Classi sociali, chiese e Luoghi Pii del paese fra 1700 e 1800

Senza troppe ambizioni ma con molto amore, un agguerrito ed entusiasta gruppo di studio, ha posto mano alla rivisitazione della storia di Monteverde, ormai da quindici anni, al fine di ricostruire e proporre l’anagrafe, i costumi, le tasse, l’economia e qualche curiosità della comunità locale fatte di uomini e donne dediti ai mestieri della terra. Dallo studio emergono i valori della famiglia e del lavoro, semi preziosi di tante generazioni e radici robuste di molte nobili famiglie, di casati prestigiosi che, dalla nobiltà per censo dei tempi andati, sono pervenuti alla nobiltà della scienza, della cultura, delle professioni e dell’impegno sociale e politico.
Nulla nasce per caso e sovente la molla che spinge ciascuno di noi in una particolare direzione scatta proprio dalla memoria inconscia, una sorta di DNA spirituale, retaggio inconsapevole di altri impegni in direzioni simili, dei nostri antenati.
Sarà piacevole scorrere le pagine di questi singolari volumi, per ritrovare cognomi, il proprio e l’altrui, indirizzi di strade e vicoli e larghi e piazzette, ricostruendo con autentica gioia il percorso a volte doloroso, a volte anche tragico, di tante famiglie e capire qualcosa di più di se stessi, delle proprie radici umane e culturali, delle tradizioni più singolari della propria città, degli usi e dei costumi ancora vivi e di quelli coperti dalla coltre del tempo.
Mediante questa attenta e scrupolosa indagine condotta sui comuni dell’antica provincia di Principato Ultra, e prim’ancora delle Terre di Bari, in cui ricadde Monteverde, potremo tutti quasi rivedere luoghi e fatti e persone di alcuni secoli fa, i luoghi mutati, alcuni miracolosamente sfuggiti alla modernizzazione, i fatti sepolti dal tempo. E’ una miscellanea che, al termine di ciascun volume della collana, riporta l’affascinante raccolta di aneddoti e curiosità sulle famiglie, con l’età e le attività dei componenti, i matrimoni ed i lutti, i successi e le sfortune di essi e della nostra amata provincia, intesa come territorio di singolare ricchezza e straordinaria bellezza paesaggistica, che non può, non deve soggiacere all’ingiuria del tempo e all’incuria degli uomini.
Una realtà umana e un sodalizio di cervelli e di spiriti, ricchi e vitali, che vanno tutelati nella loro complessità e identità, per essere proposti fuori dai confini di Monteverde e della Regione Campania.
Tutti i capifamiglia che seguono abitano in una casa sita nel territorio di Monteverde. Coloro che in particolare hanno casa in un luogo che già possiede nome, sono chiaramente indicati come abitanti al Castello, Sottocastello, al Casale, alla Fontana, S.Nicola, Al Carmine, Murata, etc., dove alcuni, di rado, possiedono anche l’orto.
Per tutti gli altri fa fede il territorio di Monteverde, senza specifica del luogo. Idem per il possedimento di terre, o vigne, nei luoghi precisati di Fontana, Fontanafredda, Levanghe, S.Angelo Vecchio, S.Zaccaria, Cerreta, Canale, Canali, etc. che sono identificati come luoghi di lavoro e di possedimento del bene fondiario, più o meno distante dal centro abitato, situato intorno, anzi, sotto le mura del castello propriamente detto….
1. La Cappella di Santa Maria dell’Assunta. 2. La Cappella di S.Antonio Abbate.. 3. La Cappella di San Giovanni Battista.4. La Mensa Vescovile.
Divenuto Monteverde dipendente dal Mandamento di Aquilonia, nel 1809, la Commissione feudale (il 24 novembre e il 12 febbraio 1810) emana due sentenze per la lite sorta tra Michele Sangermano II e il comune di Monteverde per gli usi civici del bosco Siricciardi per il pagamento del terraggio. Cominciano così le dispute tra feudatario e comune che dureranno per molti anni ancora. In questi anni il comune si avvia a sostituirsi prima e a sciogliersi poi dal vincolo feudale in materie di opere pubbliche, grazie anche alla collaborazione delle forze di polizia (nel 1816 la Guardia Nazionale era tenuta dal capitano Gaetano Gorbo) che sedano le piccole rivolte. Iniziano così quei lavori che ritroviamo anche in altri comuni, voluti dal governo napoleonico dopo la legge eversiva della feudalità. Ecco lo stato delle acque, il perfezionamento delle elezioni comunali e dei decurioni eletti (assessori), la costruzione, nel 1818, del nuovo camposanto; intanto non si placa la disputa intorno ai demani comunali e alle usurpazioni di un terrreno. Negli anni che vanno al 1830 abbiamo la massima operatività dell’amministrazione comunale con opere diverse, l’inserimento del nuovo personale alle dipendenze del municipio, degli accordi sottoscritti con la chiesa, il restauro della fontana, le liti con l’arciprete, un ameno documento sui venditori privilegiati, la causa con Di Lorenzo e Baldacchino. Non mancano modesti tumulti con bestemmie contro il re all’arrivo dell’Unità d’Italia del 1861, al punto che la prima denuncia per sommossa se la becca Angelo Capobianco e, nel 1863, abbiamo notizia addirittura di scioglimento del connsiglio comunale.
Ormai il comune sta diventando una cittadina modello.
Ha un nuovo impiegato (Bolletti), un nuovo segretario, una nuova maestra… ma ecco spuntare all’orizzonte una nuova condanna, stavolta per Nicola Mastrulli, accusato di sommossa contro lo Stato.
Abbiamo qualche notizie del calzolaio Giuseppe Bocchetti fu Angelo, Calzolaio
Già immediatamente dopo la seconda metà del 1800 abbiamo notizia della classe più agiata alla quale appartenevano sicuramente i possidenti Raffaele Gervasio di Michele e Antonio Gervasio fu Luigi, i proprietari Giuseppe e Michelantonio Capobianco fu Michelantonio e i farmacisti, il cavalier Angelo Capobianco e Pasquale Mastrilli fu Angelo.
Sappiamo poi del primo calzolaio ufficiale, Giuseppe Bocchetti fu Angelo e del pizzicagnolo Angelo Maria Spirito di Francesco Saverio, come risulta dalla Lista Generale della Camera di Commercio ed Arti di Avellino degli Elettori Commerciali della Provincia per la parziale rinnovazione della Camera nel biennio 1884-1885.
Piccoli dettagli che non ostacolano le imprese del comune alle prese con la toponomastica cittadina, coi i difficili conti, le questioni col monte frumentario, la sistemazione delle strade, la transazione Gogliormella.
La classe più in vista di fine secolo appare quella dei medici. Sappiamo di Domenico Vella di Luigi, medico laureato presso la Regia Università di Napoli il 15 luglio 1846, di Angelo Mastrilli di Gaetano, chirurgo laureato presso la Regia Università di Napoli il 16 ottobre 1829, Giacomo Vella di Michele, medico laureato presso la Regia Università di Napoli il 17 novembre 1877, Angelo Cristiani di Gaetano, farmacista con cedola del 3 marzo 1860 e declarata dalla Regia Università di Napoli il 29 gennaio 1875, Antonio Capobianco di Giuseppe, farmacista con cedola del 18 dicembre 1867 e declarata dalla Regia Università di Napoli, Pasquale Mastrilli di Angelo, farmacista con cedola del 13 febbraio del 1874 e declarata dalla Regia Università di Napoli il 27 agosto 1875, Donato Cervino Donato di Paolo, flebotomo con cedola del 14 maggio 1872 e declarata dalla Regia Università di Napoli.
Anche la chiesa era cambiata in tutti questi anni. La sede vescovile di Barletta da cui dipendevano Monteverde, Canne e Nazareth, fu soppressa. Nemmeno la cattedrale e il castello erano ancora lì, gravemente danneggiati dall’ultimo terremoto insieme a 50 case. Fortunatamente le vittime furono poche,ma i danni non terminano quì se è vero che pochi mesi dopo franò un’intera collina, quella dei Lavagna. Intanto il numero degli abitanti era cresciuto considerevolmente passando a 2317 anime nel 1881, mantenendosi stabile, nonostante l’emigrazione, per tutto il secolo successivo, fino allla seconda guerra mondiale.
Monteverde arriva alla fine del 1800, diciamo intorno al 1890, con tanta voglia di riscattarsi, inconsapevole poi della futura piaga dell’emigrazione, producendo e lavorando cereali e alberi di faggio che prendevano la via di Melfi per la provinciale. All’epoca era sindaco Carlo Vella, mentre la carica di segretario comunale era ricoperta da Angelo Capobianco; quella di esattore spettava invece ad Angelo Buttiglione. Due gli assessori: Giovanni Capobianco e Daniele Amorosi. Presidente della Congrega di carità era il dottor Angelo Vella. Molto fervente l’opera monastica nella cittadina con don Giuseppe Amorosi a capo di una sfilata di chierici: Nicola Ricciardi, Michele Cristiani, Domenico Capobianco, Michele Corbo, Michele Capobianco, Luigi e Leopoldo Vella, Gaetano Mastrilli, Antonio Buglione, Giovanni Angelani, Antonio Gervasio, Michele Buglione e Leonardi Roberto. Per le opere pie provvedeva il monte frumentario.
Alle liti ci pensava il conciliatore Daniele Amorosi.
Una cittadella modello insomma con 5 scuole elementari e 105 alunni al seguito di tre maestri: Giovanni Berardi, Michele Fasano e Raffaella Mancini. Oltre al medico-chirurgo
condottato, dottor Andrea Vella, vi erano diversi altri laureati che esrcitavano la professione: Giuseppe Mamini agrimensore, Emilio Capobianco avvocato, il cavalier Antonio Capobianco farmacista, come i colleghi Pasquale Mastrilli e Angelo Cristiani, il medico Giacomo Vella e la levatrice Rosa De Feo.
Ma anche i contadini si erano fatti pi furbi: il terreno lo misuravano in tomoli da 1201 passi quadrati da 7 palmi. A viandanti e viaggiatori ci pensava Francesco De Lorenzo, che faceva l’albergatore e teneva pure una trattoria. Piccole osterie erano invece quelle di Maria Luigia Pelosi, Michele Perna, Micheleantonio Gizzi e Michele Lettieri. Alla barba dei signori provvedeva Generoso Laudisi, barbiere della domenica contadina, mentre per un buon caffè bisognava andare da Antonio Spirito e Filomena Clemente. Facevano pochi affari i calzolai, in numero di appena tre (Giuseppe e Gaetano Bocchetti, Raffaele Mancini), come stentavano l’unico fabbro ferraio Francesco Saverio Spirito e i due falegnami Giovanni e Basilio De Lorenzo. I fratelli Bocchetti, come Angelo Maria Spirito, vendevano anche il cuoio; Antonio Spirito e Leopoldo Capobianco si occupavano invece di generi diversi e per avere un litro d’olio te lo misuravano con lo staio, ossia 2 caraffelle e mezza da 22 once, equivalenti a 1,235 chilogrammi. Bisognava capirne per farne le spesa, altrimenti erano fregature serie. Ma tanto chi lo comprava l’olio se non i signori? Le donne del borgo lo prendevano direttamente dai contadini e, per il pane, provvedevano in uno dei vari forni di panettieri Michele Padulo, Pasquale Roberti e Michele, Domenico e Antonio Perna. Per un pezzo di stoffa bisognava andare da Nicola Nigro che faceva anche il sarto, come Giuseppe Capobianco e Michele Spirito. Per un po’ di tabacco buono non restava di andare da Domenico Vella oppure accontentarsi delle foglie prese in campagna.
Tempi semplici quelli di fine secolo scorso. Sembra di vederli tutti i personaggi, come in un film, a cominciare dal direttore della Posta, Pasquale Mancini. Erano i tempi in cui si votava per il professor Errico De Renzi e per il barone Ottavio Anziani, eletti nella circoscrizione di Ariano di Puglia del II collegio della provincia di Avellino. Allora Monteverde era considerato circondario di Sant’Angelo Dei Lombardi del mandamento di Aquilonia e contava 2195 abitanti….
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