08. COMUNE DI PIETRASTORNINA NEL 1745 (AV) – Best Seller 58° posto – Class. Storia Locale ISBN – più venduti in Italia!

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Copertina posteriore

S.Maria detta del Rosario: da sempre la chiesa verginiana per i forestieri

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Capitolo a parte merita la dipendenza verginiana di S.Maria delle Grazie, volgarmente detta del Rosario per la presenza di una Cappella e della successiva Congregazione voluta dai pietrastorninesi. Le considerazioni che seguono confermano che in passato Santa Maria Graziarum non fu mai una chiesa di patronato comunale, sebbene amata da alcune famiglie che vi fecero nascere la congregazione laica.
In realtà la Chiesa del Rosario venne considerata sempre come fondazione forestiera, al punto che, come vedremo, la stessa congrega sarà spostata nella chiesa madre di S.Maria de Juso.
Ma vediamo in che condizioni i verginiani lasciavano la chiesa. Le descrive negli anni il Cardinale Orsini durante le sue visite da capo della Diocesi beneventana. La prima visita del più alto prelato di Benevento, tratta sempre dal tomos I titolato Petrae Sturninae, Volumen completens acta, & decreta SS.Visitationum, datato ab anno 1686 ab ann: 1712, fece seguito a quella già effettuata nella Chiesa di S.Maria de Juso. Leggiamo: “Visitantes Ecclesiam S.Maria Gratiarum, et Primo Altaria. Gli altri Altari fuori di quelli del SS.Rosario, e di S.Antonio da mentovarsi appresso, da noi si solerano anche sproveduti quasi d’ogni cosa eccettuata l’icona e lo stipite poichè Fra’ Andrea Laico della Congregazione di Monte Vergine che hà cura di questa Chiesa, asserisce che non vi si celebra, ma servono solamente per ornamento. All’altare però di San Domenico di Seus, l’icona del emdesimo santo tutta lacera; poichè dopo che la chiesa sarà ridotta alla decenza da prescriversi appresso, ne daremo noi una nuova ad effetto di potervisi celebrare, secondo il solito la festa nel dì lui giorno festivo, e di lui la veglia”.
La Chiesa verginiana detta del Rosario, nonostante le ricchezze prodotte in mano ai verginiani, era fatiscente. Vi erano diversi altari, fra cui quelli di patronato della famiglia Minucci che vi seppelliva i morti. Lo stesso altare del Rosario era portatile, mentre l’altare di S.Antonio da Padova era, unitamente allo “stipite della mensa, da ridursi come gli altri altari della chiesa di patronato dei Minuccio”.
Il Cardinale asserisce che la stessa Chiesa era Grangia de’ Padri della Congregazione di Monte Vergine, ma alla “Compagnia del SS.Rosario esistente in questa chiesa ordiniamo che contribuisca alla reparazione”.
E’ quanto si ricava dalla Visitazionem societatem et primno sacram suppellettilam SS.Rosario in Ecclesiam S.Maria Graziarum Terre Petre Sturnina del 1686. Pertanto, scriveva il Cardinale, “ordiniamo per la festa del SS.Rosario e della domenica infra l’ottava del Corpus Domini non si possa spendere più in polvere che diece carlini l’anno… prohibiamo espressamente il farsi a spese della soddetta compagnia il pallio per la suddetta festa del SS.Rosario… non dovendo noi tollerare che il patrimonio di Gesù Cristo si consumi in queste cose di mondana vanità”.
La quarta visita del cardinale Orsini fu fatta anche nella Chiesa di S.Maria Graziarum Congregazionis Montis Virgine, nel 1695. Furono visionati gli altari, specie quello della Confraternita SS.Rosario e di S.Antonio Patavinio, ordinando “che si faccia dipingere l’immagine del Santo Titolare sopra la porta” e che “si risarcisca la figura sopra l’altare del SS.Rosario”.
A proposito della Congregazione del SS. Rosario bisognava richiedere “l’assenso del priore del convento più vicino” per la “costituzione dei vari libri, dai battezzati a quelli dei matrimoni”.
Con la settima visita del 1700 riferita alle case della Grangia di S.Maria delle Grazie “si ordinava di fare gli spigoli di pietra nelle cantonate degli altari colle mense di mattoni, la portella con la chiave al confessionale”, ornamenti ad uso dei padri Cappuccini. E “che si faccia il pavimento nuovo cominciando dal principio dei cancelli della Cappella del SS. infino a tutto il presbiterio inclusine, la finestra della sagrestia più grande con le rezze di ferro al di fuori”.
Il Cardinale fa altri riferimenti alla Chiesa di S.Maria Graziarum: “Che sopra il gradino di pietra del presbiterio dell’Altare maggiore si trasferisca la balaustrata del SS.Rosario servendosi di qualche nostro perito, ed attorno all’altare del SS.Rosario si faccia una balaustrata, che cinga il medesimo altare, come si è fatta a quello di S.Antonio e farla però più decente… di miglior forma e contenerla un poco più discosta dalle bande dello stipite perchè rientri la tovaglia comodamente” E che inoltre, a proposito della sacristia e sacre suppellettili, “che si faccia la soffitta a quadretti”. Nel 1704 l’altare del Rosario veniva tenuto proprio male. Questo il richiamo ufficiale della Curia beneventana: “i misteri del Rosario si reattino nelle pitture, si reatti l’ornamento indorato: tutto è roba di taverna! Si lustrino giusta l’arte i cancelli essendo nuovi e di noce ed in essi si collochino gli uncinetti. Il confessionale non vale un fico: onde si tolga prima della partenza del S.a. Abate Ferolla per Chiusano”. Intanto era pronto l’Oratorio per la Confraternita del SS.Rosario, l’aggregazione già confermata il 30 giugno 1692 al Reverendissimo Primicero Generale con un atto in cui si legge: “approviamo 24 sacchi con 24 cappucci, 24 cordoni e 24 mozzette di saietta nera”. E sulla chiesa: “Che i tre sottogradi rozzissimi, e pessimamente connessi, si riducano alla debita perfezione collo spianargli con sottile scalpello… Che in tutte le opere di pietra si adoperi la mistura, rimosso il pasticcio di calce. Che si ritinga la tela stragola”. Infine, “de Sacristia, che si ponga un gradino di pietra alla porta, col rimanere il resto del ribalzo di fabbrica de Campanile: che la campanella piccola storta si raddrizzi, idem si monti della calce la campana più grande”.
Con la visita del 1708 a S.Maria delle Grazie si citano l’altare di S.Antonio e quello del Rosario: “che si lavi il quadro dal dipintore che abita presso Costantinopoli in Benevento, che si fermi la lapide della sepoltura fra le due cappelle minori, de oratorio, de confraternita: ragunandosi 50 fratelli di sacco à soliti esercizi sotto la Prefettura del Signor Riccio, Campanile: che nel tetto del campaniletto a mitra si rimettano i coppi mancanti. Anche il clero era ammunuto: “non manchino al sacrizio delle messe eziandio nella Chiesa delle Grazie per la Cappella del Rosario”.
Nella dodicesima visita del 1710 si fa accenno all’altare maggiore, a quello di S.Antonio Patavini e del SS.Rosario, con i soliti lavori a farsi: “che si incassi la lapide della sepoltura fra i due altari, de oratorio: che si ritinga le clementine nella parte anteriore”. L’Oratorio era ormai una realtà dove si radunavano i “67 confratelli Giuliani Prefetto”. E sul Campanile: “che si riattino gli archi tutti scantonati che le campane si ripuliscano dalla calcina”.
Dopo la dodicesima visita del 1710, anzi dopo la tredicesima visita del 1711/12 in poi le Chiese di Santa Maria e San Rocco con Ospedale sono sempre dette in Oppido di Pietrastornina: “S.Maria de Juso Oppido, S.Rochi Oppido, Ospitale Oppido Petra Sturnine”, mentre Santa Maria Graziarum è detta Grangia di Montevergine in Petra Sturnine con l’altare del Rosario, la Cappella di S.Antonio e l’Oratorio del Rosario.
L’ultima e breve citazione della Chiesa che si affaccia sulla Piazza l’abbiamo nel Catasto Onciario del 1745. Di essa si parla in due punti. La prima menzione è relativa ai possedimenti di cittadini residenti e quindi non è riferita allo stabile, ma ai cittadini che in esso produono reddito: la Congregazione dei Fratelli del Rosario e l’amministrazione della Cappella.
Per cui il Monte dei Fratelli del SS.Rosario eretto nella Chiesa di S.Maria delle Grazie, Grancia di Monte Vergine esprimeva un reddito imponibile pari alla modestissima cifra di 55,17 once e mezza, prodotte dal possesso di un solo territorio a Cervarola.
Idem per la Cappella del SS.Rosario eretta nella Chiesa di S.Maria delle Grazie Grancia di Monte Vergine propriamente detta che possiede una sola selva nel luogo di Selva Rogiero, pari al sempre modesto reddito di 50,13 once.
Le vere ricchezze della Chiesa erano e restavano dei monaci verginiani di Montevergine. Questo per mettere la parola fine ai discorsi di chi ha sempre pensato che la Chiesa del Rosario fosse stata di proprietà comunale. Almeno fino al 1745 questo non è vero. I monaci verginiani infatti rappresentano una istituzione religiosa forastiera con moltissime rendite, pari ad una dichiarazione da 666 once e passa.
Fra quei beni forestieri descritti nel Catasto c’è la grancia perchè è considerata una chiesa di proprietà dei monaci e non dell’Università comunale, come lo potevano essere S.Maria de Juso, l’Ospedale di San Rocco e i campanili vari, stando ai documenti ritrovati.
Nell’Onciario, infatti, il Real Monistero di Monte Vergine si ritiene proprietario della struttura di Santa Maria delle Grazie, compreso l’abitazione adiacente: “con casa attaccata alla di loro Chiesa” e le altre case di Reillo, ma non della Cappella del Rosario e della Congregazione del Rosario che sono tassati fra i beni cittadini.
Inoltre, Montevergine, è proprietaria in Pietrastornina di numerosi territori e selve che producono reddito per censo, fitto, prestiti o altro.
Sono i territori di: Grotte, Gaudo, Selvi dentro, Cerrito, Ciglio, Arco, Architiello, Olivella, Monte Pillo, Selva Roggiero, Candola, Campetella, Gizzi, Cuorti Raguccio, Santo Nicola, Barba di Pecora, Gavete, Saucito, Padula, Mabilia, Piescopio, Covile, Corti Gaudo, Bosco dello Monaco, Vado dell’Occhio, Caradonna, Pascone, Badessa, Cesina, Bosco di S.Giacomo, S.Marco, Solestrano, Destrada, Vigna, S.Agnese, Aria e Montecielli.

Description


Quattro chiese e un ospedale dell’Università comunale

E’ tempo, per chi si volesse appassionare di storia locale, di analizzare un fattore che fino ad oggi abbiamo tutti trascurato: la differenza fra l’intero Stato feudale della Terra di Pietra Stornina (che comprende suffeudi oggi divenuti paesi) e l’Oppido di Pietra Stornina. L’insieme dei tanti feudi con diverse chiese parrocchiali raggruppati per esempio dal titolo di Principato di Pietrastornina ben si differenzia dalla sede amministrativa dell’Università comunale della Terra, dall’Oppido dove ha sede il Palazzo del feudatario e dalla Chiesa Maggiore Collegiata che riunisce tutti i Distretti parrocchiali (del feudo e dei suffeudi).
Questo tema, poco affrontato anche da noi, comporta degli errori storici che si possono commettere non tenendo presente lo sfaldamento degli stati feudali. Una chiesa citata nello stato feudale di Pietrastornina, per esempio, può benissimo non essere nell’Oppido, cioè nell’area del castello feudale, ma in un suo suffeudo poi diventato feudo autonomo con tanto di Università comunale. E’ accaduto per le chiese dell’ex suffeudo di Terranova di Arpaise che sono nei registri delle rendite della Chiesa Madre di Pietrastornina.
Una cosa del genere ancora accadeva nell’anno 1706 quando nell’Inventario dell’Archivio Parrocchiale vengono raggruppati i verbali della Collegiata relativi alle visite vescovili alla S.Angeli ad Scalam, Terranova fossiececa, et Petra Sturnine; con la Chiesa di S.Maria delle Grazie ubicata in Petra Sturnine e S.Rochi in Oppidi Petra Sturnine, come pure l’adiacente Ospedale e la Chiesa di S.Maria de Juso (nella visita del 1708), “l’ecclesia S.Rochi oppidi e Ospedale domum oppidi”.
Differenza che, nelle precedenti visite e in due secoli, non s’era mai fatta.8
Detto questo c’è da stabilire anche il luogo chiamato Dietro la Chiesa dei Santi che, presumibilmente, si riferisce alla Chiesa degli Apostoli Giovanni e Bartolomeo. Il documento proviene dall’Archivio di Stato di Avellino e fa parte degli atti notarili del Raguccio. Esso cita Agnesa de Silvestro moglie del fu Giuseppe Falcone di Candida che nel 1714 deve vendere un beneficio di Vittoria Simeone. Si tratta di un territorio sito nella Terra della Pietra Stornina nel Luogo detto Dietro la Chiesa dei Santi. Altri toponimi saltano spesso fuori dai rogiti notarili, come la cava di pietre nel Luogo Fontana confinante con la Via Pubblica e con i beni di Vittorio Minucci, Matteo Minucci ed altri, e la selva castagnale a Valle di Leta, riferiti in una lettera del 1718 di Vittoria d’Alessandro vedova di Antonio Cerullo, di scarso interesse in questo contesto, che contribuiscono ad alimentare la confusione con l’omonima Rupe Canina sul fiume Lete dello stato feudale di Prata Sannita in Terra di Lavoro.
Come meglio vedremo nelle pagine successive le chiese di Pietrastornina furono più volte ricostruite e i titoli accorpati. Prima di addentrarci nel groviglio di fonte ecclesiastica, vediamo invece quale era la situazione ufficiale in base al Catasto del 1745 in cui si parla di un Collegio di curati (canonici e dignità) riuniti nella nuova Chiesa Collegiale di S.Maria de Juso, ricostruita dopo la distruzione della precedente Abbazia di S.Maria de Juso nel luogo dell’attuale Chiesa Madre.
Il Collegio della Terra di Pietrastornina sotto il titolo di Santa Maria de Juso il quale vien formato di 7 canonici e 3 dignità, tutti curati, i quali per loro prebenda rivelano li seguenti [beni] stabili ed annue entrade: casa sottana alla Pergola; casa all’ORione diruta; territorio a Selva del Rosario, San Marco, San Vitagliano, Laoro e molti altri, oltre a numerosissimi capitali prestati, per un valore in once nullo in quanto i pesi superano le rendite. In S.Maria de Juso vi è la Congregazione del SS.Sacramento che fa reddito a parte: la Congregazione de’ Fratelli del Santissimo Sagramento eretta nella Chiesa Colleggiata sotto il titolo di S.Maria de Juso ha un reddito imponibile di 31.13 once.
Nel riferimento all’altra Chiesa detta degli Apostoli si conferma l’appartenenza di essa e dei sui territori alla Badia di Santa Sofia e ai suoi inviati beneventani rappresentati dal Rettore de Luca: la Chiesa di San Giovanni e Bartolomeo della Giurisdizione dell’Insigne Badia di Santa Sofia di cui n’è Rettore Don Domenico de Luca possiede territori a Gaudo, Vesceglieto, Croce, Fontana della Corte, Fratte, Campo Palumbo, Torre, Arola, Isca, etc.
Segue una citazione sulla Chiesa detta di San Rocco, ma il riferimento è alla sola Congregazione nata in una sua Cappella: la Congregazione sotto il titolo di San Francesco Saverio eretta nella Chiesa di San Rocco produce infatti un reddito pari a 2.10 once.
Idem per la Grancia di Montevergine: il Monte dei Fratelli del SS.Rosario eretto nella Chiesa di S.Maria delle Grazie, Grancia di Monte Vergine possiede un territorio a Cervarola e produce un reddito imponibile pari a 55.17 once e 1/2. In essa vi è anche la Cappella del SS.Rosario che però produce reddito a parte: la Cappella del SS.Rosario eretta nella Chiesa di S.Maria delle Grazie Grancia di Monte Vergine possiede selva a Selva Rogiero pari a once 50.13.
Appartiene al comune, invece, ma non è una chiesa pur essendo un luogo pio, il Pio Ospedale di questa Terra sotto il titolo di S.Rocco, jus Padronato dell’Università, con case all’Isca e territori e Selva d’Apollo e molti altri.10
A seguire i relatori del Catasto passano alla rendicontazione diretta degli ecclesiastici: 1. Il Reverendo Sacerdote Don Antonio Federico di 28 anni abita in casa del fratello, Don Nicola, al Largo della Fontana e possiede territori alla Pezza, S.Nicola e Vigna, pari a 66. 2 once e 1/2. 2. Il Reverendo Don Bartolomeo de Luca di 43 anni abita in casa del fratello a San Rocco e possiede territori a L’Orto di Giuseppe Forte, San Vitagliano, Pisciariello e case allo Pascone pari ad un reddito di 118.12 once e 1/2. 3. Il Reverendo Don Franco Riccio di 43 anni abita con la serva Antonia Turtoro di 40 anni nella casa di San Rocco e dichiara 61.3 once e 1/2. 4. Il Reverendo Don Domenico de Luca di 40 anni possiede territorio a L’Aria di Gioiella. 5. Il Reverendo Don Donato de Luca di 36 anni. 6. Il Reverendo Sacerdote Don Donato Solda di 40 anni possiede un orto sotto il Castello e territori a Chiano di Marte e Covile. 7. Il Reverendo Don Giovanni Sasso di 54 anni abita con la sorella Catarina Solda di 45 anni e possiede casa a San Rocco con numerosi territori. 8. Il Reverendo Don Giuseppe Minuccio di 62 anni abita in casa a La Piazza. 9. Il Reverendo Don Giuseppe Capobianco di 42 anni. 10. Il Reverendo Don Giuseppe Mucciariello di 30 anni possiede casa a L’Airella. 11. Il Reverendo Don Giacinto Capobianco di 34 anni possiede casa allo Profico. 12. Il Reverendo Don Liberatore di Renno di 50 anni. 13. Il Reverendo Don Luca de Luca di 27 anni possiede diverse esigenze annue. 14. Il Reverendo Don Nicola Minuccio di 43 anni ha casa allo Pontile. 15. Il Reverendo Don Nicola d’Antoniello di 32 anni ha casa all’Airella. 16. Il Reverendo Diacono Don Nicola d’Angio’ di 25 anni possiede casa a Riello. 17. Il Reverendo Diacono Don Nicola Federico di 25 anni possiede casa al Largo delle Fontane. 18. Il Reverendo Don Orsino Raguccio di 45 anni possiede casa alla Pergola.11
A questo punto seguono i luoghi pii forestieri: 1. Il Collegio de’ Signori Mansionarij della Chiesa de’ Mansionari di Bonito (once 33). 2. Il Sagro Seminario di Benevento con varie esigenze per lotti di territori. 3. La Chiesa Arcipretale di S.Angelo a Scala in cui n’è Arciprete Don Nicolò Pepere che possiede selva a Postiello, Salaconella, Valle dello Prete (once 83.10). 4 . La Chiesa della SS.Annunziata d’Altavilla (once 18.3 e 1/2). 5. La Chiesa Badiale di S.Angelo a Scala che possiede territorio a Campo Apierto e Postiello. 6. La Chiesa Arcipretale di S.Filippo e Giacomo dell’Ospedaletto (once 8.10). 7. Il SS.Salvadore eretto nella Chiesa Arcipretale di Pannarano con selva alla Croce (once 4.2 e 1/2). 8. La Cappella di S.Antonio eretta nella Chiesa badiale di S.Angelo (once 4.13). 9. Il Venerabile Monistero di S.Maria del Carmine in Cervinara (once 3.10). 10. Il Monistero de’ padri di S.Agostino di Benevento (once 6.20). 11. Il Venerabile Monistero di S.Maria degli Angeli di Benevento (once 113). 12. Il Beneficio di S.Giovanni Battista eretto nella Chiesa di San Vito in Sommonte in cui n’è beneficiato Don Alfonso Cecere (once 8.20). 13. Il Beneficio di S.Antonio eretto nella Collegiata Chiesa (di?) che possiede territori a Iardino, Polverizzo, Bosco di S.Antonio (once 37.18). 14. Il Pio Ospedale della Terra di S.Angelo a Scala con Selva a Postiello e S.Nicola. 15. Il Monastero di Donne Monache di S.Pietro in Benevento con selva e territorio alla Badessa (once 10). 16. Il Real Monistero di Monte Vergine con casa attaccata alla di loro Chiesa e con selve e territori a: Grotte, Gaudo, Selvi dentro, Cerrito, Ciglio, Arco, Architiello, Olivella, Monte Pillo, Selvo Roggiero, Candola, Campetella, Gizzi, Cuorti Raguccio, Santo Nicola, Barba di Pecora, Gavete, Saucito, Padula, mabilia, Piescopio, Covile, Corti Gaudo, Bosco dello Monaco, vado dell’Occhio, Caradonna, Pascone, Badessa, Cesina, Bosco di S.Giacomo, S.Marco, Solestrano, Destrada, Vigna, S.Agnese, Aria e Montecielli con altre case a Reillo (once 666.10 e 1/2). 17. Il Sagro Eremo dell’Incoronata con selve a Gaudo, Chiajo, Vallone, Cerreta, S.Agnese e case alli Pisani e Massaria con territori a Caporotundo, Tuoppo, Napolitana, Cuocco, Archi, Campo delli Monaci per un totale di once 470.24.

Alcune immagini della presentazione in pieno inverno nella Chiesa Madre

Dettagli

EAN

9788872970133

ISBN

887297013X

Pagine

96

Autore

Bascetta

Editore

ABE Napoli

Recensioni

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Editorial Review

 L’Abbazia prima della Collegiale di S.Maria da cui dipese Terranova

 

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La nuova chiesa, detta Arcipretale, di Santa Maria de Juso, fu consacrata nel 1694. Essa differisce dalla precedente fondazione badiale, riportata nei medesimi inventari parrocchiali, chiamata Magior Chiesa della Pietra, come si attesta nel I Inventario dell’Archivio Parrocchiale di Pietrastornina.
Questa primaria costruzione, sebbene fosse stata ugualmente intitolata a S.Maria de Juso, era riconoscibile dalla Cappella di S.Lucia e dalla Cappella dei SS.Cosma e Damiano citate nei documenti parrocchiali fra il 1542 e il 1572. A cui si aggiunse forse anche un altare di S.Antonio, se questa non fu una Cappella campestre come quella di San Vitaliano e non si confonde con quella sita nell’Abbazia di S.Angelo a Scala.
Nelle platee antiche, precedenti alla fondazione della nuova chiesa, venivano infatti annotati i beni della omonima Abbazia fittati, oppure dati in enfiteusi o a censo perpetuo ad alcune famiglie. Compaiono i nomi (1595) di un Carlo Iermano fu Nicola per selve e terre a Rosola, San Nicola, Estrata; di Don Federico, per la selva sita all’Arco venduta da Giantommaso Margiotta all’Incoronata di S.Angelo a Scala per 45 Ducati per atto del notaio Giannandrea d’Alessandro il 30 agosto 1595; di Giovanni Battista Ferraro che aveva in fitto il Campo del Trabucco [a Campetelle] che portava rendita a S.Antonio e S.Maria de Juso; del Signor Antonio de Huliy al Molicello che doveva la rendita alla Cappella dei SS.Cosmo e Damiano dentro la Maggiore Chiesa; di chi possedeva a censo la Silva del Gaudo (1572) della Cappella di San Vitaliano.
Nella Chiesa Maggiore, quindi, vi furono per certo solo la Cappella di S.Lucia e la Cappella dei SS.Cosma e Damiano e gli altari delle Cappelle laiche riunite dalle congregazioni del SS.Corpo di Cristo e del SS.Rosario (a cui apparteva la Selva di Calci nel 1542), e perciò detta Cappella del Sacramento e del Rosario.
Abbiamo già detto che questa S.Maria fosse un’abbazia. Senza forzature, sarà meglio precisare, allo stato delle ricerche, che si trattò di chiesa retta da un Abate, il cui titolo potrebbe invece riferirsi ad una diversa abbazia diruta. A tal proposito giova l’esempio di Sant’Angelo a Scala dove il Rettore di San Giacomo fosse anche Abate di San Marco e San Silvestro.
Neppure questa antica fondazione, in verità, fu mai ricca di beni mobili. Nel II Inventario parrocchiale di S.Maria de Juso, si legge che essa possedesse: sei candelieri di legno dorati e due tovaglie vecchie in france per l’altare, un altare portabile, una cappottella del SS.Sacramento fatta dal fu Abate Agostino Massa, sei fior di giarre dello stesso abate, due mesali, un calice d’altare d’oro con patena, cinque corporali e palle, dieci purificatori, due veli neri, tre bianchi, uno rosso e uno verde, due angeli di legname sprannati d’oro per l’altare maggiore, due camcii et cusali, una pianeta fatta sempre dall’abate, altre pianete vecchie, una croce d’argento all’antea, un crocifisso di legname, due quadri, con S.Lorenzo et un altro di S.Giuseppe, una lampa d’argento fatta dal Signor barone, due parati, due lemmi, tre basetti di stagno per gli olii sacri, un altro per gli infermi, un altro per il battesimo, tre pissidi d’argento, una corsa per portare il SS.Sacramento.
Fu questa chiesa di patronato del signore feudale e perciò costruita accanto o dentro il suo Palazzo numerato al civico n.1 di un non meglio precisato “Rione”.
In quell’anno, 1592, barone di Pietrastornina era Ugone Pagano, titolare del nuovo palazzo costruito al civico n.1 del Rione e possessore del Bosco del padre, Cesare Pagano, sito in S.Felice, luogo molto vicino a Roccabascerana, ai cui abitanti erano stati affidati molti di quei terreni. In quegli anni i Pagano avevano comprato anche il feudo di Terranova, rendendolo suffeudo dello Stato feudale di Pietrastornina (comprato nel 1586) e trasferendo, proprio nel 1592, il titolo della decaduta chiesetta di Santa Maria di Terranova alla Chiesa Maggiore di Santa Maria de Juso in Oppido di Pietrastornina, cioè nel suo proprio borgo. Il tutto ereditato da Ugone Pagano il 1 luglio 1594.
Questa unione complica in qualche modo la ricerca dell’esatta ubicazione della primaria chiesa, ma giustifica l’annessione della Cappella dei SS.Cosma e Damiano alla Chiesa, il cui culto era ed è fortissimo proprio a Terranova, suffeudo che si staccherà da Pietrastornina solo nel 1621 quando Pagano lo rese autonomo con il titolo di Duca di Terranova e Fossaceca...