4.Donne, prodigi e stranezze di Napoli. Cronache dei tempi miei di Loyse De Rosa

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COSI’ TERMINANO LE CRONACHE ORIGINALI DI LOISE

NOTE

1. Chiara De Caprio, La scrittura cronachistica nel Regno: scriventi, testi e stili narrativi. La VI settimana di studi medievali articolata in tre giorni, dal 13 al 15 maggio, Roma 2015.
2. Una precisa
esposizione filologica è nell’edizione critica Loise De Rosa, Ricordi edizione critica del Ms. Ital. 912 della Bibliothéque Nationale de France, a cura di Vittorio Formentin, Roma 1998 t. I.
3. Mediterranea-ricerche storiche, n. 47, dicembre 2019 anno XVI. Laura Sciascia, Tra storia e letteratura: il caso dell’ebrea di Toledo p.601 L’episodio dell’amore di re Alfonso con Lucrezia d’Alagno è riportato nel vol. 3 di Cronache dei tempi miei, pp.66-75.
4. http://en.wikipedia.org/wiki/Rahel_la_Fermosa.
5. https://it.upwiki.one › wiki › Rahel_la_Fermosa.
6. Laura Sciascia, op. cit., p. 601.
7. Azar Nafisi, Quell’altro mondo- Nabokov e l’enigma dell’esilio, Adelphi 2022. P.86,88,227.
8. In particolare mi riferisco al monologo interiore di Molly, cfr. James Joice, Ulisse, 1922 tr. Italiana 1960.
9. Tra il 58 e il 52 a.C. Giulio Cesare sconfisse le tribù galliche, e sottomise al dominio romano buona parte dei territori, che oggi fanno parte di Francia e Belgio.
10. Pellegrino, deriva dall’aggettivo latino peregrinus.-a,-um con il significato di “viaggiatore”; nel tempi del Medioevo, con un forte spirito religioso, il vocabolo faceva riferimento ai pellegrinaggi. Cfr. Oratio Toscanella, Dittionario volgare et latino con la lingua fiamminga, spagnuola e altre lingue, Venezia 1568, p.58 “ Animo grande, a. eccellente, a. valoroso, a. dotato d’altezza, a. dotato di grandezza, a, sublime, a, pellegrino, a. pronto a sopportare ogni colpo di fortuna”. L’autore nell’indirizzo di saluto ai lettori del suo libro si definisce” pellegrino e felice ingegno”.
11. Nuovo corso completo d’agricoltura teorica e pratica, Dizionario, Padova 1818 I edizione italiana, p.257.
“Una moda assurda condanna una quantità grande di cavalli da lusso ad avere la coda tagliata, prima di essersi esposti in vendita per la prima volta: quest’operazione sempre dolorosissima, seguita è spesso da accidenti gravi , ed alle volte dalla morte. Cfr. Gönül Yektaº Biancat, Una rassegna dei cavalli blu dell’Arazzo di Bayeux, Università Ca’ Foscari Venezia Corso di Laurea Magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, La Tesina di Iconografia E Iconologia Medievale Sp. | A.A. 2017-2018.
12. In questo racconto Loise De Rosa mette insieme due episodi della storia di Roma avvenuti in tempi diversi. L’Episodio di Coriolano, che aveva conquistato i Volsci nel 453 a. C., ma che, per contrasti con la parte dei Plebei, andò in esilio, diventando alleato del popolo che aveva soggiogato. Coriolano con i Volsci giunse alle porte di Roma, ma venne fermato dalle preghiere della madre Veturia e della moglie Volumnia, presentatasi con i due figlioletti in braccio. L’altro episodio, Cesare che marcia contro il Senato, è da riferirsi alla guerra civile con Pompeo, 49-45 a. C. La crocifissione di Cristo avvenne sotto l’imperatore Tiberio.
13. Lucio Cecilio Metello, “Si rese noto per aver opposto resistenza a Cesare quando questo, giunto a Roma, volle impadronirsi dell’erario pubblico custodito sotto la rupe Tarpea. Cesare riuscì a stroncare il coraggio di M. soltanto scacciandolo con la violenza; e l’anno successivo costrinse il valoroso tribuno ad abbandonare l’Italia (Cic. ad Att. XI VII).”, Clara Kraus – Enciclopedia Dantesca (1970) s. v. Metello.
14. La Famiglia Manieri era originaria del Castello di Bazzano, detta Maniero o Manieri, passata in Aquila alla sua fondazione, avvenuta al tempo dell’imperatore Federico II, e facente parte di quel Patriziato dall’inizio di esso, https://www.heraldrysinstitute.com › Manieri › Italia › idc. Cfr. Buccio di Ranallo, Cronica, edizione critica e commento a cura di Carlo De Matteis, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la Fondazione Ezio Franceschini («Archivio romanzo», 13), 2008, pp.CLIII-452. Cfr. “Delle cose dell’Aquila dall’anno 1363 all’anno 1424. Cronaca di Niccolò di Porbona” in L. A. Muratori, Antiquitates Italicae medii aevi, sive Dissertationes de moribus, t. XVI, Arezzo 1779 pp.704-758-
15. Giuseppe Fumagalli, Chi l’ha detto. Tesoro di citazioni italiane e straniere, VII edizione, Hoepli, Milano 1921, p,65.
16. Il riferimento è al canto X dell’Inferno v.33.
17. Un riferimento a questa nobil donna, nel diploma con cui “ Re Ferdinando ecc. ordina al vicario generale, Alfonso, suo figlio primogenito, al tesoriero, al secreto ed agli altri ufficiali costituiti e costituendi nella provincia di Calabria, e particolarmente a Pietro de la Candida, castellano di Monteleone, che osservino e facciano osservare il privilegio, dato a 24 giugno 1462, col quale aveva donato a Mariano d’ Alagno (de Alajno), conte di Bucchianico, e alla moglie di lui, Caterinella de Ursinis, tutti i diritti, le collette e le funzioni fiscali, le gabelle, le dogane, censi, servizi feudi, erbaggi ecc. nella terra e nei casali del distretto di Monteleone1465, aprile 24″, Archivi privati Pignatelli Aragona Cortes – Diplomatico, http://patrimonio.archiviodistatonapoli.it › asna-web › p…
18. Come si sa, i muli sono animali bardotti, generati dall’accoppiamento di una femmina di cavallo con un maschio di asino. Le femmine nate da tale incrocio possono essere occasionalmente fertili, mentre i maschi sono generalmente sterili.
19. Francesco II Del Balzo (1410-1482) fu Duca di Andria dal 1444 al 1482.
20. Si tratta di tre santuari molto famosi: San Leonardo è un’abbazia in territorio di Manfredonia; Sant’Angelo è il famosissimo santuario di san Michele Arcangelo del Monte Gargano; Santa Maria dei Martiri si trova a Bitonto, oggi meglio conosciuta per la devozione all’Arcangelo Michele.
21. Eleonora d’Aragona (Napoli, 22 giugno 1450 – Ferrara, 11 ottobre 1493) era figlia di Ferdinando I, re di Napoli, e di Isabella di Chiaromonte, nipote di Maria d’Enghien, regina di Napoli dal 1407 al 1414, morte del marito, il re Ladislao d’Angiò Durazzo.
22. Si comprende il significato da dare all’aggettivo “rustico”, se lo si pone, come in latino rusticus, in antitesi a “urbanus”, vale a dire la signoria rurale non quella cittadina. Cfr. Michèle Benaiteau, Vassalli e cittadini – La signoria rurale nel Regno di Napoli attraverso lo studio dei feudi dei Tocco di Montemiletto, Bari, 1997.
23. Per un riscontro dei titolo nobiliari di molte città del Regno cfr. Elisabetta Scarton-Francesco Senatore, Parlamenti generali a Napoli in età aragonese, Federico II University Press, Napoli 2018.
24. Despota era il titolo che si dava ai sovrani nei territori di lingua greca. Il riferimento del de Rosa è a Carlo d’Angiò che nel 1277 acquistò il regno di Gerusalemme da Maria d’Antiochia ((1237 – 1274). La Croce di Gerusalemme fu inserita da Carlo d’Angiò nel suo blasone e fu sempre presente nello stemma del Regno di Napoli.
25. Salma. “Unità di misura di capacità per aridi, usata in Italia e particolarmente in Sicilia, dove la salma legale equivaleva a circa 275,089 litri, prima dell’adozione del sistema metrico decimale; anche, unità di misura di superficie equivalente a circa 17.462 m2, nonché unità di peso usata nel sec. 16° per determinare la portata utile di una nave, equivalente a tre cantari (cioè, in Sicilia, a circa 238 kg)”, in Vocabolario on line, Treccani s. v. salma
26. ELEONORA d’Aragona, duchessa di Ferrara (Napoli nel 1450-1493) era figlia di Ferdinando I d’Aragona re di Napoli (allora duca di Calabria) e da Isabella Chiaramonte. Andò sposa nel 1473 a Ercole I d’Este, duca di Ferrara, Modena e Reggio. Cfr. Pietro Messina – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 42 (1993) s. v.
27. Si tratta del territorio del Monte Gauro, un vulcano in quiescenza, nei Campi Flegrei.
28. La Riserva naturale e Oasi WWF Cratere degli Astroni, è situata nei comuni di Pozzuoli e Napoli. E’ il cratere di un vulcano spento che fa parte del complesso del cratere di Agnano, inserito nell’estesa area vulcanica dei Campi Flegrei.” La vegetazione della riserva è caratterizzata dalle condizioni di microclima che fanno sì, in virtù del fenomeno dell’inversione termica, che le specie tipicamente mediterranee come lentisco, fillirea e mirto si trovino sul bordo del cratere, mentre sul fondo, sebbene ci troviamo a pochi metri sul livello del mare, vivano specie mesofile tipiche di quote più elevate, quali castagno, farnia, rovere, olmo e carpini”, https://www.wwf.it › … › Il nostro lavoro in Italia › Oasi.
29. Il riferimento al Chiatamone, farebbe supporre l’esistenza anche in Napoli città di un Serapeo, un tempio al dio egizio Serapide, non solamente quello che si trova a Pozzuoli.
30. Alessandro Di Muro, La vite e il vino, in Pietro Dalena-Paola Carnevale-Alessandro di Muro-Francesco La Manna, Mezzogiorno rurale, olio, vino e cereali nel Medioevo, Bari 2010 pp.133-274. Wolfgang Schweickard, Deonomasticon Italicum -Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da nomi di persona, Tubingen 2006 p.367: Vin Grixesco, m., vino bianco secco o da dessert, che si ricava dal vitigno greco.
31. I puntini sospensivi sono nel testo originale.
32. La chianca è una lastra di pietra. In Campania, e anche in altre regioni meridionali, con questo nome si indicava la macelleria, o meglio un asse di legno o un tavolo sul quale il macellaio esponeva la carne in vendita.
33. Sui bagni di Pozzuoli cfr. Alessio De Sariis, Termologia puteolana scritta da Alessio De Sariis a vantaggio dell’uomo infermo, Napoli 1800. Cfr. Silvia Maddalo. I Bagni di Pozzuoli nel Medioevo- Il De Balneis Puteolanis, in Bains Curatif et Bains Igiéniques en Italie de l’Antiquité au Moyen ¬ge, a cura di M. Guérin-Beauvois e J.M. Martin, Roma 2007, pp. 79-92.
34. La città di Nocera, in provincia di Salerno, durante il basso medioevo era nota col nome di Nuceria Christianorum -Nocera dei Cristiani-, dalla metà del XV secolo, essa venne chiamata Nuceria Paganorum -Nocera dei Pagani-, nome che conservò fino al 1806.
35. Si diffuse l’idea che l’indulgenza cancellasse non solo la pena temporale, ma anche la colpa. Petrus Maria Passerini, Tractatus de indulgentiis, Roma 1672,” Queste “indulgenze” furono largamente concesse sotto diverse forme a partire dal sec. XI: al principio era rimessa solo una parte della pena, ma già Urbano II, nel 1095, elargì un’indulgenza che rimetteva “poenitentiam totam peccatorum” ai crociati; ed è appunto l’indulgenza per la crociata che costituirà il tipo delle future concessioni indulgenziali plenarie”, in Luigi Giambene-Mario Niccoli, Enciclopedia Italiana Treccani 1933 s. v. Indulgenza.
36. Ippolita Maria Sforza, secondogenita di Francesco I Sforza e di Bianca Maria Visconti, (1445-1488), divenne Duchessa di Calabria per matrimonio, ma morì prima che suo marito Alfonso II d’Aragona diventasse re di Napoli. cfr. Maria Nadia Covini – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 92 (2018) s.v. Sforza Ippolita.
37. Il fiume Liri attraversa il territorio di Ceprano, è stato per secoli il confine tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio.
38. La Battaglia di Benevento, “evento di grande importanza storica, perché con la sconfitta e la morte di Manfredi e la conquista del regno di Sicilia da parte di Carlo d’Angiò, rappresentò il primo atto della definitiva vittoria del papato nella lotta contro gli Svevi e l’inizio della dominazione angioina nell’Italia meridionale. Combattuta il 26 febbraio 1266, sulla riva destra del Calore presso B., fu l’episodio conclusivo della spedizione italiana di Carlo d’Angiò” , in Enzo Petrucci – Enciclopedia Dantesca (1970) s. v. Benevento. Il De Rosa attribuisce la sconfitta di Manfredi alla vendetta del Conte di Caserta, per l’abuso sessuale subito dal coniuge ad opera del re.
39. E’ chiaro il riferimento a Dante, al verso 128 del canto III del Purgatorio “in co del ponte presso a Benevento”.
40. Corrado di Svevia, detto Corradino (1252 –1268), fu l’ultimo degli Hohenstaufen regnanti. Nella battaglia di Tagliacozzo (1268) contro gli Angioini venne sconfitto e fu decapitato nell’ attuale piazza del Mercato di Napoli, il 29 ottobre dello stesso anno. Cfr. Peter Herde – Federiciana (2005) s. v. Corradino di Svevia.
41. Nei brevi pontifici (le lettere dei pontefici), oltre all’intestazione col nome del Papa, si trova la formula introduttiva Ad perpetuam rei memoriam o, anche, Ad futuram rei memoriam, vale a dire a ricordo delle disposizioni contenute nel documento.
42. Carlo II d’Angiò (1248-1309) detto lo Zoppo, figlio di Carlo I d’Angiò, sposò nel 1270 Maria d’Ungheria erede al trono; fatto prigioniero dagli Aragonesi nella guerra del Vespro (1284), fu liberato in seguito al trattato di Campofranco (1288). Cfr. August Nitschke – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 20 (1977) s.v. Carlo II d’Angiò. Re di Sicilia.
43. “I fattori della storia sono sì numerosi, il loro intreccio sì involuto, che il popolo continuerà a preferire un concetto poetico e drammatico della storia, si foggerà li eroi prediletti” in Gabriele Rosa, Giovanni da Procida e il Vespro Siciliano, Archivio Storico Italiano Nuova Serie, Vol. 17, No. 1 (33), GIORNALE STORICO DEGLI ARCHIVI TOSCANI: Anno VII. Dispensa Prima (1863), pp. 32-52, https://www.jstor.org stable.
Giovanni di Procida (1210-1298), rimase fedele agli Svevi, e quando questi decaddero congiurò sempre contro gli Angioini, che li avevano sconfitti. La leggenda popolare gli attribuì la congiura contro Carlo d’Angiò, culminata nei Vespri Siciliani, ribellione scoppiata a Palermo nel 1282. Cfr. Salvatore Fodale – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 85 (2016) s. v. Procida, Giovanni da. Loise De Rosa segue nel suo racconto la tradizione che vuole la rivolta, una vendetta di Giovanni contro il Re Carlo, che aveva osato abusare di sua moglie.
44. Tosare le monete, voleva dire limarne il bordo per prelevare piccole quantità di polvere d’oro o d’argento, che poi sarebbe stata rifusa in lingotti e rivenduta. Questa cattiva pratica era vietata dalle autorità e le sanzioni previste per chi l’attuava arrivavano anche alla pena di morte.
45. L’azzimatore si occupava della produzione e della lavorazione dei panni di lana, dalla cardatura alla tessitura. In Firenze si chiamavano cimatori, gli addetti a tagliare il pelo ai panni di lana.
46. La fornace, chiamata carcara nelle regioni meridionali, era utilizzata per la produzione di calce e di gesso, ancora negli anni ‘60. Pr ridurre la pietra in calce si cuocevano le pietre di calcare in forni ricoperti di terra. Il mestiere del carcararo era ritenuto tra i più umili.
47. Usata a mo’ di detti famosi, questa sentenza riferita da De Rosa è indizio sicuro di un patrimonio culturale antico, che rimaneva vivo nella coscienza dei secoli. Cfr. Xavier Pascual López, Las sentencias de Publilio Siro en torno a la amistad y sus equivalentes españoles, in sperança Borrell Vidal & Pilar Gómez Cardó (ed.) (2016). OMNIA MVTANTVR. Canvi, transformació i pervivència en la cultura clàssica, en les seves llengües i en el seu llegat. Vol. II, pp. 73-79.) “(Dans le présent article, on interroge la valeur des «sententiae» de Publilius Syrus en décelant leur importance culturelle et fonctionnelle au moment où elles ont été dites et écrites et leur fonctionnalité de nos jours. Les «sententiae» présentaient non seulement une grande richesse grammaticale qui justifiait leur étude dans les écoles, mais enseignaient aussi les grands principes moraux qui soutenaient la société et la grandeur romaines. Aujourd’hui, l’oeuvre de Publilius Syrus mérite d’être revalorisée, parce qu’elle peut devenir un précieux objet d’étude de la sociologie (il faut bien analyser les nombreux parallèles entre les «sententiae» et les proverbes populaires de toutes les civilisations, peuples et époques), de l’Histoire du monde classique (les sentences nous font connaître un monde en évolution dans la lutte entre le respect des valeurs du passé et le changement qu’apporte l’avenir) et aussi de la didactique du latin (l’harmonie entre les phrases très simples et les maximes plus complexes propose un cours d’initiation à la langue latine dans les «curricula» de l’enseignement secondaire d’aujourd’hui. – Maria Cristina Pimentel, “As «Sententiae» de Publilio Siro: perspectivas para a sua revalorização”, Euphrosyne 17, 1989, pp. 151-170.).
48. Il Capo d’Anza, nel Portulano del mare Mediterraneo, di Sebastiano Gorgoglione genovese nel si contiene tutta la navigazione, che si fa da luogo in luogo, e la descrizione di tutti i luoghi… che si trovano dalla nobile città di Genova fino al Capo San Vincenzo verso ponente (Portogallo) e da Genova fino alla Sapienza (Peloponneso) verso levante,, Napoli 1726 p.98 “Corsa da Genova fino a Messina verso levante…Da Capo Linari (Civitavecchia) a Capo d’Anza (Anzio) quarta di Scirocco verso Levante miglia 70″.
49. Roberto d’Angiò (n. 1278 – m. 1343) figlio e successore di Carlo II d’Angiò. “In seguito al trattato di Campofranco (1288) fu mandato in ostaggio ai re d’Aragona insieme ai fratelli maggiori Carlo Martello e Ludovico e al fratello minore Raimondo Berengario. Liberato (1295), fu designato (1297) alla successione del padre, essendo morto Carlo Martello e avendo Ludovico rinunciato ai suoi diritti; sposò (1297) Iolanda (o Violante) d’Aragona, sorella di Giacomo II”. Cfr. Jean-Paul Boyer – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 87 (2017) s. v.
50. Roberto d’Angiò aveva perso all’età di ventisette anni (1302) la sua prima moglie, Iolanda d’Aragona[6], figlia di Pietro III d’Aragona e Costanza di Hohenstaufen. Nel 1304 Roberto sposò Sancha (1285 – 1345), figlia quintogenita del re di Maiorca, Giacomo II, e di Esclarmonde di Foix, figlia del conte di Foix, Ruggero IV. Il più anziano figlio sopravvissuto di Carlo II d’Angiò e Maria d’Ungheria, Roberto, alla morte del padre nel 1309, gli succedette sul trono di Napoli; e Sancha divenne così regina consorte sino alla morte del marito..
51. Bartolomeo da Capua (1248-1328), logoteta e protonotario del regno. fu consigliere di Carlo I d’Angiò, autorevole collaboratore di Carlo II e prezioso consigliere di re Roberto. Cfr. Ingeborg Walter – Maura Piccialuti – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 6 (1964) s. v.
52. Rama, regione della Croazia, attraversata dal fiume Narenta (Neretva), insieme alla Bosnia nel sec. XII venne conquistata dal re dell’Ungheria.
53. Lodomeria è un nome derivato ( latinizzato ) di Vladimir. “Il nome “ Volhynia “ è menzionato per la prima volta nelle cronache ruteni come una regione abitata da una tribù chiamata Volinia che fu conquistata dal Gran Principe di Kiev Vladimir il Grande. Volinia passò di mano più volte nel corso dei secoli successivi. Circa dC 1199 fu fusa con il Principato di Halych, per formare il Ducato (poi Regno) di Galizia e Volinia sotto il principe Romano il Grande . Dopo la morte di Romano il Grande nel 1205, Andrea II d’Ungheria adottò il titolo di “Re di Lodomeria” (oltre che di Galizia), in riferimento alla Volinia” in https://www.no-regime.com › ru-it › wiki › Lodomeria. Cfr. Dissertatio de Gallicia et Lodomeria: item Dalmatia Veneta dicta Regno Hungariae incorporanda, 1805, opuscolo di 48 pagine anonimo e senza note tipografiche.
54. Il figlio di Roberto, Carlo, Duca di Calabria (1298 – 1328) fu proclamato nel 1325 signore di Firenze e per tre anni guidò i guelfi nelle lotte contro i ghibellini. Morì improvvisamente nel 1328, non a Firenze ma a Napoli.
55. Giovanni d’Angiò o Giovanni di Durazzo (1294 – 1336), fu duca di Durazzo dal 1332, fino alla morte, Era figlio cadetto di Carlo II di Napoli (1254 – 1309) e di Maria di Ungheria (1257 – 1303).
56. Filippo I d’Angiò ( 1278 – 1332) principe di Taranto, despota dell’Epiro, principe d’Acaia ed imperatore titolare di Costantinopoli, era figlio del re di Napoli Carlo II e di Maria d’Ungheria.
57. Giovanna I d’Angiò (1326 – 1382) regina regnante di Napoli, regina titolare di Sicilia dal 1343 al 1381, anno della sua deposizione. Nel 1376 convolò a nozze, per la quarta volta, con Ottone IV di Brunswick. Anche Ottone, come prima Giacomo, non assunse mai il titolo regio, ma fu duca di Calabria. Cfr. Ingeborg Walter – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 14 (1972) s. v. Brunswick, Ottone di. Il toponimo Osterlicche indica l’Austria cfr. Adolfo Cecilia – Enciclopedia Dantesca (1970) s. v. Osterlicchi.
58. Luigi d’Angiò, conosciuto anche come Luigi di Taranto (1320 – 1362), figlio di Filippo I d’Angiò, principe di Taranto e di Caterina di Valois-Courtenay, fu principe di Taranto dal 1346 e poi re di Napoli, dal 1352 alla morte, in quanto secondo marito della regina Giovanna I, l’unico dei suoi quattro mariti a governare come monarca insieme a lei. Giacomo IV di Maiorca (1336 – 1375), figlio di Giacomo III di Maiorca, e di Costanza d’Aragona. Fu il terzo marito di Giovanna I, ma non fu mai incoronato e fu solo suo consorte dal 1363 alla morte, anche se lasciò il Regno di Napoli nel 1366.
59 Margherita d’Angiò-Durazzo (1347 – 1412), figlia di Carlo di Durazzo e Maria d’Angiò, fu regina consorte di Napoli dal 1382. Fu reggente del Regno di Napoli dal 1386 al 1393 durante la minore età del figlio Ladislao.
60. Giovanna II d’Angiò-Durazzo (Zara, 1371 – Napoli,1435), figlia del re Carlo III d’Angiò-Durazzo e della regina Margherita di Durazzo, succedette sul trono di Napoli al fratello Ladislao I, deceduto privo di eredi legittimi. Fu regina di Napoli, dalla morte del fratello, nel 1414.
61. Il regno di Napoli si trovò coinvolto nelle controversie originate dallo Scisma d’Occidente (1378) tra Urbano VI e Clemente VII. Ottone e Giovanna divennero partigiani di Clemente VII e lo accolsero per primi a Napoli. Per il loro sostegno a Clemente VII, Giovanna ed Ottone furono minacciati di destituzione e di scomunica. Urbano VI trasferì la sovranità del regno di Napoli a Carlo II di Ungheria, che fu incoronato in Roma nel 1380. Carlo nel 1381 occupò Napoli e fece imprigionare Giovanna nella fortezza di Muro Lucano. Ottone cercò, con l’aiuto del fratello Baldassarre, di liberarla ma fallì e sia lui che il fratello furono catturati ed imprigionati. Giovanna, che si rifiutò di rinunciare ai suoi diritti, fu strangolata nel 1382.
62. Manfredi III Chiaramonte, spesso citato più semplicemente come Manfredi Chiaramonte (morto a Palermo nel 1391), fu uno tra i rappresentanti più importanti e in vista della nobiltà meridionale. La bella figlia del Conte Manfredi III, Costanza Chiaramonte, venne chiesta in sposa da Margherita di Durazzo per il figlio tredicenne Ladislao I d’Angiò (1376-1414), Re di Napoli e di Ungheria. Il matrimonio si celebrò in Gaeta il 21 settembre 1389. Costanza fu regina di Napoli fino al luglio del 1392, quando fu ripudiata da Ladislao. Cfr. Salvatore Fodale – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 24 (1980) s. v. Chiaromonte, Manfredi conte di Modica. Cfr. Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell’ istoria generale del regno di Napoli, editore G. Gravier, Napoli 1770 p.147-165
63. Ladislao d’Angiò Durazzo, re di Napoli, nel 1402, col consenso di Bonifacio IX, si sciolse dal suo precedente matrimonio con Costanza di Chiaromonte per sposare la ricchissima Maria di Lusignano, sorella di Giano, re di Cipro.
64. Maria d’Enghien (1367 – 1446) dopo la morte senza eredi del fratello maggiore Pietro, nel 1384, divenne contessa di Lecce. Non è noto il ruolo di Maria nella ribellione del 1405 contro Ladislao d’Angiò-Durazzo da parte del marito, Raimondo Orsino detto Raimondello. che aveva ripreso i rapporti con Luigi II d’Angiò-Valois. La morte improvvisa di Raimondello, nel 1406, la lasciò madre di quattro figli minorenni in una situazione critica. Quando ebbe consapevolezza dello stato precario in cui si trovava. Nell’aprile del 1407, Maria avviò per vie brevi le trattative che portarono al suo matrimonio con il re Ladislao. Cfr. A. Bascetta, La contessa di Lecce Maria d’Enghien, Napoli 2022.
Ippolita Maria Sforza (1445 – 1488) era figlia di Francesco I e di Bianca Maria Visconti; divenne Duchessa di Calabria per matrimonio, ma morì prima che suo marito Alfonso II d’Aragona diventasse re di Napoli (1494).

Description

LOYSE DE ROSA,
DONNE, PRODIGI E MALATTIE DI NAPOLI


Non ha dato un titolo al suo libro, ma credo
che se l’avesse fatto, LOISE DE ROSA, avrebbe
intitolato il testo alla maniera napoletana di
«mo, ve conto».
Era il modo antico, dei nostri avi cittadini del
Regno di Napoli, di richiamare l’attenzione dei
presenti, perché si stava per dire qualcosa di
interessante, di importante.
In questi ultimi anni è stata riservata
maggiore attenzione alle “cronache” degli
scrittori napoletani del XV e XVI secolo. Pochi
anni fa CHIARA DE CAPRIO sottolineava “il nesso
fra contesti, tradizioni culturali e scelte
linguistiche delle cronache in volgare”. Grazie
a questi contributi, possono essere individuati
“alcuni temi storiografici centrali per quanti, tra
Cinque- e Seicento, affidano alla scrittura storica
il compito d’illustrare le ragioni della
preminenza sociale e politica dei ceti provinciali:
il mito delle origini greco-romane e l’attenzione
al Sacro, che si declina come interesse per la
fondazione eroica delle città, per il culto dei santi
protettori, per le istituzioni religiose”.1
C’è qualcosa di più in questo desiderio di
raccontare le vicende a cui si è assistito o di cui
rimane ricordo nella tradizione culturale. Nel
XV e XVI secolo in tutti i centri abitati del Regno
si concordano tra gli abitanti e il feudatario dei
regolamenti della vita cittadina, regolarmente
sottoscritti davanti a notaio. Sono gli Statuti o i
Capitoli Municipali, con cui vengono concordati
i criteri di convivenza tra le famiglie, il rispetto
dei loro beni materiali e la tutela dell’ambiente.
Se si concorda qualcosa, vuol dire che ai
contraenti si riconosce la “persona giuridica”,
cioè titolarità di diritti e obblighi.
E a proposito dell’opera di LOISE DE ROSA, la
DE CAPRIO annota: “Per quanto concerne
l’organizzazione narrativa, nell’opera sono
riconoscibili scarti di forma testuale; coi suoi
cinque testi, i Ricordi ora assumono la forma di
un «discorso in risposta a un preciso
interlocutore», ora possono essere letti alla
stregua di una «cronaca di memorie personali e
civili», ora sono costruiti come «un libro di
famiglia inteso a dare ai congiunti utili
ammaestramenti di vita, ora ambiscono a
narrare storie utili per mettere in guardia i
baroni del Regno sui pericoli e sui rischi
d’incaute ribellioni al potere monarchico”.
Questa peculiare elaborazione narrativa del
fatto storico – sottolinea la DE CAPRIO- fa si che
”il discorso narrativo dei Ricordi dispiega la sua
funzione conoscitiva: esso si offre, cioè, come un
serbatoio di singole vicende storiche capace di
far affiorare quell’interpretazione della vita, ad
un tempo elementare e più generale, che si è
andata stratificando nel lento ruminio dei
racconti e delle memorie popolari”.2
Nel suo racconto LOISE DE ROSA attinge da un
patrimonio di eventi che la tradizione popolare
aveva elaborato. Prendiamo la storia dell’amore
tra Alfonso d’Aragona e la bella Lucrezia
d’Alagno. Per dire che il re è ben disposto verso
la sua amante, De Rosa riferisce che aveva fatto
collocare in Castello Nuovo (il Maschio
Angioino) un arazzo, che raffigurava il re di
Polonia e la sua amante ebrea. Il fatto però è
ripreso da una vicenda avvenuta nel XII secolo,
non in Polonia ma in Spagna.3
Il re Alfonso VIII di Castiglia (1155-1214),
detto il nobile, sposato con Eleonora
d’Inghilterra, figlia di Enrico II, ebbe come
amante una giovane e bellissima ebrea, Raquel
(c. 1165, Toledo – 1195, Toledo), figlia del
ricchissimo Jehuda ibn Ezra.4
Questa storia d’amore, che era stata relegata
nel regno della favola dal marchese de Mondejar
(1628-1708) e da altri storici della letteratura
spagnola, è riferita ad un fatto che interessò
SANCHO IV re di Castiglia e Leon intorno al 1292.
Dato che la storia non è menzionata nei
documenti storici fino a quando essa non sarà
comprovata, gli studiosi moderni continuano a
discutere la natura storica di Rahel e il suo
rapporto con il re.5
“A introdurre il personaggio dell’amante
ebrea è un testo, scritto quasi un secolo dopo i
fatti, alla corte del pronipote di Alfonso, SANCHO
IV, Castigos e documentos para bien vivir: uno
speculum principis, un manuale di precetti
morali rivolti a un futuro re, nel caso specifico il
futuro Ferdinando IV, per avviarlo a governare
virtuosamente,.. E in questa versione elaborata
l’episodio finisce per essere accolto come fatto
storico stabilito nella cultura dell’età moderna”.6
Qualche considerazione a proposito della
“traduzione” in italiano del testo di DE ROSA che
è in “espressione” napoletana. Ho seguito quanto
dice V. NABOKOV sulle traduzione di un testo in
altra lingua diversa da quella originaria. Ho
lasciato, per quanto ho potuto, l’andamento
stilistico dell’originale. “NABOKOV perfezionò la
sua teoria sulla traduzione letterale: precisione
lessicale senza alcun compromesso a vantaggio
della fluidità e dell’approssimazione metrica o
stilistica. NABOKOV espose le sue idee nella
prefazione a Invito a una decapitazione.” La
fedeltà dell’autore ha la precedenza, per quanto
bizzarro sia il risultato Vive le pétant e abbasso i
sempliciotti, i quali pensano che tutto vada bene
se viene reso lo spirito”. La traduzione doveva
aiutare a leggere l’originale, non a sostituirlo.
Benché, a differenza del romanzo realistico, i
racconti dell’oralità popolare appartengano
all’ambito dell’improvvisazione, i più
interessanti autori contemporanei creano
l’impressione dell’improvvisazione ogni volta che,
inevitabilmente, fanno uso del linguaggio
colloquiale”. 7
Il testo in volgare è stato lasciato così come
nell’originale, cioè senza segni di interpunzione
ma solo con la divisione in paragrafi. Per chi ha
letto l’Ulisse di JOICE risulterà più agevole la
lettura.8
E’ un poco come se DE ROSA avesse anticipato
il monologo interiore. Il lettore, però, partecipa
all’opera dello scrittore, perché ne interpreta
l’andamento della lettura e i momenti di pausa.
V. I.

Indice del volume – 4 parte

CAPITOLO XVII

i. Le conquiste di Cesare in Gallia
Ii. Le cause della Guerra Civile
iIi. I danni che arreca la ricerca del prestigio
IV. Le donne rispettate per legge

CAPITOLO XVIII

I. Quanti nobili sfortunati in Abruzzo
II. «Le miracule che io ho vedute» fra Gaeta e Andria
III. Cuoco «femmina» a Ariano e la salernitana maschio
IV. Miracoli: cieco con la vista, impiccato che non muore
V. Neonati che parlano, eunuchi a Cava e Orsara

CAPITOLO XIX

I. I Napoletani sono i migliori
II. I conti, i duchi e il meglio dei nobili del mondo
III. La caccia fra Gaudo e gli Astroni come diletto
IV. A Napoli: il meglio da ducati, principati e contadi
V. Grandi medici per malattie gravi e sterilità
VI. S.Maria di Capua e la lebbra dell’Imperatore jr.
VII. Le Chiese di Napoli dove si acquistano indulgenze

CAPITOLO XX

I. Cronaca per la Duchessa con gli amori di Manfredi
II. Le vendette del successore Corradino finito ucciso

CAPITOLO XXI

I. Carlo I tradito da Giovanni da Procida: addìo regno
II. Napoli invasa dai Catalani: Roberto sposa Sancia

CAPITOLO XXII

I. Disputa col Papa per la successione: Roberto è Re
II. La Regina Giovanna e Andrea successori uccisi
III. L’assassino Re Carlo III ammazzato in Ungheria
IV. La fine della dinastia angioina: Re Ladislao

CAPITOLO XXIII

I. Chiosa alla cronaca dedicata a Donna Ippolita

Testo in volgare
Cronache dei tempi miei
di Loyse De Rosa

Capitolo XVII
Capitolo XVIII
Capitolo XIX
Capitolo XX
Capitolo XXI
Capitolo XXII
Capitolo XXIII
NOTE

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