Apparenze di vita

15,00


Copertina posteriore

…Non era previsto un ritorno, sfuggiti di mente contesti e atmosfere, almeno per me che in quel corso ero stata per un tempo fugace, due anni soltanto eppure silentemente covati dal cuore, come un segreto d’amore.
Solarità di un’adolescenza che continua a concentrarsi in un’aula vecchiotta: volte illuminate da angeli in volo e corolle di fiori assieme all’allegro brusio mescolato a irrefrenabile riso, a stento celato quando le esilaranti battute, i motti d’arguzia, del buontempone di turno, avrebbero toccato l’apice!
Una classe che diviene metafora di vita, microcosmo di spensieratezza e di impegno insieme, di amicizia e complicità elevati a potenza. Basta una fotografia e il gruppo è qua, tutti raccolto quasi ammassati, visi giulivi o pensosi, sorrisi timidi, volti raccolti, facce sfrontate, animi trepidi, in attesa di un futuro prossimo, mai davvero immaginato! Quel futuro che avrebbe chiesto a ciascuno il conto dolce o salato, mai totalmente benevolo, la vita che continua, la morte impietosa che ghermisce! Uno che se ne va , più in fretta degli altri, e un’ altro e un’ altra ancora. Tutto apparentemente andato.
Nell’ombra qualcuno intanto ha tessuto una tela e programma e decide che è tempo, contro ogni indugio. Ci siamo, ci risiamo attorno ad un tavolo, tornati a raccontarci la storia di quei giorni, con la stessa allegria, per magia ritrovata! Ci riconosceremo, saremo invecchiati, saremo in grado di riannodare i fili dispersi, nel marasma di un tempo lunghissimo che ancora conserva preziosità, di colpo, riemerse in una sera di festa? Dove sono quei vecchi carichi di acciacchi e di tormenti, pesanti come la stessa esistenza? Pietoso lo specchio del tempo ci ha preservati, senza troppo infierire, perché siamo qui insieme, in un abbraccio festoso, noi ora, uomini e donne, pronti sempre a combattere, con un pizzico di quella antica incoscienza rispolverata per un appuntamento a cui non era possibile mancare. Nessun rimpianto solo un – ricordi quella volta che……? – tanto per cominciare, per continuare, nella realtà di un presente da godere insieme, per tutto il tempo che sarà.

Description

La casa dei gabbiani

Si svegliava al mattino e lo stridio dei gabbiani le ricordava distese d’acqua e nostalgie di sole. Le ricordava il mare. Avevano il gusto del sale marino, delle brezze quei loro gridii che di li a poco, sarebbero svaniti in un fremito di ali, verso il lido, sulla battigia e poi, a sfiorare l’increspatura delle onde chiare, come il cielo dell’alba.
Era accogliente, grande la casa di Valmaura, tinteggiata di un verde che assomigliava a quello dei prati, dell’erba a primavera. Aveva un terrazzo che d’estate si riscaldava tanto che vi crescevano forti i fichi d’India, in un vaso, prima piccolo poi sostituito da uno più grande, per contenere la pianta carnosa che aveva resistito al freddo del nord, alla bora che aveva la forza e il fragore dei treni, quando giungono nelle stazioni.
Le voci del nord, al mattino rompevano il silenzio con la naturalezza della vita, non le infastidivano il risveglio con parole superflue e importune: erano i gabbiani, il sibilo del vento, lo scuotere delle imposte, i freni degli autobus che scandivano con precisione il tempo di ogni giorno.
Valmaura era la periferia tranquilla della città imperiale, la Trieste superba e bianca di facciate simmetriche e solenni, nei mattini profumati di caffè appena tostato, mescolato agli odori di tante altre cose, di tante altre genti, di una realtà in cui il confine era come l’orizzonte che si guarda con piacere quando è sereno, con angoscia quando il tempo prevede burrasca.
Aveva amato quella casa, la casa dei gabbiani che nei giorni di pioggia, nei giorni di vento si raccoglievano, in tanti, sul terrazzo della sua camera e un po’ le facevano compagnia ricordandole altri mari, altri lidi, della sua terra giù al sud dove solo i suoni della natura potevano assomigliare a quegli altri suoni, uniche similitudini di mondi diversi e lontani.
Poi era andata via, da quel luogo e da quella casa e non aveva sentito più i gabbiani e l’odore del mare e quei silenzi si trasformavano, un po’ alla volta, in sussulti dell’anima, in fastidi indefinibili che turbavano le sue consuete abitudini. Al risveglio, adesso, sentiva il cigolio dei carretti degli ambulanti e le loro voci erano tristi cantilene di un universo provvisorio.
L’altra città non aveva più una dimensione definita, si allargava a dismisura in tanti agglomerati disarmonici dove il tempo non aveva scansione ma si dilatava, in un gioco di imprevedibili combinazioni.

Dettagli

EAN

9788872970133

ISBN

887297013X

Pagine

96

Autore

Del Guercio

Editore

ABE Napoli

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