CENTINAIA DI NOMI SUI ROTONDESI LAVORATORI DEL 1900
L’avvocato Piscitelli si chiedeva che la “zona posseduta illegittimamente” fosse “reintegrata”, anche se mai aveva “potuto dar ragione e fornire i titoli di questo suo possesso su Piana del Sole”, come cofermato dal suo stesso agente Caruso. Ma le “pretese” di Rotondi sarebbero andate a buon fine solo se avesse avuto causa dal Comune di Arpaia, chiamato in giudizio perché aveva occupato la Piana del Sole di proprietà di Roccarainola. Il fatto è che la questione “assunse una certa ambiguità per uno strano equivoco della difesa di Arpaia, causato dal ritenere che Rotondi fosse in causa come ex casale di Arpaia” nel 1700, così come questo comune diceva, prendendo nel mentre parte alla divisione. “Ma si è visto che ciò fu il portato di un errore, facilmente controllabile, in quanto Rotondi è stata sempre una Università a sé stante, distinta da quella di Arpaia, che aveva solo i due Casali di Forchia e Paolisi”. Nessun altro, oltre quei comuni, aveva diritto alla divisione. Ne conseguiva che il comune di Rotondi non solo doveva lasciare la zona, ma doveva anche “restituire tutti i frutti percepiti su di essa, quanto meno dall’ultimo trentennio”; zona, del resto, allibrata fin nell’onciario del 1742 come promiscua con Arpaia all’Università di Roccarainola.8
Il 18 giugno 1936, la Corte di Appello di Roma, condannava il Comune di Rotondi a pagare in favore del Comune di Arpaia la somma di 13.882 lire per spese e compensi. Svaniva così, anche l’antico sogno di entrare in possesso della Piana del Sole.
Rotondi era ormai un Comune grande ai primi del 1900 e contava molti villaggetti, alcuni dei quali cominciavano a trasformare anche l’originario nome. Abbiamo così: Piorza, Annunziata, Casa Gallo, Coriello, La Madonna, Cioffi, Battiglietti, Pelagalli, Perroni, Tre Zalorfi, Maietta e Campori.
Territorialmente parlando, Rotondi faceva parte del mandamento di Cervinara, attraversato dalla nuova strada, la rotabile che da Avellino conduceva a Caserta. Secondo un censimento dell’epoca, contava 1.864 abitanti, migliorando – a dire di Pennetti – anche l’abitato e la viabilità, “con un bell’edifizio per gli uffici, ciò per opera del compianto concittadino cav. Luciano Vaccariello, tanto benemerito cittadino, che alla nativa Rotondi die’ la vita, tanto immaturamente e barbaramente troncata”.9
Riprendeva così a vivere l’antico Distretto di Rotondi, pur restando le sue chiese spesso dirute e abbandonate. E’ il caso di ricordare San Pietro in Vingulis (o Vingolis), Sant’Antonio Abbate, Santa Maria Maddalena (in territorio dell’Eschi), San Giovanni Evangelista e San Bartolomeo, oltre la Cappella di santa Maria in Piano (esistente per certo dal 1700) appartenente alla terra di Montaperto. Altri tempi allora, ai tempi di don Pascale Caracciolo, marchese di S.Eramo, “patrizio napoletano padrone di questa terra”, che abitava nel palazzo Baronale alla contrada San Sebastiano, accanto alla Chiesa di Sant’Antonio Abate, nei suoi 11 soprani e 9 sottani, nei pressi dei beni del sacerdote don Michele Tarantino. E che dire poi della bellissima Chiesa Arcipretale della SS.Annunziata con l’annesso ospedale, di proprietà della Casa dell’Annunziata di Napoli, ivi nata a custodia di un suo fondo e per far progredire il culto alla Vergine in un territorio che già vedeva la presenza del convento delle monache di San Francesco di Montesarchio, sede di Mensa e della Casa Sagra.10
A metà settecento gli ecclesiastici secolari cittadini erano ben tre: don Francesco Maietta sacerdote, don Michele Tarantino sacerdote e don Nicolò Leggiero sacerdote. Vi erano poi altre chiese come quelle di Santa maria Maddalena, San Giovanni Evangelista, San Bartolomeo, San Giacomo minore, San Giacomo in Feudo, San Felice e Santa Maria La Stella, oltre le cappellette dedicate al Corpo di Cristo, al Pio Monte dei Morti e al SS.Rosario erette nella Chiesa Arcipretale. Bella e imponente, come sempre, la Chiesa campestre di Santa Maria della Stella, “eretta sulla Demanial Montagna”, quella di San Sebastiano “dentro l’abitato” e quella di San Lionardo nel “tenimento”. Molte anche le fondazioni religiose, “Chiese, monasteri e luoghi pii della città di Napoli e delle altre parti” presenti a Rotondi. V’era la Chiesa della SS.Annunziata di Airola, la Chiesa di San Rocco di Cervinara, il convento dei padri minori conventuali di San Francesco (come detto) di Montesarchio, la Cappella del SS.Sacramento di Benevento, il Collegio di Santo Spirito di Benevento, il Collegio di San Bartolomeo di Benevento, il Collegio di Sant’Angelo d’Arpaia, il Collegio di San Giovanni Battista di San Martino, la Cappella del Monte dei Morti di Cervinara, il Convento dei padri Carmelitani di Cervinara, il convento dei Minori conventuali di San Francesco di Benevento, il Convento dei padri di Montevergine di Airola, il Convento dei padri domenicani di Airola e la Venerabile Casa dei padri Teatini dei SS.Apostoli di Napoli. Per non parlare dei beni terrieri appartenenti all’abbazia di San Fortunato di Arpaia, alla Chiesa Arcipretale, alla Chiesa Parrocchiale di San Marciano di Cervinara, alla Chiesa Parrocchiale di Sant’Adiutore di Cervinara, alla Chiesa della SS.Annunziata di Napoli, alla Chiesa Parrocchiale di San Tommaso di Casale Paolisi, alla Casa Sagra della Città di Benevento. Il paese insomma era cresciuto, meta di fedeli e pellegrini che qui giungevano da tutto il circondario. Anche i beni in possesso dei privati cittadini cominciavano ad aumentare grazie al miglioramento della qualità della vita. La famiglia Lanni per esempio, e più specificatamente nel caso di Domenico Antonio Lanni, un bracciante che possedeva ben tre appezzamenti terrieri a seminato in località Postata, Furno e Li Galli; o di Giuseppe Antonio Lanni, anch’egli “bracciale”, con il suo orticello de La Piazza e de La Passata.
Il territorio di Rotondi era stato insomma diviso e frazionato ad un innumerevole numero di piccoli proprietari o di affittuari. Vale la pena di ricordare che fra i possessori vi erano anche la Chiesa di San Giorgio Maggiore di Napoli, la Chiesa di San Gabriele dei padri olivetani di Airola, il monastero dele monache di Regina Celi di Airola, la Mensa Arcipretale di Benevento e qualche libero cittadino come Nicolò Lanni, con i suoi fondi di III Zalorfi, Valli Li Carro e Santo Spirito, e Sagro Sarracino di Benevento.11
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