ATTI DI NOTAI SU ARIANO DI PUGLIA: IL MASSACRO DEL 1861 SUL TRICOLLE IRPINO 9788872971802

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prologo
Rivoltosi sobillano il Principato Ultra di Sabato Cuttrera
note prologo

capitolo i
Il campo di battaglia s’allarga sul Calore
— A Montemiletto la rivolta ordita dalle spie nazionali
— Il 5, 6 e 7 settembre i Cacciatori restano sul Calore
— Il Maggiore mise tenta per impedire il passo a Flores?
— Ariano massacrata, ma De Marco non lascia il campo
note capitolo i

capitolo ii
Nasce la Provincia di Benevento coi paesi strappati all’Irpinia
— Rampone privilegia un Consiglio beneventano fazioso
— Nel disegno della nuova Provincia c’è il Distretto di Ariano
— Il 7 insorge Bonito, l’8 tocca a Torre e Morcone
— Garibaldi sfila a Napoli, Turr ad Avellino con Rampone
— Turr esce da Avellino, indi De Marco cattura Flores
— Il Dittatore esclude i repubblicani da Benevento
— Stato d’assedio su Ariano: 90 fra arrestati e fucilati
— Ai ferri tutti i reazionari, Mirabelli viene ricercato
— I mazziniani beneventani si ribellano: sono pro Rampone
— Manette ai capisezione di Benevento armati di fucili
— Arrestati Morante e gli altri veri e primi patrioti liberali
— Benevento è delusa: rimpiange perfino Franceschiello
— I 32 della fanfara di Apice al massacro di Boiano
— Il prodittatore ridisegna la nuova Provincia Sannitica
— Avellino protesta per lo strappo del Circondario di Paduli
— I deputati locali insorgono, ma il Parlamento approva
— Il decreto ufficiale include Cervinara ed esclude Airola
— Caduta la difesa di Capua, l’ex Re si rifugia a Roma
— La leva obbligatoria: una scintilla per il brigantaggio
— Il fallimento di Imbriani ostacolato da De Sanctis
— Le colpe della matrigna del Re schierata per Luigi
note capitolo ii

fonti, bibliografia, giornali, riviste, internet

Fonti, Bibliografia,
Giornali, Riviste, Internet

Archivio di Stato di Napoli (ASN o ASNA)
Archivio di Stato di Benevento (ASB)
Archivio di Stato di Salerno (ASS o ASSA)
Archivio di Stato di Avellino (ASA o ASAV)
Biblioteca Naz. di Napoli (BNA) e relativo Museo
Biblioteca Prov.di Avellino (BPA) e relativo Museo
Biblioteca Naz.di Loreto (BNL) e relativo Museo

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www.brigantaggio.net – www.ilportaledelsud.org – www.torremaggiore.com – www.abenapoli.it

citazioni, fonti, bibliografia, giornali, riviste e siti internet consultati non compresi in elenco sono riportati direttamente nelle note di fine capitolo.

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2. Salvatore Rampone, Memorie Politiche di Benevento, D’Alessandro, Benevento 1899.
Scrive Rampone: “Quanti prodigii! Quanto entusiasmo! Il Governo provvisorio, informato dell’entrata in Napoli del Generale Garibaldi, si affrettò inviargli una Deputazione per fare atto di adesione alla sua Dittatura; ed in fatti, nel mattino del 9, la Deputazione, composta da chi scrive e dal membro del detto Governo, signor Nicola Vessichelli, partì a quella volta, ed ivi giunta fu tosto ricevuta dal Dittatore, al quale fu presentato, tra gli altri atti doverosi, il seguente indirizzo:
Generale Dittatore, A Voi, che sempre combatteste per la Libertà, e la Indipendenza dei popoli, con tale abnegazione, da rendervi maggiore degli eroi di Plutarco, si rivolgono i Cittadini di Benevento, che, sotto la vostra Dittatura, fin dal giorno 3 di questo mese, proclamarono nella loro Provincia la sovranità di Vittorio Emanuele Red’Italia. A Voi, che siete il braccio di quel Re desiderato, da tre secoli, dal Macchiavelli, si rivolgono fidenti, e nel silenzio aspettano il compimento dei loro voti. Mancipii fin ora dei clericali, con unanime slancio cercarono l’attuazione di un concetto, dai nostri nemici tenuto per folle e inattuabile, solo perchè non speravano che fossero per sorgere al mondo due cuori magnanimi, – quelli di Vittorio Emanuele e di Garibaldi. Ma ora che queste catene sono infrante, e ogni redento si rivolge al suo redentore per offrirgli la vita e gli averi in sostegno del nuovo libero regime, abbiatevi dà parte di Benevento un’eguale, interminabile profferta. Voi siete l’interprete presso il nuovo Re, ditegli che i figli di questa sua Provincia, mercè i loro Rappresentanti, hanno giurato di spendere fino all’ultimo l’obolo loro, e di spargere tutto il loro sangue per la Patria, al grido di viva la Indipendenza d’Italia – viva Vittorio Emanuele è il Dittatore Garibaldi. Indi la Deputazione gli espose le giuste aspirazioni dei beneventani, quelle, cioè, di vedere elevata Benevento a capitale di Provincia napoletana, come appunto era stato convenuto col Comitato Centrale Nazionale, ed a tale intento gli presentò il progetto con la pianta topografica della nuova circoscrizione, innanzi notata. Il Dittatore si mostrò compiaciutissimo per quanto la Deputazione gli aveva esposto, e promise di provvedere per la nuova circoscrizione provinciale, di cui ritenne il progetto e la pianta topografica, come in effetti compì la promessa col decreto, emesso, a firma del suo prodittatore Giorgio Pallavicini, in data 25 ottobre, col quale l’antico Ducato di Benevento fu dichiarato Provincia del Regno italiano, e Benevento capitale di essa”.
3. Cfr.F.Barra, Storia di Avellino, Edizioni Grafic Way per Lions Club, Avellino 1992.
4. Cfr.A.Bascetta, L’esecito di Franceschiello, Abedizioni, Avellino 1999.
5. Ivi.
6. Ivi.
7. Nicolino Polcino, Sprazzi Poetici, Poesie Discorsi Personaggi, Paupisi 1998. Così scrive: “Gli eventi dei fatti del settembre Arianese seguono più particolareggiati giacché il De Marco, in quel territorio fedelissimo alla corona Borbonica, dopo la cattura del Generale Flores e il disfacimento della colonna, molto dovette lavorare al rilevamento del bottino bellico e solo protagonista provvide saggiamente a ristabilire l’ordine, a imprigionare i più accesi reazionari e gli autori delle stragi, al rastrellamento totale delle armi e munizioni, a prevenire altre sommosse, a riportare tra le opposte fazioni una calma duratura”.
8. Salvatore Rampone, Memorie Politiche di Benevento, D’Alessandro, Benevento 1899. Scriveva Rampone: – “Fu subito istallato il governo provvisorio, di accordo col Comitato, ch’era composto, tra gli altri, dallo Scolopio P. Nitti, dall’avvocato Oronzo Leo, e dal colonnello De Conciliis, e quest’ultimo fu nominato Commissario straordinario con alti poteri civili e militari. Il Generale Tùrr, dopo il mezzogiorno, marciò colle forze garibaldine alla volta dei paesi insorti, ed io, avendo compiuta la missione affidatami, rifacendo la strada per Nola, ritornai a Napoli, e di là a Benevento, dove il dovere mi chiamava, perche’ prevedeva che la concordia e la pubblica tranquillità, con tanti sacrifizii mantenuta, da un momento all’altro poteva essere seriamente turbata, a causa delle continue provocazioni dei camarillisti, come infatti avvenne… Sparsasi la notizia che dal Governo provvisorio doveva partire la proposta per la nomina del governatore, giusta gli accordi presi col Dittatore Generale Garibaldi, la Camarilla e i suoi partigiani, che, fino allora, si erano tenuti in un’apparente indifferenza e riserbo, incominciarono ad agitarsi, e ad agire apertamente, per afferrare il potere, e, come di conseguenza, il partito del Governo tenne loro fronte; cosicché da entrambe le parti si promossero indirizzi e sottoscrizioni, pel Conte Carlo Torre le une, e pel Presidente del Governo provvisorio le altre. Ma l’agitazione, e la prepotenza dei camarillisti andò oltre. Alcuni del Decurionato (Consiglio Comunale) costituironsi in Commissione, e, pigliando a pretesto di doversi recare dal Dittatore per ringraziarlo del dono fatto alla Guardia Nazionale di 300 fucili, eseguivano, invece, il segreto concerto della Camarilla, di chiedere la nomina di Carlo Torre a governatore di Benevento. La Deputazione fu composta dai signori avvocato Pasquale La Valle, Dottor Domenico Ventura, Raffaele dei marchesi Mosti, Luigi Tomaselli, e da qualche altro, ch’è sfuggito alla memoria, e ad essi si unirono in Napoli, inconsideratamente, i signori marchese Casanova e Ferdinando Pandola, per far cosa grata ai loro importuni amici di Benevento. Il Governo provvisorio, sospettando i soliti intrighi dei camarillisti, aveva provveduto a sventarli, facendo partire assieme alla detta Deputazione un suo componente il signor Domenico Mutarelli – con opportune istruzioni, ma questi, per troppa buona fede, invece di stare alle costole di quei signori, diede loro il tempo di presentarsi, da soli, al Segretario Generale Bertani, e chiedegli la nomina di Carlo Torre a governatore di Benevento; cosicché egli arrivò nel momento, in cui il Bertani consegnava loro il relativo decreto, dicendo: ecco siete stati contentati, è questa la nomina di Carlo Torre a governatore di Benevento. Il Mutarelli avrebbe dovuto opporsi, in nome del Governo provvisorio, ma gli mancò quella risolutezza, ch’è necessaria in certi momenti di sorprese, e lasciò andare il brutto tiro fatto a lui, al Governo provvisorio, ed a tutto il partito della rivoluzione! Veramente il Bertani non avrebbe potuto prendere quel provvedimento, perché non poteva dimenticare che la proposta di nomina doveva esser fatta al Dittatore, esclusivamente, dal Governo provvisorio, giusta l’accordo preso, ma egli forse cadde in tale errore, sia perché la Deputazione gli si presentò in nome della Rappresentanza Municipale, sia perché, ignorando lo stato politico di Benevento, non poté immaginare fin dove potessero giungere i tranelli della Camarilla beneventana. Intanto sparsasi la notizia di quanto era accaduto, gl’insorti del 3 settembre ne restarono, fortemente, irritati, e chiesero, con la maggiore insistenza, di mandarsi una Deputazione al Dittatore, all’oggetto di far revocare la predetta nomina. La Deputazione fu in effetti composta dallo stesso signor Mutarelli, e dai signori Domenico De Simone, Francesco D’Aversa, Dottor Vincenzo Russo, e Giambattista Zanchelli, ed io, non avendo potuto esimermi dall’accompagnarla, la presentai al Segretario Generale Bertani, per l’assenza di Garibaldi, il quale era intento ad espugnare Capua; ed in tale occasione, attesa la nomina del governatore, rassegnai i poteri, di cui era rivestito.
9. Nicolino Polcino, Sprazzi Poetici, Poesie Discorsi Personaggi, Paupisi 1998.
10. ASA, Atti della Gran Corte Criminale del Principato Ultra di Avellino sui fatti di Montemiletto. Costituito un giurì, si riconobbero 27 assassini. Per generosità di Garibaldi, con apposito telegramma, veniva ordinato a Salomone, commissario politico del Principato Ultra, di sospendere qualunque esecuzione e di condurre gli arrestati al carcere di Avellino per istruire con calma un regolare processo. Mentre la commissione era in corso, un decreto scioglieva quel giurì con l’ordine di rimettere gli atti nello stato in cui si trovavano alla Gran Corte Criminale e di ricominciarne l’istruttoria affidandola ad Andrea de Leone. Quest’uomo dalle eccelse virtù, famoso per l’onestà e la conoscenza giuridica, dopo ben otto mesi, era ancora impossibilitato a rilevare tutte le verità. Subornati dalle parti reazionarie, i testimoni, che nei primi giorni dopo l’avvenimento avevano chiaro lo svolgersi dei fatti, non mancarono di nascondere a de Leone interessanti particolari. Rimesso il processo alla Corte si videro in libertà non pochi dei principali esecutori ritenuti non soggetti a mandato di arresto; altri nutrivano speranze per uscire dal carcere grazie alla protezione di qualche notabile fin troppo liberale e all’energica operosità di alcuni avvocati sostenuti da grosse somme. Compresi gli 87 di Torre, la cifra superava i 500 arrestati per i fatti accaduti nei tre paesi: i due terzi di tutti i carcerati politici presenti nel bagno di Montefusco. Della cosa si rese conto lo stesso De Sanctis quando scoprì che un centinaio di detenuti erano addirittura innocenti, vittime di una retata troppo frettolosa. L’accusa ai 553 imputati fu di cospirazione, avente per oggetto di distruggere e cambiare il governo costituzionale proclamato il 25 giugno 1860, incitamento alla guerra civile, devastazione, saccheggio e omicidi. La conferma dell’arresto avverrà il 23 luglio 1861 con atto del presidente della Gran Corte Militare, Giuseppe Landolfi. Anche il giudizio a carico di Pasquale Mirabelli Centurione fu poi trasferito dalla Corte di Napoli a quella di Avellino. Il giudice de Leone riuscì a compilare l’elenco dettagliato dei 96 contadini innocenti da scarcerare solo il 21 marzo seguente. Nove anni durò il processo a carico dei rivoltosi, con sentenza di primo grado emessa il 10 luglio 1863 per i fatti di Montemiletto e il 12 di settembre per quelli di Torre. Gli autori materiali avevano la loro punizione. Contrariamente ai mandanti, Pasquale Mirabelli, Pirro, Penna, il giudice Majorsini, tutti e tre prosciolti, nel corso dell’istruttoria, da qualsiasi imputazione. Cfr. A.Bascetta, L’esercito, cit.
11. Edgardo de Rimini, Salvatore Rampone, nel ricordo di un pronipote, da: Memorie Politiche di Benevento, Ricolo Editore, Benevento 1988. Così conclude: “Così, oltre a rendersi promotore di varie iniziative in sede comunale e provinciale, fondò e diresse, dal 1863 il Nuovo Sannio, un giornale politico-amministrativo, battagliero e sensibile alle nuove e complesse problematiche sociali e cittadine, su posizioni di netto contrasto politico col partito dei moderati. Salvatore Rampone cessò di vivere il 30 marzo 1915”. Cfr. Salvatore Rampone, Memorie Politiche di Benevento, D’Alessandro, Benevento 1899. Scriveva Rampone: “Pero’ le imprudenze crearono al Governo provvisorio una critica posizione, e giovarono, senza volerlo, agli avversarii. Ecco cosa avvenne. I Capi – Sezione, avendo saputo che il partito Torre, per ottenere la sua nomina a governatore, tra l’altro, aveva promosso una sottoscrizione, la quale, mentre si assicurava contenere i ringraziamenti al Generale Garibaldi pel dono fatto di 300 fucili, racchiudeva, invece, la petizione per l’anzidetta nomina, e credendo che una pubblica manifestazione avesse potuto viemeglio influire a farla revocare, radunarono sotto l’armi le rispettive sezioni, cui si unirono anche le altre dei Comuni di S. Angelo a Cupolo e di S. Leucio, appositamente chiamate, e tutte, a tamburo battente, percorsero le principali strade, e soffermaronsi sulle diverse piazze e larghi. Indi furono invitati tutti i Notari, residenti in Benevento, a redigere un verbale di quanto veniva dichiarato dal popolo. L’atto fu esteso dai Notari Mazziotta Bartolomeo, Bruno Tommaso, Bruno Antonio, lannace Donato, Del Ninno Alfonso, ed e come segue:
In Nome di VITTORIO EMANUELE Re d’Italia Dittatore GIUSEPPE GARIBALDI,
Benevento, 25 Settembre 1860, A richiesta dei qui sottoscritti e sottosegnati Capi – Sezione, Noi pubblici Notari, residenti in Benevento, ci siamo conferiti nei siti largo Castello, – largo Santa Sofia, – largo S. Domenico, – largo del Gesù, – nel cortile del palazzo comunale, – largo S. Caterina, largo della Dogana, – largo del Duomo, – piazza Orsini, – largo Porta Rufina, e indi in diversi siti e strade della città, ed abbiamo rinvenuto gran quantità di cittadini, e moltissimi naturali dei Comuni appodiati, limitrofi, e dove più, dove meno, e quindi girando per la maggior parte della città, rinvenendo, tratto in tratto, molta gente riunita, alcuni Capi – Sezione avendo domandato alla folla se avessero firmato una petizione al Generale Garibaldi, hanno risposto, chi affermativamente, e chi negativamente, e richiesti, nuovamente, che avessero inteso di firmare, hanno tutti, unanimemente, risposto: Noi, senza leggere la scrittura, come ci fu detto da chi richiedeva la nostra firma, abbiamo inteso sottoscrivere un’indirizzo al Generale Garibaldi, per ringraziarlo di aver regalato alla Guardia Nazionale di Benevento 300 fucili, e per avere anche elevata Benevento a capoluogo di Provincia napoletana. Questo, e non altro, abbiamo inteso firmare. Finalmente domandato chi bramavano avere per loro governatore, hanno tutti, a viva voce, risposto “vogliamo il signor Salvatore Rampore, che per noi ha faticato”. Firmati: I Capi – Sezione – Francesco Babuscio, Francesco Capilongo, Domenico Ricci, Tommaso Campanella, Luigi Marotti, Paolo Orrei, Raffaele Russo, Pier-Felice Petrella, Giuseppe Marotti, Raffaele Generazzi, Raffaele Lamparelli, Antonio Lamparelli, Alessandro Ferrara, Giambattista De Longis, Salvatore Marotti, Lodovico Del Ninno, Giambattista Zanchelli, Michelangelo Iannace, Beniamino De Longis. Luigi Pacifico testimone, Luigi Abete testimone. Cosi, ed in fede. Firmati: Noi Notaro Bartolomeo Mazziotta rogato, Notaro Antonio Bruno, Notaro Tommaso Bruno, Notaro Donato lannace, Notaro Alfonso-Maria Del Ninno, rogato ho segnato.
Quest’atto, che, come ognuno comprende, non altro racchiudeva che una pubblica e solenne manifestazione, solo perché fatta con le armi al braccio, dié pretesto al governatore Torre di riferire al Dittatore che a Benevento era scoppiata la reazione.
12. Luisa Sangiuolo, I Briganti in prossimità della Città di Benevento, in: Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880, De Martino, Benevento 1975.
13. Salvatore Rampone, Memorie Politiche di Benevento, D’Alessandro, Benevento 1899.
14. ASA, Gran Corte Criminale, Busta 55, fasc. 303, Provincia di Principato Ultra, Distretto di Ariano, Circondario di Paduli, “Discorsi sediziosi con i quali si è avuto soltanto in mira di spargere il malcontento contra il Governo, nel Comune di Apice, reato previsto dall’art. 142 delle Leggi penali”, documenti “del reato 4 ottobre 1860, del rapporto 15 ottobre detto, dell’invio del processo alla Procura Generale 7 Novembre 1860, numero 26 del misfatto”.
15. Ibidem.
16. Ibidem.
17. Ibidem.
18. Ibidem
19. Ibidem.
20. Ibidem.
21. Ibidem. Si scriveva quindi che esistevano “gli adempimenti di rito sul conto degli imputati, non escluse le perquisizioni”, rammentando il certificato con cui si faceva rilevare “che non essendovi altro a poter fare per lo migliore sviluppo della verità, si dispone l’invio del processo al suo destino. Fatto in Paduli lì 7 Novembre 1860, il Giudice del Circondario N. Natarinni, il Cancelliere Giacomo Francese”.
22. Luisa Sangiuolo, I Briganti in prossimità della Città di Benevento, in: Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880, De Martino, Benevento 1975.
23. F. Barra, Storia di Avellino, Edizioni Grafic Way per Lions Club, Avellino 1992. Su circa 1.650.000 iscritti nelle liste elettorali dell’ex Regno continentale (la popolazione era di 6.500.000 abitanti) i votanti furono 1.312.366 (79,5%) di cui 1.302.064 favorevoli e 10.302 contrari; in Sicilia su 575.000 iscritti (su 2.232.000 abitanti) i votanti furono 432.720 (75,2%), di cui 432.053 favorevoli e 667 contrari.
24. L. Sangiuolo, op. cit.
25. Salvatore Rampone, La “Rivoluzione” del 1860 a Benevento, da: Memorie Politiche di Benevento, D’Alessandro, Benevento 1899.
26. Costituzione della Provincia di Benevento, a cura dell’Amministrazione Provinciale di Benevento, Atti del Convegno di Studi su: “La podestà statutaria e la nuova Provincia nella realtà meridionale”, Rocca dei Rettori, Benevento 10 XI 1990. Leggiamo: “Ricalcando in parte il precedente e uniformandosi alla medesima idea-guida della circoscrizione ecclesiastica, il richiesto progetto prevedeva in aggiunta all’elenco del 27 settembre l’ulteriore aggregazione di altri circondari: Piedimonte, Caiazzo, Cusano, Riccia, Baselice, S.Croce di Morcone, Montecalvo, Flumeri e Castelbaronia, in modo da ottenersi una popolazione complessiva di 326.108 anime. Esso fu accompagnato da una Memoria, che presupponeva Benevento come il “centro naturale” dei territori proposti per l’annessione sia perché questi erano tutti compresi nella “vasta diocesi di Benevento” o in altre pur sempre suffraganee, “come una gran famiglia religiosa attorno al comun Metropolita”, sia perché i loro “popoli, erano da lungo tempo dimesticati ed interessati con Benevento per frequenza di traffichi e commerci. In base al nuovo progetto Torre, che tuttavia fu modificato e in parte integrato dalla commissione luogotenenziale, e su conseguente proposta di Liborio Romano, con suo decreto del 17 febbraio 1861, il luogotenente generale Eugenio di Savoia – Carignano promulgò quel che sarebbe stato il nuovo assetto circoscrizionale della Provincia”.
27.Raffaele Caporuscio, Il collegio elettorale uninominale di Airola (Bn) e i suoi deputati al Parlamento nazionale VIII-XIV legislatura 1861-1882, Grafica 3, Luzzano di Moiano 1997.
28. Mario Boscia, Nascita della Provincia di Benevento, problemi locali e nazionali, da: “Gazzetta di Benevento, Benevento 1990.
29. Raffaele Caporuscio, Il collegio elettorale uninominale di Airola (Bn) e i suoi deputati al Parlamento nazionale VIII-XIV legislatura 1861-1882, Grafica 3, Luzzano di Moiano 1997.
30. Costituzione della Provincia di Benevento, a cura dell’Amministrazione Provinciale di Benevento, Atti del Convegno di Studi su: “La podestà statutaria e la nuova Provincia nella realtà meridionale”, Rocca dei Rettori, Benevento 10 XI 1990. Leggiamo: “Il decreto luogotenenziale lasciava insoddisfatte non poche comunità locali: se da una parte infatti vanificava la volontà di aggregazione di comuni come Gambatesa o Tufara Valfortore e soprattutto Cervinara, Rotondi, S.Martino V.C., Roccabascerana, Chianche, Casalbore e Montemale (l’odierna S.Arcangelo Trimonte, che vedrà realizzata quella sua aspirazione a distanza di più d’un secolo), dall’altra suscitava invece un vivo dissenso in altri comuni e circondari, che avrebbero preferito continuare a far parte delle originarie provincie di appartenenza: Airola, Sant’Agata, Solopaca, Faicchio, Guardia, Pannarano, Sassinoro, Santa Croce, Cercemaggiore (unico comune, questo, di cui nel dicembre 1861 il Consiglio Provinciale di Benevento riconobbe – riconoscimento veramente formale per allora! – la legittimità delle doglianze)”.
Questi i comuni: Benevento, Arpaise, Ceppaloni, S.Leucio, S.Angelo a Cupolo; Montesarchio, Apollosa, Bonea, Pannarano; Paduli, Apice, Buonalbergo; Pescolamazza, Fragneto l’Abate, Fragneto Monforte, Pago, Pietrelcina; S. Giorgio la Montagna, S. Martino Ave Gratia Plena, S.Nazzaro-Calvi, S.Nicola Manfredi; Vitulano, Campoli, Castelpoto, Cautano, Foglianise, Paupisi, Tocco Caudio, Torrecuso; Airola, Arpaia, Bucciano, Forchia, Moiano, Paolise; Cerreto, Faicchio, S.Lorenzo Minore; Cusano, Civitella, Pietraroia; Guardia Sanframondi, Amorosi, Castelvenere, S.Lorenzo Maggiore, S.Salvatore; Sant’Agata dei Goti, Durazzano, Limatola; Solopaca, Frasso, Melizzano-Dugenta; Baselice, Castelvetere, Foiano; Colle, Circello, Reino; Morcone, Campolattaro, Sassinoro; Pontelandolfo, Casalduni-Ponte, S.Lupo; S.Giorgio la Molara, Molinara, S.Marco dei Cavoti; S.Croce di Morcone, Castelpagano, Cercemaggiore; Castelfranco, Ginestra, Montefalcone; S. Bartolomeo in Galdo.
31. Salvatore Rampone, Memorie Politiche di Benevento, D’Alessandro, Benevento 1899. Scriveva rampone: “Per tutti questi titoli, spero si rigetti la proposta di sospendere l’escuzione della legge. In effetti, la Camera respinse, a grande maggioranza, la proposta del Deputato Caso, e l’organamento della nuova Provincia ebbe la sua completa esecuzione, nel giugno del detto anno, giusta il citato decreto Luogotenenziale del I 7 febbraio, e la conferma del Parlamento Subalpino del 13 Aprile, che resterà quale documento eloquente e imperituro dei maggiori fasti della nuova Benevento”.
32. Raffaele Caporuscio, Il collegio elettorale uninominale di Airola (Bn) e i suoi deputati al Parlamento nazionale VIII-XIV legislatura 1861-1882, Grafica 3, Luzzano di Moiano 1997. Scrive Caporuscio che dal Dicastero dell’Interno e Polizia erano nominati sindaci del Circondano di Benevento i signori: Giuseppe Verli per Airola; Vincenzo Capone per Arpaise; Francesco Falcesti per Apice; Saverio Vetrone per Apollosa; Michele Porcelli per Buonalbergo; Giuseppe Parenti per Ceppaloni; Pellegrino Caporosso per Campoli; Pietro Moio per Castelpoto; Giovanni Izzo per Cautano; Federico Perrillo per Fragneto l’Abate; Bartolomeo Pellegrino per Fragneto Monforte; Giovanni Caporosso per Foglianise; Giovanni Carlo Inglese per Paolise; Vincenzo Bianco per Paupisi; Nicola Polvere per Pago; Raffaele Lepore per Pannarano; Bonifacio Nisco per S. Giorgio la Montagna; Giuseppe Mellusi per Torrecuso; Gaetano Campana per Tocco; Giovanni Iudango per Vitulano; Giuseppe Tucci per Arpaia; Lelio Ricci per Bonea; Michele de Blasio per Bucciano; Michele Stroffolino per Forchia; Sebastiano Del Giudice per Luzzano; Michele Frattasi per Montesarchio; Giovanni Battista Buonanno per Moiano.
33. A.Bascetta, La fine…, op.cit.
34. Raffaele Caporuscio, Il collegio elettorale uninominale di Airola (Bn) e i suoi deputati al Parlamento nazionale VIII-XIV legislatura 1861-1882, Grafica 3, Luzzano di Moiano 1997. Cfr. Giornale officiale, n. 293,11.12.1861. Cfr. Roma, venerdì 12.12.1862.
35. Raffaele Caporuscio, Il collegio elettorale uninominale di Airola (Bn) e i suoi deputati al Parlamento nazionale VIII-XIV legislatura 1861-1882, Grafica 3, Luzzano di Moiano 1997. Cfr. ASN, Corte di Appello, Sezione d’accusa, Vol. 99, sentenza 106 del 13.9.1864, presidente d’Arezzo, vicepresidente Longo; processo istituito dal giudice del mandamento di Airola Massimiliano Tosti; cancelliere Giaccari.
36. Raffaele Caporuscio, La terra e i casali di Airola Beneventana e Il collegio elettorale uninominale di Airola (Bn) e i suoi deputati al Parlamento nazionale VIII-XIV legislatura 1861-1882, Grafica 3, Luzzano di Moiano 1997.
37. E’ con l’Unità d’Italia che nasce anche una stampa irpina vera e propria basata sulla cronaca cittadina e provinciale in linea con lo sviluppo industriale nella zona della Trinità dove nasceva un importante lanificio, che aveva molti telai per la fabbrica dei Bordiglioni e dei Londrini, prima che prendessero piede altre industrie rinomate come quella dei Convenevoli, dei Rosiello e dei Romaguoli. I parlamentari si riempivano la bocca, ma le donne erano ancora lontane dalle scuole. Ad Avellino ve n’erano di ogni ordine e grado: l’Asilo Infantile, la Scuola Elementare, Scuole Tecniche, Istituti Magistrali maschili e Femminili, il Liceo Classico e poi quello scientifico. Non partiva la scuola enologica sebbene fosse stata deliberata sulla carta l’Istituzione da Francesco De Sanctis ai tempi del suo ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1857 il Collegio “Colletta” era stato elevato a Liceo con quegli insegnati che avevano potuto animare i giovani nella rivoluzione del 1860, aspettando al varco tanto il popolo quanto i piccoli proprietari. I cronisti dell’epoca ricordano l’orazione per l’inaugurazione dell’anno scolastico 1856/57 per il nuovo ginnasio che comprendeva cinque classi. Da ricordare per il Colletta sarà il fine secolo, specie l’anno scolastico 1882-1883 in cui gli alunni del Real Liceo ginnasiale, come riferisce il Pavesio il 14 marzo 1884, seguito al rettore cavalier Teodorio Bosio, vennero tutti premiati. Il “Colletta” era fra gli istituti più importanti d’Italia, in quanto tra 116 ginnasi regi, ben 78 ebbero meno alunni. Dei 212 iscritti, 51 frequentarono il liceo e 139 il ginnasio. In verità era elevato anche il numero dei respinti, ma 54 risultarono i distinti che furono giudicati dal Collegio dei professori meritevoli di premio o di menzione onorevole. Ebbero tutti un onorifico attestato; Luigi Caiazzo di Antonio ebbe la licenza ginnasiale d’onore col diploma speciale del ministero. Era appena scomparso Francesco De Sanctis, ricordato dal presidente della Camera il 22 gennaio come augurio per l’Italia, propizio ai grandi ideali, per cui scrittore, deputato, proscritto, ministro era vissuto, cioè: letteratura senza pedanti, partiti senza interessi, politica senza rancori. La bellissima struttura del Collegio Colletta, esposta a mezzogiorno alla fine della Strada dei Pioppi (che prese il nome di Corso Vittorio Emanuele dopo la solenne visita alla città del 18 novembre 1863 del 1° Re d’Italia), aveva il vestibolo a forma di un tempio greco, col colonnato, la cupola e il giardino di magnolie. A fare da corona ai fiori nella bella stagione, il busto di Francesco De Sanctis eretto nel 1917 dallo scultore Genua nella cerimonia del 10 giugno alla presenza della nipote Agnesina De Sanctis e coi discorsi del preside Bruni, dell’onorevole Rubilli e del discepolo del festeggiato Francesco Torraca.
38. V. A.Petacco, cit.
39. V. G.Garibaldi, cit.
1. In verità non è che i galantuomini ne sapessero più dei contadini, neppure in fatto di coltivazioni. Erano sì più istruiti, ma non un campo agricolo. Avellino dovrà attendere molti anni per vedere la nascita di una scuola specifica quando, in realtà, si stavano per abbandonare le terre per l’industria. La Reale Scuola di Viticoltura e di Enologia sarà istituita solo il 27 ottobre del 1879, andando in funzione il 15 novembre del 1880, per volere di Francesco De Sanctis, ministro della Pubblica Istruzione, sostenitore di quell’insegnamento agrario che, in realtà, giungeva troppo tardi rispetto ai progressi già annunciati in Europa. La scuola fu diretta per 35 anni da Michele Carlucci, con la collaborazione di insigni professori, quali Pasquale Baccarini, Augusto Napoleone Berlese, Vittorio Peglion, Alessandro Trotter, Teodoro Ferraris, Livio Sostegni, Giulio Paris, Francesco Antonio Sannino, Antonio Succi e Pietro Bucci. La Scuola Enologica di Avellino si impose da subito a livello nazionale, interessando anche allievi provenienti dalla Grecia, dall’Argentina, dalla Turchia e dall’Albania. Nella Scuola Enologica di Avellino sarebbero comunque nati importanti studi, come quelli sulla micologia, a cominciare dal “Primo Catalogo dei funghi dell’Avellinese” del Baccarini nel 1890 che ne descriveva circa 700 specie, per finire con quello del Saccardo, nel 1920. Nel 1882 sarebbe invece nata la Scuola d’Arte applicata alle Industrie, intitolata a Paolo Anania De Luca (che prima di passare a miglior vita aveva inventato il tonometro e lo scandaglio), i cui prodotti furono esposti alla mostra di Torino del 1884.
2. Racioppi, in: A.Bascetta, La fine…, op. cit.
3. Cfr. Nicola Vladimiro Testa. Era quello il 1848, quando le manifestazioni sporadiche avevano solo impaurito la borghesia del forte Regno di Ferdinando. Col 1860 non ci fu tempo, Franceschiello aveva ormai le ore contate. Più che ai contadini, era ai borghesi che non importava chi comandasse, a quale Regno appartenessero e se fossero diventati liberali, garibaldini o insurrezionali. Ai contadini il Re non dispiaceva, anzi, ma volevano anche la terra. E scelsero un’altra occasione per prendersela. A costo di scendere a patti anche con malandrini del calibro di Ardolino.
4. A.Bascetta, La fine…, op. cit.

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IL MASSACRO DI ARIANO DI PUGLIA OVVERO ARIANO IRPINO NEL 1861

I moti del 1848 sono stati definiti “l’inizio delle rivoluzioni”, perché misero in questione le strutture monarchiche in tutta l’Europa. Per quanto riguarda l’Italia il fenomeno più rilevante è dato dall’inizio concreto del Risorgimento. In particolare delle idee repubblicane di Giuseppe Mazzini, delle imprese dell’eroe dei due Mondi, Giuseppe Garibaldi e dalla concretezza di Camillo Benso Conte di Cavour.
In questo splendido saggio storico, non si trova nessuna maledizione nei confronti di Garibaldi come farebbe pensare il titolo, Mannaggia a Garibaldi!, ma vi è al contrario una visione critica, severa, senza sconti sulle origini del Risorgimento nazionale e sul processo, non sempre lineare, improntato a giustizia e privo di esecrandi fatti di sangue, che portò all’unificazione politica e statale dell’Italia. Arturo Bascetta, con la sua consolidata capacità di ricerca di documenti, diari, testimonianze le più svariate, racconti popolari, sentenze di tribunali, decisioni amministrative, confessioni e quant’altro, ci dà un quadro storico chiaro, preciso, circostanziato della fase risorgimentale della provincia di Avellino, da cui si distaccò buona parte della nascente provincia di Benevento, dal 1848 al 1863-64, e dei rapporti stretti di queste con la Napoli di Franceschiello prima e, dopo, con l’autorità di Garibaldi e della Casa Sabauda.
Dinanzi ai nostri occhi passano piccoli e grandi fatti della stragrande maggioranza dei Comuni dell’ex Principato Ultra, documentati e accurati dalla certosina ricerca da topo di biblioteca che è la più grande virtù dell’Autore. Testimonianze storiche, in verità, spesso trascurate dalla Storia con la “S” maiuscola, le quali hanno un valore inestimabile per tutti coloro a cui sta a cuore conoscere i fatti delle proprie contrade, dei propri villaggi e paesi, dei propri eroi, dei propri briganti, delle imprese dei propri compaesani e delle loro azioni, eroiche o meschine che fossero, che hanno contribuito all’unità d’Italia.
Non è una storia minore, come certi astratti e pseudo-storici vanno farfugliando, ma è di fatti storici della provincia di Avellino che si parla, congiunti ai grandi avvenimenti dell’unità d’Italia, pensieri e correnti che sono alla base dell’Europa moderna. Il punto di vista del Nostro, via via che approfondisce i problemi storici, politici, sociali e culturali dell’Ottocento, il loro peso e significato, dimostra l’erroneità delle valutazioni e dei giudizi correnti che sul Risorgimento e sulle sue origini oscillano di solito tra la tesi dell’unità d’Italia come risultato della politica delle grandi potenze europee e l’altra dell’Italia “che fa da sé”, che porta a compimento la sua unificazione politica e statale attraverso un processo autonomo, spesso in contrasto con le finalità di tali grandi potenze in opposizione alla stessa unità della Penisola.
Certo la dottrina mazziniana e il “primato” italiano giobertiano sono idee che si determinano entro la comune coscienza europea che mai fu così vivace ed alacre come nel periodo compreso tra il 1814 ed il 1848. Dopo le guerre napoleoniche, infatti, le vie nazionali si sentono ravvicinate proprio dal momento in cui Napoleone aveva costretto tutti a guardare all’Europa. Certo l’orientamento europeo non esclude affatto i sentimenti nazionali. Anzi tali sentimenti sono possibili in quanto il senso della nazionalità è diventato ormai una forza irriducibile. In questa visione della storia ogni patria rappresenta un ideale universale, un momento eterno dell’umanità. Bascetta, in verità, pone alla base dell’unità d’Italia un forte dubbio critico.
Il Mezzogiorno era intriso di contraddizioni. Una parte del popolo era fortemente fedele ai Borbone, la più avanzata e progressista della quale sperava nella permanenza della dinastia, se avesse concesso la Costituzione. Vi era poi un’altra parte che era favorevole alla sua permanenza perché formata da forze reazionarie e brigantesche.
Una situazione complessa, in cui sono presenti forze conservatrici, se non proprio reazionarie, liberali e democratiche. Convivono accanto, a stretto contatto di gomito, motivi di impronta medioevale legati alla vecchia e ormai anacronistica feudalità e idee nate dalla Rivoluzione francese. Un quadro dunque ambiguo, in cui si ha uno scambio frequente di idee che alimentano la polemica tra gli ultras e i liberali.
La particolare posizione dell’Italia, in lotta per la libertà e l’indipendenza, impone una linea culturale e politica capace di mediare tra gli estremi, di comporre opposizioni e contrasti ereditati da un passato di divisioni in Stati e statini. Era giustamente il tempo del “primato” giobertiano, secondo cui “conservazione e progresso sono due motivi inseparabili”. Ebbene in questo filone storico si inserisce il cambiamento straordinario apportato nella storia del Risorgimento di Arturo Bascetta che eleva a soggetti storici concreti una provincia, il Principato Ultra, due città, Avellino e Benevento, nello sfondo di un Mezzogiorno contadino, dove invidie, agonismi, egoismi, “inciuci”, false testimonianze, trame, insurrezioni, tradimenti, angherie, soprusi, stupri sono le armi preferite sia dai seguaci dei Borbone che dai liberali antiborbonici. Bascetta in questo suo saggio storico mostra una visione ampia della realtà che si svolge dinanzi ai nostri occhi come trionfo del pragmatismo, in fatti ed in processi rappresentati in modo nudo e crudo, senza orpelli o giustificazione di sorta. Mette in evidenza il cavallo di Troia all’interno del mondo liberale, che spesso lo spinge verso direzioni non progressiste ma retrive.

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Editorial Review

Vi sono episodi travolgenti e splendidi nella loro ferocia come quello della brigantessa Donna Matilde Rossi, che io ritengo, parafrasando Guido Gozzano, “un fiore sbocciato nel deserto”. Il tutto, in sintesi, dimostra la ferma convinzione dell’Autore secondo cui il lavoro dello storico agisce sul suo stesso oggetto, l’agire degli uomini. Egli nella storiografia vede, come affermava Benedetto Croce, “la liberazione della storia” dal peso degli eventi che sembrano incombere sulle coscienze degli uomini e dei popoli che aspirano ad una catarsi, ad una nuova alba dopo la buia notte.
Diverse le storie esaminate, molti i fatti ricordati. Arturo Bascetta, in particolare in quest’opera storica più che nelle sue tante altre, vive fino in fondo, come pochi altri, taluni dei problemi più ardui della storia, prima fra tutti il rapporto tra storia locale e storia nazionale, tra storia particolare e storia generale, rifuggendo con onestà intellettuale e spirito libero dalla generalizzazione di fatti storici particolari che sono unici e irripetibili, come i tanti fatti, eventi ed episodi descritti con acume e perizia in questo suo Mannaggia a Garibaldi! a cui auguro una grande diffusione tra i giovani che, non per loro colpa, sanno pochissimo, se non proprio nulla, dei paesi dove sono nati e vivono. Lacuna che sarà certamente eliminata da questo lavoro che rappresenta un nuovo rapporto tra fatti, eventi, istituzioni, in cui però la nostalgia del passato non comporta il disperdersi della realtà, delle tradizioni molteplici nel tempo; non si fa promotrice di una nuova azione e di nuovi ideali possibili. A questo si associa la disciplina storica, che di quegli ideali e di quei principi si rende garante, senza cedimenti di sorta alle metamorfosi di revisionismo che accompagnano le forme deviate e devianti, spurie, del pensiero storico che a me piace chiamare pensiero critico. E tale è anche per Bascetta che con Omodeo è del parere che “la vera grandezza umana si afferma in discrimine rerum, nella possibilità di perdere e di trionfare, di fallire e di riuscire”. E’ il motivo alla base di queste pagine.
Al centro dell’attenzione del Nostro, come detto innanzi, resta Avellino, a cui Bascetta è molto legato e di cui a me sembra addirittura innamorato per il suo scovare documenti, diari, racconti autobiografici e nomi che riguardano questa blasonata e antica città dei Due Principati, della quale molti cittadini sono stati autori di cose nobili e non, di fatti eroici e di intraprese in una con intrighi, false testimonianze, tutte cose che, nel complesso, le fanno onore.
L’Autore in questa sua opera, come in tante altre ricostruzioni storiche, sa bene che il “processo compiuto”, tetelèsmonon, sfugge per principio alla diretta conoscenza del soggetto umano per il quale è possibile solo una “conoscenza congetturale”, dòkos. Del resto il primo frammento di Ecateo, il famoso storico di Mileto, recita: “Scrivo quanto segue conformamente alla mia ricostruzione congetturale della verità”. E Bascetta, come il primo celebre storico antico, può dire che non pretende di aver conosciuto direttamente la “verità”, ma semplicemente di averla ricostruita, a partire dai dati da lui pazientemente e sagacemente raccolti.
E’, questo, un ulteriore merito dell’Autore di un succoso libro, il quale, con la sua fecondità e creatività, rifiuta la storia semplicistica che si ferma alla superficie degli avvenimenti, una storia che fa dipendere tutto da un solo fattore, che si basa su analisi troppo eclettiche e che si smarrisce nella molteplicità delle circostanze: la narrazione sistematica che non distingue tra motivi e cause. Il Nostro ha una concezione profonda e diversa della storia, che spezza la crosta dell’interpretazione critica povera e sclerotica, quella che è stata giustamente definita pseudo-storia.
Bascetta, seguendo Marc Bloch, “di fronte all’immensa e confusa realtà”, fa la propria scelta basandosi non sull’arbitrio, bensì nell’analisi scientifica del documento che gli consente la ricostruzione e la spiegazione del passato. Esamina, analizza, scruta fatti ed eventi, ciascun individuo, noto o ignoto, che svolge la sua parte nella vicenda storica, anche con ipotesi e congetture, ma soprattutto con un lavoro delicato e appassionato, che, in sintesi, è il suo pregio maggiore.