ATTI DI NOTAI PUGLIESI. FRA OTRANTO E BARI, VENETI IN CAPITANATA, LA BASILICATA AI FRANCESI, S.VITO E LO SBARCO, CAROVIGNO E SERRANOVA NEL 1700, I DENTICE PADRONI DI OSTUNI E TRIESTE

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ESTRATTO DALLA PRESENTAZIONE


Note capitoli

1. Marino Sanuto (1496-1533), I Diarii, dall’autografo Marciano Ital. cl. VII codd. CDXIX.CDLXXVII, a cura di R.Fulin-F.Stefani-N-Barozzi-G.Berchet-M.Allegri, La deputazione veneta di storia patria, Vol.I, pubblicato per cura di F.Stefani a spese degli editori, Venezia 1879. Così continua: “Pertanto, volendo farne qualche memoria, quivi, lassiato ogni altro ordine dil compore, sarà descripte tute le nove verissime venute. Et succincte, comenziando nel primo dil mexe di zenaro 1495, al costume nostro veneto, perfino che si vedrà la quiete de Italia, a Dio piacendo andarò descrivando: prometendo a li lectori, in altro tempo, havendo più ocio, in altra forma di parlare questo libro da mi sarà redutto; ma quivi per giornata farò mentione di quello se intendeva, comenciando da Alexandro pontifice romano sexto.
2.Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri patrizio della città di Nardò sopra le Cronache di M.Antonello Coniger leccese. In: Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, Tomo VIII, Appresso Cristoforo Zane, Venezia 1733. Pagg: 198-225.
3. Marino Sanuto, I Diarii, cit. Exempio de’ capitoli tra lo serenissimo signor Ferdinando Re di Napoli, heriedi et successori nel Regno, et lo illustrissimo dominio de Veniexia, a dì 21 dil mexe di zenaro M°CCCCLXXXXVI, more veneto 1495. V. AA.VV, Apice nella Riconquista Aragonese, ABE, Avellino 2011.
4. Marino Sanuto, I Diarii, dall’autografo Marciano Ital. cl. VII codd. CDXIX.CDLXXVII, a cura di R.Fulin-F.Stefani-N-Barozzi-G.Berchet-M.Allegri, La deputazione veneta di storia patria, Vol.I, pubblicato per cura di F.Stefani a spese degli editori, Venezia 1879.
5. Ivi, Copia de una lettera venuta di reame, data in Napoli a dì 28 zener predicto. De novo vi significho, chome se ritrovamo de qui a le bande di Puglia in uno locochiamato Doana, dove son molti animali e grosi e menudi a pascolare, che pasano più de octo milia duc. del fito del pascolo. E li homeni ubligati a pagar, dubitando de garbugli son in questa parte, hano tolto salvo conduto da li franzosi et etiam da Re Ferando, con questo pacto facto, che chi serà vincitore al tempo che se dà la paga, quelli habia a riscoder dicti fitti o sia dacio.
6. Ivi, sommario di febbraio. Così continua: El marchexe di Martina sarà con lui e Carlo di Sanguina, et le pratiche di l’acordo fonno tute fraudolente. El Re ha mandà uno secretario in Calavria chiamato Bernardino de Verna, perché li significhi le cosse di quella provintia. El messo dil turcho venuto al Re, fo mandà per el sanzacho de la Valona, per haver dil corpo dil fratello ch’è in Gaeta custodito da tre turchi. El Re ha mandà ditto messo al Principe, el qual messo pertende esser in Gaeta, ma non sarà lassato intrar. El signor Fabricio Colona va in Apruzo. Sarà con più di 200 homeni d’arme fra il Conte di Populo et altri. Et queste lettere zonse in questa terra per la via di Roma a dì 18 ditto”.
7. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri, cit. Tafuri dice che Ferrante avesse precedentemente recuperato il Regno una prima volta il 7 luglio 1495, già aiutato da Ferdinando Re di Spagna e di Sicilia, come consta da una lettera del medesimo Ferdinando scritta al popolo di Brindisi, spedita da Avellino ai 13 febbraio 1496. La lettera intera del 13/2/1496 è in: Frate Andrea della Monaca, Memorie Istoriche di Brindisi, Libro 5, Cap.3; Ed. Ripubblicata come Memoria Historica dell’antichità della città di Brindisi, Lecce 1674, pag.593.
8. Ibidem. Aggiunge: Il 23 febbraio “el Re, si dice, è partito e condutosi a la Grota verso Puja, dove li nemici se drezano. El Turco vene per il corpo di Giem sultam, è stato a Gaeta con Beulchario, e mo è tornato qui per andarsene”.
9. Ivi, Lista di le terre pigliate in Calabria per don Consalvo Fernandes soprascripto.
Martorano. La Mota de la Porchia. Grimaldo abrusà per le galee. Cosenza con 366 casali. Castelfrancho. Rento over Renda. Montealto. La Frina over la Reina. Lo Trarcho. Terano. San Marcho. Visognano. Tarsia. Terranova.
De la parte de la marina di ponente.
Cormino de Napoli. Flumifredo. Santo Michileto over Lucido. Paula. Forealdo.La Guardia. Rugiano da la banda dil marcado. Rose. Acie. Locitano. Belveder. Ysoreta. Raycholi.
10. Ivi, Sumario di lettere di 6 ditto; dì 7 marzo; 8 ditto.
11. Ibidem
12. Ibidem
13. Ibidem. Così continua: “Habiamo esser stà facta la consignatione di Trani pacificamente. Questa nocte si partino le do galee per Civitavechia. Debeno esser a Baya. Partì etiam l’altro proveditor con il Cabriel sua conserva, et è restato a Pusilipo qui apresso per il tempo. Si dice questa sera come il Re con il legato diman sarano qui. El suo capelo gionse eri con pompa. S’è dito per via di Matorica, ch’è 16 dì che partì, come intese ivi per uno venia di Cartagena, come lì era la nave minor che va in Fiandra con vini, senza arboro”.
14. Ibidem
15. Ivi, sommario di marzo
16. Ibidem
17. Ibidem. Così continua nel medesimo giorno “A San Severo si trova Virginio Orsino, et al Guasto li viteleschi. Atendono a le doane. Hanno in opposito el signor don Cesare et Prospero Colona e, novamente mandato per el signor Re, el figlio dil signor di Camerino et messer Alvise da Capua con 100 homeni d’arme et 400 stratioti. In tuto poteno esser 330 in 350 homeni d’arme. El Re con l’exercito a Benivento, et li inimici ad Apice et nel convicino. La majestà sua conviene seguir la lhoro tracia”.
Il 24 marzo il Re è a Benevento, quando “si affirma la deliberatione di la lana per el pagamento di la doana, esser ordinata con questo che sia da rendere pagando, siché dicta lana verà ad essere per securtà di la corte, e così mi acerta domino Antonio di Jenaro suo ambasiatore a Venecia. Col signor don Cesare et il signor Prospero si trova bona gente da circa 400 homini d’arme, 1000 cavali lizieri computà li 400 stratioti et 1000 fanti. Se il marchexe venisse presto, tutte le cosse anderiano bene. El Re è a Bonivento”.
“Li viteleschi son mossi per esser in favor di Marzano. El Re manda el signor Fabritio et il Conte di Matalone al Principe per esser a l’incontro. Così le cosse vano variando di zorno in zorno. Li gripi, per li tempi, non sono zonti. Avanti eri ne morì 14 di li homeni di questa armata. El proveditore aspecta li danari per rimediare a tutto”.
18. Ivi, Sommario di marzo.
19. Antonello Coniger, Cronica. In: Giovanni Bernardino Tafuri: Annotazioni critiche del sig.Gio:Bernardino Tafuri, cit.
20. Ibidem. Così poco prima: – “El Principe di Salerno si condusse a Marzano con 100 et più homeni d’arme, et ha animo di conjunger quelle genti de lì con le altre. Al Principe di Altemura erano venuti docapi de’ sguizari con alcuni di lhoro, et si el Principe di Salerno non veneria, si partiranotutti. El proveditor sta di mala voja non venendo il pane. Questa matina fo a l’oficio a Santa Maria di la Nova dove era l’orator yspano, non però insieme, e, venendo il basar di la croxe, li frati si apresentò al proveditor dicendoli che andasse. Sua magnificencia disse che tochava a l’ambasador preditto, e cussì mandò a dir a l’ambasador, el qual li fé risponder che cominziasse. El proveditor remandò a replicar, et cussì l’andò, et poi el proveditor enbrazò l’ambasador dicto, che più non li havea parlato. E basata la croce, et nota fu el venere sancto, li disse dil partir dil marchexe di Roma, e li piaque e ritornorono a lochi lhoro”.
21. Ibidem. Lettera del 14 aprile.
22. Ibidem
23. Ibidem. V. AA.VV, Apice nella Riconquista Aragonese, ABE, Avellino 2011.
24. Ibidem. E così continua il Re al segretario: “Secretario nostro dilectissimo. Havemo havuto la vostra lettera de 14, et con grandissimo piacer inteso che lo illustrissimo signor marchexe sia arivato in la Grota, et se advicina con tanta presteza ad noi. Rengratiarete la signoria sua da nostra parte quanto più porete, et lo conforterete ad venirsene con tute le gente ad Asculi et lì fermarse, ateso che li inimici sono allogiati qui vicino ad tre miglia, et credimo seguirano lo camino lhoro di andar ad readunare et ricoperare la dohana. Et poria essere facessero pensiero voltar la via de là per Soto Candela, et però seria molto ad proposito che sua signoria si trove ad Asculi, dove haveriamo da fare testa grossa per rompere dicta doana a li inimici, quando faceseno tal disegno. Tuta volta, teneremo advisata la sua signoria di passo in passo de tuti i motivi farano dicti inimici, secondo loro anderano. Cussì ne porimo governar, et questo è lo parere nostro fin qua, benché el desiderio è grandissimo che havemo di vedere lo prefato signor marchexe, et ne pare omni hora mille anni fin che lo abraciamo.
25. Ibidem. Così ancora nella lettera di 7 april di Zuan Philippo da Ravenna: “El Principe ha facto intender al magnifico capitano et a mi, come li nimici erano andati a uno loco distante di qui 8 mia chiamato Bonalbergo, loco forte per la rocha et fede di homeni, et che non dubita ponto che possano in breve tempo expugnarlo che non possa esser socorso da nui, maxime zonzendo questa sera, come el tiene, la excelencia del marchese a Capua, donde, in doi dì o tre a la più longa, porà esser qui; ma che più tosto stima farano una demostratione, per veder se con terore potesseno haver quello loco. Per questo ne ha rechiesto che vogliamo mandare doi di nostri contestabeli a uno loco chiamato Padule, presso le Grote, acciò non seguise, per esser disfornito, qualche inconveniente. Et cussì, li havemo promesso di mandarli”.
26, Ivi, sommario delle lettere di aprile 1496. V. AA.VV, Apice nella Riconquista Aragonese, ABE, Avellino 2011.
27. Coniger, cit; in: Tafuri, cit.
28. M.Sanuto, I Diriaii, cit. Ibidem. Lettera del 14 aprile.
29 Ivi, Sumario di lettere di Zuam Philippo Aureliano colateral, date a Troja. “I nimici sono in campagna, alozati apresso Foza, da dì 15 fino al zorno presente. Nui siamo divisi. La majestà dil Re è a Foza; el Marchexe a Santa Agata; Bon Cesare e ’l signor Prospero Colonna a Nocera; alcuni altri condutieri a Troja. Nui provisionati divisi in tre parte, el capitano Francesco Grasso con Zuan da Feltre, Toso et Antonio di Fabri sono a Foza. Zuan da Feltre da l’Ochio è con il signor marchexe. Hironimo da Venecia e Paulo Basilio et io, siamo restati de mandato regio qui a custodia di questa terra. Stiamo mal cussì separati.
30. Ivi, Nocerae, die 22ª aprilis 1496. In medio litterae marchio Mantuae.Exemplum litterarum illustrissimi marchionis Mantuae ad Paulum Capello equitem oratorem scritta al Marchese di Mantova in quel di Lucera il 22 aprile 1496. Magnifice et generose orator. Heri sera joncto qui, judicando ritrovar la majestà regia, quella non havendo ritrovata, mi fo ditto li inimici haver arbandonata la dohana, et esserse andati fra San Severo, Procia et Ariano, et poi mi mandò il Conte de Merliano a dir come li stratioti haveano cavalcato, et erano stati ad ritrovar la preffata doana, la qual vete esser senza alcuna custodia de dicti inimici, et tolseno bona quantità de pecore, le qual ridusse a Fogia, non dice el numero, et per andar a tuor el resto, il magnifico proveditor era per cavalcar, il qual poi era restato, come per la alligata scriptami per la regia majestà vederà la magnificentia vostra, la qual ge mando, acciò del tutto la sia informata. Ben mi pare che questoro non sapino quello facino, et se confondino ne li ordini sui. Pur è stato ad proposito che dicti inimici habino arbandonata cussì dicta doana. Expecto hordine da la regia majestà, et secundo io haverò, ne darò noticia a la magnificentia vostra a la qual me ricomando, pregandola vogli participar il tutto con messer Phebus et quelli nostri, facendo el dichi al milanese che ’l vegni de qui con il fornimento de la mia camera, et dichi etiam ad Evangelista che ’l vegni qui, et menami fino quatro over cinque di mei cavali.
A tergo. Magnifico et generoso domino Paulo Capello equiti oratori veneto ad sacram regiam majestatem dessignato, tanquam fratri honorevolissimo. Noto come domino Phebo de Gonzaga suo cusino havia titolo marchionali copiarum siniscalcho generali. Exemplum litterarum comitis Philippi Rubei ad Hironimum Georgio equitem oratorem venetum in romana curia.
31. Ivi, Magnifice ac generose mi domine maior honorande. Per una comissione mi fu facta per parte dil illustre Principe di Altamura, andai a dare bataglia a dui casteli, uno chiamato l’Episcopo, l’altro Trajeto de Sancto Piero in Vinculo. Uno se rese d’acordo, et l’altro, che fu Trajeto, si have per forza de bataglia, con alquanti de li miei feriti e guasti. Altro non ho degno per vostra magnificentia, se no che:
“Lo illustrissimo signor marchese al presente se trova a Santa Agata.
La majestà dil Re se trova a Fogia, et li inimici alla Incoronata.
Et l’una e l’altra parte se hanno scoso de la doana.
Io me trovo a Benivento a obedientia.
Se altro acaderà de novo, farò lo debito mio inver de quella, de avisarla del tutto. A la quale humilmente mi ricomando. Ex Beniventi die 25ª aprilis 1496, subscriptio erat. E. M. V. servitor Philippus Maria de Rubeis comes Berceti ac armorum etc.
32. Ivi, Sumario di lettere dil proveditor Zorzi da Napoli, scrita ut supra: Il Conte Filippo di Rossi ancora stava a Benevento,“pur dovea passar in Apruzo. El dinaro assai ce fa guerra. Saria bona parte haver l’animo senciero de le cosse di ponente, che non se ne s
Scrive il provveditore Giorgi da Napoli: La Callabria quasi tuta se tiene per lo Re Ferdinando, et per Franza se tengono cercha sei bone cosse, che sono queste: Terazo, lo castello de Cossenza, Ariopoli et Oriopoli sino a Salerno, et poi verso lo contado de Marcone. Per franzosi se tiene Marcone et Santo Iorio, et da Salerno verso Napoli, tuto lo Stato del Principe de Bisignano se tene per lo signor Re Ferdinando.
La Puglia, la maiore parte sta per lo Re Ferdinando et quasi tuta. Vero che per franzosi se tene Taranto che è bona cossa, et simelmente la Montagna de Santo Angelo sta per Franza quasi tuta, et oltra de questo, San Severo, La Porcina, Bestice, che sono soto la montagna. Nel piano de Puglia di qua, pare stano per franzosi la Sera Capriola che è nel passo che hanno a fare le pecore che hanno ritornare in Abruzo.
Lo Abruzo quasi tuto sta per francesi. Per lo Re Ferdinando se tengono Agnone, lo contado de Cellano, Sernia, la Badia de Sancto Vincenzo, castello de Sanguino, et cussì Lanzano con alcune altre cosse. Lo signore Virginio Ursino sta a Santo Severo, et dicesse che, in tuto, fra lui et francesi che ultimamente sono calati in Puja non sono oltra 800 homeni d’arme et circa 5000 fanti, fra comandati, paesani et svizari, et fasse conto che, in tutto, sono cercha 8 o 9 milia persone.
La majestà dil Re Ferando sta a Nocera de Puja con 1200 homeni d’arme, cum lo marchexe de Mantoa et 800 stratioti, et circha 8000 fanti fra svizari, overo alemani et italiani. Dapoi serano tanto più numero per l’arivata de lo marchexe de Mantoa, quale partì da Benivento a dì 14 de lo presente mexe de aprile. Parte del stato dil Principe de Bisignano, dapoi partito el vice Re cum le sue zente, è tornato a la devotion de’ francesi etc.
33. Ivi, 27 aprile 1496, Lettera dil Zorzi proveditor
34. Ivi, 3 maggio 1496, Sumario di lettera di 3 mazo di Bernardo Contarini; ivi, Sumario di lettere di Polo Capelo cavalier orator, date a dì 3 mazo in Nocera; ivi, Lettera da Lucera, Lettera dil ditto de 5 in Nocera a l’orator in corte.
35. Ivi, Lettera dil ditto de 6 ditto, recevuto, qui a dì 17 mazo.
36. Ivi, Lettera dil dito, di 7, data ut supra, a dì 18 ditto.
37. Ivi, Littera di Bernardo Contarino a l’orator a Roma, data a dì 7 in Lucera.
38. Ivi, Copia di una lettera scritta a l’orator nostro a Roma per Zuan Philippo collateral, narra la presa di Vallata.
39. Ivi, Data ut in litteris, 7ª maji hora 12.ª Subscriptus servitor et compater.
Joh. Phil. Aurelianus. A tergo. Magnifico et clarissimo equiti domino Hironimo Georgio oratori etc.
40. Ivi, Sumario di lettera dil Ringiadori da Napoli, data a dì 8 mazo.
El signor Re dovea andar a la expugnatione di San Severo. El marchexe è andato in la Baronia de Flumene; doverà fare bona opera, e serà assai in proposito per le cosse di Terra di Lavoro. Li inimici sono a la volta di l’Abruzo, con fede hano pigliato e sachizato Coglionisi Terra di qualche conditione, ma non di farne caxo, salvo per chi ha patito. Si judicha volterano in Terra di Lavoro, e, senza dubio, necessità li ha conduti in l’Apruzo. El signor da Pexaro dimorerà in Terra di Lavoro, sì per intender dove si volterà il nimico, sì per la impresa di Gaeta. Si dice diman si partirà don Fedrico, e si spera farà fructo. Le artigliarie sono carichate, et fanti et ogni altra cossa necessaria.
È partita l’armata di la illustrissima Signoria, e si trova ad Pozuol.
Dio faza quel ajere conforti li amallati, che assà desturbano quella armata.
41. Ivi, Sumario di lettera dil Contarini in Nocera, a dì 9 detto. Aggiunge nella lettera scritta da Lucera: – Come habiamo saputo, quando Monpensier et el signor Virginio preseno li alemani, veneno per serar il Re in Fogia, et io fui causa di la victoria, et presi 27 homeni d’arme et recuperai le pecore a dì 22 april, et li desordenai in modo non si acostò a la terra, e con pocho honor si ritirò indriedo. Scrive come el marchexe have Montelione, come è scrito di sopra, castelo di fochi 250, mia 27 da Nocera (Lucera), situado su la via va a Napoli.
Fu in proposito per haver quella via più dreta et expedita.
42. Ivi, Lettera di 10 ditto dil Contarini pur in Nozera.
43. Ivi, Sumario di lettera dil dicto proveditor di stratioti a dì 11 mazo data. Segue la Littera dil Capello scrita al zorno soprascrito, in cui Narra el prender di la Rocheta per li colonesi per forza, tajato a pezi da homeni 25 erano dentro, computà 4 franzosi. Poi l’havevano arsa. Item, havia scrito a Napoli li fusse comprà uno pavion e una trabacha per ussir con la majestà dil Re in campo, el qual era lì.
44. Ivi, Littera dil ditto de’ 12 mazo, ricevuta a dì 22 ditto qui.
45. Ivi, Lettera di Polo Capelo data a dì 14 ditto in Nocera, e ricevuta qui a dì 27. 16 maggio 1496. A dì 16 mazo, scrisse come l’archiduca Philippo era gionto a Vormes, andava in Argentina, et che ’l Re li havia scripto vegnisse a Olmo.
Item, che quelli di la dieta di Berna, dove era Marco Bevazan secretario nostro, non erano contenti di franchi 2500, ma volevano franchi 8000 a l’anno. Noto chome el Re di romani, inteso che l’have la nuova di esser conduto che ’l vegni in Italia con il stipendio che ho scripto di sopra, con cavali 2000 et sguizari 4000, al corier portoe dita nuova a Augusta esso Re li fece donar ducati 25 in segno di averla molto a grata, et lo fece vestir, et rescrisse a la Signoria la littera di sopra posta.
Seguita altre nuove. In questo tempo, a Mantoa fo una egritudine molto cativa, adeo molti moriteno, chiamato mal di mazucho, et era quasi come morbo contagioso; ma pocho duroe. Pur assà mantoani moriteno in questo mexe. È da saper chome el pontifice, per dimostrar di ajutar etiam lui il Re Ferandino a recuperar il suo Regno, si offerse mandarli ogni mexe ducati 2 milia; ma mandoe solum li primi do mexi, et poi non mandò più. È da saper, che li danari che la Signoria nostra mandava in campo in reame, erano mandati a Roma, et da Roma a Napoli per lettere di cambio con interesso di do e meza per cento, e da Napoli in campo con interesso di una e meza per cento, siché [151] ogni ducati 100, havia di danno ducati 4. E poi non li haveano a tempo, et andavano mal securi se li se mandava in gropi: perhò nostri volentiera mandono le do fuste con Zenoa, chome ho scrito di sopra. Et etiam per mar Francesco Valier et la galia ystriana veneno di Napoli a Civitavechia per tuor alcuni danari che di Roma la Signoria mandava a Napoli, sì per subsidio di quella armata, come per li soldati.
46. Ivi, Littera di 18 da Nocera dil ditto, ricevuta qui a dì 28 mazo. Li inimici eri ebbe Petracatello castello fortissimo a pati, salvo l’aver e le persone, e tuto lo resto a sacho, el qual era ben fornito di fanti e in sito fortissimo. Da matina per tempo, il provedador di stratioti, con il signor Prospero Colona, cavalcha con li stratioti e ballestrieri e altri cavali lezieri a san Bartholamio, per conforto di quella terra e altri luoghi circumvicini, quali sono spaventadi per la perdita di Petrachatino. Diman il Re insirà in campo con il marchexe e tute altre zente. Farasse uno alozamento verso inimici mia 8. Si aspecta el signordi Pexaro.
Lettera di Bernardo Contarini a dì 19 ditto in Ongera. Sono stato occupato in far la mostra de li stratioti, et ho convenuto cavalcar a Troja a far la mostra di provisionati, i qual non ha voluto levarsi di Troja senza danari. Pagai li compagni vechi 450, poi 80 che son n.° 530. Manchò 120 nuovi, in tuto 650. In tuto serano provisionati 730. La majestà dil Re mi ha mandà a dir, et cussì il capitano nostro, che a dì 18, la matina, andar dovesse con tutti li stratioti e ballestrieri a cavalo, quanti se ne trova, a la volta di San Bartolamio de Gualdo vezino a li nimici mia 8, per favorir dicto loco. Io ho obedito, et a hora prima de dì monto a cavalo.
47. Ivi, Queste son altre nuove degne di memoria in ditto mexe… Successo di le cosse di reame seguite dil mexe di mazo, secondo varii sumarii di littere, primo di Hironimo Rengiadori da Napoli, di Bortolo Zorzi provedador di l’armata, di Polo Capelo cavalier, di Bernardo Contarini provedador di stratioti, di Zuan Philippo colateral, et del figliol del signor di Camarino, seguendo l’hordine di zorni…Sumario di lettere del Ringiadori date a dì 1° mazo in Napoli.
48. Ivi, Questi sono li anzuini presi a Lagno a dì 17 mazo da don Consalvo Fernandes capitano spagniul, Jacomo Conte et Conte di Matalon e altri baroni,videlicet, preso il borgo con tratato et questi. La qual nuova zonse in questa terra a dì 28 detto. El fratello del Principe de Bisignano. Lo signor Carlo di San Severino. Lo signor Alovise di San Severino. Lo Conte de Nicastro. Lo barone de Agete. Lo barone de Libunati. Lo barone del Casteleto. Lo barone de Castro Micho, Lorienzo d’Abruzo homo d’arme. Lo barone de li Morgerari. Jacobeto homo d’arme. Antonio de Laurino. Jacomo Molioto. Jacomo de Olivito. Petro d’Issa. Zuan Marin, con suo compagno. Bernardo Uriegio. Rao Ferrao. Antonio Ferrao. Antonello Ferrao. Pietro Paulo Quatromino. Jacomo Andrea de Monteforte. Luca Solimi. Colla monaco, et altri presi al numero 300.
Morti. Lo signor Mericho figliol dil Conte di Capazo. Antonio Castracane. Gasparo Feraro. Lo secretario del signor Merico et altri homeni d’arme n.° 200. Cavalli e cariazi n.° 400. Item, Francesco de’ Senesi governador dil stato dil Principe et capo di sij. Il Conte di Melito, Il Conte di Lauris, non si trovano.
Noto. Don Consalvo preditto, con 500 provisionati, 600 cavali et li marinari di l’armata, have la antescrita victoria.
Questi sono nomi di lochi in l’Abruzo acquistati per el Camerino e Jacomazo, per nome dil Re. Teramo. Atri. Civita Santo Angelo. Civitella. Lorio.

Note Capitolo III

1. Re Carlo scriveva al suo vicario del Principato essendo vacante la cappellania a lui spettante sulla chiesa di San Salvatore. Seguì Matteo Platamone, autore di un commento sul Carme di Pietro da Eboli, reggente di scuola medica salernitana in Napoli nel 1300. Nel 1567, a Santo Salvatore della Doana vecchia, si ordina al beneficiato Giulio Villano di ripararlo in quanto gia sta in atto de andare tutta a ruina et da vicini ne è stata fatta istanza che se ripari, per il pericolo che vi è di cascare et cascando rovinare gli edifici contigui. Nel 1616 il vescovo ordina di non celebrare più messa e di profanare la Cappella di San Salvatore de Dogana, nel territorio Parrocchiale dei Santi Dodici Apostoli, semplice beneficio di patronato Regio. Quello dei 12 S.Apostoli e di altre alla Marina, ex Commenda maltese di Capua, era uno dei quartieri più antichi di Salerno. Era raggruppato intorno alla Chiesa parrocchiale detta dei Dodici Santi Apostoli oppure, più semplicemente, come viene accennata nel Catasto settecentesco, solo Chiesa dei Santi Apostoli, quando la stessa parrocchia aveva perso vigore, contando solo due case di benestanti proprio fuori la chiesa.
I piani erano quasi chiari: Consalvo sarebbe passato col governo delle genti in Sicilia e, andando contro i Turchi a Cefalonia, si sarebbe congiunto con l’armata in Puglia visto che il fratello Don Alfonso, era già a Zante, mentre s’apparecchiavano le armi per l’autunno contro il Sultano e la sua armata turchesca.
E ancora in Grecia Consalvo si distinse durante la carestia, quando ordinò alle donne, le quali “non sapevano” come separare la farina dalla crusca, di levarsi i veli sottili dal capo e fabbricò “picciol forni nella riva per cuocere il pane; mentre che gli altri cocevano ne’ paiuoli il fromento pesto col lardo benchè nimico a’ corpi”.
Assoldati gli Svizzeri a Milano e una grossa armata a Genova i Francesi aspettavano solo la primavera per muovere guerra, mentre Consalvo tornava carico di doni veneziani, fra “vasi d’oro e d’argento intagliati, panni paonazzi di lana, e cremisi di seta, e molti broccali d’oro” (oltre a 10.000 ducati d’oro e dieci cavalli turchi), accolto a Messina come un re dagli ambasciatori giunti da tutta l’isola. Ancora più contento fu Re Federico, il quale, sperando in un aiuto, gli spedì spesso ambasciate.
L’apprestarsi dei Francesi, legatisi a Veneziani e Fiorentini, per la congiura del Papa e di suo figlio, poteva ritorcersi anche sulla Sicilia con un imminente assalto, ignorando la congiura del cugino con Luigi XII.
2. Consalvo era consapevole, ma avrebbe ubbidito solo alla Corona di Castiglia, affinchè “non paresse che egli mancasse di fede al Re suo Signore, il cui animo per certe offese alienato Federigo s’haveva concitato contra”, convinto che Ferdinando Il Cattolico, nella sua vita, aveva trattato con Re Luigi la pace solo in cambio dell’annuo tributo, avendo difeso con le ricchezze della Sicilia il Regno di Napoli conquistato a suo tempo dallo zio Alfonso. Dalle quattro ex province angioine erano nate le due sottoprovince di Basilicata e di Terre di Bari), rette dalle Cortes provinciali dei Vicerè Catalani d’Aragona e non più dagli originari Mastri Portulani. In passato si erano cioè avuti un Vicerè per l’Abruzzo (vedi Bartolomeo III di Capua), un Vicerè in Terra di Lavoro e Molise, un Vicerè in Terra d’Otranto, un Vicerè per le Calabrie esistente da tempo immemore. Si racconta che Re Alfonso d’Aragona avesse scippato il Regno agli Angioini proprio ad un capitano, Antonio Ventimiglia Conte e Centeglia “creato suo Vicerè nelle Calabrie” per aver condotto all’obbedienza la città di Cosenza, i Casali e Grimaldo.
3. A.Della Monica, Memoria istorica…, cit., pag.605 e segg. “Fatto questo secreto concerto, il Francese fù il primo ad entrar nel Regno con esercito di mille lancie, diece mila cavalli, e con buon numero d’artigliarie, come dice il Guicciardino. La prima città, che combatterono fù Capua, della quale impadronendosene à forza d’armi con grandissima crudeltà la sacchegiorono, usando mille dishonestà, e violenze, il che diede tanto spavento alle Terre convicine, che quasi tutte alzaro le bandiere di Francia. Il misero Rè Federico riscorse per agiuto, come diansi haveva fatto, all’istesso Rè Cattolico suo parente, il quale dissimulando, mandò di nuovo Consalvo di Cordova chiamato il gran Capitano, ma con l’intento contrario, che se la prima volta andò per discacciare dal Regno i Francesi in favor degli Aragonesi, questa seconda volta vi mandò à discacciar gl’Aragonesi in favor de’ Francesi”.
4. Gli aiuti di Consalvo a Gaeta non arrivavano mai, sebbene il Re continuasse a donargli i castelli calabresi che chiedeva in cambio, nella speranza di poter presto avere un forte esercito per respingere i Francesi ed evitare l’assedio accaduto al nipote ai tempi di Carlo. Federico si fermò quindi a San Germano, attendendo inutilmente i fratelli Colonna, mentre Spagnoli e Francesi mettevano le mani sul trono di Napoli sbarcando sulle coste e celando, gli uni agli altri, la volontà di volersi appropriare delle conquiste altrui. Fu così che Luigi XII si impossessò della “sua” metà del Regno di Napoli (1501-1503) senza neppure dichiarare guerra ai Catalani Aragonesi, quanto ai baroni più testardi. Consalvo, dal canto suo, si era portato da Messina a Reggio per prendere la Calabria e aveva mandato a dire a Federico che rompeva i patti di sudditanza, rinunciando all’Abruzzo e Monte S.Angelo che gli aveva donato. Federico, ancora più signorilmente, rispose che gli rinnovava l’atto. Questo significava che i Francesi avrebbero dovuto togliere l’Abruzzo a Consalvo, il quale, restituiva ai Sanseverino e a Bernardino Principe di Bisignano i loro castelli. I Francesi attaccarono dal Garigliano con 15.000 uomini al comando di Robert Stuart signore d’Aubigny, affiancato dall’allora Cardinale e Legato Pontificio Cesare Borgia e Galeazzo Sanseverino Conte di Caiazzo, sempre con Napoli, la Terra di Lavoro, il Ducato di Benevento e l’Abruzzo sulla carta; mappa che invece assegnava al Cattolico la Calabria, la Basilicata, la Puglia e Terra d’Otranto. Per giungere su Capua, nell’estate del 1501, occuparono il Castello di Calvi, ma si ritrovarono proprio il figlio del fu Conte di Mignano, ch’essi avevano ucciso nel precedente assedio, a difendere la città. Fu infatti Ettore Ferramosca, posto a difesa del castello, a mostrare il suo valore, mettendo in fuga il nemico, sebbene ciò non servì a salvare la città. Infatti, caduta la difesa di Capua, e uccisi i Conti di Palena e di Marciano, vennero catturati sia il comandante Fabrizio Colonna e Ugo Cardona, che Guido ed Ettore Ferramosca, capitano di ventura piccolo di corpo, ma di animo grande e forza meravigliosa, tipico esempio di coraggio personale e di valoroso soldato, fu tradito da Cesare Borgia. Con i loro soldi, per la gioia di Consalvo, l’intera famiglia dei Colonnesi era dalla sua parte, quando seppe che, pagato il riscatto per la prigione, Fabrizio e Prospero si erano allineati alle idee del fratello Cardinale Giovanni, già da tempo in Sicilia, vittima anch’egli della cacciata da Roma operata da Borgia. Ora erano tutti nemici dichiarati del Papa.
5. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, Venetia 1566 (anni 1500-1560), pag.16v e pagg.26-29.
6. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, Venetia 1566 (anni 1500-1560), pag.16v e pagg.26-29.
7. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552. Per la cronologia storica sono stati altresì utilizzati elementi provenienti da fonti francesi e napoletane, come da note.
8. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220. Questo accadde perchè quando entrarono gli eserciti in Puglia si prospettò la nuova difficoltà solo sul campo fra baroni che alzavano bandiera francese e altri che inneggiavano agli spagnoli sostenendo, gli uni e gli altri, di appartenere alla medesima provincia. Pertanto, non avendo copia dell’accordo deciso fra i due Re, per non pregiudicare nessuna delle parti, decisero di seguire un ordine, che fu quello di far alzare bandiera spagnola anche a quei castelli che avevano pensato di alzare bandiera francese, senza avanzare pretese da nessuna delle parti. Questo sebbene, secondo gli Spagnoli, ricadessero fra le loro quattro province e che quindi dovessero abbassarla. Fu quindi creata una specie di zona franca nella zona di confine, chiamata provincia di Capitanata, i cui i castelli avrebbero alzato ambedue le bandiere, nonostante che il luogotenente generale di Francia, Luigi Palau, cercò di dimostrare che per diverse ragioni la Capitanata era la verdadera Puglia. Ad ogni modo pretese che si considerasse provincia separata e che era meglio accordarsi affinché le cose di quello stato provinciale si sarebbero governate da commissari di ambedue i Re, dividendo in parti uguali le rendite. Il problema è che i Francesi mostravano interessi economici per ragione di riscossione della Dogana dei ganado, volgarmente detta delle Pecore, che si faceva in Capitanata. Per questo motivo si decise di dare al Re di Francia (per mano di un di lui commissario), allo scadere del primo anno, la metà delle entrate dell’annualità detta Dogana delle Pecore spettante al Re Cattolico (per mano di un proprio commissario) che si sarebbe riscossa nella Capitanata che a questo punto andava staccata dalla Puglia lasciandovi solo Otranto e Bari. A questo punto Luigi Palau se ne andò dopo aver accettato e deciso per la nomina di due commisari in comune che facessero alzare le bandiere di entrambi i Re in quelle quattro province, sebbene l’intenzione dei francesi era comunque quella di occuparle tutte.
9.Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220. Cioé quella que se estiende desde el rio Fertoro, hasta el rio Aufido e che si chiamò Capitanata, desde el tiempo de los Griegos, y Normandos: y lo que antiguamente integrava la Calabria. Quindi Calabria restò tutta quella regione che includeva la marina di Baroli, Trana, Molfetta, Iuvenazo, y Monopoli, que era de la antigua, y verdadera Calabria, che poi fece capo al quella ciudad que llamaron Bario che ancora allora si chiamava Bari, il cui territorio dal mare continuava fino ai luoghi montagnosi che in origine furono abitati da Lucani, Apuli e mantenuti dai governatori del Imperio Griego Basilicata. In essa si includevano perfino Taranto e Brindisi, nell’area che poi prese nome de Hydrunto, che era il luogo principale della Terra di Otranto. L’antica Calabria stava quindi ben distinta, separata e lontano dall’attuale Calabria che per la maggior parte della sua estensione era abitata dai Bruzi. Quindi la Capitanata integrava la Calabria di Bari e la Calabria si chiamava Bruzio di Cosenza. Nella ripartizione che fecero i due Re non si tennero in considerazione i nomi antichi delle regioni (in parte ancora esistenti sotto gli angioini fino al terremoto del 1348), ma ci si riferì all’ultima divisione politica delle province sotto Federico I.
10. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220.
11. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.218-220
12. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552. Per la cronologia storica sono stati altresì utilizzati elementi provenienti da fonti francesi e napoletane, come da note.
13. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor Paolo Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, Lorenzo Torrentino, Fiorenza 1552.
14. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, Venetia 1566 (anni 1500-1560), pag.16v e pagg.26-29.
15. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.253-254.
16. AA.VV, Capitani di Ventura 1458-1503, ABE, Avellino 2006.Cfr. Paolo Giovio, La vita di Consalvo Ferrando di Cordova, Torrentino, Firenze 1552.
17.Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.253-254.
18. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, f.235 e segg.
19. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, p.50 r. e v.
20. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, p.50 r. e v., frontespizio. D’improvviso comincia a parlare anche di Semiramis uxor Nini fuit prima inventrix braca rum, cioé di Semiramide moglie di Nino, I Re di Babilonia al tempo di Abramo, che fu la prima inventrice dei pantaloni. Poi insiste con Sam fuit filius Noé qui postanam eccepit sacerdotium mutavit nome et dictus est Melchisedech, quel Sem sul Nilo, figlio di Noé, che divenne sacerdote Melchisede. Ed ancora si rifà alle imprecazioni: – Emendamus inutilius quo ingnorantia peccavimus si subito preoccupati dum mortis queramus spatium penitentie et invenire non possum.Poi lascia la penna di filosofo latino e abbraccia quella del poeta volgare e patriottico, quasi scimmiottando il Petrarca, anzi a lui assomigliando in questo sonetto inedito proveniente dal medesimo rogito dell’Archivio di Stato di Avellino. Al foglio 294v, siamo nel solito rogito arianese, in ultima pagina, il notaio Tartaro stavolta si diverte a riportare un sonetto che stavolta cita chiaramente, essendo tratto dal Salutario Francisci Petrarce de studio, ma, guarda caso, è ancora una invocazione patriottica, il Redrentus ad Laudem Italie, che è il sonetto trecentesco conosciuto come Ad Italiam. In altra pagina trascrive proprio un sonetto del Petrarca. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, Al f.294v. Il sonetto e una trascrizione tratta da Petrarca Francesco Petrarca, XXII, AD ITALIAM [III, 24]. E’ totalmente in latino: Salve, cara Deo tellus sanctissima, salve / tellus tuta bonis, tellus metuenda superbis, / tellus nobilibus multum generosior oris, / fertilior cuntis, terra formosior omni, / cincta mari gemino, famoso splendida monte, / armorum legumque eadem veneranda sacrarum… lui…paratis / Pyeridumque domus auroque opulenta virisque, / cuius ad eximios ars et natura favores / incubuere simul mundoque dedere magistram. / Ad te nunc cupide post tempora longa revertor / incola perpetuus: tu diversoria vite / grata dabis fesse, tu quantam pallida tandem / membra tegant prestabis humum. Te letus ab alto / Italiam video frondentis colle Gebenne. / Nubila post tergum remanent; ferit ora serenus / spiritus et blandis assurgens motibus aer / excipit. Agnosco patriam gaudensque saluto: / Salve, pulcra parens, terrarum gloria, salve.
21. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, p.50 r. e v., frontespizio. V. passo: “L’illustrissimo pranzò e partì da Rohano in lectica accompagnato da Massimiliano Sforza detto il Moro già duca di Milano”. In: Itinerario di monsignor reverendissimo et illustrissimo il cardinale de Aragona mio signor incominciato da la cita de Ferrara nel anno del Salvatore MDXVII del mese di maggio et descritto per me donno Antonio de Beatis canonico Melfictano con ogni possibile diligentia et fede. Maggio 1517.
Il sonetto è di grande importanza perché mostra come sia avvertita ad Ariano, ex dipendenza salernitana, la voglia di libertà, essendo il popolo ormai stanco delle continue guerre in cui era stato coinvolto, ma con la solita voglia di riscatto. Il sonetto però non pare inneggiare alla sola libertà del Regno, quanto a quella dell’intera Italia, proprio come nel Trecento e nel Qauttrocento. Da qui l’ipotesi avanzata che non fosse farina del suo sacco. Ad ogni modo è onorevole che questa trascrizione, autografa o copiata, si ritrovi comunque ad essere inedita e trascritta dal notaio di Ariano. Nella sostanza si sprona il Moro Duca di Milano ad abbracciare le armi per difendere l’Italia dall’invasore spagnolo, per farlo ravvedere rispetto all’idea di esiliare a suo tempo Re Alfonso d’Aragona sostenuto dagli Sforza, giudicando indegno Re Ludovico di Francia, sostenendo che presto si sarebbero pentiti tutti. Marco, il Re di Spagna, l’Imperatore: si non si avede ognun essir fallito perché in Italia è intrato un firo basilisco. Da qui l’esortazione ad aprire le porte per far entrare chi nuovamente è partito per liberare l’Italia (l’ex Duca di Milano Massimiliano Sforza, nel 1517 era detto Il Moro).
22. Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, III ed., Vincenzo Valgrisio, cit.
23. ASAV, Protocolli notarili di Ariano Irpino, b.78, Notaio Angelo Tantaro, anni 1501-1507, f.235 e segg.
24.Alfonso Ulloa, Vita dell’invittissimo, e sacratissimo imperator Carlo V, cit.
25. G. Coniglio, I vicerè spagnoli di Napoli, Napoli, Fiorentino 1967.
26. Geronimo Curita, Historia del Rey Don Hernando el Catholico, Domingo de Portonarijs, Saragozza 1580, pag.270-271.
27. La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il Gran Capitano, scritta per Monsignor P.Giovio Vescovo di Nocera, & tradotta per M.Lodovico Domenichi, L.Torrentino, Fiorenza 1552.

1. Andriani, Memorie.
2. Balsamo, Diritti.
3. Andriani, Memorie.
4. Da: Il Giornale del Regno delle Due Sicilie, n.220, 11 ottobre 1841.
5. Andriani, Memorie.
6. Cavallo, Memoria.

1. B.Croce, cit.; Cardami, cit.; Giannone, Storia.
2. Andriani, cit.
3. Archivio Comunale di Carovigno.
4. ASNA, Archivio di Stato di Napoli, 1464.
5. ASNA, cit., Commune Summ., 25.
6. CDB, Codice Diplomatico di Bari, 1481.
7. CDB, cit., 1482.
8. Coniger, Cronaca.
9. Spennati, 1569.
10. Spennati, 1569.
11. Marchese, De nobilium.
12. Andriani, Carbina.
13. Ivi.
14. Ivi.
15. Ivi.
16. Montorio, Lo Zodiaco di Maria.

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ESTRATTO

STORIE VERE TRATTE DAGLI ARCHIVI DI STATO DI STATO

Nel gennaio 1496 le cose non andarono al meglio per il giovanissimo Re Ferrandino II d’Aragona, di soli 22 anni, già da diversi mesi sul trono per l’abdicazione del padre Alfonso II, costretto alla fuga poco prima della morte, quando la capitale si concesse ai Francesi.
Re Carlo VIII di Francia, sebbene fosse ripartito, aveva infatti lasciato Monpensier a Viceré di Napoli, ma il rampollo aragonese non si era giammai rassegnato, convinto di dover tornare e dare una risposta forte per riottenere con le armi ciò che l’avo avea conquistato.
In vista della guerra, anche il Papa, fatto fortificare Castel S.Angelo, lo trasformò in un’isola, arrivando a deviare il corso del Tevere, pur di stare sicuro.
Il cronista: — Per le mutatione di le muraglie, torioni et fosse vi faceva far atorno, con intentione di farvi andar il fiume dil Tevere, che non poteva reussir tal pensiere, esso pontifice per el disegno spenderia sequendo di fabbricare, chome fo divulgato, zercha 80 milia fiorini, et spesso cavalchava atorno a veder ditta opra; pur di malavoja si ritrovava, perché francesi non veniva più a tuor bolle de beneficii a Roma.
Del resto, Carlo VIII, tornato in Francia e incoronato Re, Ferrandino non possedé che circa la metà dell’ex Regno aragonese, essendosi tornati con un Regno di Puglia ed un Regno di Napoli. In verità non possedeva neppure tutta la Puglia in quanto l’intera Baronia, considerata parte della Capitanata, era dei Francesi.
Il cronista: – El reame de Napoli, overo di la Puja, non era tutto reaquistato da Ferdinando Secundo Re di caxa Aragona et di Napoli, et quello voleva recuperare, benché le forze sue fusseno molto piccole, perché ancora molte Terre in tutto quel Regno si teniva a petitione di detto Re di Franza, et oltra che vi era Monsignor di Monpensier Capitano primario et Viceré ivi in reame posto dal prefato Carlo.
E il Viceré francese Monpensier non era rimasto certo solo in Italia, perché aveva “assai numero de francesi, et grandissima copia di anzuini con qualche barone che da francesi teniva”. Per tutte queste cose era giunta l’ora per Re Ferdinando di assediare i castelli dei baroni di partito angioino che si erano dati al Re di Francia. Perciò decise di far intervenire la Serenissima Repubblica di Venezia: adonque l’aiuto de’ venetiani vi fu necessario.1
Ma prima, il 17 gennaio 1496, volle incontrare un’ultima volta tutti i baroni filofrancesi, fingendo di andare in Pullia per riscuotere la Dogana de le Pecore.2
Scoperto il tradimento di alcuni, specie del Conte di Sarno, Ferdinando fu sul punto di darlo ai francesi, poi ci ripensò e, dopo averli ammuniti, cominciò con lo stipulare l’accordo con i veneziani, mentre il nemico già rispondeva togliendogli Sanseverino. Il 20 gennaio il patto fra il Re e Venezia era già fatto e l’armata della Serenissima Repubblica, guidata da Geronimo Contarini, era già nel Golfo di Napoli con 700 huomini d’arme et 3.000 fanti, e di l’armata spendendo fin a la summa de ducati 200 milia in cambio del possesso di Trane, Brandizo et Otranto.

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Editorial Review

CAPITOLI SALIENTI

1. ostuni via da taranto per otranto e bari
— note capitolo i

2. truppe venete pro re in puglia piana
— note capitolo ii

3. CAPITANATA E BASILICATA AI FRANCESI
— note capitolo iii

4. S.VITO E LO SBARCO DI VENEZIANI E GENOVESI
— note capitolo iv

5. carovigno, serranova e s.vito nel 1700
— note capitolo v

6. I DENTICE PADRONI DI OSTUNI E TRIESTE
— note capitolo vi

fonti d’archivio e ulteriore bibliografia