24. Baiano di Avella nel 1763

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Copertina posteriore

Le chiese, 2.549 abitanti, 25 preti baianesi di 50 anni dopo

E’ del 1 settembre 1809, col visto di Andrea Candela e dei decurioni Angelo Borzelli e Felice Seorra, l’atto che riguarda invece i religiosi di Baiano, in Diocesi di Nola. In uno specchietto, sottoscritto dal sindaco baianese Tommaso Sales, si registra lo Stato degli ecclesiastici che assommavano a 25 per una popolazione di 2.549 abitanti.
Uno dei fogli è a firma di Tomaso Sales sindaco e fu registrato dal Notar Angelo de Stefano cancelliere e archivista, nonché sottoscritto dai decurioni comunali Andrea Candela, Angelo Borrelli e Felice Seviro.
Chiesa primaria era la parrocchia, pubblica e urbana, cioè la Chiesa dei SS.Apostoli Filippo e Giacomo che paga rendita di Ducati 1.31. Pubblico altare nella parrocchia, la cui rendita si incassa dai reali demani, è la Cappella di S.Maria delle Grazie dentro della Parrocchia.
Parrocchia è anche quella di S.Stefano Protomartire, sempre pubblica e urbana, da 38 ducati. Della Chiesa di Santo Stefano Protomartire facevano parte il parroco, che è un prete, Don Nicola Miele, nato il 10 agosto 1751 in Bajano ed ivi residente; e Don Giuseppe Picciocchi, prete confessore, nato il 5 ottobre 1734 in Bajano ed ivi residente, considerati rispettivamente di buona condotta. Santa Maria delle Grazie è invece una Congregazione pubblica urbana con rendita che si incassa nei reali demani.
Alla Chiesa dell’Assunta apparteneva invece Don Giovanni Candela, nato il 3 agosto 1760 in Bajano ed ivi residente con l’occupazione di maestro di scuola privata, confessore ed era anch’egli di buona condotta. Dell’Assunta è una congregazione pubblica urbana la cui rendita si incassa dai demani, alla stregua della Congregazione pubblica e urbana di S.Croce.
Della Chiesa di S.Croce era Don Stefano De Stefano, nato il 29 dicembre 1762, prete confessore di Bajano residente in Bajano, e di buona condotta; con lui c’era il prete Don Marco Bucciero, nato l’8 febbraio 1755 in Bajano e ivi residente.
La Chiesa di Gesu’ e Maria è una chiesa rurale che apparteneva Don Pasquale Montano, nato in Bajano l’11 febbraio 1776, confessore di buona condotta e maestro di scuola privata. E’ una chiesa rurale con rendita demaniale, mentre sono urbane le chiese di S.Giacomo (di patronato dei Candela), e la Chiesa del Corpo di Cristo con rendite che si incassano dai demani.
Della Chiesa di San Giacomo facevano parte Don Alessandro Paterno, nato 24 marzo 1775 e prete in Bajano di buona condotta; e Don Pasquale De Stefano, nato il 1 dicembre 1772, prete in Baiano considerato di buona condotta come tutti gli altri a seguire. Nella chiesa del SS.Corpo di Cristo, invece, c’era il prete maestro di scuola privata Don Remigio Candela (26 gennaio 1762 a Bajano e residente a Napoli) e Don Domenico Litto (4 ottobre 1768 nato a Bajano e residente a Napoli). Seguono i sacerdoti della privata Cappella dei Picciocchi, cioè il prete e maestro di scuola privata Don Stefano Litto (28 ottobre 1770) e il prete Don Cajetano Candela (23 marzo 1775 Bajano).
La Chiesa dei SS.Apostoli (Filippo e Giacomo), con i tre preti nati e residenti a Bajano: Don Mauro Incoronato (11 novembre 1780), Don Luca Picchiocchi che è anche Parroco (7 giugno 1760), Don Gennaro Vetrano (12 dicembre 1730).
La Chiesa di S.Maria delle Grazie anch’essa con tre preti nati e residenti a Bajano: Don Tommaso di Napoli (19 settembre 1735), Don Francesco Candela (2 novembre 1739) che nel mentre è anche Rettore della Chiesa di Santa Croce e confessore, e il confessore Don Giuseppe Vetrano (30 ottobre 1740).
C’è da dire che nella Parrocchia c’è la Cappella di S.Maria delle Grazie dentro la Parrocchia con altri tre preti nati a Bajano: il maestro di scuola privata residente a Bajano Don Francesco Colucci (30 luglio 1768); i due maestri di scuola residenti a Napoli, Don Angelo Severo (13 settembre 1765) e Don Stefano Masi (7 febbraio 1765).
Seguono altri quattro preti che appaiono extra chiese, o forse ruotanti intorno alla Cappella della Parrocchia o alla stessa Parrocchia. Essi sono preti nati e residenti a Bajano: Don Francesco Masi (20 gennaio 1770), Don Filippo Candela (2 ottobre 1773) che è anche confessore e maestro di scuola PUBBLICA, il maestro di scuola privata Don Francesco Sgambati (26 marzo 1773), Don Angelo Candela (9 settembre 1777) ormai residente a Napoli.29

Esiti delle 2 parrocchie: S.Filippo e Giacomo, e S.Stefano:

In un altro specchietto incompleto degli esiti, precisata la distinzione della Diocesi di Nola, la denominazione dei paesi (Bajano), la chiesa intitolata ai Santi Filippo e Giacomo, quale Parrocchia semplice da 1270 anime, il Parroco Don Luca Picchiocchi annovera fra i suoi l’economo Emmanuele Napolitano e 12 preti, stilando un mini bilancio con le spese sostenute per affitti di territori e case.
Ai censi di territori, si aggiungono quelli per le case fittate dal Capitolo e dal Comue, i diritti di stola in 6 ducati e l’annua entrata che si raccoglie in grani e granoni donati dalla pietà dei fedeli che assommano a circa 19 ducati. La colonna prosegue con le annue entrate in grani e granoni per 19 ducati, come detto, con l’aggiunta dei legati annui proventi delle messe pari a 6 ducati, che danno un totale di 32,20 ducati.
Nella colonna di destra, sebbene alquanto pasticciato, c’è l’elenco in cui si nota il pagamento di appena 38 grana per la fondiaria, con i pesi di messe pro populo pari a 17 ducati e delle spese legati di messe da 6 ducati, diritti di stola per l’economo da 6 grana, spese per il mantenimento della lampada innanzi il ss. pari a 16 ducati, per la cera ducati 111, e 18 ducati per sepolcro, ostie e vino.
Compaiono anche 8 ducati per gli annui accomodi riferiti agli arredi sacri e alla rifazione dei tetti; per la spazzatura di sepoltura e altro la spesa ammontava a 18 ducati, per un totale di spesa pari a 74,88 ducati.
Segue un primo avvertimento sotto le entrate: Sebbene per la rendita della stola, e della suddetta decima, si sia tassato il detto quantitativo, egli però è incerto, potendo essere maggiore, o minore, tutto dipendendo dalla stagione dei tempi, e dalla piu o meno pietà, e religione dei fedeli.
Seguito da altro avvertimento sotto la colonna delle uscite: Benché l’esito sorpassi l’introito in d.46,68, detti docati si fanno di limosina dentro e di fuori della Chiesa.
La firma in calce è del Parroco Don Luca Picciocchi ed è apposta sotto la colonna delle entrate.
La Chiesa parrocchiale di S.Stefano contava 15 preti per 1.292 anime, vivendo dell’annua rendita lorda divisa fra affitti di 38 territori e case: censi dai territori 10 ducati, mentre dalle case 2,70 ducati sui quali gravano 2,88 ducati di spese degli annui pesi fiscali versati per la fondiaria, da cui si ricava la rendita netta, che però è mancante, al cui posto ci sono delle osservazioni: la lampada del SS.Sagramento si mantiene coll’oblazione dei fedeli; l’altre spese per la chiesa in qualche parte si sostengono colla decima dei figliani la quale è incerta solo il tempo.
Tornando agli introiti dal capitolo seguono solo puntini…., idem dal comune….

Description

S.Marco in Ecano di Castellammare fu l’antica Baiano Casale (Cesarano-Sagnano) di Abella

ovvero Castellammare di Stabia prima dell’eruzione del 1100

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alcuni storici hanno creduto che il Casale di Baiano abbia sempre fatto parte della disfatta Baronia di Avella, poi dello stato feudale e dell’Università comunale di Avella. Taluni hanno addirittura portato come prova il Catasto Onciario di Avella dove, ovviamente, comparivano sì gli abitanti di Baiano, ma solo quelli forestieri residenti nel perimetro del territorio avellano.
Sarebbe un dispendio di energie immane risalire al toponimo originario di Baiano e alla sua collocazione. Tuttavia, nelle pergamene stabiane di S.Maria a Fontanella, poi finite ad Amalfi e Cava, la prima Baiano di cui si ha notizia dopo l’anno 1100 nasce vicino Loco Sirignano e Loco Terrenzano, in territorio del Casale di Stabia: terra sita in Stabia, loco Siriniano; con terre di Rapicano-Palumbo date al monastero dei santi martiri del Beato Ciro e S.Simeone (edificato sopra Civitate Atrano di Amalfia) e date anche a S.Maria della Fontanella, poi dipendenza di Cava salernitana: in Stabi positum at Siriniano.
Tutte in arcidiocesi di Arsina di Amalfia di 100 anni prima (Resina, Ercolano) da cui dipendono i luoghi di Staviano, Stabiano: Aurano, Casale Argentaro, Casale S.Marciano con Capo di Pendolo. Anzi Misciano, Matrefilia e Balbano erano proprio a Loco Stabi al confine con Castellu de Lictere, Funtiano, Runtiano, Corbulo, lasciando intendere che siamo nei confini di Lettere, Castellammare di Stabia, Gragnano e Tramonti della Costiera Sorrentina dipendenza di Renina (Ercolano).
Né aiuta, ma giova il saperlo, che il territorio della diocesi di Nola, riorganizzata dopo il terribile terremoto del 1348, giungesse a comprendere l’attuale Pompei e quindi sfociasse sul mare con Torre Annunziata. E’ difficile quindi ipotizzare quale sia la Baiano che nel 1129 Baiano è un luogo abitato dell’omonimo feudo dove svetta la Chiesa di San Marco appartenente alla Curia, loco Vaiano propinguo ecclesia San Marci.1

In tutto il Catalogo dei Baroni, redatto del 1092, non compare nessun feudatario di nome Mosca a signore di una Avella, ma di una Bella, essendo proprietari di molti feudi fra Acerra e Marigliano, indi feudatari di Abelle del barone Rinaldo Mosca figlio di Riccardo Mosca ed è il signore del Castello di Abelle e di tutti i feudi della zona posseduti in affidamento dal conte Roberto di Bono Herbergo. C’è poi un cavaliere, Turoldo Mosca, che comparirà ma in alcuni documenti di Aversa quale feudatario di Abelle, quale unus ex magnatibus Aversanae urbis milicie.2
Di Riccardo in Rinaldo Castello Abelle rimase ai Mosca fino a Francesca Mosca, ultima discendente che, nel 1356, sposò Amelio del Balzo. Ma siamo certi che il famoso Castello di Bella sia Avella, se questo feudo affidato a Buonalbergo si trova in altro luogo menzionato, sebbene appartenente al medesimo Mosca, e nella zona dove si citano Acerra, Arienzo e Marigliano compare solo un luogo chiamato Sessola Pantano?
Dal Catalogo dei Baroni dell’anno 1092 si ricava infatti che il Barone Raynaldus Musca, Musce, possiede un feudo del Comes Robertus de Bono Herbergo, Comes che a sua volta tiene per sè i feudi del bosco demaniale di Sessulam Pantani, parte di LAcerra e Marellanum, il feudo di Valle Argentia e quello di Roccam. Il Castello di Avella, infatti, non è ancora nato in questo luogo che pare avesse attinenza col toponimo del bosco di Sessula.
Trenta anni dopo alcuni documenti di Montevergine dimostrano che il Castello di Avella non c’è e non c’era in quanto sta appena nascendo un Casale chiamato Abelle nei pressi dei ruderi del Vico normanno chiamato Baiano.
Ne sono prova i documenti verginiani del Milite Eleazar e Bigolenda che abitano il Casale Abelle, sito sulla via Aversana di Baiano in Vico, feudo di Rainaldo (che è Rinaldo Mosca feudatario del glorioso Roberto Principe dal 1126) col compito di costruire nell’Actum Abellano il Castello Abelle.
Inoltre l’antico Vico è più vicino a Baiano che non ad Avella. Anzi, a Baiano, appartengono i terreni di S.Marina, di Agella e i terreni che vanno da Turone e Casarano (Sagnano) fino al centro del Casale Baiano dove svettava l’antica chiesa di San Marco in Baiano, che inglobva tutto il grande territorio circostante chiamato Cirvito.
Nel 1131 il Milite Eleazar di S.Arcangelo di Aversano, sposo di Bigolenda, prese a risiedere ad Abelle e divenne possessore dei territori di quel Vico, qui connominatur Baiano, appartenenti al feudo del suo Signore domino, che è sempre Raynaldo (lo chiama seniori meo), fra cui un oliveto in loco ubi dicitur ad Agella che dona alla Chiesa di S.Maria in monte qui dicitur Virgine. Il Vicum antico è quindi Baiano, col suo luogo principale abitato chiamato Agella, con altri uliveti, cava e ortale siti a Cirvito, nella Corte di S.Stefano, che vengono offerti dai baianesi ai verginiani.3

Dettagli

EAN

9788898817511

ISBN

8898817517

Pagine

112

Autore

Bascetta

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Editorial Review

Elementi aggiuntivi per una lettura dell’Onciario di Baiano

I catasti comunali, teoricamente, avrebbero dovuto servire alle amministrazioni locali per una equa e giusta tassazione. Era necessario per affermare questo principio, che il controllo a livello comunale, e della Sommaria fosse più deciso e serio sulle rivele (dichiarazioni personali ), affinché nessuno potesse sfuggire alle tasse: il ricco pagasse secondo i suoli reali possedimenti ed il povero non fosse sottoposto a tasse esorbitanti.
Le Università e i Baroni, e le istituzioni centrali spesso erano indebitate fino al collo, questo portò ad un aumento sconsiderato della pressione fiscale sulla popolazione. Durante il lungo periodo, che va dal 1742 al 1799, I comuni dovettero saldare i loro debiti contratti con i Baroni e con le altre istituzioni centrali.
Per il mantenimento delle Chiese vi erano oltre alle rendite e alle normali entrate (matrimoni, battesimi, funerali ecc.) anche le decime sacramentali, contributo dovuto da tutti i fedeli in ragione del 10% delle loro rendite, e del 5% per quelli che avevano proprietà in paese, ma risiedano abitualmente fuori
In caso di dichiarazione non veritiera e difettosa si incorreva nella pena di falso e denunciato, si prelevava una terza parte, del non dichiarato, a beneficio dell’Università e l’altra terza parte in beneficio del Regio fisco. Cosa che non sempre, era applicata.
L’Onciario nacque per evitare che i sudditi sfuggissero al pagamento dei tributi e per assicurare una maggiore giustizia contributiva fra i vari ceti, annullando la dannosa sperequazione, fonte di tanti dissidi, ordinò il Catasto Onciario: un tabulato, che era una specie di anagrafe tributaria. In esso venivano iscritti tutti i cittadini capi-famiglia con le loro proprietà mobili e immobili possedute, le professioni ed i mestieri esercitati, nonché l’indicazione delle rendite e pesi in once. Non erano soggetti a tassazione i padri con dodici figli, le ragazze nubili minori di diciotto anni, le vedove, e, secondo il concordato, erano tassati per la metà i beni appartenenti ai luoghi pii. Questo sistema sostituiva quello più antico dei fuochi o tassa focatica, imposta diretta personale che, veniva versata in misura uguale da ogni nucleo familiare, indipendentemente dal reddito e dal numero dei componenti.

 

Della commissione per la redazione del Catasto Onciario di Mugnano fecero parte il parroco, il medico e il notaio; i due assessori comunali eletti; il cancelliere notarile (segretario della commissione); il cancelliere notarile dell’Università comunale (compilatore).
Essi sono:
Don Cesare parroco Galasso deputato ecclesiastico
Dottor Michele Candela deputato
Notar Pietro Angelo Foglia deputato
Alessandro Fasuoli eletto
Giovanni Campanile eletto
Notar Andrea Ferrara Cancelliere assunto
Notar Angelo de Stefano ordinario cancelliere di detta Università di Baiano.XII.
L’Estratto Catasto Baiano [1763] oggetto di questo studio è inserto in un rogito notarile di un notaio che comincia con la classica sigla religiosa presente ad inizio atto notarili come di consuetudine: I.M.I.
La sigla sta per Jesus, Maria Joseph (Gesù, Maria, Giuseppe) e rappresenta una pia giaculatoria. L’invocazione è comunque quasi un ‘finalmente’ dopo svariati e inutili tentativi di comporre il catasto ordinato dal Re fin dal 1742, tanto che i compilatori rediggono il Catasto Onciario basandosi sulla precedente tassa delle decime, per ordine del Marchese di Castiglione, con ben 21 anni di ritardo, dopo il 1763.I
Non si sa se questa trascrizione notarile sia conforme al testo che non si trova, ma che sicuramente fu nell’Archivio della Regia Camera della Sommaria, Serie Catasti Onciari, Provincia di Terra di Lavoro, Distretto di Nola, col titolo di Terra di Baiano, Estratto Catasto Baiano [1763], ed è inserito a pag.618 del rogito conservato presso l’Archivio di Stato di Avellino.II

Il rogito comincia con queste parole: - Tassa decimale di questa Terra di Bajano regolata così col Catasto Generale dell’anno 1743, come ancora colla tassa catastale dell’anno 1763, con essersi eziandio intesi più volte, e discussi li possidenti dei loro fondi della suddetta Terra; dei passaggi, et alienazioni dei medesimi; e questo in esecuzione dei Sovrani comandi, et istruzioni dateci dall’Illustre Signor Sopraintendente, di detta decima, Marchese di Castiglione Don Pietro de Petriy Fraggianni, onde siamo venuti noi qui sotti deputati alla liquidazione dell’infrascritto Onciario.
Ha quindi inizio la stesura dell’Onciario del Comune di Baiano.II
Una Duchessa è principale capifamiglia, con cui ha inizio l’elenco in ordine alfabetico di nome e non di cognome, con il mestiere e il luogo di abitazione raramente aggiunto, oltre la composizione del nucleo familiare e i maggiori beni posseduti, con il relativo reddito imponibile espresso in once.
E’ l’eccellentissima Signora Duchessa di Tursi util padrone della suddetta Terra di Bajano per once dei beni burgensatici in questo tenimento (Qual partita essendosi discussa colla medesima si è esposto, che si ritrova fatta rivela nella Regia Camera, a cui si rimette). La duchessa fa una dichiarazione dei redditi pari a 921 once che non sono molte per l’epoca.III
Seguono, sempre in ordine alfabetico di nome, tutti i cpofamiglia residenti che rappresentano il ‘fuoco’, che cioè pagano la tassa sulla testa: ‘il fuocatico’.

 

Vi sono molte famiglie dai cognomi riconosciubili anche oggi, dai Bocciero a quella del notaio Angelo de Stefano, ai Lippiello. In questo caso non conosciamo il nome della persona, evidentemente perché i compilatori non lo ricordavano, e quindi assistiamo all’aggiunta del nomignono. Lippiello infatti è detto alias Rucco.
Ne suono tanti altri e fra i più comuni si annoverano quelli di: Cascelo, Martiniello, Incoronato, Montella, Montuori, Canonico, Lanziello, d’Acierno, Candela figlio del Dottor fisico, cioè del medico curante Don Giovanni Candela che possedeva la Massaria a Le Strade e molti altri beni che però, come egli stesso dice, cioè rivela a voce, dovrà dichiararli nel Catasto di Avella, a quei compilatori, perchè è in quel comune che rattrovasi incatastati. Un altro notaio famoso era notar Andrea Ferrara figlio di un magnifico, Tommaso, cioè di uno degli uomini in vista che avevano il titolo onorifico, magari per essere stato assessore o sindaco, come diversi altri ricchi che posseggono il titolo di ‘Don’.
Un Don era anche Angelo Picciocchi figlio del fu Notar Nicola o il dottor Alessandro Picciocchi figlio del fu Notar Annibale oppure il sacerdote Don Nicola Picchiocchi senior o il Dottor Don Alessandro Picciocchi, e fratelli Sacerdoti Don Giuseppe, e Don Nicola juniore con tutti gli eredi del Notar Annibale comune padre. Si intuisce che i Piciocchi eano una famiglia secolare di notai.
Seguono i Montano, del Tufo, i coloni Stefano Napolitano, Farina detto Faravolo, Sgambato, Mangino, Veterione, Tridenti detto Pallone, Vetrano, Coluccio fu Francesco detto Ceccarella, Jasseoli, Montella, Nappi, Ravotti, di Lisa detta Petrajola [di Pietrastornina?] deve rivelare in Avella il territorio Melito perché è lì che è incatastato, i Fiorillo, Vetrano detto Mazzo di Paglia, Tonacella, Montanile, Borzetti e molti altri, sempre in ordine alfabetico di nome.IV
I compilatori hanno preferito omettere la Rubrica delle vergini da marito, vergini in capillis, e quella delle vedove, inserendole direttamente nei capifamiglia come se fossero stati dei nuclei familiari.V
Segue poi la Rubrica de sacerdoti Cittadini, cioè dei preti residenti, che in questo Catasto viene chiamata Nota dei Reverendi Preti Secolari di questa Terra di Bajano per dei beni patrimoniali, ed extra patrimoniali =onciario=, tutti soggetti a peso di messa.VI
Ma è la Rubrica de Luoghi Pii Cittadini qui chiamata Luoghi Pii, ed ecclesiastici di detta Terra di Bajano tassati per intiero, che resta la più interessante per via dell’elenco delle chiese, delle cappelle e degli oratori esistenti. Essi sono:
1. La Venerabile Cappella del Santissimo Corpo di Cristo eretta dentro la Chiesa di Santa Croce che dichiara circa lo stesso numero di once (100) della Marchesa.
2. La Congregazione laicale eretta dentro la detta Chiesa di S.Croce, che è abbastanza povera.
3. La Congregazione delle Sorelle sotto il titolo del SS.Rosario eretta similmente in detta Chiesa e povera anch’essa.
4. Il Venerabile Monistero di Montevergine, e propriamente dell’Oreto che per causa di cenzo esige ogni anno docati 58 da Don Stefano Foglia per il territorio Starze, altri annui carlini 15 dagli eredi del Reverendo Don Nicola Picciocchi, ed altri annui carlini 15 dal Reverendo Don Marco Bocciero, dichiarando ben 200 once.
5. Il Venerabile Monistero di S.Spirito delle donne moniche della Città di Nola per oncie dei beni per il territorio Chiuppo che tiene in fitto Antonio Peluso che dichiara beni per 150 once.
6. La Venerabile Cappella, ossia Romitorio di Gesù e Maria, poverissima.X

 

Contrariamente a quanto si possa pensare, tutti i più agiati cittadini forestieri che possedevano beni in territorio del Comune di Baiano non erano di Avella, ma di Mugnano del Cardinale, all’epoca feudo dell’AGP, cioè della santa casa dell’Ospedale dell’Ave Grazia Plena, cioè dell’Annunziata di Napoli, che a suo tempo, fra l’altro, commissariò le sedi e i feudi dell’abbazia di Santa Sofia dei Benevento e di Montevergine.
Due soli bonatenenti sono di Monteforte, i fratelli Don Lorenzo e Don Vincenzo de Laurentiis, che dichiarano entrate baianesei, quasi quanto il Loreto di Montevergine (180 oce).
Quattordici forestieri sono anche del Casale Sirigano, fra cui quello stesso Comune e 25 sono di Avella: per metà del centro e per metà del quartiere chiamato Sperone, oggi comune a sè.
Seguono i forestieri bonatenenti di Afragola, ,a soprattutto di Mugnano, che sono ben 100, cioè poco meno di 1/3 di tutti gli abitanti di Baiano, ma primeggia anche il Magnifico Dottor Don Francesco Maria Magnotta e suoi eredi, cioè Gennaro Magnotta del Comune di Quadrelle, che dichiara 833 once.
Pochi altri sono di Nola.IX

 

Tantissimi sono gli ecclesiastici di Baiano residenti e nonr esidenti, possessori in loco e non possessori, come il convento di San Pietro a Cesarano di Mugnano, chiamato della Solitudine di San Pietro a Cesarano. Ad essi vanno aggiunte tutte le altre dichiarazioni, dei cittadini, come quelle dei forestieri, che danno una sola cifra, chiamata Collettiva generale della once.
E’ da questa sommatoria, una sorta di dichiarazione generale dei redditi di tutto il patrimonio presente nel territorio di Baiano, che è poi quella ufficiale dei redditi dichiarati allo stato.XI