42. San Pietro di Scafati nel 1753 (II parte di Scafati)

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Nell’area di S.Marco in Baiano di Bella: Casale Stabia vicaria salernitana con Cesarano e Sagnano

L’antico feudo dell’abbazia di San Pietro della Real Valle del Bosco Reale del Monte Reale col SS. Corpo di Cristo, S. Maria delle Grazie e l’antico Porto. Completano il testo centinaia di cognomi antichi, e terreni nei luoghi di Cangiani, Zi Paolo, Vaglio, Capolupo, Rotonda, Pecorari, Fontana Leo, Case Vecchie, sull’antica via Major nocerina proveniente da Contursi.
Non aiuta, ai fini della ricerca storica locale, ma giova saperlo, che il territorio della diocesi di Nola, riorganizzata dopo il terribile terremoto del 1348, giungesse a comprendere l’attuale Costiera Sorrentina, con San Pietro di Scafati, Pompei compresa, e quindi sfociasse sul mare con Torre Annunziata. Molti casali della stessa Napoli formarono la nuova arcidiocesi di Napoli distaccandosi parte da Nola e parte da Salerno, che continuò a comprendere i territori proprio fino a San Pietro. E’ difficile quindi ipotizzare quale sia l’effettivo percorso fatto dalle popolazioni nel corso dei secoli, dopo aver abbandonato le coste. Idem per i paesi del Baianese, dove svetta la Chiesa di San Marco appartenente alla Curia, loco Vaiano propinguo ecclesia San Marci, antica vicaria stabiana di Salerno.1
C’è da dire che, in tutto il Catalogo dei Baroni, redatto del 1092 (e non nel 1130), non compare nessun feudatario di nome Mosca a signore di una Avella, bensì di una Bella, essendo proprietari di molti feudi fra Acerra e Marigliano, indi feudatari di Abelle del barone Rinaldo Mosca figlio di Riccardo Mosca ed è il signore del Castello di Abelle e di tutti i feudi della zona posseduti in affidamento dal conte Roberto di Bono Herbergo che ci lasceranno in vita solo il toponimo del paese di Moschiano. C’è poi un cavaliere, Turoldo Mosca, che comparirà ma in alcuni documenti di Aversa quale feudatario di Abelle, quale unus ex magnatibus Aversanae urbis milicie.2
Di Riccardo in Rinaldo Castello Abelle rimase ai Mosca fino a Francesca Mosca, ultima discendente che, nel 1356, sposò Amelio del Balzo. Ma siamo certi che il famoso Castello di Bella sia Avella, se questo feudo affidato a Buonalbergo si trova in altro luogo menzionato, sebbene appartenente al medesimo Mosca, e nella zona dove si citano Acerra, Arienzo e Marigliano compare solo un luogo chiamato Sessola Pantano? Più si va indietro nel tempo, più i documenti si perdono in territorio di Nola, cioè da Torre Annunziata a Lauro, quasi a volerci trasmettere che vi fu un’altra Abella.
Dal Catalogo dei Baroni dell’anno 1092 si ricava che il Barone Raynaldus Musca, Musce, possiede un feudo del Comes Robertus de Bono Herbergo, Comes che a sua volta tiene per sè i feudi del bosco demaniale di Sessulam Pantani, parte di LAcerra e Marellanum, il feudo di Valle Argentia e quello di Roccam. Il Castello dell’attuale Avella, infatti, non è ancora nato in questo luogo che pare avesse attinenza col toponimo del bosco di Sessula.
Trenta anni dopo alcuni documenti di Montevergine dimostrano che il Castello di Avella non c’è e non c’era in quanto sta appena nascendo un Casale chiamato Abelle nei pressi dei ruderi del Vico normanno chiamato Baiano.
Ne sono prova i documenti verginiani del Milite Eleazar e Bigolenda che abitano il Casale Abelle, sito sulla via Aversana di Baiano in Vico, feudo di Rainaldo (che è Rinaldo Mosca feudatario del glorioso Roberto Principe dal 1126) col compito di costruire nell’Actum Abellano il Castello Abelle.
Inoltre l’antico Vico è più vicino a Baiano che non ad Avella. Anzi, a Baiano, appartengono i terreni di S.Marina, di Agella e i terreni che vanno da Turone e Casarano (Sagnano) fino al centro del Casale Baiano dove svettava l’antica chiesa di San Marco in Baiano, che inglobava tutto il grande territorio circostante chiamato Cirvito. Questa antica abbazia di S.Marco non assomiglia in maniera cospicua alla S.Marco rinvenuta da pochi anni a Torre Annunziata, ex territorio Nolano?
Nel 1131 il Milite Eleazar di S.Arcangelo di Aversano, sposo di Bigolenda, prese a risiedere ad Abelle e divenne possessore dei territori di quel Vico, qui connominatur Baiano, appartenenti al feudo del suo Signore domino, che è sempre Raynaldo (lo chiama seniori meo), fra cui un oliveto in loco ubi dicitur ad Agella che dona alla Chiesa di S.Maria in monte qui dicitur Virgine. Il Vicum antico è quindi Baiano, col suo luogo principale abitato chiamato Agella, con altri uliveti, cava e ortale siti a Cirvito, nella Corte di S.Stefano, che vengono offerti dai baianesi ai verginiani.
I. ASNA, Archivio della Regia Camera della Sommaria, Serie Catasti Onciari, Fogli di copia microfilmata in bobine, nr.27-28, provenienti dai Volumi n.3879-3880, Provincia di Principato Citra, Distretto di Salerno, S.Pietro di Scafati.

II. ASNA, Archivio della Regia Camera della Sommaria, Serie Catasti Onciari, Fogli di copia microfilmata in bobine, nr.27-28, provenienti dai Volumi n.3879-3880, Provincia di Principato Citra, Distretto di Salerno, S.Pietro di Scafati: Pr[incipa]to Citra / S.Pietro di Scafati / Onciario del 1739, ma si presume essere del 1744, stando alle diverse aggiunte. L’altro catasto consultato, invece, è successivo, in quanto si legge: P[incipa]to Citra / S.Pietro di Scafati / Distretto di Salerno / 1753.

III. ASNA, Archivio della Regia Camera della Sommaria, Serie Catasti Onciari, Fogli di copia microfilmata in bobine, nr.27-28, provenienti dai Volumi n.3879-3880, Provincia di Principato Citra, Distretto di Salerno, Capifamiglia in ordine alfabetico di nome con il mestiere e il luogo di abitazione, oltre la composizione del nucleo familiare e i maggiori beni posseduti con il relativo reddito imponibile espresso in once, riferiti ai due diversi Catasti Onciari di S.Pietro di Scafati, come da elenco che segue, rispettivamente nella colonna “1739” e nella colonna “1753”.

S.PIETRO DI SCAFATI
1739

8. Il bracciale Antonio Sparandeo di 35 anni abita in casa affitto con la moglie Catarina Vallone di 50 ani coi figli: Pascale di 6 anni, Aniello di 5 anni, Silvia di 16 anni, Domenica di 13 anni e Maddalena di 8 anni………………../

S.PIETRO DI SCAFATI
1753

Description

42° volume Catasto onciario (vol. 2)

E’ vero. Nelle altre parti d’Italia i beni venivano valutati dal fisco, mentre nel Regno di Napoli si procedette su dichiarazioni di parte, con tutti gli inconvenienti (dichiarazioni orali con rivele fasulle, diminuzione della consistenza dei propri beni, negazione addirittura di possederne) che tale sistema comportava.
I catasti comunali, teoricamente, avrebbero dovuto servire alle amministrazioni locali per una equa tassazione, che, al contrario, molto spesso veniva fatta gravare artificiosamente addirittura sui meno abbienti. Era necessario per ovviare a questi veri e propri soprusi che i dichiaranti indicassero tutti i beni stabili, le entrate annue di ciascun cittadino e dei conviventi. I nobili dovevano rivelare i beni posseduti nella propria terra e anche quelli in cui abitano con la famiglia e con i congiunti, facendone una breve, chiara e distinta sintesi sul margine della rivela (autodenuncia).
Fine del Catasto Onciario era quello che il povero non fosse sottoposto a tasse esorbitanti e che il ricco pagasse secondo i suoi reali possedimenti. In base a questo principio i sudditi vengono tassati non solo per il possesso dei beni immobili, ma anche singolarmente per le industrie che possiedono, commercio, mestiere o arte che esercitano. Dunque, oltre all’imposta patrimoniale, restava in vigore anche la vecchia imposta personale. Infatti il focatico, l’imposta del nucleo familiare dovuto da ogni focolare, venne sostituito dal testatico, l’imposta pro capite a quota fissa, pagato da tutti coloro che non vivevano nobilmente, cioè solo da coloro che si dedicavano al lavoro manuale.
Un’indagine investigativa condotta su cittadini, congiunti e conviventi, attraverso una breve, chiara e distinta sintesi sui beni immobili, e sull’attività esercitata, sulle tasse – com’è stato scritto – caratteristiche che non escludono la vivezza della enunciazione formale e la passionalità del piglio giornalistico, ogni volta che occorra, per annodare e poi snodare un sistema complesso, articolato, che appare ripetitivo e impossibile a studiarsi, che fornisce dati quasi mai letti e trascritti prima, per portare a conoscenza di noi un atro pezzo di storia mai scritta, senza entrare nel merito di punti problematici, come nello stile delle pubblicazioni promosse da questa amministrazione.
Il programma della ABE, con la pubblicazione sul Catasto di San Pietro di Scafati, oggi ricadente nel Comune di Scafati, e di tanti altri volumi, ci fa entrare sempre di più nella storia di tasse e balzelli, fornendoci un lunghissimo elenco dei residenti di ogni singolo paese, dei nostri e di quelli a noi vicini. Questo aiuta i cittadini di oggi a scoprire i nomi, i mestieri e le arti dei propri antenati.
Un merito che va soprattutto ad Arturo Bascetta, che si è sobbarcato con perizia e volentieri l’immane lavoro di curare una collana aperta a più collaboratori, come già abbiamo visto per i volumi pubblicati.
E’ la meravigliosa documentazione del Catasto Onciario portata alla conoscenza diretta degli eredi di quei nonni. Interventi, studi e note di chi, con proprie capacità, intelligenza e amore per la storia locale, ha messo su carta la vera riscoperta essenziale delle radici e della storia. Che è poi la strada percorsa in questi anni da chi, come noi, ama la memoria storica di San Pietro di Scafati e del Vesuvio.

Dettagli

EAN

9788872970492

ISBN

8872970490

Pagine

112

Autore

Bascetta,

Cuttrera,

Del Bufalo

Editore

ABE Napoli

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Editorial Review

Cronotassi dei vescovi di Massa della distrutta Città Mariana

Era nata S.Maria à Fontanella o meglio la Chiesa Madre di Santa Maria della Lobra a Fontanella, a cui, sempre seguendo Gennaro Maldacea, si aggiunsero le Parrocchie, «e tra le prime fu quella di Torca, di Termini, di Monticchio, indi Sant'Agata, ed in seguito tutte le altre, che ora esistono, ed allora tutti gli altri Casali furono incorporati con queste primitive Parrocchie. «Le prime furono istituite con un breve di Pio V. nel 1566, e tutta poi la Diocesi di Massa era sottoposta al Vescovo di Sorrento, il quale era allora il solo Vescovo di tutta la Penisola Sorrentina, ed era indipendènte, cioè non suffraganeo di alcuno». Egli segue un appunto di D. Giuseppe Mollo, il quale esercita la Professione Medica nella Capitale con gran decoro, secondo cui:
«il primo Vescovo di Massa Lubrense fu Alberto creato Vescovo da Onorio III. e fiorì nel 1220.
- Il secondo Pietro Donorsi nel 1289.
- Il terzo Francesco creato nel 1299: e trasferito in altra sede nell’anno 1311.
- Il quarto Giorgio Magnesio nel 1347.
- Il quinto Fra Paolo Fiorentini nel 1348.
- Il sesto Giovanni Fiorini nel 1351.
- Il settimo Lodovico Fiori nel 1401.
- L'ottavo Sebastiano Ripa nel 1434.
- Il nono Giacomo Scannapeco creato nel 1466.
- Il decimo Geronimo Casfaldo nel 1506.
- L’undecimo Pietro Marchese nel 1521.
- Il duodecimo Geronimo Borgia nel 1544.
- Il decimo terzo Gio. Battista Borgia nel 1545.
- Il decimo quarto Giovanni Andrea Bellone Messinese nel 1560.
- Il decimo quinto Giuseppe Faraone nel 1577: e trasferito nel 1581.
- Decimo sesto Giovanni Battista Palma Massese creato nel I5o,i morto nel 1506.
- Il decimo settimo Lorenzo Asprella nel 1504: morto nel 1605.
- Il decimottavo Fra Agostino Quinzio creato nel 1605 morto nel 1611.
- Il decimo nono Ettore Gironda nel 1611 morto nel 1626.
- Il vigesimo Fra Maurizio Centino nel 1626.
- Il ventunesimo Alessandro Gallo nel 1630 morto nel 1645.
- Il ventiduesimo Giovanni Vincenzo de Juliis nel 1645: morto nel 1672.
- Il vigesimo terzo Francesco Maria Neri nel 1672: e trasferito nel 1678.
- Il vigesimo quarto Andrea Massarenga nel 1684
- Il vigesimo quinto Gio-Battista Nepita nel 1695: morto nel 1701.
- Il vigesimo sesto Giacomo Maria de Rossi nel 1702: morto nel 1701.
- Il vigesimo settimo Andrea Schiani Massese nel 1740.
- Il vigesimo ottavo Liborio Pisani nel 1746 : morto nel 1756.
- Il vigesimo nono Giuseppe Bellotti nel 1757: trapassato nel 1785.
- Il trigesimo finalmente fu Angelo Vassallo creato nel 1792, morto nel 1797.
E qui finisce la serie de' Vescovi di Massa Lubrense la quale Diocesi si è riunita un altra volta con quella di Sorrento.
Ma rieccoci alla «Città Minervina», fra mito e leggenda, nel Della fondazione della Città di Santa Maria e descrizione de Casali, con la nascita della chiesa di S.Nicola e quella dell’Annunziata, dove prese a sedere il primo vescovo, ai piedi di un Castello, nella cui cinta murara fu fabbricata la Città di S.Maria.
«Vi si fabbricò il palazzo della Città e quello del Governatore,- più tutti i cittadini ricchi, ognuno di essi vi eresse un palazzo per se: il Castello ebbe dal Governo un Comandante , il quale era pagato dalle rendite della Città».

§ — L’abate Pierre de Villiers insedia i circestensi a Realvalle

Agli anni seguenti, tra il 1364 e il 1366, dev’essere datata la richiesta indirizzata da Giovanna I a Carlo V Re di Francia “per ottenerne la concessione di una delle spine della corona di Cristo conservata alla Sainte Chapelle a Parigi, e destinata appunto a una chiesa ancora da costruirsi a Napoli, benché la lettera, probabilmente per analogia con la chapelle parigina menzioni appunto una cappella e non una chiesa. Incaricato del ritiro della reliquia fu Pierre de Villiers, confessore della Sovrana, nonché visitatore generale dell'Ordine cistercense nel Regno di Sicilia e in seguito abate di Realvalle presso Scafati. Anche il pontefice, comunque, appoggiò fortemente la richiesta di Giovanna. I documenti angioini noti confermano, negli anni seguenti, numerosi acquisti di terreni per la costruzione e la dotazione della chiesa e del contiguo ospedale destinato ad accogliere i poveri e gli infermi. Entrambi gli edifici furono poi concessi dalla Sovrana ai monaci certosini di S.Martino, in persona del loro priore Giovanni Grillo l'8 ottobre del 1372......................

§ — Le differenze: Ponte, Terra Scafati a S.Salvatore e S.Pietro

Ponte di Scafati era quindi il Ponte della omonima località sita sul fiume Sarno, dove svettava un castello a due miglia dal mare, che gli Ungheresi provarono a scalfire. “Tentò di assalirli il Re più volte, e sempre indarno; ed alla fine, unendo ai fanti anche i cavalli, si preparava a dar loro l’ultimo assalto; cercarono allora di capitolare, i monaci, ed ebbero dal Re per sicurtà il figlio del di lui capitano generale. Entrovvi, Ludovico, e partito, che ne fu, vi fecero i di lui soldati un bottino di 10.000 fiorini”.
Più innanzi della Terra di Scafati era la Valle “che di Scafata s’appella, e fu già un popolato casale, ov’era l’antichissima chiesa di S.Salvatore”, donata dal vescovo di Nola, nel 1093 all’abate di Aversa. Una volta, nel giorno di s.Marco, tutta la diocesi di Nola veniva a prestare ubbidienza alla vecchia parrocchia, il cui beneficiario, presentava “due bianchi piccioni tutti di vermiglio adornati”, mentre da parte degli economi della Torre, un altro beneficiario, gli offre un “verde ramo di appesi granchi, e di vari coloriti nastri vagamente fornito”.
Il terzo luogo abitato era chiamato S.Pietro di Scafati, esente da tempo di qualsiasi tassa dai pontefici per la presenza del monastero circestense di S.Maria della Valle, il primo fatto costruire da Re Roberto dopo la battaglia con Manfredi..............

§ — Il Bosco di Torre A. con Rubiliano e Bosco Reale dei Nolani

Da San Pietro di Scafati si andava a Torre della Annunziata, a cui apparteneva il Bosco di Napoli, ricadente in quella diocesi napoletana, e il Bosco Reale, che invece era rimasto in diocesi di Nola. Il sacerdote di questa chiesa madre, regalata dal feudatario alla città nel 1498, ogni anno, sempre nel giorno di S.Marco, doveva mandare al vescovo di Nola un agnello bianco con le corna dorate.
Nel mare di fronte a Torre Annunziata c’è l’isolotto di Revigliano, Pietra d’Ercole detta da Plinio, diversa dal lontano scoglio a Capo d’Orlando del Monte Scrajo di fronte a Castellammare. “Fu su di quest’isola edificata nel XII Secolo, dal Magno, com’è chiamato, e divin profeta B.Giovanni Gioachino dell’ordine cistercense, e fondator del florense una chiesa sotto l’invocazione di Maria, benché poi di S.Angelo siasi appellata, e cel racconta il padre abate d.Gregorio de Laude dello stesso ordine nell’Apologia delle di lui opere portentose: ove pone tra li monasteri da lui con mirabil felicità quello di Sanctae Mariae de Rubiliano stabianae diocefeos, benché ingannato dalla vicinanza di Castellammare” e quindi in diocesi di Nola, perché “Revigliano nomen prope Pompejos, nunc Diocesis Nolensis”, come sosteneva quel vescovo d’Anastagi.
Poiché dagli scavi archeologici di Ercolano alla Scala Calastro di Torre Annunziata ci passa circa un chilometro risulta difficile ragionare sull’esatta ubicazione dell’antica s.Angelo, che è poi sempre quella sul M.Aureo, verso il Castello detto di Sancia, sul promontorio di Pimonte. La costiera sorrentina del Monte Aureo del rio sicco di Vico S.Agata Equense è il vero e antico luogo longobardo sui due Golfi dell’antico Episcopio della Cava Metiliana di Meta, tutti luoghi confusi con i successivi Montauro di Eboli e Montoro di S.Agata di Solofra, dove scapparono gli originari equensi del Sole a fondare i loro borghi post normanni intorno alla nuova Cava salernitana...................