiri e spesse e sole
Lagrime, sparse in vece di parole.
Laura Terracina insigne poetessa napolitana pubblicò nel 1561 alcune sue rime sulle vedove di questa nostra città, titolate o non titolate. Anch’ ella va noverata fra le vittime del fiero e sospettoso secolo XVI, e merita posto tra le donne ricordate a pag. 51, 52 e 53. Sposa del Mauro, napolitano, ebbe dai re d’Inghilterra Odoardo VI il dono onorifico di una ligaccia gemmata: quel dono sdegnò il marito e sì lo acciecò di gelosa ira, che la uccise».
34. Carlo Tito Dalbono, Storia di Beatrice Cenci, cit.
35. Ivi.
36. Ivi.
37. Ivi.
38. Ivi
39. Ivi
40. Ivi
41. Ivi.
42. Ivi.
43. Ivi.
44. Ivi
45. Ivi
46. Ivi
47. Carlo Tito Dalbono, Storia di Beatrice Cenci e de’ suoi tempi, Gaetano Nobile, Napoli 1864.
48. Carmine Modestino, Della dimora di Torquato Tasso in Napoli negli anni 1588, 1592, 1594, discorso II, Giuseppe Cataneo, Napoli 1863.
49. Ivi. Cfr Giustiniani, Memorie storiche degli scrittori legali, T. I., pag. 271.
51. Ivi.
50. Ivi. Cfr. Gio. Ballista del Tufo, Cronologia della famiglia del Tufo, Napoli 1627, pag. 58.
52. Ivi. Cfr. Schinosi, Ist. P. II. Lib. I, capit.I. II.
53. Ivi. Cfr. Imhof, Hist. ad Tab., VII. pag.348.
54. Ivi. Frontespizio del Processo in copia originale letta dall’autore.
55. Ivi.
56. Ivi. V. Volpicella, Descrizione storica di alcuni principali edificii della Città di Napoli, pag. 202.
57. Ivi.
58. Ivi. Cfr. Giustiniani, Memorie storiche degli scrittori legali. T. III. pag. 184.
59. Ivi.
60. Ivi. Così l’autore: «Rammenti il lettore che in quell’età il processo era secreto ed interdetta la pubblicità ne’ giudizi penali.
Secondo il Nicolini, prima della pubblicazione fatta nel 1819 della procedura penale, non abbiamo avuto mai un’ordinata e certa legge della medesima.
La Prammatica del 1738 avea posto un freno agli scrivani e migliorati i giudizi. I magistrati non cominciarono a sentir l’importanza de’ loro doveri che per le Prammatiche del 1774 relative alla motivazione delle decisioni; nè aura di filosofia venne a temperare il rito criminale, se non quando ne’ giudizi militari s’ introdusse il Carego.
Questo consisteva nella discussione de’ testimoni e delle pruove in presenza del reo e de’ suoi difensori, alla quale non altro mancava degli attuali dibattimenti che una maggiore solennità, e la presenza del pubblico, ammesso solo alle arringhe.
Ad onta di ciò, l’Ordinanza militare del 1789, quasi coeva al Codice Leopoldino in Toscana, diede ai militari processi un ordine più semplice, e forme meno arcane e più certe.
La luce ne riverberò sui processi comuni, e per tal modo, mentre altrove l’intemperanza e quasi il furore de’ militari giudizi corrompeva l’ ordine e la saggia lentezza del rito ordinario, qui fra noi la saviezza di una legge militare ritirava le altre leggi ai principj della loro antichissima instituzione, e nella esecuzione ne correggeva i difetti. Cosi negli ultimi anni del secolo passato qui la giurisprudenza, guidata della filosofia, raddolciva tra noi e piegava il rito a forme migliori!».
61. Ivi. «Usavansi in quei tempi talune tovaglie da spalla, oggi dette mantelline, sia semplici, sia lavorate a più colori alla moresca». Cfr. Muratori, Antichità Estensi P. II, cap. XII.
62. Ivi.
63. Ivi. Testimonianza di Silvia Albana.
64. Ivi. Cfr. Capaccio, Illustrium mulierum et illustrium literis virorum elogia, Lib. 1. pag.190.
65. Ivi.
66. Ivi.
67. Ivi.
68. Ivi. Cfr. Castaldo, Dell’ istoria di Napoli, lib. I. pag. 36.
69. Ivi.
70. Ivi. Cfr. Varchi, Storia Fiorentina, Lib.XV, pag. 255
71. Ivi. Cfr. V. Mutinelli, Storia arcana ed aneddotica d’Italia, Vol. II, pag. 262.
72. Ivi. V. Ammirato, Delle famiglic nobili napoletane, P. II. pag.174.
73. Ivi. V. Costo, Supplemento alla storia del Collenuccio, T. III. pag. 434.
74. Ivi. Cfr. Aldimari, Hist. genealogica della famiglia Carafa, Lib. II. pag. 385.
75. Ivi. Cfr. Mathei, Ad leg. Iul. de adult, Tit. III, capit.I.
76. Ivi. Cfr. Foscolo, Discorso sul testo del poema di Dante, 8. 155.
77. Ivi. Cfr. Distinzione tratta dal Cortigiano del Castiglione, Lib. IV. XV. Edizione del Lemonnier. Ecco le sue parole: «Se la donna non ricerca gli abbracciamenti amorosi per isfrenata cupidità d’intemperanza, non dee ragionevolmente esser ripresa, onde anzi lode meritò che biasimo la reina Amazone, la quale, come racconta Giustino, venne volonta riamente a sottoporsi ad Alessandro per ingravidarsi di lui: e forse dalla medesima cagione fu mossa la reina Saba a venire a trovar Salomone; perciocchè è opinione che i re dell’Etiopia da lei e da Salomone siano discesi; quelle ancora che non per cupidigia d’intemperanza ma per amore cercano gli abbracciamenti, con questo possono essere accompagnate, nè possono in alcun modo essere giudicate infami e disonorate; perciocchè l’infamia e il disonore seguita il vizio, e dove non è vizio, non può essere infamia, nè disonore; ma il vizio è abito confermato, onde se l’intemperante è vizioso, in conseguenza può essere disonorato; ma l’incontinente non deve ragionevolmente essere riputato o vizioso o disonorato. L’intemperante senza contrasto si lascia vincere, e vinto non si pente della perdita sua, nè dello scorno, nè ha rimordimento o vergogna, ma l’ incontinente combatte cogli affetti, e dopo lunga tenzone è vinto; e vinto da chi? da amore potentissimo sopra tutti gli affetti. Chi disonorata può stimare la re« gina Didone, sebbene all’amor di Enea si sottomise? Prima ripugna all’ amore, e brama di essere fulminata piuttosto, e dalla terra inghiottita che di violar le leggi della vergogna vedovile; poi dopo lungo contrasto aggiungendosi alle forze d’amore le persuasioni della sorella, che con efficacia dice: placitone etiam pugnabis amori? a poco a poco si lascia vincere. È l’amore potentissimo affetto, in modo che ci lascia dubbi se egli sia divino furore o piuttosto affetto di concupiscenza carnale; e sebbene pare che Aristotile non conosce altro amore che quel di benevolenza’, e quel di concupiscenza, nondimeno non si può dubitare che un terzo non ne sia forse di questi due misto, a cui si aggiunge molte fiate un non so chè di celeste e di divino veramente».
78. Carmine Modestino, Della dimora di Torquato Tasso in Napoli negli anni 1588, 1592, 1594, discorso II, Giuseppe Cataneo, Napoli 1863. Cfr. Il discorso della virtù femminile e donnesca.
79. Ivi. Engenio, Napoli sacra.
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