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PRESENTAZIONE
Nel 1760 sono altri funzionari, stavolta il notaio della Curia ecclesiastica e il notaio pubblico, i quali, su indicazione del Provicario Generale della Curia Arcivescovile, affidano la chiesa torrionese al Venerabile Presbitero Nicola Ferrari di Oppido Petra Sturnina della Beneventana diocesi. L’affidamento ad un arciprete è su proposta fatta direttamente al papa che però necessita del regio exequatur da parte della Camera regia di S.Chiara in Napoli, come per legge.60
Don Nicola subentrava per la morte del rettore Iacopo de Leo: Parocchialij Ecclesia Sancti Michaelij Archangeli Oppidi Torriuni Beneventana Diocesi quam quondam Iacobus de Leo ipsi Ecclesia Rector dumviveret obtinebat probitum dicti Jacobi qui beneplacito adhuc durante extra dictam Curia.
La citazione viene dal sunto della lettera in Nomina Domini Amen del 1760, nel mese di settembre, sotto il terzo anno del pontificato di Papa Clemente XIII. La scrivono, come in uso, proprio i funzionari delegati dalla diocesi: Ego officialij deputatus vidi ed legi quadam liberaj apostolicai sub plumbo ut mnio expeditas tenoris sequentis videlicet Clemens Episcopus servus servorum Dei dilecto figlio Nicolao Ferrari Rectori Parocchialij Ecclesia Sancti Michaelij Archangeli Oppidi Torriuni Beneventana Diocesi salutem et apostolicam beneditionem vide ac nomuv honestas.
Quando l’arciprete nominato dalla Santa Sede, Don Nicola Ferrari di Pietrastornina, mise piede a Torrioni, aveva solo 25 anni. Egli occupò la casa riservata al Parroco e la Chiesa Parochiale di Torrejone sotto il titolo di San Michel’Arcangelo che non è la Chiesa di proprietà dei baroni Piatti, ma l’arcipretura di proprietà baronale del papa e quindi dell’arcivescovo di Benevento nel feudo del Casale Terra Torrioni di Montefusco.
Per tornare all’arrivo dell’arciprete, per esempio, stando alla precedente lettera, va detto che era legata alla decisione del Vaticano di instituire un’arcipretura, su suggerimento dell’arcivescovo. Pertanto l’arciprete richiedeva la paga di 50 ducati auri de Camera annuali, che si rifanno ad un valore di 75 ducati perché era considerato un forestiero. Ferrara arrivò ad invocare il Concilio Tridentino, la Costituzione di Giovanni XXII e perfino la bolla di Bonifacio VII, per attestare i benefici ecclesiastici che gli toccavano dovendo svolgere anche l’incarico di rettore della Parrocchiale detta dell’Oppido di Torrioni della Diocesi Beneventana, dictaque Parochialis Ecclesia dispositioni apostoliche specialiter vel alij generalites reservata existat.61
Che si tratti di una nomina papale di Clemente XIII per bolla ricevuta dalla Curia Beneventana lo dice lo stesso Parroco Nicola Ferraro quando, il 24 settembre 1760, con il visto del Preside Provinciale Onofrio Scassa in Montefusco, scrive alla Sacra Regia Maestà per ottenere dal Vicerè il Regio assenso alla nomina vistando la bolla pontificia al fine di non pagare l’imposta di forestiero, anzi considerando l’arcipretura un diritto baronale del papa, essendo detta bulla di juris totus ragio ne di Barone…..
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